E
tutti ci ricorderemo dove eravamo in quel momento.
Seduti
in macchina a cercar parcheggio, con la testa tra i surgelati a cercar la
paella, davanti al computer a
cercare la frase giusta. Poi uno squillo di telefonino, e l'amico, il
parente, il collega che ti staccano una storia inverosimile di aerei e
grattacieli, ma va' via, dai, lasciami perdere che oggi è già una
giornata difficile, ma lui non ride e dice: ti giuro che è vero.
Ricorderemo
l'istante passato a cercare in quella voce una qualunque sfumatura di
ironia, senza trovarla. Ti giuro che è vero. E non dimenticheremo la
prima persona a cui abbiamo telefonato, subito dopo, e nemmeno quel
pensiero - immediato, sciocco ma incredibilmente reale: "Dov'è mio
figlio?", i miei figli, la mamma, la fidanzata, domanda inutile,
perfino comica, lo capisci subito dopo, ma intanto è scattata - la Storia
siamo noi, è solo un verso di una canzone di De Gregori, ma adesso ho
capito cosa voleva dire - risvegliarsi con la Storia addosso.
Che
vertigine. Neanche sappiamo esattamente cosa è successo. Ma certo la
sensazione è precisa: molte cose non saranno mai più come prima. E
molte cose non saranno più, tout court. Invidio l'intelligenza e
la lucidità di chi è capace, qui e adesso, di capire quali e di dircelo.
Aspetto fiducioso. E intanto non riesco a non ripensare alla frasetta che
tutti pronunciano, ossessivamente, senza paura di essere banali: è come
un film. E' ovvia, eppure tutti la ripetono, e ci deve essere qualcosa lì
dentro che vogliamo dire ma non riusciamo a capire, qualcosa che abbiamo
in mente, e che è importante, ma che tuttavia non riusciamo a tirar
fuori. Me la rigiro nella testa, la frasetta, e arrivo a capire che c'è
qualcosa, in quello che vedo alla televisione, che non quadra, e non sono
i morti, la ferocia, la paura, è ancora qualcosa d'altro, qualcosa di più
sottile, e mentre vedo per l'ennesima volta quell'aereo che vira e centra
il totem sberluccicante nella luce del mattino, capisco quello che mi
sembra, davvero, incredibile, e anche se mi sembra atroce dirlo, provo a
dirlo: è tutto troppo bello.
C'è
un'ipertrofia irragionevole di esattezza simbolica, di purezza del gesto,
di spettacolarità, di immaginazione.
Nei
diciotto minuti che separano i due aerei, nello sgranarsi degli altri veri
e falsi attentati, nella invisibilità del nemico, nell'immagine di un
Presidente che se ne parte da una scuoletta della Florida per andare a
rifugiarsi nel cielo, in tutto questo c'è troppa maestria drammaturgica,
c'è troppo Hollywood, c'è troppa fiction. La Storia non era mai stata
così. Il mondo non ha tempo di essere così. La realtà non va a capo,
non concorda i verbi, non scrive belle frasi. Noi lo facciamo, quando
contiamo il mondo. Ma il mondo, di suo, è sgrammaticato, sporco, e
la punteggiatura la mette che è uno schifo. E allora perché la
storia che vedo accadere in quel televisore è così perfetta?
Perché
è già perfetta prima che la raccontino, nello stesso istante
in cui accade, senza l'aiuto di nessuno? Allora mi sembra di capire
qualcosa di quella frasetta ripetuta ossessivamente, è come un film. La
ripetiamo perché dentro stiamo cercando di pronunciare una paura ben
precisa, una paura inedita, mai avuta prima: non è il semplice stupore di
vedere la finzione diventare realtà: è il terrore di vedere la realtà
più seria che ci sia accadere nei modi della finzione. Ti immagini l'uomo
che ha pensato tutto quello e puoi forse sopportare la ferocia di quello
che ha pensato, ma non puoi sopportare l'esattezza estetica con cui l'ha
pensato: come l'ha fatto è spaventoso almeno quanto quello che ha fatto.
Ne siamo terrorizzati perché è come se qualcuno, improvvisamente e in
modo così spettacolare, ci avesse portato via la realtà: è come se ci
informasse che non ci sono più due cose, la realtà e la finzione, ma
una, la realtà, che ormai può accadere soltanto nei modi dell'altra, la
finzione: e non solo per scherzo, nelle trasmissioni televisive in cui
veri uomini diventano falsi per far finta di essere veri, ma anche nelle
curve più reali, atroci, clamorose e solenni dell'accadere. Sembrava un
gioco: adesso non lo è più. Non so. Chi sa mi spiegherà cos'è successo
l'11 settembre 2001, e cosa è cambiato per sempre, ieri. Io sto giusto
pensando che, tra le altre cose, è anche successo che è andato in corto
circuito il raffinato meccanismo con cui la nostra civiltà da tempo
scherzava col fuoco e drogava la realtà spingendola verso le performances
che sarebbero solo a portata della finzione.
Credevamo
di poter mantenere un sufficiente dominio su quel giochetto.
Ma
qualcuno, da qualche parte, ha perso il controllo. A nome di tutti. Adesso
è facile chiamarlo pazzo, ma è evidente che è pazzo di una pazzia assai
diffusa in famiglia. L'abbiamo coltivata allegramente: adesso eccoci qui,
con il televisore davanti che ci srotola quella storia smerigliata e
perfetta, eccoci qui, col vago sospetto di essere lo show del sabato sera
di qualcuno.
Qui
a guardarci intorno impauriti, giusto per verificare che tutto questo è
vita, magari morte, ma non un film.
Alessandro
Baricco