Da zero all'infinito

Ci sono fatti nella vita che accadono,molto spesso non sappiamo dare una spiegazione del perché, ma semplicemente …accadono…

Un lampo squarciò il cielo succeduto da un tuono fragoroso che si perse nella valle.

La campagna si tinse di grigio, un corvo si diresse svolazzando frettolosamente verso un castagno per rifugiarsi dal temporale che avanzava velocemente. Io ero ancora al “ Gigante “ quando una pioggia violenta e fredda cominciò a cadere. Non corsi a ripararmi,rimasi lì a guardare come tutto fosse cambiato in pochi minuti. Il sole era scomparso dietro le nuvole e i colori vivi erano stati cancellati dal  grigio cupo che aveva ormai coperto tutto. Il silenzio era rotto dal rumore della pioggia  che cadendo batteva sul tetto della casa.

Ricordai gli inverni quando col nonno trascorrevamo interi pomeriggi davanti al camino.La legna scoppiettava allegramente,fuori la pioggia creava, battendo sulle grondaie, uno strano motivetto,una musichetta allegra che accompagnava le storie che quasi sempre il nonno finiva col raccontare.

Quando, improvvisamente, il nonno morì, tutto tacque,il silenzio avvolse il “ Gigante,avvolse anche me,circondandomi di un velo che faceva apparire tutto e tutti in modo sfocato e distante. Il silenzio fu mio compagno per diverso tempo, poi, un giorno sentii il desiderio di liberarmi da quella tela e di  ascoltare la voce dei ricordi senza avere paura di soffrire.Fu così che tornai a Villa Milano e al Gigante: volevo far parlare quei posti,volevo farli tornare a parlare almeno per me.

La pioggia smise improvvisamente come improvvisamente era iniziata,la campagna si tinse di nuovo di colori vivi e brillanti, il cielo,lentamente,tornava ad essere terso e limpido.Gli uccelli ripresero i loro voli e io ripresi il mio viaggio, mi volsi indietro lanciando un ultimo sguardo a ciò che era stato il mio passato più dolce e caro. Ripresi la Statale, incontrai frettolosi contadini diretti alle campagne e donne con immensi pesi posti sulla testa camminare lungo il ciglio della strada dirette al paese.Il “ Gigante”scomparve inghiottito dal verde e dalle colline, davanti a me apparve il campanile della chiesa adiacente al vecchio castello normanno. Scesi dalla macchina e mi incamminai verso Via Roma,tutti i paesi hanno una Via Roma,di solito è la strada principale quella dello “ struscio” dicevamo noi ragazzi.Lì ci si raduna,ci si incontra,ci si saluta , lì ci si innamora.Giunsi al numero 13 di Via Roma, lì aveva abitato Donna Caterina.Il balcone era fiorito, c’era ancora la vecchia poltroncina di vimini sulla quale stava seduta a osservare il passeggio pomeridiano. Da lì,lei guardava la vita,la guardava passare con occhi dolci e con un leggero sorriso.Entrai nel portone e salii al primo piano,sopra la porta una piccola targa di ottone con scritto “ Caterina Acquaviva”Il campanello aveva lo stesso suono di allora ma nessuno venne ad aprire.Rimasi davanti a quella porta chiusa diverso tempo sperando di udire qualche rumore provenire dall’interno ma,invano.Scesi lentamente le scale ritrovandomi in strada.Era ormai quasi il tramonto,l’ora in cui le donne si recavano al Vespro e gli uomini alla taverna a bere e a giocare a carte. I rumori sono gli stessi di un tempo come gli odori che si mischiavano a quelli che il vento portava dalle campagne adiacenti,la vita scorre,corre via, e… un attimo fa è già un ricordo di ieri.

Sedetti su una panchina guardando la Chiesa, una donna vi stava entrando,quella immagine mi fece ricordare la prima volta che incontrai Donna Caterina. Ero seduta su di una panchina e il nonno mi sussurrò nell’orecchio:” Ecco Donna Caterina mia cara, vieni che te la faccio conoscere”, ci avviciniamo a una donna minuta e avanti negli anni, i capelli bianchi erano tenuti su da un piccolo fermaglio d’oro, due occhi piccoli e penetranti incontrarono i miei, sentii il suo sguardo fisso su di  me che mi scrutava fin dentro l’anima. La guardai anch’io: era vestita di nero come quasi tutte le vedove,portava una giacca col collo di pelliccia e  teneva una piccola borsa nera nelle mani.Lei e il nonno si scambiarono qualche parola poi si salutarono, lei,prima di allontanarsi,mi disse di andarla a trovare magari per un tè, poi entrò in chiesa.Accolsi quell’invito e mi recai dopo pochi giorni a farle visita.

La casa era signorile,i mobili erano coperti da centrini bianchi fatti all’uncinetto, grossi quadri erano appesi alle pareti.Raffiguravano cavalieri in splendenti armature e donne con in braccio almeno due bambini,  lei mi raccontò la vita di ciascuno romanzandola un po’, era dolce ascoltarla mentre parlava del Cavaliere Ulrico antico condottiero e delle sue gesta in Terra Santa o di Madonna Carlotta capostipite della sua famiglia che ebbe quindici figli. A volte questo immaginario prendeva corpo tanto era grande il mio trasporto in quei racconti, sembrava che le immagini uscissero dalla tela e si mettessero sedute anche loro ad ascoltare.Tutto diveniva un immenso quadro vivente con noi che prendevamo il tè e Donna Caterina che raccontava. Dentro vecchie cristalliere splendevano argenti antichi, mentre, su un vecchio piano a coda, erano raggruppate tante foto in bianco e nero di parenti e amici.Presi l’abitudine di andarla a trovare almeno una volta la settimana e,in poco tempo, Donna Caterina divenne la mia confidente. Con lei si parlava della vita,delle persone che si incontrano e del colore che lasciano in noi. Già, lei sosteneva che tutti lasciavamo negli altri un colore,le chiesi che colore avevo lasciato in lei mi rispose il verde: “ il verde l’ ho veduto in te la prima volta che ti vidi e subito me lo hai trasmesso dolcemente tanto che  mi è venuto spontaneo parlare di me, della mia solitudine e delle persone della mia famiglia,per questo ti dissi di venirmi a trovare. Sono stata e sono ancora una donna forte anche se, troppo spesso, nella vita ho dovuto affrontare la solitudine e la sofferenza e forse per questo motivo oggi riesco a vedere la vita sotto una luce diversa.Spesso guardo dal mio balcone la vita che  passa davanti,vedo le persone cambiare nel tempo,sento il loro colore e le percepisco più vicine, non le giudico e cerco sempre di trovare in ciascuno qualcosa che valga le pena ricordare ! ”

Le parole di quella donna mi sorprendevano giorno dopo giorno,la sua semplicità nell’affrontare i problemi anche più seri,la sua forza nel vivere al di là di ogni apparenza o giudizio,il suo immenso amore per la vita erano per me qualcosa di prezioso e unico.

Quando il nonno morì lei mi cercò ripetutamente ma,io, non ebbi la forza di dividere il mio dolore con nessuno.Mi chiusi in un silenzio mortale trascorrevo intere giornate nelle campagne vagando in quei posti che avevano ancora il sapore del nonno e dove ancora riuscivo a percepire qualcosa di famigliare.Tutto sembrava lontano,perso in un vortice di sensazioni dolorose. Lei venne al “ Gigante”.Venne e parlò di come nella vita tutto sia temporaneo, delle persone che incontriamo,tornò a parlare del colore che lasciano nel nostro cuore. Parlò dell’amore, della vita, della solitudine, della sua vita e delle sue perdite.

Io riuscii soltanto a dirle che la mia vita era spezzata e che non sarei riuscita a ricominciare da zero,a ricostruire il mio mondo…

“Da zero ripartono le persone che non hanno storia,coloro che vivono senza essere ricordate e amate.Ripartono da zero coloro che non hanno mai sentito il colore negli altri,ripartono da zero coloro che non sono riuscite a carpire,almeno una volta, il bello dell’esistenza umana.Tu non sembri una di loro,guarda l’infinito,alza la testa e guardalo,mettilo al centro della tua vita e trova in esso,proprio perché infinito,tutti i motivi per vivere la tua vita ricominciando da ora…da questo preciso momento di dolore e di sconforto…”

Un clacson mi fece sobbalzare, persa nei miei pensieri non mi ero accorta di essermi alzata dalla panchina e di aver raggiunto l’ingresso del castello.Salii diverse rampe di scale fino a giungere sulla torre più alta. Da lì ammirai l’infinito che si stendeva sotto di me,era tutto colorato: il giallo si mischiava al verde, il rosso al blu,il cielo alla terra, i miei occhi con la mia anima e il mio cuore con l’infinito. Presi  con me tutti questi colori e li posi nel mio cuore ricordando le parole di Donna Caterina: “ Tutti trasmettiamo un colore,sappilo cogliere e portare con te..sempre..”

Roberta