C’era
una volta un fiume. Nasceva
da un piccolo monte di roccia nera,
che si diceva, un tempo fosse stato un vulcano. Forse
per questo motivo le sue acque erano vive e frizzanti e sgorgando
facevano un rumore allegro simile ad un motivetto, di quelli che spesso
accompagnano l’infanzia. La
sua trasparenza era quella di occhi
appena dischiusi al mondo: ingenui, innocenti, delicati quasi come un
calice di cristallo. La
soavità del suono e la limpidezza dell’acqua davano al piccolo
rigagnolo una forza disarmante come quella del riso di un bambino vivo,
argentino, spontaneo che colpisce in pieno petto per la sua naturalezza,
per la sua spontaneità. Nello
scendere a valle prendeva vita e
colore dalla terra, il mormorio dell’acqua diveniva chiassoso,
prorompente:era come assistere ad uno spettacolo nel quale un
immaginario coro cantava a varie tonalità e a più riprese, il fiume
diveniva un tutt’uno con il paesaggio, con la terra e con i suoni
della natura…tutto si univa a lui naturalmente. Da
ciò traeva forza per continuare il suo cammino…era bello ascoltare i
suoi intenti, la sua bramosia di conoscenza e la smania di scoprire
nuovi orizzonti Giunto
a valle le sue acque divenivano scure e salmastre, nel suo cammino aveva raccolto
sensazioni,dolore e difficoltà
e tutto era confluito in lui divenendone parte. Le
sfumature a volte dolcemente altre violentemente avevano impregnato il
suo essere modificandone non solo la parvenza ma anche la essenza. Ma,
poiché dalla terra nasce la vita e tutto rinasce e si rigenera da essa,
lui, nell’abbandonarsi al suo destino,sapeva
che sarebbe tornato a quel monte, alle sue radici e che da esso
avrebbe generato nuova vita. Sapeva
che a ritroso avrebbe ripercorso la
sua strada compiendo quei riti che già realizzato
magari in modo e in forma diversa ma avrebbe nuovamente gustato… “Il
sapore della vita”. Roberta
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