IRAQ: OLTRE IL GENOCIDIO.
Riproponiamo il testo della lettera aperta inviata al Segretario generale dell'ONU, Kofi Annan, da padre Jean-Marie Benjamin il 13 settembre del 2000.

Iraq: un popolo da 10 anni chiuso in un immenso campo di concentramento.

1.500.000 morti tra i quali 500.000 bambini dopo 10 anni di embargo,
10 anni di bombardamenti e di contaminazione radioattiva provocata dalle armi all’uranio impoverito utilizzate dalle forze anglo-americane.

di Padre Jean-Marie Benjamin

         Signor Segretario generale,

Sembra, ed è preoccupante, che non bastano le calamità naturali (terremoti, alluvioni, cicloni) che colpiscono un po’ dappertutto nel mondo! No, non bastano; occorre aggiungere un altro dramma, volontario, premeditato ed organizzato contro un paese distrutto da 135.000 tonnellate di bombe (dalla guerra del Golfo ad oggi), equivalente a sei volte la potenza distruttiva della bomba di Hiroshima, per di più rinchiuso in un vasto campo di concentramento, che è l’embargo. Epidemie che si sviluppano in tutto il paese, ospedali che versano in situazioni catastrofiche e quando arriva un medicinale, il dramma dei medici è quello di dover decidere a chi somministrarlo, di fronte a centinaia di casi uno più urgente dell’altro (ho personalmente verificato durante i miei vari viaggi in Iraq, che in alcuni ospedali, si è costretti ad operare bambini di appendicite e di altre malattie, senza anestesia!).

Dalle cifre dell’UNICEF, il tasso di mortalità infantile “è il più elevato al mondo ”: oltre 500.000 i bambini morti, oltre 1.500.000 i civili. Da 56 bambini, al di sotto dei cinque anni, morti su 1000, nel 1991, a 131 su 1000 attualmente. Dal programma mondiale per l’alimentazione, la disponibilità alimentare è scesa da 3120 a 1093 calorie al giorno per abitante. Le malattie mentali sono aumentate in 10 anni del 18% (ultimo rapporto dell’UNICEF del 29 agosto 1999 “Iraq: mortalità infantile e sopravvivenza”).

L’Olocausto del 2000.

Nonostante la risoluzione ONU n. 986 (Oil for Food - petrolio contro alimenti), che copre solo il 40% del fabbisogno della popolazione, in Iraq manca di tutto: acqua potabile, latte, verdure, carne, medicine, materie prime, macchinari e pezzi di ricambio. Le categorie professionali più agiate (tecnici, insegnanti, specialisti) sono pagate da 5 a 10 dollari al mese (circa 18.000 lire); le classi medie della popolazione da 3 a 5 dollari al mese (l’equivalente del prezzo di due chili di carne) e le categorie inferiori, che non hanno praticamente nessun reddito, devono sopravvivere alla giornata. In dieci anni, il dinaro iracheno ha perso più del 20.000%. Le razioni medie giornaliere sono composte da tè e pane al mattino, riso a mezzogiorno e pochi grammi di ceci la sera. Le centrali elettriche e gli impianti di depurazione, soprattutto nel sud del Paese, sono stati distrutti dai bombardamenti, privando la popolazione di acqua potabile ed elettricità (alcune città fino a 10 ore al giorno senza elettricità), in zone dove la temperatura in estate supera i 50 gradi all’ombra, con città senza risorse in pieno deserto. I trasporti sono praticamente inesistenti e solo il 30% delle derrate alimentari che ancora si riesce a produrre nel nord del Paese giunge nel resto dell’Iraq.

“In molte famiglie dell'Iraq”, afferma il Patriarca Cattolico di Babilonia, Raphaël I. Bidawid, “i genitori sono costretti a chiedere ai figli chi di loro voglia mangiare la mattina e chi la sera, perché non c’è cibo a sufficienza per alimentarli due volte al giorno”.

Sono state distrutte dai bombardamenti 8.613 scuole (su un totale di 10.334). Nel sistema scolastico, la situazione dell’istruzione e della cultura è catastrofica e rispecchia in pieno l’attuale condizione del Paese. Solo un terzo dei bambini in età scolare riceve un’istruzione adeguata. Molti ragazzi non vanno più a scuola perché costretti a mendicare, altri, per sopravivere, si lasciano trascinare nel vortice della delinquenza o della prostituzione. Le famiglie sono smembrate. Nelle città, lungo la strada, si vedono bambini e ragazzi vendere sigarette, altri che lucidano le scarpe, altri ancora passano tra le macchine per vendere pistacchi o giornali. Nel paese che ha dato al mondo la prima civiltà - fonte della nostra - e che ha visto nascere Abramo, padre delle tre religioni monoteiste, dover privare i propri figli dell’istruzione e della cultura è cosa peggiore che privarli di pane e di medicine.

Il massacro degli Innocenti: 600.000 bambini condannati a morte.

Signor Segretario generale, all’ONU, si preparano alle celebrazioni per i dieci anni della Convenzione dei Diritti del Bambino. Gli Stati Uniti d’America non hanno mai ratificato la Convenzione dei Diritti del Bambino, lo sappiamo, ma l’Italia sì, l’Europa sì, e se non vado errato, i paesi Occidentali hanno tutti ratificato la Convenzione dei Diritti dell’Uomo. Il comportamento dell’Europa, silenziosa, apatica e ipocrita di fronte al dramma della popolazione irachena è sconcertante. Non si tratta solo di un popolo che muore di fame e di malattie da 10 anni, colpito da bombardamenti unilaterali che continuano a distruggere ed a seminare la morte, ma di un paese che da 10 anni deve affrontare la contaminazione radioattiva, con le sue terribili conseguenze: nascita di centinaia di bambini con malformazioni, migliaia di persone colpite da collasso del sistema immunitario, con forte aumento delle infezioni; altre malattie che sviluppano herpes e herpes zoster o sintomi simili a quelli dell’AIDS, disfunzioni renali ed epatiche, aumento spaventoso (fino a 450% l’anno nel sud del paese) di leucemia, anemia aplastica o neoplasie maligne.

Ecco il bilancio di 10 anni di campo di concentramento del popolo iracheno. Il tragico olocausto del popolo ebreo è durato cinque anni, quello del popolo iracheno, purtroppo dura da dieci anni; nel silenzio della Comunità internazionale, dei Governi, dell’ONU e delle Istanze internazionali. L’Occidente ha seminato nelle nuove generazioni di questo popolo soltanto la cultura della morte, dell’odio, dell’arroganza e dell’indifferenza. E’ diventato insopportabile sentire i discorsi dei Leader europei con continui riferimenti ai valori della Democrazia, che insistono sui Diritti umani e con voce turbata lanciano commoventi appelli per aiuti umanitari ai paesi bisognosi, proclamano il loro attaccamento ai valori cristiani ed applaudono ai discorsi del Santo Padre, ma che non muovono un dito, acconsentono ed aderiscono, senza far nulla, alla condanna a morte di 5.000 bambini innocenti  al mese.

L’ONU proclama un embargo e manda i suoi funzionari a contare i morti.

         Sono un ex funzionario dell’ONU; ho lavorato per anni alla sede dell’UNICEF di Ginevra. I miei ex colleghi, a Baghdad, sono disperati. Non capiscono (e non solo loro) come l’ONU possa varare un embargo che porta alla morte centinai di migliaia di persone e nello stesso tempo inviare aiuti umanitari e i suoi funzionari dell’UNICEF, dell’UNESCO e dell’OMS, impotenti davanti ad una tale tragedia e ridotti a contare i morti!

         In questi ultimi anni, i funzionari delle Nazione Uniti di stanza a Baghdad presentano regolarmente le loro dimissioni, uno dopo l’altro. Un numero sempre crescente denuncia lo “spettacolo” che hanno sotto gli occhi e che per loro ha raggiunto un livello intollerabile, diventando un grave problema di “coscienza”. Dopo Scott Ritter e Dennis Halliday, che con le loro dimissioni hanno definito l’embargo “un vero e proprio genocidio sanzionato dall’ONU”, sono recenti le dimissioni di Hans von Sponeck, capo del programma umanitario ONU in Iraq. Non si può dimenticare  “l’affare dell’UNSCOM”!, con i suoi funzionari al servizio della CIA e la triste faccenda del Signor Richard Butler che fu all’origine dei bombardamenti anglo-americani del dicembre 1998 sull’Iraq.

Dennis halliday, che sta preparando un importante rapporto sulle conseguenze dei bombardamenti unilaterali anglo-americani nelle due “no fly zones”, ha recentemente dichiarato che “la tragedia del popolo iracheno ha raggiunto un tale punto che non è più possibile tacere.(…) E’ impossibile associarsi a una tale realtà, per quanto mi riguarda, non ne sono capace”. Questi funzionari dell’ONU, Signor Segretario generale, hanno lavorato per anni sul terreno in Iraq, ma hanno preferito sacrificare la propria carriera piuttosto che diventare complici di questo tremendo genocidio.

Da parte mia, lo scorso luglio, ho presentato un rapporto ai Parlamentari italiani sulle conseguenze della contaminazione radioattiva sulla popolazione e l’ambiente in Iraq. La III Commissione Affari Esteri della Camera, in data 16 novembre 1999, ha ratificato una Risoluzione, in seguito presentata al Governo, che sollecita la costituzione di una Commissione scientifica d’inchiesta sulle conseguenze dell’utilizzo delle armi all’uranio impoverito in Iraq e sui Balcani. Finora la suddetta Commissione, a cinque mesi della ratifica, non è stata ancora costituita.

Un milione di proiettili all’uranio impoverito lanciati sull’Iraq.

Come certamente saprà, Signor Segretario generale, documenti del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America e del Ministero della Difesa Britannico confermano che durante la guerra del Golfo fino ad oggi sono state riversate sull’intero paese oltre 135.000 tonnellate di bombe, tra cui più di 940.000 proiettili all’uranio impoverito: circa 700 tonnellate di uranio 238. E’ ormai noto che le armi all’uranio impoverito, sperimentate per la prima volta dalle forze multinazionali nel 1991 in Iraq, durante l’operazione “Tempesta nel deserto”, hanno rivelato tutta la loro efficacia, ma hanno provocato un preoccupante inquinamento radioattivo dell’aria e dell’ambiente, contaminando la popolazione, particolarmente nel sud dell’Iraq, e migliaia di militari della forza multinazionale.

Un video del U.S. Army, distribuito dallo Stato Maggiore dell’esercito per il “training” dei militari (copia del quale ho distribuito ai membri della Commissione Affari Esteri del Parlamento) informa che l’esplosione provoca l’incendio dell’uranio impoverito, che libera così nell’ambiente circostante, con i suoi fumi, milioni di particelle radioattive da 5 a 7 micron. Se respirate, le particelle si fissano nei polmoni provocando, a medio e lungo termine, gravi patologie quali cancro, leucemie e deficienze immunitarie. Questa è una delle prime cause della contaminazione radioattiva che ha colpito i militari delle forze armate della coalizione che operavano in Kuwait e nel sud dell’Iraq, durante la guerra del Golfo. Paradossalmente, i militari impegnati nella guerra del Golfo non avevano ricevuto nessuna istruzione, nessuna direttiva per la loro protezione. Si avvicinarono e salirono sui carri armati iracheni, contaminandosi con i raggi Alfa, Gamma e Beta, dell’uranio 238. Oggi, a distanza di dieci anni, oltre 200.000 veterani americani ed inglesi contaminati accusano una serie di gravi patologie.

I risultati delle ricerche effettuate dal DoD (Dipartimento di Stato alla Difesa degli Stati Uniti d’America) confermano che decine di milioni di grammi di uranio impoverito si sono sprigionate dopo l’impatto dei proiettili. “L’ossidazione in superficie dei frammenti dei penetranti all’uranio impoverito”, precisa un rapporto dell’U.S. House of Representatives “è un processo significativo poiché le forme ossidate di uranio sono più solubili a contatto con l’acqua e, quindi potenzialmente più disponibili per l’assunzione umana ed animale. A contatto con l’acqua, il metallo Uranio si corrode e diventa solubile, diventando potenzialmente trasportabile attraverso i corsi d’acqua di superficie e sotterranei.(...) I penetranti di corazzatura all’uranio impoverito sono costituiti da una lega di uranio e dallo 0,75% di titanio. L’impiego intensivo di tali penetranti nel corso di esperimenti ed operazioni hanno dimostrato che i residui sono soggetti a ossidazione atmosferica e/o alla corrosione dell’acqua (ruggine). L’uno o l’altro di questi processi può portare ad una contaminazione dell’ambiente che ha tutto il potenziale di provocare danni irreversibili alla salute umana, soprattutto attraverso i corsi d’acqua”.

Per quanto riguarda la popolazione irachena, rimasta a contatto con milioni di pezzi radioattivi (e colpiti da continui bombardamenti), con un embargo che impedisce qualsiasi decontaminazione e assistenza ai malati contaminati, non è difficile immaginare il quadro della situazione.

Iniziative unilaterali in Europa per rompere l’embargo.

         Purtroppo Signor Segretario generale, potrei continuare per pagine. A questo punto, vista l’urgenza di passare ad azioni concrete, non serve più scrivere libri, organizzare manifestazioni, fare conferenze, redigere documentari o presentare interpellanze in Parlamento, che tra l’altro restano (quasi) senza riscontro: bisogna passare ad iniziative più forti, più “spettacolari”, più sconvolgenti. A seguito del volo Amman-Baghdad, che ho effettuato con il parlamentare Vittorio Sgarbi, l’industriale Nicola Grauso et il pilota Nicola Trifoni, saranno prossimamente organizzati altri voli che partendo dalle diverse capitali europee, trasporteranno parlamentari, senatori, premi Nobel, artisti, rappresentanti di associazioni umanitarie e di organizzazioni non governative, giornalisti della carta stampata e delle reti televisive, personalità del mondo della politica, delle scienze, della cultura e delle religioni, e che atterreranno direttamente a Baghdad. Certamente, non basterà. In diversi paesi europei, compresa la Svizzera, si stano organizzando raccolte di firme  che chiederanno ai governi europei una rottura unilaterale dell’embargo. Altre iniziative sono allo studio, sperando però di non dovervi ricorrere.

         Per conto suo, Ramsey Clark, ex Ministro della Giustizia dell’Amministrazione Reagan ed avvocato di diritto internazionale, ha raccolto l’adesione di 35 città degli Stati Uniti e centinaio di firme di personalità del mondo della Politica, delle Scienze, della Religione, della Cultura e dell’Arte in tutta l’Europa, per avviare una procedura presso gli organismi internazionali capace di portare l’Amministrazione Americana davanti ad un Tribunale internazionale per crimini contro l’umanità (utilizzo di armi di distruzione di massa) e genocidio del popolo iracheno.

         RingraziandoLa dell’attenzione, La prego di gradire, Signor Segretario generale, i miei più distinti saluti.

                                                                      Jean-Marie Benjamin

Assisi, 13 settembre 2000

(fonte: Information Guerrilla)