Un profilo introduttivo.
La poesia d'amore nasce relativamente tardi nella letteratura latina: si afferma solo nel II sec. a.C., quando i Romani, concluse vittoriosamente le guerre in Oriente e in Grecia, allentano le preoccupazioni per l'interesse dello stato, trovando il tempo e l'animo per dedicarsi anche ai moti interni dell'animo, alla vicenda intima della vita, all'espressione dei sentimenti. Un atteggiamento, questo (tra l'altro), che spesso si pone in più o meno larvata polemica nei confronti del potere e della cultura ufficiali. I tempi nuovi permettono - insomma - di coltivare, oltre ai modi della scrittura adatti alla riflessione sul bene comune (come la storiografia, l'oratoria, il teatro, la satira, il poema epico e la tragedia), generi nuovi da dedicare, appunto, all'effusione dei sentimenti o alla ricerca dell'io.
Intorno a tali tematiche, si raccolgono già gl'intellettuali del circolo letterario di Lutazio Càtulo (ca. 150-87 a.C.), che dà vita ad una produzione di sapore individualistico, particolarmente elaborata nello stile. I poeti appartenenti a tale corrente sviluppano argomenti e forme della poesia ellenistica, rifacendosi soprattutto a Callimaco, come appare specificamente evidente da alcuni brevi componimenti di Valerio Edituo e dello stesso Càtulo. Il circolo nato intorno a quest'ultimo, non a caso detto "preneoteorico", ha dunque il merito di anticipare e preparare l’importante circolo dei "poeti novi" ("neoteroi"), scrittori colti, consapevolmente indirizzati a riprodurre nei metri e nei temi i grandi modelli della poesia alessandrina e dei lirici greci. In loro, anche l'atteggiamento di fronda sarà molto più palese.
Ma toccherà, invero, a Catullo il compito d'istituire un vero e proprio "topos" della poesia d'amore, legando la lirica latina al mondo dei sensi e della passione, e quindi avviando il filone della "malattia amorosa" e della "servitù d'amore". D'altronde, già Lucrezio aveva proposto, nel finale del IV libro del suo capolavoro, il tema dello sconvolgimento psicofisico che accompagna il "furor" degli amanti, restando però all'interno di un contesto filosofico, che neppure il vigoroso movimento delle immagini riesce ad emancipare dai parametri dell'atarassia epicurea. In Catullo, invece, pur in assenza dell'effigie femminile, l'effetto di concretezza del rapporto risulta rafforzato a causa del realismo con cui sono presentati i sintomi dell'amore/malattia, che il poeta soffre sul proprio corpo con la perdita della voce, della vista e persino dell'udito, fino al deliquio (cfr. carme 51). Il poeta stesso è implicato nella storia che narra, e le sue parole hanno il sapore della dolorosa esperienza, arrivando alla fine a prospettare addirittura un legame insolito per la cultura romana (e che sarà destinato ad orientare la letteratura d'amore fino al Medioevo e oltre): ovvero, egli nobilita l'intensità totalizzante e assoluta della passione con il rigore di un "patto" che vincola i due amanti, anche senza il matrimonio (!) (cfr. carme 87). Sarà Catullo, insomma, il primo scrittore a sottrarre la poesia erotica dal clima leggero del gioco mercenario ed a mettere al centro la donna reale, con il suo carico di contraddizione e di infelicità. E ciò acquista tanto più valore, se è vero che nel I sec. a.C. l'epica, la tragedia e i generi filosofico-didascalici disapprovavano chiunque presentasse amori diversi da quelli improntati al nobile sentire.
Nel secolo di Augusto, Orazio continuerà a cantare l'amore, imitando anch'egli le fonti greche (come Alceo, Semonide di Amorgo o gli ellenistici), ma offrirà una sua visione, piuttosto leggera e malinconica, del sentimento amoroso, tributando a Catullo solo il debito di qualche "citazione" colta. Tuttavia, Catullo "sarà maestro per la generazione degli elegiaci, che da lui trarranno la concezione dell'amore come continua sofferenza e come consapevole scelta di vita" (P. Fedeli).
Ciò sarà vero soprattutto per Tibullo e, ancor più, per Properzio: l'amore, presentato sempre più esplicitamente come motivo di vita, si fa in questi poeti materia privilegiata per il canto e per l'effusione dei sentimenti. Anzi, nelle loro "Elegie", trasparirà davvero un nuovo legame fra arte e vita: nella vita, il poeta si dedica alla donna, trascurando gli impegni pubblici; nell'arte, ricerca moduli adatti a cantare il suo sentimento totalizzante e assoluto: insomma, il rapporto sentimentale, che già in Catullo aveva trovato importanza e significato oltre il semplice gioco erotico o mondano, diventerà per loro genuina ricerca di valori etici e letterari. Certo, anch'essi prenderanno spunto (chi più, chi meno, chi con maggiore "realismo", chi con malcelato artificio) dalla loro "vera" vicenda amorosa, ma non si fermeranno alla mera esperienza: sapendo fin dall'inizio che la loro storia non sarà solo ricca di gioia, cercheranno prontamente di delineare una "teorica dell'amore": chi vive come "fedele d'amore", anche se infelice, compie una scelta difficile, ma superiore a quella di chi intraprende la carriera politica o militare. È dunque meglio rinunciare agli onori delle cariche o alle ricchezze, e lasciarsi soggiogare dalla tirannia dell'amata; e le loro amate esercitano davvero un duro dominio, costringendo i poeti a una pesante "schiavitù", in un rapporto dove l'amore, pian piano, si spoglierà di ogni idealizzazione sentimentale.
Questo processo di "disillusione" e "disincanto" troverà il suo felice epilogo in Ovidio: alto valore reattivo di scandalo avranno le sue opere, a Roma: in esse, il rapporto amoroso subirà un' "urbanizzazione" che ne invertirà i termini (la donna è ancora "domina", ma il suo ruolo è fittizio o quantomeno "passivo", dipendendo il tutto dall'abilità e dalla "disponibilità" dell'amante maschio) e ne sovvertirà i motivi: si preferirà, cioè, l'innamoramento all'amore vero e proprio, laddove lo stesso innamoramento non è genuino germoglio di passione, quanto piuttosto puro gioco, levantino ma gioioso, di conquista e di seduzione, di cui il poeta, con un malizioso riferimento alla propria esperienza (non certo dolorosa come quella degli elegiaci…) si propone d'insegnare tecniche e strategie, eleggendosi a vero prescelto di Eros.
[Per gli opportuni approfondimenti, rinvio ai capitoli sull' "introduzione all'elegia in Roma" e sui singoli poeti, accessibili attraverso l'indice generale della sezione]