Fotografare
gli oggetti che si osservano al telescopio è una delle massime
soddisfazioni per un astrofilo.
A
seconda degli oggetti che andremo ad "immortalare" vi sono
delle nozioni fondamentali da conoscere ed alcuni
"trucchi" per ottenere un buon risultato finale.
Per
prima cosa abbiamo bisogno di una macchina fotografica, la quale
deve essere necessariamente una reflex,
infatti la possibilità di estrarre l'obbiettivo e di collegare il
corpo macchina al telescopio ci consentirà di mettere a fuoco
l'oggetto che vogliamo riprendere.
Nel
caso che non si disponga di un telescopio, la semplice macchina
fotografica ci permetterà di riprendere ampie zone della volta
celeste, a questo punto però bisogna riflettere su alcuni punti: il
moto apparente dei corpi celesti, la pellicola da utilizzare, il
tempo massimo d'esposizione.
La
fotografia a macchina ferma, cioè posta su di un cavalletto, può
essere sfruttata al massimo per alcuni secondi, cioè prima che le
stelle inizino a lasciare una striscia visibile sulla pellicola a
causa del moto apparente della volta celeste.
In
pratica cosa succede?
La
macchina fotografica raccoglie la luce proveniente dalle stelle, le
quali si muovono sulla sfera celeste (in realtà è la Terra che
ruota sul suo asse) comunque, se lasciamo esporre troppo a lungo la
pellicola, al termine del lavoro resteremo delusi vedendo una
miriade di tracce oblunghe in sede di sviluppo del negativo.
Altro
fattore da non trascurare è la posizione celeste dell'oggetto che
vogliamo riprendere.
Nei
pressi del polo celeste (costellazione dell'Orsa Minore) il
movimento delle stelle è più lento rispetto a quelle poste
sull'equatore celeste, non bisogna infatti dimenticare che ci
troviamo all'interno di una sfera (la sfera celeste).
Per
eseguire le riprese ad ampio campo è indicata una pellicola
sensibile, in modo da eseguire una ripresa veloce prima che le
stelle inizino a tracciare il negativo.
La
sensibilità delle emulsioni fotografiche si misura in Asa:
una pellicola a 400 Asa è più veloce di una a 100 Asa, però
evidenzierà maggiormente la grana della pellicola rendendo
l'immagine meno nitida.
Il
metodo classico per la fotografia a macchina ferma è il seguente:
Posizioniamo
la macchina fotografica sul cavalletto, apriamo al massimo il
diaframma ad F 1,4 o F 2 ( in modo che possa raccogliere più luce
possibile) regolando l'obbiettivo sulla posizione di infinito.
Inseriamo il flessibile sul pulsante di scatto, ed in base alla
sensibilità della pellicola, in questo caso consiglio una 400 Asa;
daremo il via alla ripresa bloccando lo scatto in posa B (cioè la
posizione che ferma la tendina della macchina in posizione aperta)
iniziando a contare i secondi necessari per completare la nostra
fotografia.
Su
questo punto le soluzioni sono piuttosto empiriche, e conviene
senz'altro effettuare diverse pose con tempi diversi, tuttavia, in
generale una posa massima di 10/15 secondi a 400 Asa mantiene le
immagini delle stelle ancora puntiformi.
Ovviamente
il cielo dovrà essere il più buio possibile, lontano dal chiarore
delle città, e possibilmente in zona collinare dove l'atmosfera è
più trasparente.
Questa
ripresa "povera" si può utilizzare anche per fotografare
le comete, le estese dimensioni angolari della coda ben si prestano
per una ripresa ad ampio campo.
Per
sfruttare appieno l'obbiettivo della macchina fotografica esistono
in commercio dei piccoli motori regolati sulla velocità di
rotazione della Terra, applicati ad un'apposita montatura ed
inseriti sul cavalletto possono permetterci di riprendere le
costellazione per diversi minuti senza alcun problema.
Nel
caso invece si disponga di un telescopio dotato di una montatura
equatoriale motorizzata, le possibilità diventano interessanti ed
indubbiamente più professionali.
La
montatura equatoriale inclina lo
strumento al valore della latitudine del luogo d'osservazione, una
volta collimato l'asse al polo celeste (nei pressi della Stella
Polare) il motore d'inseguimento segue le stelle nel loro moto
apparente, permettendoci così d'effettuare delle fotografie ad alto
ingrandimento senza incorrere nel pericolo che le stelle, o i
pianeti, lascino delle tracce sulla pellicola.
Non
dovendoci più preoccupare di accelerare i tempi di posa, possiamo
scegliere delle pellicole meno sensibili (64 Asa, 100 Asa) ma di
maggiore incisività sia cromatica che qualitativa.
Per
collegare la macchina fotografica al fuoco del telescopio ci
muniremo di un apposito raccordo che possiamo reperire nei negozi
specializzati o farcelo costruire direttamente da un abile
tornitore.
In
pratica sfrutteremo il telescopio come un potente teleobiettivo,
mentre la montatura equatoriale farà il resto inseguendo
fisicamente l'oggetto che desideriamo riprendere.
La
fotografia effettuata tramite telescopio si suddivide in due diverse
categorie: fuoco diretto e fuoco coniugato o "Proiezione
dell'oculare"
A)
Fuoco diretto:
Installato
il corpo macchina nel fuoco del telescopio mettiamo a fuoco
l'oggetto attraverso il mirino della reflex, attendendo alcuni
secondi in modo che lo strumento si stabilizzi dalle vibrazioni, con
il flessibile facciamo scattare l'otturatore dando il via alla
ripresa.
I
tempi in questo caso possono raggiungere anche le decine di minuti,
soprattutto se desideriamo raccogliere l'immagine di una tenue
nebulosa o di un oggetto particolarmente debole.
B)
Fuoco coniugato:
Riprendere
immagini al fuoco diretto assicura un buon campo di ripresa, ma
l'immagine risulterà scarsamente ingrandita, nel caso dei pianeti e
della luna otterremo una foto con pochi dettagli evidenti, sarà
quindi necessario ingrandire l'immagine primaria.
Per
fare questo vi sono diversi metodi, tuttavia si tenga presente che
aumentando l'ingrandimento si incrementano anche i difetti dello
strumento, quali: vibrazioni, scarsa stabilità, condizioni
atmosferiche.
La
formula che indica il fattore d'ingrandimento visuale è:
Ingrandimento
= Lunghezza focale obbiettivo / Lunghezza focale oculare
Mentre
per il reale ingrandimento sulla pellicola la formula è:
(d/Fo)-1
dove d é la distanza dell'oculare dal piano focale, Fo é la focale
dell'oculare utilizzato. Il risultato darà un valore che starà ad
indicare il numero di volte che la focale dell'obbiettivo utilizzato
verrà aumentata. Per sapere quanti ingrandimenti fotografici si é
ottenuti si dividerà la focale ottenuta per 50 valore che nel
formato 35mm sta per 1. (grazie Enrico,
http://www.pinzino.it)
Per
modificare la lunghezza focale dell'obbiettivo si può interporre
fra l'obbiettivo del telescopio e la macchina fotografica una lente
negativa (Lente di Barlow) la quale
solitamente fornisce un fattore due, cioè raddoppia la focale dello
strumento.
Diversamente
si possono utilizzare gli oculari in dotazione al telescopio, purché
di ottima qualità (meglio se Ortoscopici) in questo modo potremo
cambiare il fattore X d'ingrandimento sostituendo gli oculari e
regolando la distanza dal punto focale.
Con
questo metodo si possono fotografare gli anelli di Saturno, le bande
di Giove, le stelle doppie, i crateri della Luna e le macchie
solari.
Un
piccolo trucco per evitare di avere immagini mosse quando si
sfruttano alti fattori d'ingrandimento è quello di tenere un
cartone nero davanti al telescopio, effettuare lo scatto con il
flessibile in posa B, attendere qualche secondo in modo che la
vibrazione della tendina della macchina fotografiche si esaurisca.
Quindi spostiamo la copertura per il tempo necessario alla ripresa,
ed una volta terminata la adagiamo nella posizione iniziale, infine
con il flessibile richiudiamo l'otturatore.
Per
fotografare ad alto ingrandimento sono consigliate le pellicole a
media granulazione: 100/200 Asa, nel caso della Luna e del Sole
anche quelle meno sensibili ma con più alto potere risolutivo.
In
ultima analisi è bene ricordare che ogni pellicola fotografica è
soggetta al così detto Difetto di
Reciprocità, in pratica la pellicola
mantiene la sua sensibilità nominale solo per pochi secondi per poi
decrescere notevolmente con il passare del tempo.
Nel
caso dovessimo riprendere un'immagine della Nebulosa di Orione, e
scegliessimo una pellicola a 400 Asa, questo valore andrà a
decrescere dopo una trentina di secondi, se forziamo troppo il tempo
d'esposizione non riusciremo a sfruttare il potere risolutivo
dell'emulsione, che inizierà invece a registrare un diffuso
chiarore di fondo.
In
campo professionale per aggirare questo ostacolo di solito s'immerge
la pellicola in un bagno di azoto od ammoniaca, in modo da
raffreddare la pellicola e ridurre sensibilmente il difetto di
reciprocità.
La
fotografia astronomica è un hobby che si integra perfettamente con
quello dell'astrofilo, solo dopo numerose prove ed errori si
ottengono dei risultati apprezzabili, non è quindi il caso di
scoraggiarsi davanti ai primi fallimenti, ma farne tesoro per non
ripetere i medesimi errori in futuro.
Claudio
Caridi