Le comete

 

 

 

Oltre l’orbita di Plutone incontriamo una vasta regione di spazio denominata: la Nube di Oort, è in questo luogo ricco di gas e detriti cosmici che hanno origine le comete.

La nube di Oort è il residuo del disco di accrescimento che diede origine in epoca remota al Sistema Solare, al suo interno sono ancora presenti ampie zone di materia inerte, piccoli asteroidi ed oggetti minori.

A causa dell’attrazione combinata del Sole e dei pianeti, questi oggetti subiscono talvolta delle perturbazioni gravitazionali, iniziando così una corsa fantastica verso il Sole.

In prossimità della nostra stella il nucleo di questi "sassi vaganti" viene investito dal vento solare, il quale sublima le zone ghiacciate della superficie generando la spettacolare coda.

In questa fase possiamo ammirare la cometa in tutto il suo splendore, alla mattina prima dell’alba, oppure subito dopo il tramonto, ad ogni modo sempre prossima al Sole e per periodi tempo assai esigui.

Una cometa si compone essenzialmente di tre parti distinte: il nucleo (o testa), la coda e la chioma.

Il nucleo possiamo immaginarlo come un oggetto solido che avrà nella norma un diametro inferiore a 100 Km, mentre la chioma è la parte luminosa che avvolge e precede la cometa lungo la sua orbita.

La coda può raggiungere una lunghezze notevole, maggiore di quella visibile da Terra, inoltre, può capitare che essa si divida in più rami generando un fascio di code sempre opposte alla loro direzione di moto, essendo investite dal vento solare che spinge i gas all’indietro.

La maggior parte delle comete rimangono intrappolate in un’orbita fissa che percorrono in decine (a volte centinaia) di anni, sono le così dette comete periodiche, come ad esempio la famosa cometa di Halley che impiega 76 anni per completare la sua orbita intorno al Sole.

Fu il famoso astronomo Halley ad ipotizzare la sua periodicità, benchè sia morto all'età di 86 anni egli non potè vedere con i propri occhi il ritorno della cometa, ma sedici anni dopo la sua morte la cometa che oggi porta il suo nome ricomparve puntuale nei cieli confermando la sua teoria.

La sua ultima apparizione risale al 1986, ed è stata approfonditamente studiata dalle sonde che l'hanno intercettata lungo il suo cammino fra le stelle, regalandoci delle immagini suggestive e dati scientifici del valore inestimabile per la comprensione di questi oggetti erranti.

Fin dall’antichità è una credenza popolare che le comete portino sventura, influenzando negativamente la storia dell’umanità, ovviamente non vi è nulla di vero in tutto questo, solo l’atavica paura dell’uomo per certi fenomeni celesti che sfuggono al suo controllo.

Per osservare le comete la strumentazione migliore è un semplice binocolo, meglio se corredato da oculari grandangolari, grazie alla notevole luminosità relativa ed al grande campo abbracciato, basterà puntarlo verso il punto dove si presume stia transitando una cometa per vederne quantomeno la coda e talvolta il nucleo.

Molti appassionati si dedicano proprio a questa attività, solitamente snobbata dagli astronomi, riuscendo così ad individuarne delle nuove ed attribuirgli il proprio nome come fossero trofei di caccia.

I telescopi sono invece destinati in modo particolare allo studio del nucleo cometario, ma anche ai massimi ingrandimenti non si riuscirà a risolverlo con precisione, a causa della violenza dei getti della coda.

Lo strumento ideale per fotografarle a livello professionale è la Camera di Schmidt, una configurazione ottica che consente una grande luminosità e nessuna aberrazione ai bordi dell’obbiettivo, permettendo d’impressionare in modo uniforme la pellicola posta nel fuoco diretto del telescopio.

A questi strumenti "classici" si affiancano con sempre maggiore diffusione i nuovi rivelatori elettronici che amplificano la scarsa luminosità degli oggetti celesti, terminando l’esposizione fotografica in una frazione di tempo rispetto ad un’emulsione normale.

Per il loro utilizzo è ovviamente indispensabile recarsi in luoghi bui e remoti, ormai praticamente introvabili in Italia a causa dell’inquinamento luminoso che sta letteralmente cancellando le bellezze del cosmo, lasciandoci immersi nell’inutile bagliore abbacinante delle nostre città.

 

Claudio Caridi