TECNICA DEGLI STRUMENTI

 

 

 

 

Telescopi

 

Quale telescopio? É ovvio che la scelta dello strumento principale di un osservatorio pubblico è diversa da quella di uno strumento per un osservatorio privato o sociale. Se la struttura assolve ad entrambi i compiti la scelta dovrà essere quanto più possibile equilibrata, soprattutto se l'osservatorio sorge in ambito non cittadino e in presenza di cieli abbastanza bui e trasparenti. In questo caso un buon Newtoniano, aperto da f/6 a f/8, può fungere da telescopio multiuso, adatto sia per la fotografia di oggetti deboli che di corpi del sistema solare e, soprattutto, per l'osservazione visuale degli uni e degli altri. Concentriamoci comunque sulle esigenze di un osservatorio per uso pubblico. Ancora, la scelta del newtoniano non appare scorretta; i suoi principali vantaggi sono l'assenza di aberrazione cromatica, l'ingombro limitato, il costo contenuto e, al limite, la facilità di autocostruzione. I principali svantaggi, com'è noto, sono rappresentati dalla limitazione nella risoluzione data dalla presenza dell'ostruzione centrale e dalla turbolenza interna al tubo, che è aperto. Per non eliminare il vantaggio del ridotto ingombro e quindi non aumentare troppo il rapporto d'apertura, ottenendo però uno strumento utile anche e soprattutto per l'osservazione della Luna e dei pianeti che, in definitiva, come già detto, rimangono gli oggetti più apprezzati dal profano, è possibile orientarsi sulla combinazione Newton-Cassegrain. Questa permette la sostituzione dello specchietto secondario piano per la combinazione Newton con un secondario iperbolico per quella Cassegrain. Il principale vantaggio di questa soluzione, come si sa, è che con lo stesso oculare si possono ottenere ingrandimenti molto più elevati (circa tre volte, poiché un tipico rapporto d'apertura di un tale strumento è f/5-f/15 nelle due combinazioni). Un aspetto molto importante è dato dalla maggiore comodità di osservazione, con la posizione dell'oculare in prossimità del piano dell'osservatorio. Anzi, visto che la stragrande maggioranza delle osservazioni in un osservatorio popolare viene condotta ad alti ingrandimenti e su oggetti luminosi, si può pensare di optare direttamente per la soluzione Cassegrain classica, eliminando così la fastidiosa preoccupazione della sostituzione dello specchietto secondario, assai più macchinosa e meno veloce di quanto sostengono abitualmente i costruttori. Un'altra soluzione che unisce compattezza e alti ingrandimenti è la Dall-Kirkham; si tratta in pratica di un Cassegrain dove però lo specchio primario ha sezione ellittica anziché parabolica e il secondario sferica anziché iperbolica. Questo lo rende più facile da costruire e quindi meno costoso del classico Cassegrain. É chiaro, tuttavia, che il coma è maggiore lontano dall'asse ottico che in un "vero" Cassegrain, limitazione comunque assai trascurabile in osservazioni compiute a ingrandimenti medi ed elevati. Resta inteso che si possono avere anche buone risoluzioni da un telescopio newtoniano classico con rapporti d'apertura medi, sui f/7, f/8, con i quali l'ostruzione dovuta al secondario risulta minore di un f/5 e, a parità di oculari usati, l'ingrandimento ottenuto è maggiore. Anzi, molti considerano più efficiente, per l'osservazione lunare e planetaria, un tale strumento che non il Cassegrain, soprattutto quando il classico tubo viene sostituito da una montatura a giorno, aperta (a traliccio), che riduce molto la turbolenza interna. Peccato, tuttavia, che una tale montatura esponga lo specchio del newtoniano all'accumulo di condensa, di solito scongiurato con il tubo. La resa del tubo, tuttavia, può essere migliorata facendolo costruire di diametro sensibilmente più grande della cella dello specchio primario. Si è visto, infatti, che le correnti turbolente interne tendono a distribuirsi prevalentemente lungo le pareti del tubo, più che nella parte centrale. Per lo stesso motivo, ad una sezione del tubo rotonda è preferibile una quadrata. Nei riflettori il tubo del telescopio è sempre aperto e ostruito, così che il problema della turbolenza atmosferica viene accentuato. Alcuni quindi, non a torto, considerando che l'interesse del pubblico è indirizzato prevalentemente alla Luna e ai pianeti, hanno consigliato l'adozione di grandi rifrattori, di diametro non inferiore a 20 cm, molto meno sensibili, a causa del tubo chiuso, alla turbolenza atmosferica e in grado di sfruttare al massimo l'apertura libera, in assenza di qualsiasi ostruzione . É stato dimostrato, in effetti, che in condizioni medie di seeing la massima apertura sfruttabile con profitto è sui 25 cm. In queste condizioni, aumentando il diametro l'immagine peggiora addirittura, soprattutto nel caso di strumenti aperti. É esperienza comune che con riflettori da 40-50 cm le immagini planetarie sono peggiori che con un cannocchiale di soli 15 cm. E che con un Newton da 35 o 40 cm raramente si scorgono più dettagli sui pianeti che con un Newton da 20. Soltanto in condizioni di seeing eccellente lo strumento più grande rende di più ma sempre, comunque, con un forte sbilanciamento a favore del rifrattore. Un altro aspetto favorisce il rifrattore rispetto al riflettore, ed è quello relativo all'equilibrio termico. Con un riflettore è senz'altro necessario aprire la copertura dell'osservatorio almeno un paio d'ore prima dell'inizio delle osservazioni, per permettere all'aria esterna di penetrare ed equilibrare la temperatura, soprattutto all'interno del tubo dello strumento, il rifrattore invece è quasi subito pronto per l'uso. É senz'altro quindi questa una buona soluzione, ancor più da incentivare presso quelle associazioni i cui membri osservano scientificamente le atmosfere planetarie o le stelle doppie, studi per i quali uno strumento del genere è veramente il massimo. Fra l'altro, il costo dei rifrattori negli ultimi tempi si è notevolmente abbassato, perlomeno all'estero. A questo riguardo vale comunque la pena citare un test recente molto interessante. Sono stati esaminati sul campo quattro newtoniani di 15 cm di apertura, le cui ottiche erano state lavorate con una tolleranza nota nei confronti delle principali aberrazioni, pari a 1, 1/2, 1/4, 1/10 di l di errore totale sul fronte d'onda. Naturalmente, per gli osservatori che effettuavano i test i telescopi erano assolutamente anonimi. Ebbene, è emerso che il Newton lavorato a l/4 dava già delle immagini stupende, mentre quello a l/10 appariva superiore, e di poco, soltanto quando il seeing era davvero eccellente. Ciò non deve stupire, considerando che il valore di l/4 sul fronte d'onda è considerato il limite di diffrazione per uno specchio. Con i due strumenti migliori la qualità delle immagini appariva molto simile a quella del celebre rifrattore apocromatico StarFire da 18 cm. Dal test emergeva che quasi tutti i Newton commerciali non raggiungono il limite di diffrazione poiché con nessun riflettore dei molti provati in carriera gli autori avevano avuto visioni così chiare della Luna, dei pianeti, di stelle doppie come con i due strumenti citati. Ciò è stato confermato anche da un altro test , nel quale furono analizzati sei specchi primari parabolici da 25 cm prodotti dalle principali ditte statunitensi del settore: risultò che soltanto due marche si attestavano sul limite di diffrazione, la Parks (l/4,1) e la Telescopics (l/3,8), le altre rimanendo in media su l/2. Quindi buonissime prestazioni da riflettori Newton si possono ottenere solo da strumenti dei quali è nota e controllabile la bontà di lavorazione (autocostruiti o costruiti da artigiani di fiducia). Occorre qui ricordare, infatti, che, anche se la superficie da lavorare in un Newton è una sola, rispetto alle quattro di un doppietto acromatico, la tolleranza di lavorazione dev'essere quattro volte migliore, per fornire gli stessi risultati del rifrattore e, per fornire lo stesso contrasto, addirittura 16 volte . In altre parole, soltanto un riflettore lavorato a l/16 di errore globale sul fronte d'onda può dare le stesse prestazioni di un cannocchiale lavorato a 1 l. D'altra parte, per riflettori di dimensioni dai 30-35 cm in su, diametro minimo per un osservatorio pubblico, tolleranze migliori di l/4 non servono senz'altro, in quanto le massime prestazioni teoriche nel 90% dei casi vengono limitate dal seeing. Tornando al caso del rifrattore, il possibile problema legato al suo ingombro (un rifrattore aperto da f/15 a f/20 non è più corto di tre o quattro metri) può essere risolto, o adottando la combinazione "piegata", nella quale una serie di specchi posti sul cammino dei raggi ottici compatta il tutto accorciando il tubo a circa la metà (combinazione che però non ha mai incontrato i consensi dei puristi), o scegliendo un rifrattore apocromatico (cioè con l'obiettivo costituito da un tripletto o da un doppietto trattato in modo particolare) che, essendo aperto a f/8 o f/9, è molto più compatto. Mentre il costo di tali strumenti fino a pochi anni fa era quasi proibitivo, attualmente è possibile trovarne, sia sul mercato nazionale che estero, a prezzi ragionevoli. Il compromesso migliore, probabilmente, si ottiene dotando la specola di due strumenti distinti: un riflettore sui 40 cm e un rifrattore, montato in parallelo, eventualmente utile come telescopio guida, sui 15 cm. Così, l'osservazione può anche essere condotta contemporaneamente con due strumenti diversi. Un'altra soluzione da valutare attentamente è quella dello Schmidt-Cassegrain, che presenta, come il rifrattore, una maggiore comodità di osservazione rispetto al Newton. Anche questi strumenti hanno il tubo chiuso e quindi soffrono meno dei riflettori classici i problemi del seeing, anche se mantengono l'otturazione centrale, solitamente anche abbastanza elevata (35%). Essi non potranno quindi raggiungere le stesse prestazioni, sui pianeti, di un rifrattore di pari diametro, tuttavia il loro costo è di molto inferiore, dell'ordine di un terzo, a parità di apertura. Riguardo a quest'ultimo punto, occorre far notare come negli Stati Uniti il costo di tali strumenti sia rimasto pressoché invariato da 15 anni a questa parte o sia addirittura diminuito, considerando che per lo stesso prezzo si possono avere modelli molto più sofisticati. Questo mentre nel nostro Paese l'inflazione ha nel medesimo lasso di tempo quasi quintuplicato il costo della vita. Quindi per il compratore italiano questi strumenti costano un quinto di quanto costavano 15 anni fa e addirittura un ottavo rispetto a dieci anni fa, quando il dollaro valeva oltre 1,2 Euro. In Italia i prezzi praticati dagli importatori sono in media del 60-70 % più alti (rispetto a quanto dovrebbe pagare un privato che ordinasse negli USA, tenendo conto anche delle tasse doganali, dell'IVA e delle spese di trasporto). Non è moltissimo, se si pensa che fino a pochi anni fa gli stessi importatori facevano pagare questi prodotti circa due volte e mezzo il prezzo praticato negli USA. L'acquirente deve decidere se effettuare la spesa direttamente alla fonte o recarsi dall'importatore verificando, soprattutto, se questi è veramente in grado di garantire un'assistenza in caso di guasti, senza dipendere dalla casa madre. In ogni caso, non esiste alcun problema legato alla spedizione del telescopio (l'imballo è a prova di bomba). Forse qualche anno fa qualcuno di questi strumenti non appariva completamente affidabile dal punto di vista delle ottiche, ma negli ultimi modelli la qualità può essere considerata buona, in molti modelli addirittura eccellente (tolleranze anche migliori di l/10). Entrambe le maggiori case statunitensi produttrici di Schmidt-Cassegrain hanno attualmente in catalogo strumenti di diametro sufficiente, 35,5 cm, a soddisfare le esigenze di un osservatorio pubblico, con prestazioni paragonabili a quelle di un Newton di pari diametro e a un rifrattore da 20 cm, ma con un ingombro ridottissimo (la lunghezza del tubo è pari a circa un quinto della focale). La chiusura del tubo degli Schmidt-Cassegrain comporta anche il vantaggio che l'alluminatura degli specchi non è sottoposta al deterioramento a cui vanno incontro gli strati riflettenti di un riflettore aperto; anzi, in pratica essa è eterna, anche perché viene depositata con trattamenti indurenti (Multi Coated Optics) che le conferiscono, fra l'altro, un rendimento molto elevato nella visione di oggetti deboli: si può dire sotto questo profilo che uno Schmidt-Cassegrain da 25 cm rende come un Newton da 30. Il diametro minimo da raccomandare per uno di questi strumenti per un osservatorio pubblico è proprio 25 cm. Questi diametri, secondo le intenzioni dei costruttori, sono ancora portatili, per cui la montatura non è molto pesante. Tuttavia i nuovi tipi di piastre equatoriali fornite sono molto più robuste e, naturalmente, fissando la piastra al solido pilastro di cemento dell'osservatorio, le vibrazioni vengono pressoché eliminate. In ogni modo, sui diametri di 35 cm gli strumenti sono molto più stabili, perché pensati per la collocazione fissa. Un altro vantaggio di questi telescopi d'importazione è la notevole sofisticazione del corredo elettronico, con motori siderali molto precisi, messe a fuoco elettriche, movimenti micrometrici a velocità differenziali, possibilità di puntamento automatico degli oggetti, inseguimenti stellari del tutto automatici, tutte cose certo non indispensabili in un osservatorio pubblico ma molto utili per varie esigenze. In particolare, l'opportunità del puntamento automatico dei corpi celesti è molto comoda per il conduttore, che può continuare a parlare mentre il telescopio si dirige da solo verso l'obiettivo successivo, e molto affascinante per la gente, che rimane assolutamente suggestionata dall'operazione. Come si è già detto, se l'osservatorio in cui sarà installato lo strumento è per uso esclusivamente pubblico dovremo anche pensare alle persone meno fortunate e quindi garantire l'accesso al telescopio anche ai portatori di handicap. Per quanto detto finora la scelta dello strumento dovrebbe cadere su un rifrattore, su un Cassegrain o su uno Schmidt-Cassegrain, con i quali l'osservazione può essere compiuta dal piano del pavimento dell'edificio, senza la necessità di macchinose installazioni di pavimenti secondari sopraelevati. La montatura dello strumento dovrà essere del tipo a forcella, che presenta numerosi vantaggi, quali la buona stabilità, la necessità di un solo punto d'appoggio, l'accessibilità a qualunque punto del cielo. La montatura a culla, dove i bracci della forcella affondano in un disco anziché essere innestati su un asse, è molto più robusta, ma di costi proibitivi per la media degli osservatori pubblici. Da proscrivere le montature a telaio (o all'inglese) caratterizzate da un asse polare formato da due tralicci fra i quali è compreso il telescopio: la loro proverbiale stabilità è eccessiva per i nostri scopi, mentre precludono la visione della regione polare. Nel caso del rifrattore la scelta, per evidenti motivi di ingombro, non potrà che cadere sulla montatura equatoriale tedesca, con tubo a sbalzo controbilanciato dalla parte opposta da un contrappeso. Se fosse possibile, le ottiche andrebbero provate al momento dell'acquisto. Per questo motivo, acquistare lo strumento all'estero è probabilmente un rischio. La serietà delle ditte americane è fuori discussione e uno può sempre consultare i vari test che vengono pubblicati su diverse riviste, ma c'è il rischio che vi sia una differenza, per quanto minima, fra esemplare e esemplare o che, comunque, le prestazioni siano in ogni caso inferiori a quelle desiderate. D'altra parte, non è che acquistando in Italia uno strumento d'importazione lo si possa testare con facilità. Diverso è il caso di un telescopio prodotto da uno dei tanti bravi artigiani, concentrati soprattutto nel Veneto, che dovrebbero rendersi senz'altro disponibili per controllare lo strumento prima dell'acquisto. Da valutare anche l'opportunità di acquistare uno strumento usato, con il quale i controlli diventano facilmente e immediatamente praticabili. Con certi diametri, dai 30 cm in su, la produzione nazionale diventa concorrenziale, in quanto a prezzi, con quella straniera. Il confronto è proponibile anche sul piano della qualità ottica e meccanica, probabilmente a favore della produzione italiana mentre è senz'altro a sfavore sul piano delle componenti elettroniche e della dotazione informatica.

 

 

Controlli e regolazioni degli strumenti

 

 

Stabilità e bilanciamento della montatura

 

La montatura, naturalmente, deve essere la più stabile possibile e se quella originale non lo è, bisogna provvedere. In generale, comunque, quelle costruite dagli artigiani italiani sono molto robuste e possono essere all'occorrenza ancora appesantite. Molto importante è la regolazione del bilanciamento del telescopio. Nelle montature alla tedesca è necessario bilanciare innanzitutto il peso del tubo, rivolgendo l'asse polare verso il polo e spostando il contrappeso finché, con il movimento in ascensione retta sbloccato, il tubo non ruota né da una parte né dall'altra. Per regolare il bilanciamento in declinazione è sufficiente allentare il movimento in declinazione e, se il tubo tende a cadere da una parte o dall'altra, farlo scorrere, se è stato previsto, lungo la culla fino ad ottenere un bilanciamento corretto. Nelle montature a forcella, di norma, è sufficiente effettuare il bilanciamento in declinazione aggiungendo dei contrappesi da una parte o dall'altra, fino a raggiungere un perfetto equilibrio. É molto importante prevedere un opportuno dispositivo che permetta di togliere o mettere facilmente pesi per riequilibrare lo strumento in seguito all'aggiunta di tutti gli accessori disponibili in qualunque combinazione. La classica asta su cui possono scorrere dei cilindri di metallo forniti di vite di blocco sull'asta stessa è una buona soluzione. Qualora sul telescopio vengano montati accessori di un certo peso in posizione laterale, anziché sopra o sotto, si può presentare la necessità di equilibrare lo strumento anche lungo l'asse di ascensione retta: tipico è il caso di una telecamera applicata al fuoco di un Newton; in questo frangente un'asta e dei pesi più piccoli dei precedenti potranno essere adeguati alla bisogna e l'asta potrà anche fungere da punto di presa per spostare il telescopio.

 

 

 

La messa in stazione

 

La messa in stazione dev'essere quanto più possibile accurata, non solo perché lo strumento potrebbe servire anche per la fotografia ma soprattutto ai fini dell'utilizzo dei cerchi orari del telescopio per il veloce puntamento di oggetti celesti eventualmente non visibili con il cercatore o comunque difficilmente rintracciabili. Il metodo di ricerca degli oggetti per mezzo delle coordinate dovrebbe tuttavia essere riservato preferibilmente agli strumenti con cupola, anche per convenienza, essendo visibile soltanto una piccola porzione di cielo: la gente resterà meravigliata dalla rapidità e dalla precisione del puntamento. Ma il pubblico rimarrà ugualmente favorevolmente impressionato dalla vostra conoscenza del cielo se saprete puntare il telescopio, utilizzando i riferimenti a occhio nudo e attraverso il cercatore, nell'esatto punto e senza fare alcun calcolo; inoltre, questo secondo metodo apparirà meno complicato e alla portata della gente, facendo sembrare l'astronomia meno complessa. Esso, chiaramente, potrà essere impiegato al meglio solo nel caso di osservatorio a padiglione completamente scoperchiabile. Il telescopio può essere messo in stazione in vari modi, ma per uno strumento che deve rimanere fisso la seguente è la procedura migliore. Allineate rigorosamente il cercatore con lo strumento principale. Regolate l'asse polare dello strumento ad un'altezza corrispondente alla latitudine. Molti telescopi hanno una scala graduata della latitudine ma in sua assenza non è certo difficile costruirsene una approssimativa. É sufficiente, comunque, per il nostro Paese, usare come riferimento una squadra a 45°. Poi, con il tubo parallelo all'asse polare del telescopio e girando lo strumento in azimut sulla sua piastra puntate lo strumento in direzione della Stella Polare. Ora, agendo sia in azimut che in altezza, fate in modo che la Polare venga portata al centro del cercatore. A questo punto il puntamento al polo è già a meno di un grado e potete fissare lo strumento al suo pilastro anche in forma definitiva, a patto che esso sia provvisto di viti di regolazione dell'altezza e dell'azimut con un lasco sufficiente. Poi, con un oculare con reticolo illuminato che fornisca circa 200 ingrandimenti puntate una stella sull'equatore celeste e prossima al passaggio in meridiano. Se la stella si sposta verso sud (in alto nel campo se non si usano prismi diagonali) dovete spostare l'asse polare in azimut in senso antiorario, se va a nord in senso orario. Ignorate gli spostamenti della stella in senso est-ovest e rimettetela al centro del campo dopo ogni manovra. Continuate fino a che la stella non mostra più apprezzabili movimenti nord-sud. Poi puntate una stella sull'equatore celeste a circa 20° di altezza sopra l'orizzonte orientale. Se la stella si sposta verso sud dovete alzare l'asse polare, se punta verso nord dovete abbassarlo (di nuovo ignorate i movimenti est-ovest e ricentrate la stella dopo ogni correzione). Andate avanti fino a che la stella non si sposta più verticalmente. Con questo metodo si arriva ad un puntamento con uno scostamento dal polo non superiore a uno o due primi, ma per le nostre finalità sarà più che sufficiente arrivare a 10', anche perché, poi, bisognerà fare i conti con la non perfetta perpendicolarità degli assi dello strumento, che spesso si riscontra nei telescopi commerciali. Comunque, con tale accuratezza, si possono effettuare senza problemi anche pose fotografiche abbastanza lunghe, senza apprezzabile rotazione di campo delle stelle ai margini del campo inquadrato.

 

 

Il controllo delle ottiche

 

Controllare un'ottica significa verificare l'ammontare delle aberrazioni, principalmente l'aberrazione sferica, da cui questa è affetta . Un controllo rozzo, ma già efficace, che si può fare, è quello della messa a fuoco: in uno strumento di buona qualità si può trovare un punto dove la messa a fuoco di un'immagine stellare è nettamente migliore che in altri punti; se è difficile trovarlo, in buone condizioni di seeing e ingrandimento moderato, o se l'immagine si presenta sempre allargata, l'ottica è decisamente di cattiva qualità. Questo test serve già a discriminare, per esempio, uno strumento con una tolleranza da l/4 sul fronte d'onda (immagine stellare precisa e puntiforme) da uno con l/2 (difficoltà di trovare il fuoco preciso) o 1l (immagine stellare allargata). Un controllo più severo, ad alto ingrandimento, prevede di verificare l'aspetto sfocato di una stella in intra ed extrafocale. Il dischetto stellare, se l'ottica è buona, si deve presentare identico nei due casi. Se l'ottica non è perfetta, in posizione intrafocale l'alone che circonda il nucleo dell'immagine cresce, mentre il nucleo si attenua, in posizione extrafocale invece il nucleo si trasforma in un disco dal bordo luminoso che rapidamente inghiotte l'alone . Per controlli più accurati si potranno effettuare test incrociati con il metodo di Ronchi e quello di Foucault. Il metodo di Ronchi sfrutta la natura ondulatoria della luce e particolarmente i fenomeni di diffrazione e interferenza che si producono quando un'onda luminosa passa attraverso una serie di fenditure ravvicinate. All'uscita da ogni fenditura si genera un nuovo fronte d'onda che mantiene la stessa differenza di fase con i fronti vicini. Le intensità in ogni punto si sommano algebricamente generando delle frange d'interferenza la cui struttura ci fornisce informazioni sulla geometria del fronte d'onda iniziale. Una sorgente puntiforme come una stella, ad esempio, genera un fronte d'onda sferico, che viene però modificato, prima di incontrare il reticolo, dalla riflessione o rifrazione di una superficie ottica, che la modifica secondo la sua geometria. Diventa così possibile percepire, amplificandoli, i difetti di lavorazione di un'ottica, che verranno visualizzati come linee irregolari. Si può utilizzare un reticolo di linee parallele, formato da linee scure alternate a spazi chiari, generalmente con una frequenza compresa fra 5 e 20 linee per mm. Il suo costo non supera di norma 10 Euro. Esso comunque può essere allestito anche fotografando su pellicola ad alto contrasto e grana molto fine un cartoncino bianco sul quale sia stato tracciato un numero conveniente di tratti. Volendo costruire un reticolo di 15 mm di lato, tracceremo 150 linee spaziate fra loro di 1 mm e con l'identico spessore su un cartone di 30 cm di lato. Fotografando il cartoncino da 1 m di distanza con un obiettivo da 50 mm otterremo la voluta densità di 10 righe per mm. Infatti la dimensione lineare fotografica h è uguale a : h = F H/d dove F è la focale dell'obiettivo usato, H è la dimensione lineare del disegno, d è la distanza del disegno dall'obiettivo. Poi, si punterà il telescopio verso una stella il più luminosa possibile e si porrà il reticolo al posto dell'oculare, montandolo in un telaietto per diapositive; usando il dispositivo di messa a fuoco si renderanno visibili le frange d'interferenza, alternativamente chiare e scure. A seconda della distanza dal fuoco si vedrà un numero maggiore o minore di frange: il controllo è più efficace quando se ne vedono una decina (cinque scure e altrettante chiare). Se l'ottica è ben lavorata le linee dovranno apparire perfettamente diritte e parallele . Se la loro forma si discosta di mezza interfrangia (cioè se una linea appare incurvata fino a metà dello spazio che la separa dalla successiva), l'errore è di l/4, cioè l'ottica è ai limiti di diffrazione, se la forma si discosta di un'interfrangia (un intero tratto) l'errore è di l/2 lambda, e così via. Il metodo di Foucault si basa sul principio che un'ottica buona deve focalizzare l'immagine di una stella su una parte piccolissima della superficie focale. Si usa allo scopo una sottile lamina metallica col bordo molto netto. Piazzandola nel piano focale del telescopio e puntando lo strumento verso una stella luminosa, in un primo momento si osserverà l'obiettivo illuminato in modo uniforme. Poi, facendo avanzare lentamente la lamina verso il centro del campo, si osserverà come procede l'oscuramento dell'immagine della stella. Se l'oscuramento è immediato e globale, l'ottica sarà buona. Se invece l'oscuramento non è istantaneo e contemporaneo per tutti i punti dell'obiettivo, significa che da alcune parti dell'obiettivo i raggi luminosi vengono focalizzati diversamente e che quindi la lavorazione non è uniformemente buona. Inoltre, l'avanzamento della lamina tenuta in posizione intra ed extrafocale procurerà un oscuramento parziale dell'obiettivo, che avverrà per un'ottica corretta con un'ombra netta e dal bordo perfettamente rettilineo : qualsiasi deformazione dell'ombra starà ad indicare la presenza di difetti di lavorazione. Nel caso dei rifrattori, questi due test dovrebbero essere eseguiti con fasci di luce monocromatica. Fra i test eseguibili sul campo, in condizioni però di buon seeing, è sempre indicativo quello con stelle doppie strette con componenti di pari luminosità, attraverso il quale si stabilisce la bontà dell'obiettivo tramite la stima del suo potere risolutivo, utilizzando la formula data in precedenza. Com'è esperienza comune, tuttavia, questo banco di prova è abbastanza favorevole: anche se l'ottica è affetta da una certa aberrazione sferica, si dovrebbero vedere stelle, o almeno la loro immagine elongata, con una separazione uguale a r e, se l'ottica è perfetta, addirittura inferiore, naturalmente in condizioni di ottimo seeing. Un test è anche realizzabile creando una coppia di stelle artificiali, evitando così le incognite poste da notti di cattivo seeing, usando un metodo piuttosto semplice, economico, affidabile ed eseguibile al chiuso, senza la necessità di strumenti particolari . Esso consiste nel disporre due lampade di pari intensità a livello dell'obiettivo del telescopio (per esempio su un'asse sorretto da un cavalletto posto sopra la culatta di un telescopio riflettore), la cui luce viene riflessa da una sferetta d'acciaio posta ad una distanza conveniente e osservata a un ingrandimento circa doppio del diametro dello strumento espresso in mm . Le due luci appariranno distinte come se costituissero una stella doppia. Avvicinando progressivamente le lampade fra loro verrà simulata una separazione della doppia sempre minore. La massima risoluzione sarà quella ottenibile quando le due sorgenti saranno appena separabili nell'oculare del telescopio. Il potere separatore F, in secondi d'arco, sarà dato dalla formula: F = 51566 AB/D2 dove A è la distanza fra le lampade, D è la distanza fra obiettivo dello strumento e centro della sferetta, B è il diametro della sferetta. Si dovranno fare varie prove con vari tipi di lampade, con sferette di vario diametro e provando differenti distanze fra sfera e strumento per decidere quale si adatta meglio al vostro strumento. Procurarsi le sferette non è difficile: quelle che si trovano nei cuscinetti a sfera, disponibili a bizzeffe presso le autofficine, vanno benissimo. Esse dovranno essere perfettamente liscie. Sarà indispensabile disporre di uno spazio almeno di 10 m, sia perché molti strumenti non vanno a fuoco a meno di questa distanza, sia per minimizzare le aberrazioni causate da una focheggiatura che non è certo quella ottimale per la quale il telescopio è stato progettato. Il test va effettuato con la stanza buia, per migliorare la percezione delle immagini delle luci riflesse. Va rimarcato che il test effettuato in questo modo è più favorevole di quello svolto con doppie "naturali". Per esempio, con uno Schmidt-Cassegrain da 254 mm, affetto da un'aberrazione sferica di circa l/4, abbiamo ottenuto, con sferette di 10 e 17 mm di diametro, poste a una distanza di 13 m, illuminate con due lampadine normali da 60 watt e osservate a 556 e 781 ingrandimenti, una risoluzione di 0,43 secondi d'arco, addirittura migliore di quella teorica calcolata sulla base delle considerazioni svolte in precedenza (0,47"). Altri test, molto semplici e immediati, consistono semplicemente nell'osservare con il telescopio, da qualche centinaio di metri, delle carte, come ad esempio la piuttosto famosa "resolving power chart" della Edmund Scientific Co., recanti linee chiare e scure alternate. Il prezzo di questi articoli è irrisorio, ma il lettore può ottenere dei buoni risultati anche con la cartina . Questa va posta a una distanza di 500 m dallo strumento e osservata al massimo ingrandimento possibile. I numeri corrispondono ai secondi d'arco; la massima risoluzione ottenibile è quella alla quale le linee diventano indistinte. Questo test è meno favorevole del precedente, essenzialmente perché deve fare i conti con la turbolenza atmosferica, tutt'altro che trascurabile su distanze di questa entità. Per minimizzarne gli effetti bisognerebbe osservare nelle prime ore del mattino e fare in modo che la linea fra carta e telescopio passi il più possibile al di sopra di prati e radure erbose. In questo modo, i risultati ottenibili dovrebbero essere grossomodo analoghi a quelli conseguibili con il test precedente. Infatti, con lo stesso strumento di cui sopra e in condizioni non proprio ideali (fondo stradale, in ore pomeridiane) abbiamo ottenuto, a 781 ingrandimenti, un valore di 0,6".

 

 

La collimazione

 

All'inizio, ma anche tutte le volte che il tubo del telescopio viene urtato da qualche incauto visitatore, si renderanno necessarie delle manovre di regolazione ottica . É incredibile, ma molti possessori di telescopi lavorati in modo superlativo, anche a l/16, li sfruttano, a causa della cattiva collimazione, come se fossero lavorati a non più di l/2. Non ci sembra quindi fuori luogo passare qui in rassegna le manovre da eseguire per i tipi di strumenti più adatti per gli osservatori popolari, cominciando dai riflettori per i quali, com'è noto, la necessità di collimazione è molto più frequente.

 

 

Principali configurazioni ottiche di telescopi

 

Newtoniani chiusi.

 

É opportuno costruirsi prima di tutto un piccolo aggeggio che si rivelerà molto utile, prendendo un contenitore per pellicole 35 mm, rimuovendone il tappo, tagliando via l'eventuale bordo superiore sporgente e praticando un foro sul centro del fondo di 1,5 mm di diametro. Infilate il bariletto ottenuto sul tubo portaoculari con il foro verso l'esterno; normalmente si adatta perfettamente, ma se così non fosse, tagliatene via un pezzo finché non va bene (i contenitori sono leggermente rastremati). Puntate il telescopio verso il cielo diurno o un muro ben illuminato e prendete confidenza con ciò che vedete . Andando verso l'interno, si vedrà il margine interno del tubo portaoculari , l'interno del tubo del telescopio , il margine esterno del secondario . Riflessa nel secondario, facilmente identificabile dalla presenza dei tre fermi, si vedrà l'immagine del primario , riflesso in questa il profilo scuro del diagonale e della crociera con, al centro, l'immagine brillante del foro attraverso il quale state guardando. Se nessuna riflessione è concentrica bisognerà provvedere alla collimazione, iniziando dal diagonale. Occorre innanzitutto spingere il bariletto autocostruito ben dentro il tubo di messa a fuoco e focheggiare in modo da spingere il più lontano possibile il foro del bariletto. Occorre innanzitutto verificare che il margine interno del tubo portaoculari e il bordo esterno del secondario siano concentrici , aiutandovi eventualmente con la luce di una torcia. Se cosi non è, occorre centrare il secondario, concentrandosi sul suo bordo esterno e ignorando le riflessioni interne, spostandolo avanti e indietro o lateralmente, servendosi delle apposite viti. Poi, verificate che la riflessione dello specchio primario sia concentrica al bordo esterno del secondario . Se così non è, ruotate il portasecondario sulla sua barra centrale o, se ci sono, agendo sulle tre viti di aggiustamento ricavate sul dorso della cella portasecondario. Fate l'aggiustamento finale con le viti chiuse piuttosto che allentate. Infine, controllate che anche la riflessione del diagonale con la crociera sia concentrica allo specchio primario . In caso contrario, agite sulle viti di aggiustamento presenti sulla culatta della cella del primario. Di solito vi sono tre coppie di viti, una che spinge e una che tira per ciascuna coppia, da spostare in modo complementare, agendo su una coppia alla volta. Per questa operazione è fortemente auspicabile essere in due, uno che manovra le viti e l'altro che osserva nel portaoculari. La regolazione finale si fa sul cielo, dopo aver atteso un'ora dall'apertura della cupola (per equilibrare temperatura esterna e interna), inquadrando una stella luminosa ben alta sull'orizzonte e applicando un ingrandimento medio alto. Si dovrà centrare nel campo la stella e, sfuocando leggermente l'immagine, si dovrà vedere un dischetto circondato dagli anelli di diffrazione, alternativamente brillanti e scuri . Se questi non sono perfettamente concentrici, bisognerà agire ancora leggermente sulle viti di regolazione del primario finché non lo diventano. Anche qui, ovviamente, è preferibile essere in due, anche perché ogni volta che si toccano le viti di regolazione l'immagine della stella si sposta dal centro del campo e dev'essere ricentrata. Una volta che gli anelli sembrano concentrici, bisogna montare il più alto ingrandimento sopportabile dallo strumento, diciamo due volte il diametro dell'obiettivo in mm, e ripetere il test sulla stella a fuoco. Qui possono venire alla luce difetti nell'ottica. Se, focheggiando in intra ed extrafocale, l'asimmetria degli anelli rimane sullo stesso lato, la causa è la scollimazione. Se, invece, cambia lato, il problema è nella qualità ottica. Anelli di diffrazione non circolari o addirittura triangolari indicano che lo specchio primario è stretto nella cella, o che l'ottica è di cattiva qualità. É esperienza comune che nei riflettori la percezione del disco e degli anelli di diffrazione di una stella con l'immagine a fuoco è molto meno agevole che nei rifrattori. Molto spesso, anzi, soprattutto con diametri non piccoli, l'attesa di notti con seeing adatto alla loro visione diventa frustrante. In questi casi, allora, non si può che cercare di diaframmare l'obiettivo oppure, se l'ubicazione dello strumento o dell'osservatorio lo consente, servirsi di una stella artificiale. Questa può essere confezionata in modo semplice ed economico in almeno due modi, facendo riflettere la luce del Sole da una sferetta d'acciaio di 10-15 mm di diametro posta a una distanza di almeno 50 volte la lunghezza focale del telescopio o facendo riflettere dalla stessa biglia la luce di un faretto da 150-200 watt posto a 10-15 m di distanza. In entrambi i casi verrà creato un astro artificiale di adeguata luminosità e definizione.

 

 

 

Cassegrain

 

Sia il Cassegrain classico che i suoi derivati (Ritchey-Cretien, Dall-Kirkham, ecc.) possono essere collimati con lo stesso metodo. Innanzitutto, senza diagonale a 45°, puntate il telescopio su una parete illuminata o sul cielo e installate un tubo di vista del tipo già descritto, spostandolo, mediante la messa a fuoco, il più in fondo possibile. Il contorno del secondario conterrà al suo interno la riflessione del primario. Si dovrebbe anche vedere il margine esterno scuro del secondario circondato dal cielo o dallo sfondo del muro. Se non si vede, rimuovete il tubo-diaframma centrale del telescopio. La riflessione del primario dovrebbe apparire esattamente concentrica al bordo esterno del secondario. Se così non è, agite sulle viti del secondario. Verificate poi che la crociera del tubo di vista sia concentrica al secondario (il controllo è più facile se la crociera del tubo è parallela a quella del secondario). Se non lo è, occorre inserire uno spessore sul tubo di messa a fuoco o sulla cella del primario. Anche il tubo-diaframma centrale, una volta rimesso in sede, dovrebbe apparire concentrico con tutto il resto. La messa a punto finale si fa su una stella brillante osservata ad alto ingrandimento, messa al centro del campo e leggermente sfocata. Se le ottiche sono ancora scollimate, gli anelli di diffrazione non saranno circolari. Per rimediare, bisogna spostare entrambi gli specchi in direzioni complementari. Mentre guardate la stella, girate le viti di aggiustamento del primario in modo che la stella si sposti dalla parte dove gli anelli sono più larghi. Poi compensate rapidamente (in modo da non dare tempo ad eventuali difetti di trascinamento orario di manifestarsi) lo spostamento dell'immagine aggiustando il secondario in modo da portare la stella di nuovo al centro del campo. Esaminate gli anelli di nuovo. Se il loro aspetto è migliorato, continuate in questa direzione fino a quando la centratura è soddisfacente. Se le cose vanno in peggio, invece, cambiate tattica: muovete il primario in modo da spostare la stella verso la parte dove gli anelli sono più rotondi, poi spostate il secondario per riportare la stella al centro. Ripetete la procedura finché gli anelli sono concentrici. Per l'aggiustamento finale operate con la stella a fuoco.

 

 

 

Schmidt-Cassegrain

 

Negli Schmidt-Cassegrain commerciali lo specchio primario e la lastra correttrice, essendo fisse, non sono suscettibili di collimazione. Lo è soltanto il secondario, per mezzo di tre viti poste davanti al telescopio sul margine esterno del portasecondario, al centro della lastra correttrice. Talvolta ci può essere una quarta vite, più grande, al centro del portasecondario. Lasciatela stare: allentarla negligentemente potrebbe far cadere addirittura il secondario. Il controllo si fa su una stella luminosa, senza diagonale, con ingrandimento medio-basso e sfuocandone l'immagine fino a che riempie un quarto del campo. Si verificherà che l'ombra del secondario sia concentrica all'immagine della stella. Se non lo è, prendete nota della direzione dello scentramento (ad esempio a ore 7). Spostate di una frazione di giro (la regolazione è molto sensibile) la vite che si trova nella stessa direzione o in quella opposta. Ciò sposterà notevolmente dal centro la stella che dovrà essere ricentrata. Guardando di nuovo, valutate se l'immagine ha subito un miglioramento o no. Se è migliorata ma non in modo definitivo, insistete con la stessa vite, girandola nello stesso verso. Se l'ombra del secondario appare più scentrata di prima ma nella stessa direzione, agite sulla stessa vite ma in direzione opposta. Se l'immagine è migliorata ma si è verificato uno scentramento verso un'altra direzione, provate con un'altra vite. Se una delle viti diventa dura, non forzatela: potete ugualmente ottenere uno spostamento in quella direzione girando le altre due in senso contrario. Per la collimazione finale centrate nel campo una stella di seconda o terza grandezza con un oculare ad ingrandimento medio-alto. Sfocate la stella leggermente, fino a vedere gli anelli di diffrazione appena fuori fuoco. Agite sulle viti come in precedenza, ma ruotandole ancora meno. Se il seeing è eccellente e potete vedere gli anelli di diffrazione con l'immagine a fuoco, ripetete la procedura ad ingrandimento spinto usando il primo anello come guida. Se non riuscite a vedere rotondi gli anelli di diffrazione, per quanto spostiate il secondario, e non a causa del cattivo seeing, allora lo specchio primario potrebbe essere disassato. Se così è, le stelle al centro del campo dovrebbero essere affette da coma, apparire cioè deformate sempre dalla stessa parte. L'unica soluzione in questo caso è riportare il telescopio dal costruttore.

 

 

 

Rifrattori

 

Nel caso del rifrattore, generalmente, i costruttori non prevedono alcuna forma di regolazione e se le ottiche risultano scollimate lo strumento dovrebbe essere inviato direttamente all'artigiano (o all'importatore). Nel caso in cui siano previste delle viti di centratura dell'obiettivo (nei migliori strumenti di solito ci sono), è possibile comunque rimediare ad eventuali difetti di allineamento delle ottiche. Il metodo più semplice, alla fin fine, è l'osservazione diretta in cielo. Si sceglie una stella abbastanza luminosa e alta in cielo, osservata ad alto ingrandimento senza l'uso del diagonale e sfocando leggermente l'immagine. Se gli anelli di diffrazione sono perfettamente rotondi tutto bene, se sono leggermente ovali, occorre verificare la visione intra ed extrafocale, che presenterà probabilmente un orientamento degli anelli in un senso, e ad angolo retto rispetto al primo caso nell'altro. Questo è dovuto all'astigmatismo, che può essere causato sia da scollimazione che da scarsa qualità delle lenti. Per assicurarsi che non dipenda da un difetto dell'oculare o del vostro occhio, provate a ruotare l'oculare, e poi anche la testa per controllare se l'orientamento della figura cambia rispetto al telescopio. Se non cambia provate ad agire sulle viti di regolazione dell'obiettivo per riportare alla forma circolare gli anelli: per razionalizzare le prove, prendete nota delle manovre effettuate e ricordate dopo ogni spostamento di riportare al centro la stella. Per l'aggiustamento finale, usate il massimo ingrandimento in una notte di ottimo seeing con l'immagine a fuoco. Se la collimazione non riesce, significa che un elemento della lente è spostato oppure è difettato. Non è il caso, in questo frangente, di mettersi a disassemblare uno dei componenti di un obiettivo spaziato in aria, poiché la cella che contiene le lenti dell'obiettivo è realizzata con tolleranze molto piccole e togliendo una delle lenti c'è il rischio di scheggiarla. Molto meglio rivolgersi al fabbricante.

 

 

 

Gli accessori

 

Oculari

 

 

Gli oculari Fra gli accessori principali di uno strumento astronomico, ovviamente, dobbiamo considerare gli oculari. Per le esigenze di un osservatorio popolare ne dobbiamo senz'altro procurare un numero che fornisca una gamma di ingrandimenti utili per tutti gli oggetti celesti principali che abbiamo intenzione di mostrare al nostro pubblico. Il minimo ingrandimento, ovviamente, sarà quello che ci consentirà di realizzare una pupilla d'uscita sui 6-7 mm, pari al diametro della pupilla umana alla massima apertura, idonea per la visione degli oggetti deboli. Questo consentirà anche l'osservazione a grande campo di oggetti luminosi come, ad esempio, Luna, Sole o satelliti galileiani. Il massimo ingrandimento, utile per distinguere i dettagli più minuti sui pianeti o sulla Luna, varia a seconda del diametro e della combinazione ottica. Si ammette solitamente come massimo ingrandimento il doppio del diametro dell'obiettivo espresso in mm. In linea di massima va bene, con l'avvertenza che per un riflettore sono necessarie ottime condizioni di seeing per arrivare a questo valore, mentre con un cannocchiale esso può essere usato, e anche superato con una certa disinvoltura anche in situazioni medie, e quando la turbolenza è virtualmente assente si può anche giungere a ingrandire tre o quattro volte il diametro in mm dell'obiettivo. É indispensabile avere una dotazione minima di oculari, partendo dall'ingrandimento minimo e raddoppiando ogni volta, ma molto meglio sarà possedere anche delle focali intermedie, in quanto l'apparenza di un oggetto celeste può variare grandemente anche cambiando di poco l'ingrandimento. Molto utile anche una buona lente di Barlow. La qualità degli oculari è molto importante: preferite quelli costruiti con almeno tre lenti, come i Kellner, costituiti da una lente piano convessa come lente di campo e da un doppietto; il campo corretto è di 40°-45°. Per le focali più corte però è meglio utilizzare oculari a quattro lenti come gli ortoscopici di Abbe (tripletto come lente di campo e lente singola pianoconvessa) e di Plössl (coppia di doppietti). Tali oculari hanno un campo piano dai 40° ai 50°, un'eccellente correzione sferica e cromatica, ed una notevole estrazione pupillare. Con quest'ultimo termine si intende la distanza alla quale è necessario porre l'occhio per vedere tutto il campo. Una buona estrazione pupillare è sempre importante per evitare che l'eccessiva vicinanza dell'occhio faccia urtare le ciglia sulla montatura dell'oculare o addirittura sulla lente esterna con frequenti accumuli di secrezione e appannamento delle lenti. Quest'esigenza, ovviamente, riveste ancor più importanza nel caso degli osservatori pubblici, dove molte persone, del tutto ignare di questi problemi, appoggiano letteralmente l'occhio sull'oculare. Per questo motivo la pulizia degli oculari dovrà essere molto più frequente che negli osservatori normali. Limitandosi alla superficie esterna della lente di campo, si potranno utilizzare le cartine per obiettivi fotografici, spezzandole a metà e arrotolandole come una sigaretta. La visibilità della polvere e dello sporco su questa superficie, tuttavia, è molto maggiore sui Kellner che non sui Plössl. Se lo sporco e la polvere si sono infiltrati all'interno dell'oculare, una pulizia radicale necessita dello smontaggio delle lenti, cosa che si deve fare soltanto se si ha l'assoluta sicurezza di poterle rimontare nella posizione corretta, cosa tutt'altro che facile soprattutto negli oculari a cortissima focale. Buona norma, per evitare che gli oculari si sporchino anche quando non sono in uso, è quella di tenerli in custodie ermeticamente chiuse e bene isolate dalla polvere. Oculari ancora migliori, sia in termini di estrazione pupillare che di campo corretto e visione confortevole, sono i Superplössl, a cinque lenti, commercializzati da una nota casa americana. Una maggiore estrazione pupillare si ottiene comunque, com'è noto, anche utilizzando la lente di Barlow, che permette l'impiego di oculari di focale doppia. Per le lunghe focali eccezionali si rivelano gli Erfle, a cinque o sei lenti, il cui grande campo corretto offre una visione panoramica fantastica. Da valutare anche l'adozione di oculari di grande diametro, due pollici, da applicare ovviamente su portaoculari appositi, che offrono una visione molto più confortevole e "profonda". Sempre sotto questo profilo può apparire opportuno dotare l'osservatorio di una torretta binoculare, con la quale l'osservazione di oggetti luminosi come la Luna e i pianeti acquista per il pubblico un aspetto assai più spettacolare, dando quasi l'impressione della visione stereoscopica. Naturalmente, oltre al notevole costo di questo dispositivo, occorre mettere in preventivo anche quello per l'acquisto di coppie di oculari perfettamente identici, eventualmente da limitare a due o tre focali. Cercatori É bene che il telescopio principale sia dotato almeno di due cercatori, uno a grande campo, un 8 o 10 x 50, per il puntamento approssimativo dello strumento, e uno a piccolo campo, ad esempio un 20 x 80 o un 30 x 100, per individuare oggetti deboli e invisibili con il cercatore più piccolo, quando non si usino le coordinate. Un terzo cercatore a grande campo farà molto comodo, in un riflettore Newton, per averne uno sempre in posizione agevole per il puntamento, e sarà montato dalla parte opposta del tubo rispetto al primo o, forse meglio, vicino alla culatta del telescopio, come nei rifrattori e nei Cassegrain. Tutto dipende, ovviamente, dalle dimensioni dello strumento e dall'altezza e accessibilità dell'oculare. La crociera del cercatore dovrà essere illuminata con una lampadina o un led rosso, per permettere l'identificazione del suo centro anche in condizioni di cielo molto scuro.

 

 

 

Filtri

 

Filtri fotovisuali

 

Un corredo indispensabile è rappresentato da una serie di filtri per vari tipi di osservazione. Non è necessario dotarsi di filtri colorati come quelli che usano gli osservatori dei pianeti, sia perché non farebbero vedere niente di più al non esperto sia perché l'immagine monocromatica di un pianeta lascia molto a desiderare, esteticamente, per il profano. Inoltre, per quanto perfetto otticamente, qualsiasi filtro introduce un peggioramento, anche se lievissimo, dell'immagine. L'uso di filtri per la Luna e per i pianeti appare quindi giustificato in soli due casi. Uno si presenta quando l'osservazione del satellite viene effettuata a basso ingrandimento e quindi l'immagine è fastidiosamente abbagliante. Si può usare un filtro neutro ND 1, che lascia passare il 10% della luce incidente (ND sta per Neutral Density e la densità "D" è il logaritmo dell'opacità "O", data dal rapporto fra luce incidente e trasmessa), o due filtri polarizzatori accoppiati: questi verranno ruotati fino ad avere l'attenuazione opportuna per una determinata sera. Quando l'immagine della Luna non è particolarmente abbagliante, tuttavia, o quando l'osservazione viene compiuta ad alto ingrandimento, sarebbe meglio evitare l'uso di filtri, per quanto detto prima. D'altra parte, e questo è l'altro caso di cui si parlava, in condizioni di cattivo seeing un filtro giallo, Wratten 8, 12 o 15, è utile nell'attenuare la turbolenza e nell'aumentare il contrasto. Esso può essere utilizzato sia sulla Luna che su pianeti luminosi come Giove e Venere, in parte su Marte. La colorazione ottenuta non è tanto fastidiosa per gli occhi del profano, che vi si abitua facilmente, mentre la visibilità dei dettagli si accresce fortemente: anche se probabilmente non si vede di più, ciò che è visibile si percepisce molto meglio. Un filtro solare a tutta apertura potrà essere acquistato per compiere osservazioni della nostra stella, qualora l'osservatorio venga aperto anche di giorno. In questo caso, si dovrà valutare l'acquisto di un costoso, ma quanto mai appagante, filtro H_ per l'osservazione della cromosfera e delle protuberanze.

 

 

Filtri nebulari

 

 

Anche i filtri anti inquinamento luminoso, prodotti da diversi anni negli USA, possono trovare un utile impiego, anche se con cautela, negli osservatori popolari. Questi filtri bloccano la radiazione della maggior parte delle lampade stradali e trasmettono prevalentemente la luce emessa da particolari oggetti celesti, quali nebulose a emissione o planetarie, accrescendone la visibilità. Questi filtri bloccano la radiazione della maggior parte delle lampade stradali e trasmettono prevalentemente la luce emessa da particolari oggetti celesti, quali nebulose a emissione o planetarie, accrescendone la visibilità. I più diffusi sono quelli della Lumicon: Deep-sky, UHC e OIII. Il filtro Deep-sky ha banda passante visuale di 90 nanometri, fra 442 e 532 nm, e una trasmissione dell'85-90% in Ha a 656 nm; la trasmissione in luce visibile (560 nm) è stimata dal 90 al 96% (v. lo spettro di trasmissione in fig. 15). Questo filtro in teoria blocca le radiazioni della maggior parte delle lampade stradali ai vapori di mercurio (che emettono soprattutto in due righe a 546,1 e 577,1 nm e, assai meno, in due a 404,7 e 435,8) e al sodio (che emettono soprattutto a 568,8, 589 e 589,6 e, meno, a 466,9, 498,3 e 514,9 nm).Come hanno gia fatto notere parecchi gruppi astrofili la grande banda passante del filtro Deep-sky e il suo limite a 625 nm offre ampi spiragli all'intromissione di vari disturbi luminosi. Secondo la Lumicon tale filtro è particolarmente adatto per ammassi stellari e galassie ed è l'unico in effetti che può essere impiegato su questi oggetti, aventi spettro «stellare», cioè continuo, sotto cieli inquinati dalle luci. Tuttavia, avendolo provato con diversi telescopi, oculari e condizioni di cielo, dall'alta montagna alla città, dobbiamo dire che mai è sembrato migliorasse la visibilità di galassie, ammassi aperti e globulari in condizioni di cielo buono o medio, mentre un leggero miglioramento si è avuto con cieli molto illuminati. In quest'ultima situazione, comunque, non crediamo sussistano i requisiti per mostrare tali oggetti al pubblico, con o senza filtri. Un netto miglioramento, invece, sotto cieli inquinati, si ha nella percezione di nebulose a emissione come la Trifida o la Laguna. Gli altri due filtri, secondo il costruttore, sono particolarmente adatti per la visione di nebulose. Il filtro UHC (Ultra High Contrast) ha 24 nanometri di banda passante, fra 482 e 506 nm, e lascia così filtrare le due righe dell'ossigeno due volte ionizzato (OIII, a 495,5 nm e 500,7 nm) e la riga Hb (486,1 nm), quelle dove emettono soprattutto le nebulose a emissione, per le quali il filtro è consigliato. Il filtro OIII ha banda passante di soli 11 nm, centrata sulle righe dell'ossigeno III, dove emettono principalmente le nebulose planetarie, per le quali il filtro è raccomandato. Entrambi questi filtri, in realtà, sono adatti per tutte le nebulose, sia a emissione che planetarie. Il loro effetto è di scurire il cielo e di aumentare fortemente il contrasto dell'immagine. La visibilità di nebulose planetarie luminose come la Manubrio o l'Anulare della Lira risulta accentuata in modo netto, ma non eccezionale. Oggetti più deboli come la Elica sono di gran lunga meglio percepibili e inoltre si possono scorgere moltissime planetarie invisibili senza filtro. La visibilità di nebulose a emissione viene migliorata invece in modo entusiasmante. In cieli bui si possono percepire visioni favolose della Omega, della Nord America, della Velo, così ricche di dettagli da poter essere paragonate alle migliori fotografie. Sotto cieli inquinati, inoltre, la resa differenziale aumenta e ricordiamo impressionanti apparizioni della Laguna, quasi invisibile in luce integrale, evidente nei suoi contorni principali con il filtro. Indubbiamente, questi filtri sono quanto di meglio possa desiderare l'appassionato del cielo profondo ma per quanto riguarda gli osservatori pubblici il loro impiego dev'essere molto oculato. Per quanto riguarda gli ammassi stellari, sia aperti che globulari, e le galassie, si è già detto che non si realizza un sensibile guadagno. Per ciò che concerne le nebulose, si tratta di oggetti che, in ogni caso, non andrebbero mostrati a un pubblico generico, assolutamente non in grado di apprezzarli. La loro visione va riservata ai più interessati, a quelli, per intenderci, che vanno via per ultimi, che si fermano anche dopo la fine della visita. Allora, a patto di disporre di un cielo abbastanza scuro, potremo mostrare alcuni oggetti con un filtro OIII o UHC. Escluderemmo da questa possibilità gli osservatori che operano sotto un cielo inquinato, poiché essi avranno una visione delle nebulose, col filtro, paragonabile, al massimo, a quella senza filtro offerta con cieli bui, e cioè abbastanza deludente, in ogni caso. Infine non va dimenticato che questi filtri inducono un'apparenza artificiosa del campo stellare, scurendolo e facendo scomparire quasi tutte le stelle nei dintorni dell'oggetto osservato, cosa che può lasciare più di qualche perplessità nel visitatore.

 

 

 

Eliostato, telecamera ,CCD e Webcam

 

 

Eliostato, telecamera e CCD Uno dei grossi problemi delle strutture pubbliche è il lungo periodo di attesa per l'osservazione quando il pubblico è numeroso. Alcuni accessori sono in grado di ovviare almeno in parte a questo inconveniente, sia di giorno che di notte. Di giorno la soluzione è lo schermo di proiezione per l'osservazione del Sole in luce visibile. É sufficiente un qualsiasi schermo per la proiezione di diapositive e non è nemmeno necessaria la presenza dell'eliostato, poiché si può adattare un comune rifrattore, non particolarmente grande (anche un 8-10 cm è sufficiente) a patto che sia chiuso a f/15. Certamente, in questo caso è necessario che l'immagine proiettata sia sensibilmente più piccola rispetto allo schermo, in modo che quest'ultimo non debba essere spostato troppo spesso durante l'osservazione. Per chi volesse comunque realizzare un eliostato, ricordiamo che esso è costituito da uno specchio piano montato equatorialmente che, tramite un secondo specchio piano, invia i raggi solari verso l'ambiente dove viene proiettata l'immagine del Sole, attraverso un oculare di opportuna focale. Poiché è lo specchio principale a muoversi, tutto il resto può rimanere nella stessa posizione (eliostato significa infatti "Sole fermo"). Gli specchi dell'eliostato, per sopportare l'espansione dovuta al riscaldamento solare, devono essere molto spessi e costituiti di quarzo fuso. Di notte serve allo scopo la videocamera, particolarmente sfruttabile quando è disponibile più di uno strumento. Applicata al fuoco del telescopio, essa permette di proiettare su monitor o su grandi schermi le immagini degli oggetti più luminosi come Luna e pianeti, senza una grande perdita di definizione, accontentando contemporaneamente molte decine di persone. La proiezione può essere fatta, ad esempio, all'esterno dell'osservatorio mentre all'interno può continuare la visione diretta tramite un altro telescopio. L'adozione di uno specchietto terziario permette di avere contemporaneamente la visione diretta all'oculare e la proiezione video anche in uno stesso telescopio. Mentre la videocamera tradizionale può essere utilizzata solo con oggetti luminosi come Luna e pianeti, le camere CCD possono essere impiegate anche con oggetti più deboli. La visione in questo caso non può essere in tempo reale, ma con pochi minuti d'integrazione si ottengono, di ammassi, nebulose e galassie, immagini molto superiori a quanto si può vedere visualmente. Poi vi sono le webcam,piccole telecamere da collegare ai Pc.Con un esigua spesa, rispetto alle camere ccd, si puo' accedere a questi apparecchi.Corredando il tutto con un adattatore da applicare al telescopio e software di grafica per rielaborare le foto, si possono ottenere immagini di rilievo ma le webcam sono solo limitate a Sole Luna e Pianeti per via delle caratteristiche hardware.

 

 

Binocolo

 

 

Il binocolo Infine, un accessorio principe per l'osservatorio popolare è il binocolo. Si parte dai modelli 7, 10 o 12X50 per arrivare a modelli più impegnativi. Questi strumenti sono assolutamente indispensabili nella loro complementarità al telescopio e permettono di avere di alcuni oggetti celesti, grazie alla loro luminosità, al grande campo e alla visione binoculare, un panorama nettamente superiore a quello offerto dal telescopio.I tipi giganti, come gli 11, 15 o 20 x 80, i 14 e i 20 x 100, i 25 x 120 o i 25 x 150 una volta molto costosi, hanno adesso dei prezzi molto più ragionevoli: si può acquistare attualmente anche in Italia un 20 x 100 a non più di un milione e mezzo. Questi strumenti però devono essere montati in modo da garantire una visione confortevole. Pertanto non sono molto adatti i normali cavalletti fotografici, piuttosto leggeri e che non si possono alzare più di 160-170 cm da terra. Occorrerà acquistarne uno dei tipi più costosi o provvedere alla costruzione di un supporto che possa portare lo strumento a più di due metri d'altezza, in modo da consentire l'osservazione di oggetti allo zenit a qualunque persona senza obbligare a posture da circo (montature per "non vedere le stelle", le chiamava qualcuno qualche tempo fa). Una montatura equatoriale non è necessaria, anzi è controproducente, a meno che non si provveda un dispositivo in grado di cambiare immediatamente e con facilità l'orientazione del binocolo dentro il supporto che lo regge. Molto opportuna, comunque, l'adozione di prismi diagonali a 45°.

 

 

La manutenzione

 

 

Ci sembra opportuno anche fare alcuni brevi cenni alle pratiche di manutenzione, necessarie per fare in modo che le prestazioni degli strumenti si mantengano costantemente elevate nel corso del tempo. Le superfici ottiche, innanzitutto, dovrebbero essere pulite il meno possibile, non più di una volta all'anno. La polvere che si deposita sugli specchi e sulle lenti non danneggia apprezzabilmente la visione se non dopo che lo strato è abbastanza spesso. É molto più dannoso rischiare di rigare una superficie pulendola in modo non appropriato piuttosto che lasciarla com'è. É molto meglio prevenire la formazione di polvere che essere poi costretti a levarla, tappando opportunamente tutti i fori da cui essa può passare quando lo strumento non è in uso. La pulizia non deve assolutamente essere eseguita con i normali panni di pulizia per occhiali o macchine fotografiche. Per una lente priva di trattamenti antiriflesso, per togliere i granelli di polvere più grossi dapprima si può passare un pennellino morbido, poi un panno o del cotone imbevuto con una miscela di alcool e acqua distillata in parti uguali, eseguendo dei movimenti circolari dal centro verso il bordo della lente. Molte più precauzioni si devono usare con le superfici trattate antiriflesso (di solito con fluoruro di magnesio): è meglio limitarsi al soffio di una pompetta o a lievi spennellate usando esclusivamente peli di tasso, cammello o martora. Se proprio la polvere non viene via, si strofina il più delicatamente possibile la superficie con cotone imbevuto con acqua distillata e alcool isopropilico al 50%. Si può usare anche il liquido per la pulizia delle lenti fotografiche e le relative cartine, cambiandole spesso durante la pulizia. Per togliere macchie di grasso o impronte di dita può andar bene una soluzione con due parti di acqua distillata, una parte di alcool isopropilico e un paio di gocce (per litro!) di detersivo per piatti liquido, usata con molta parsimonia e con movimenti sempre molto delicati. Questo per quanto riguarda le superfici esterne delle lenti. Talvolta, però, la polvere si insinua anche all'interno degli obiettivi. Per pulirli è allora necessario smontarli, avendo l'accortezza di montarli, dopo la pulizia, nella posizione corretta. É sufficiente, per questo, prestare attenzione, prima dello smontaggio, alla posizione reciproca delle due lenti, di solito contrassegnata con dei segni di riferimento lungo i bordi; se questi non ci sono, conviene realizzarli, oltre a segnare l'ordine delle superfici (prima, seconda, terza, quarta nel caso di un doppietto, mentre nel caso di tripletto o quadrupletto è bene che lo smontaggio sia delegato a personale specializzato). Per la pulizia degli specchi dei riflettori le manovre da compiere sono più o meno le stesse. Anche qui, prima di togliere l'obiettivo dalla cella, conviene contrassegnare sullo specchio le posizioni corrispondenti a ciascun fermo, per poterlo rimontare poi nello stesso modo. La detersione avviene con la solita spennellata e in seguito con un batuffolo di cotone imbevuto di alcool isopropilico. I movimenti vanno eseguiti circolarmente, molto delicatamente nel caso in cui la superficie sia solo alluminata, con meno precauzioni nel caso in cui sia anche quarzata. Occasionalmente un telescopio ha bisogno anche di una lubrificata alle varie parti meccaniche, grasso od olio (di solito di vasellina) a seconda delle parti interessate. Qualche volta una ingrassata si rende assolutamente necessaria, quando alcuni movimenti avvengono in modo forzato. Non si ha idea di quanto possa migliorare la scorrevolezza delle superfici con qualche goccia di olio o di grasso nei punti giusti. Se non vi sono indicazioni precise da parte del costruttore su quali lubrificanti usare, si usino tranquillamente quelli indicati per meccanismi di precisione. Prima di applicare il lubrificante, sempre con grande parsimonia, le parti vanno pulite accuratamente, sia per asportare lo strato vecchio, che eventuali tracce di sporco.

 

 

La pulizia delle ottiche

 

 

Quante volte vi è capitato di dover pulire le ottiche del vostro telescopio e non sapere come fare? la pulizia dell'ottica di ogni telescopio è una cosa seria, da affrontare con perizia, pena il danneggiamento a volte irreversibile. Va detto infatti che sempre più spesso sulle ottiche fanno capolino i trattamenti antiriflesso e ad alta trasmissione, sono eccezionali ma anche delicatissimi. Non c'è che dire, è una bella rottura di scatole! Se ne sentono di tutti i colori, tantissimi metodi ed altrettante controindicaziuoni, ho sentito addirittura di uno che ha smontato la lastra correttrice del suo Celestron per lavarla sotto al rubinetto (!!!!). Vedrò di fare una rapida scansione di tutti i metodi di pulizia che conosco con le eventuali controindicazioni.

A - PENNELLO FOTOGRAFICO: E' un ottimo espediente per rimuovere la polvere; come difetto però ha il fatto che rimuove solo quella... ...nel senso che tutte le eventuali macchiette, goccine di materiale che proviene dalle piante e impronte digitali, resteranno!

B - ARIA COMPRESSA: sulla carta è ancora meglio del pennellino a pompetta (visto che non sussiste alcun contatto fisico con l'ottica), all'atto pratico è pericolosissima, specie per le lenti ED; è necessario spruzzare il getto d'aria da almeno mezzo metro. Le comuni bombolette generano infatti un getto d'aria pari a diverse atmosfere potenzialmente in grado di rompere una lente di un rifrattore; va ricordato che i vetri ottici sono MOLTO più tenere del vetro da finestra.

C - ALCOOL DENATURATO: Rimuove tutte le tracce di sporco possibili ed immaginabili senza dover fare sforzi (peraltro deleteri); tuttavia è un solvente molto forte e se usato a lungo potrebbe danneggiare i trattamenti. Usare solo se strettamente necessario.

D - VETRIL: E' efficace qualto l'alcool con un'aggressività trascurabile nei confronti dell'ottica; come controindicazione rimane il fatto che troppo spesso lascia degli aloni.

E - CARTINE OTTICHE E LIQUIDO KODAK: Vanno molto bene per piccole superfici come gli oculari, per gli obiettivi sono difficili da usare e non danno quasi mai i risultati sperati.

F - ACQUA DISTILLATA: Rimuove la polvere e anche qualcosa d'altro ma nulla può contro eventuali ditate.

G - ALCOOL ISOPROPILICO: Ottimo prodotto dtando alla teoria, da evitare in pratica in quanto è molto dannoso alla salute sia per contatto con la pelle che per inalazione.

H - ALCOOL METILICO - Gli effetti somo gli stessi dell'alcool denaturato ma col minor rischio di aloni. Per l'utilizzo di tutte le sostanze liquide elencate è bene usare dei fazzoletti di carta e non il cotone, che è più abrasivo di quanto si pensi e lascia una marea di pelucchi che si infilano ovunque. IL METODO CHE FINORA HA RISCOSSO I MAGGIORI CONSENSI:

1 - Rimuovere la polvere con un pennellino a pompetta;

2 - Preparare una soluzione composta da 3/4 di acqua distillata e 1/4 di alcool denaturato o metilico (approssimativamente un bicchiere);

3 - Immergere un fazzoletto di carta nella soluzione, strizzarlo e iniziare la pulizia dell'ottica con movimenti leggeri; cambiare molto spesso i fazzoletti (in media per una lastra correttrice di un 8" sene usano 4 o 5). Ricordate che le ottiche vanno pulite al massimo 3 volte l'anno.

 

 

Conservazione degli strumenti

 

 

Per mantenere ottimale lo stato delle ottiche e sempre meglio tenere le ottiche in luoghi asciutti e privi di polvere, Tenere ben chiusi oculari nelle scatole.L' ottica del telescopio dovrebbe essere riposta nei propri imballi oppure in una valigia robusta autocostruita. Coprire la montatura e il treppiede con un telo protettivo di celofan, per evitare che la polvere si depositi. L' uso di bustine di Silica Gel e' sempre consiliato anche da apporre dentro le scatole o gli imballi degli strumenti.Notare che il Silica Gel va ravvivato, ogni tanto va lasciato al sole per far espellere l' umidità accumulata.Queste precauzioni possono sembrare ripetitive ma sono determinanti se si vuole mantenere inalterate le prestazioni del proprio telescopio e del corredo per anni.

 

 

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