Gli Arredi Shakers



Etichetta per i mobili con il marchio registrato nel 1873.Questo spazio è dedicato ai famosi arredi shakers. Gran parte dei contenuti presenti sono già stati pubblicati su testate giornalistiche o su altri siti. L'intento è quello di fornire argomenti in lingua italiana riguardante questi arredi che hanno rivoluzionato l'architettura del mobile. Siamo lieti di riceve contenuti e segnalazioni di link per arricchire questo contenitore [Arredi_Shaker at libero.it]. Dove possibile sarà citata la fonte.

Il movimento Shaker (Un parallelo con il design giapponese)
(dalla tesi "Design come mass-medium" di Sara Barbieri)

Non ci fu influenza diretta sugli Shakers da parte della cultura giapponese e viceversa. Al meglio, gli Shakers ebbero solo una conoscenza passeggera del Giappone ed i Giapponesi per lungo tempo ignorarono completamente l’esistenza degli Shakers.

Nonostante questo, quando mobili e tappeti di entrambe le culture vengono accostati tra loro, si è sorpresi dalla loro somiglianza: essi enfatizzano la funzionalità e la semplice bellezza del legno con pochissime decorazioni esterne. Questo significa che due popoli seppure con grandi differenze culturali sfruttano gli stessi principi del design.

Paragoniamo le tre scatole rotonde di Okinawa (fig. 36) con le scatole ovali degli Shakers. Entrambi i sets di scatole sono chiari, di legno, senza angoli e con coperchi removibili. Entrambi i sets sono altamente innovativi, anche se culturalmente differenti, possono essere impilati velocemente. Le scatole Shakers usano un bordo a coda di rondine tenuto insieme da una striscia di rame stretta intorno per effettuare la tenuta. Le scatole di Okinawa, costruite durante l’era dei Meiji (1868-1912), sono mantenute insieme da strisce di bambù. In entrambi i casi, la delicata costruzione risulta con una visione limpida che lascia alle scatole un uso assai pratico.

Il mobile qui illustrato (fig.37), venne costruito anch’esso durante l’era Meiji ed ha le tipiche fattezze del mobilio giapponese. Questo particolare pezzo è un choba-dansu. Realizzato in noce giapponese (kuri) e in paulownia (kiri), il pezzo è relativamente piccolo e leggero, di facile movimentazione, particolare di pratica importanza. Così come molti pezzi shaker, le giunture d’angolo dei pannelli risultano visibili e vengono ottenute da incastri o tenoni a forma di pinna. Una combinazione asimmetrica di cassetti e sportelli permette molti usi possibili. I cassetti Shaker spesso di dimensioni scalari vengono combinati con sportelli e disposti spesso anche loro asimmetricamente, aggiungono interesse visivo e forniscono molta versatilità agli spazi proposti.

Come potrebbero due culture con così vaste diversità culturali produrre elementi di legno così simili tra loro? Ty e Kiyoko Heineken comparano il design giapponese e Shaker nel loro libro Tansu: “Traditional Japanese Cabinetry” (Weatherhill, 1981). Essi concludono che “per entrambi i costruttori giapponesi e Shakers, la forma fu determinata primariamente dalla funzione”. In altre parole le due culture condividono la filosofia di progetto.

In entrambe le culture del Giappone e Shakers, lo sforzo mentale risultante dal lavoro degli artigiani è stato di alto livello e rilievo. Il leader spirituale degli Shaker, Mother Ann Lee, disse “Fai il tuo lavoro come se tu avessi ancora mille anni da vivere nel modo che tu dovessi morire domani”. Gli artigiani Shakers furono stimolati dal suo monito e meticolosamente costruirono arredi che perdurarono nel tempo anche quando la maggioranza delle loro comunità furono chiuse. Fin dall’antichità i Giapponesi impararono a rispettare lo shokunin, o artigiano, ed il suo lavoro.

Il collegamento tra lo stile dei Giapponesi e lo Shaker è magnificamente esemplificato dall’americano George Nakashima (1905-1990). Nato a Seattle da genitori giapponesi, Nakashima fece studi da architetto e divento’ un artigiano a tempo pieno nella lavorazione del legno, negli anni ’40 a New Hope in Pennsylvania. Nakashima stesso definì il suo lavoro come quello di un “giapponese shaker”. All’inizio fu difficile vedere le influenze degli Shakers.

Nakashima fu ispiratore di se stesso ed i suoi lavori erano caratterizzati da labbri di legno libero agli spigoli, cosa mai vista in un pezzo Shaker o similarmente in un pezzo giapponese. Ma in una più attenta analisi, si può vedere che l’approccio di Nakashima possiede molto dell’eredità Shaker: nell’onesta visione delle giunture con la celebrazione dei disegni del legno, mostra l’uso prettamente Shaker delle strisce tigrate e delle nodularità e delle venature del legno stesso. Gli Shakers furono tra i primi costruttori di mobili che crearono pezzi utilizzando legni diversi e contrastanti tra loro con finitura al naturale. Come loro, Nakashima preferì lasciar parlare il legno per lui. Il suo tavolo da caffè è una forma occidentale con angoli di sapore giapponese (fig. 38), ma guardandolo attentamente si può vedere che nonostante la modernità il pezzo è una variazione dei semplici tavoli a cavalletto utilizzati dagli Shakers durante i pasti.

Il cassettone di Nakashima mostra anche più fortemente l’influenza Shaker (fig. 39). Progettato per una mostra a Tokio, il mobile Odakyu ha evidentemente una radice giapponese: le porte scorrevoli sono una tipica costruzione tansu e le intricate stelle sugli stessi sono una tipica realizzazione giapponese su specifiche del progettista. Ora esaminandolo meglio si vede come una semplicità funzionale sovrintenda tutto il progetto e l’uso di legno massiccio mostra chiaramente le influenze degli Shakers su Nakashima.

Nonostante che sia istruttivo mettere insieme pezzi Shaker e giapponesi e compararli tra loro per cercarne analogie, nel caso dell’arredamento scandinavo moderno il collegamento è assai più di una coincidenza. Come Nakashima negli Stati Uniti, i progettisti Danesi ammisero candidamente che gli Shakers li aiutarono molto per ispirare i loro lavori innovativi.

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