Vi è una malattia della quale i mass-media sono
costretti ad occuparsi, con sempre maggior frequenza, per le conseguenze
tragiche cui spesso conduce. Questa consiste nell’anoressia nervosa un grave
disturbo alimentare che il Ministero della sanità, già da alcuni anni, ha
stabilito venisse considerata una vera e propria epidemia. Essa, al pari
dell’AIDS e delle tossicodipendenze, miete numerose vittime soprattutto fra i
giovani. 1.
PAURA DEL CIBO Anoressia letteralmente significa "senza
appetito", ma in realtà il malessere è qualche cosa di molto più serio e
preoccupante di una semplice inappetenza in quanto può degenerare in una vera e
propria repulsione ossessiva nei confronti del cibo; nei casi più gravi può
produrre uno stato di pericolosa malnutrizione e anche la morte. L’anoressia
può essere conseguente ad alterazioni metaboliche prodotte da malattie di varia
natura come gastriti, intossicazioni o alcune forme di tumore ma può anche
manifestarsi sotto forma di nevrosi e si parla in questo caso di "anoressia
nervosa", detta anche “anoressia mentale”. Oggi è proprio sotto questa
forma che si presenta più di frequente. L’anoressia nervosa è comune soprattutto nelle
ragazze (l’età più critica va dai 12 ai 25 anni), la stragrande maggioranza
delle quali non è sposata (oltre l’85%). Fino ad alcuni anni addietro la
malattia era stata sottovalutata pensando che si trattasse di semplice
depressione o di un disturbo comportamentale legato all’assunzione del cibo:
solo di recente si è compreso invece che si era in presenza di una vera e
propria malattia psichiatrica che andava affrontata con terapie molto complesse
le quali dovevano coinvolgere sociologi, psicologi, neurologi, dietologi e gli
stessi familiari. La patologia si sviluppa in genere a partire da
un’immagine distorta del proprio corpo che si percepisce sempre come
inadeguato e, in particolare, costantemente in condizioni di soprappeso. Alcune
adolescenti, temendo di non ricevere l’approvazione dagli altri, cominciano
allora a rifiutare il cibo e a praticare un esercizio fisico esagerato nel
tentativo di bruciare calorie. Il fenomeno è in espansione: se fino a poco
tempo fa riguardava solo la categoria sociale medio alta, ora esso investe anche
i ceti più bassi. Anche la fascia di età si è notevolmente allargata
coinvolgendo, negli ultimi tempi, anche le bambine in età pre-puberale e le
donne mature. L’anoressia nervosa non è tuttavia un disturbo
tipico del nostro tempo ma affonda le radici già nel Medioevo, quando molte
donne raggiunsero la santità proprio imponendosi un distacco implacabile e
assoluto verso ogni bisogno terreno, compreso quello del cibo necessario alla
sopravvivenza. A quel tempo tuttavia la privazione non era considerata una
pratica igienica o rivolta a fini estetici ma piuttosto un tirocinio spirituale
e fisico che procurava la perfezione interiore. In quel caso la rinuncia voluta
ed estrema del cibo non era anoressia, ma ascesi, ossia un sacrificio
indispensabile per incontrare Dio. Anche Sissi la bella e irrequieta moglie di
Francesco Giuseppe, imperatore d'Austria, molto probabilmente soffriva di
anoressia nervosa accompagnata (come riferiscono le cronache del tempo) da
un’eccessiva e frenetica attività fisica. Non è facile prevenire la malattia perché
svariate sono le cause che la provocano compresa, secondo alcuni, la
predisposizione genetica. In genere insorge in persone sane e, come abbiamo
detto, colpisce soprattutto le giovani donne, con un rapporto di 10 a 1 rispetto
agli uomini. Spesso le ragazze anoressiche sono state bambine remissive e
ubbidienti, perfezioniste e scrupolose, specialmente nel rispetto delle norme
igieniche. Ad una certa età queste bambine, divenute adolescenti, influenzate
forse anche dalla moda che propone la magrezza quale canone di bellezza
assoluto, convinte così di essere più apprezzate dall'altro sesso, cominciano
a limitare l'assunzione del cibo, fino al rifiuto totale e all'annientamento. Si
inizia, in genere, con una dieta dimagrante sollecitata da un problema, forse
reale, di soprappeso. Poi, però, a questo primo tentativo, segue una vera e
propria ossessione per il controllo del peso e il terrore dell’obesità anche
quando risulti evidente la progressiva magrezza corporea. Chi soffre di
anoressia non si accontenta mai del proprio aspetto fisico, non raggiunge mai la
forma desiderata e nonostante tutti i sacrifici e le privazioni alla fine il
risultato è sempre lo stesso: delusione, insoddisfazione, depressione. Spesso
l’anoressico non vuole rendere palese il suo tormento e in presenza di
estranei assume regolarmente gli alimenti, che poi però, di nascosto, rimette.
Con l’aggravarsi della malattia il vomito avviene spontaneamente, a volte
anche solo alla vista del cibo. L’anoressia nervosa, può causare anche gravi
disfunzioni fisiologiche quali, ad esempio, vulnerabilità alle infezioni e
squilibri ormonali che conducono ad irregolarità nel ciclo mestruale e, in fasi
più avanzate della vita, anche all’osteoporosi a causa dell’insufficiente
introito di calcio e di altri sali minerali. I ripetuti episodi di vomito creano
inoltre acidità che nel tempo può corrodere i denti e la mucosa
dell’esofago. Infine, all’anoressia, possono essere associati disturbi della
sessualità per il fatto che il partner non viene più visto come un compagno,
ma come un antagonista al quale si deve dimostrare di essere migliori di lui. La
malattia può sfociare anche in forme depressive che compromettono i processi
mentali i quali tuttavia ritornano normali se l’affezione si risolve e il peso
corporeo viene ripristinato. Si calcola che in un 5% dei casi l’anoressia
nervosa abbia purtroppo esito fatale. Una stima precisa del grado di diffusione della
malattia, presente ovviamente solo nel mondo industrializzato, non è facile in
quanto molte delle persone affette da anoressia nervosa, soprattutto se ragazze,
non si rivolgono direttamente ad un medico. Le anoressiche al mondo (il Giappone
ha il record di queste sindromi) sembra siano alcuni milioni e in Italia si
calcola che ogni anno almeno 6.000 persone si ammalino di questo disturbo, ma
per fortuna molte guariscono. Si tratta come abbiamo detto per lo più di
giovani donne che vengono descritte di intelligenza superiore alla norma i cui
comportamenti sintomatici non possono essere attribuiti semplicemente a cattive
abitudini o a suggestioni che provengono dal mondo esterno, che pure giocano un
ruolo importante, ma all’insorgenza di una vera e propria malattia di origine
psicologica che nasce da carenze affettive e da conflitti interni. Fra gli
elementi determinanti figurano anche i rapporti con gli altri: gli
squilibri infatti sono originati spesso dalla difficoltà nei rapporti
sentimentali, nei legami affettivi, nelle semplici amicizie e dalla scarsa
adesione al nucleo familiare. Si è notato, ad esempio, che modificazioni degli
equilibri familiari come perdite affettive e separazioni possono essere la causa
scatenante di questa malattia. A volte la responsabilità di questa patologia
alimentare dei figli viene fatta ricadere sui genitori per il comportamento
troppo assillante e invadente delle madri e troppo assente dei padri. Le madri
che si trovano ad affrontare questo problema in genere si sono preoccupate molto
dei figli, ma non hanno percepito ciò di cui avevano effettivo bisogno: è
mancata spesso da parte loro la vicinanza emotiva, il calore, il contatto
corporeo mentre si sono spesso mostrate assillanti verso altre problematiche. La
figura paterna, spesso affermata nel lavoro, aveva riposto invece grandi
aspettative sui figli. Tutto questo rende ancora più complicato l’intervento
terapeutico. 2.
UNA MALATTIA SIMILE ALL’ANORESSIA: LA BULIMIA Un’altra malattia legata al disordine
alimentare è la bulimia (letteralmente "fame da bue"). Si tratta di
una patologia solo apparentemente opposta all'anoressia, con la quale in realtà
ha molte analogie. La bulimia consiste sostanzialmente in un'incontrollabile
necessità di ingerire grandi quantità di cibo che poi, però, si tenta di
neutralizzare attraverso comportamenti indirizzati a prevenire aumenti di peso.
Queste grandi abbuffate creano soprattutto nelle donne giovani, forti sensi di
colpa e quindi il bisogno di liberarsi al più presto di tutto ciò che si è
ingerito, attraverso le cosiddette “condotte di eliminazione” che consistono
nel vomito autoindotto, nell’uso frequente di clisteri e nell'assunzione
esagerata di purghe o di altri farmaci. L'iperalimentazione, seguita da vomito
volontario, era già praticata dagli antichi romani i quali, stravaccati sulle
alcove, ingerivano grandi quantità di cibo e di vino che poi vomitavano
volontariamente per continuare a mangiare e a bere senza sosta. In realtà, più
che bulimici questi personaggi erano dei crapuloni, cioè delle persone che
mangiavano e bevevano smodatamente e disordinatamente. La bulimia propriamente
detta compare solo alla fine dell’Ottocento sotto forma di nevrosi, associata
spesso a casi di anoressia mentale. A differenza dell’anoressia, essa può passare
inosservata in quanto non influisce sull’aspetto esteriore delle persone:
l'ammalato di bulimia infatti non mostra evidenti modificazioni di peso, perché
una sufficiente quantità del cibo ingerito viene comunque assimilato
dall’organismo. Lady Diana, la sfortunata moglie del principe Carlo
d’Inghilterra, aveva confessato con molta naturalezza di soffrire di bulimia,
una nevrosi che si portava dietro dall’età adolescenziale e che,
presumibilmente, si era aggravata durante il difficile matrimonio con Carlo. I fattori che favoriscono l'apparire di questa
malattia sono gli stessi dell'anoressia nervosa: la preoccupazione ossessiva di
ingrassare associata ad una percezione distorta del proprio aspetto fisico. In
entrambe le patologie ad un disturbo primario di natura psichica si accompagnano
e si mescolano alcune alterazioni metaboliche e ormonali che conseguono allo
stato di denutrizione. Anoressia e bulimia a volte possono essere
osservate nella stessa persona, come nel caso di una nota giornalista sportiva
che ha confessato nella trasmissione del "Maurizio Costanzo show" di
aver sofferto di entrambi i disturbi e di esserne uscita non senza fatica. In molti casi è estremamente difficile guarire
da queste situazioni morbose che, come abbiamo visto all'inizio, si possono
anche concludere tragicamente. Infatti se da un lato è chiaro che si tratta di
patologie che rientrano nell'area di competenza della psichiatria e della
psicologia, dall'altro presentano ampie zone di intersecazione con altri settori
della medicina e quindi esigono, per la loro soluzione, un approccio
multidisciplinare che coinvolga medici, psicologi, assistenti sociali, esperti
della educazione alimentare e, naturalmente, la stessa famiglia. Tutte queste
persone dovrebbero poter operare, in uno sforzo comune, all'interno di strutture
adeguate che qui da noi, purtroppo, sono ancora piuttosto carenti. La bulimia insorge verso i 18-19 anni, quindi
mediamente un po’ più tardi dell’anoressia, ma più della metà delle donne
diagnosticate anoressiche sono anche bulimiche. Si calcola che ogni anno nel
nostro Paese oltre 10 mila persone si ammalano di bulimia, mentre le anoressiche
e le bulimiche croniche si stima siano 65.000. Un progetto pilota è stato
attivato da poco tempo nella Regione Veneto con due centri di diagnosi e cura
che prevede anche terapie di lungo termine in collaborazione con le Università
di Verona e Padova. Le strutture sono organizzate in modo da rendere
l’ambiente terapeutico il più confortevole possibile: niente corsie di
ospedale, ma stanze e cucine autonome in modo da consentire alle ragazze di
riassaporare il piacere di cucinare e di mangiare. I primi risultati sembrano
incoraggianti tanto che il Piano sanitario nazionale si propone di realizzare
almeno una comunità terapeutica in ogni Regione. 3.
LE NUOVE PATOLOGIE ALIMENTARI Non sempre
il mangiare esagerato porta con sé sensi di colpa che inducono al vomito. In
alcuni casi assistiamo ad “abbuffate compensative”, cioè ad una
introduzione esagerata di cibo fatta in modo consapevole e favorita da una
scarsa conoscenza dei problemi alimentari e dalla sottovalutazione dei rischi
collegati ad un consumo sconsiderato di alimenti. Per alcuni individui
socialmente frustrati il piacere di mangiare costituisce una compensazione e una
gratificazione in sé. Si stanno diffondendo due nuove patologie i cui effetti
sono altrettanto devastanti quanto anoressia e bulimia nervosa: la Binge
eating, cioè mangiare fino a scoppiare senza rigettare forzatamente il cibo
e la Night eating che consiste nello svuotare di notte il frigorifero.
Del primo disturbo soffrono il 30% delle donne che si rivolgono al dietologo,
mentre del secondo è stato vittima fra gli altri Paolo Villaggio il quale, come
lui stesso ha dichiarato, di notte si sentiva come un drogato di calorie in
crisi di astinenza e quindi era indotto alla ricerca spasmodica di cibo. Ultimamente sul panorama delle alterazioni del
comportamento alimentare è comparso un ulteriore nuovo disturbo dietetico che
colpisce la media borghesia dei Paesi industrializzati portandola alla fame
nella ricerca ossessiva di cibi genuini e naturali. La nuova malattia, a cui è
stato dato il nome di ortoressia nervosa, si è sviluppata inizialmente
in America in seguito alla diffusione del cibo transgenico, ma poi si è diffusa
anche in Europa trainata dalla psicosi da mucca pazza. Tutti sanno che mangiare sano fa bene ma quando
la ricerca di cibi puri, organici e totalmente genuini diventa un’ossessione
non si tratta più di un fatto legato all’igiene e alla salute, ma di una vera
e propria malattia. E come gli anoressici e i bulimici sono ossessionati dalla
quantità di cibo che ingurgitano, gli ortoressici sono preoccupati della qualità.
La ricerca di cibi genuini diventa una malattia,
un disturbo dietetico, quando la corsa al naturale comincia ad avere un impatto
negativo nella vita di tutti i giorni, quando cioè si preferisce arrivare alla
fame piuttosto che consumare “cibi impuri o contaminati”. Gli ortoressici
non si rendono conto dei rischi che corrono ma anche loro mettono in pericolo la
salute riducendo drasticamente nella dieta l’apporto vitaminico e di sali
minerali con conseguente avitaminosi, e modifiche della pressione arteriosa e
osteoporosi. fine |