VISTO, INTERCETTATO, FOTOGRAFATO Una nuova foto riapre il "caso Cecconi". I primi risultati delle nostre indagini
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"Era una cisterna di almeno otto metri. Fra cinquecento anni forse qualcuno ci dirà perché e come faceva a restare lì ferma, sospesa in cielo, a tredicimila piedi di altezza". M.llo pilota Giancarlo Cecconi
Il caso Cecconi è importante per un certo numero di motivi, in primo luogo perché è un caso radar-visuale con parecchi testimoni: quello principale è addirittura un pilota militare di indubbia esperienza e dotato di un curriculum professionale di tutto rispetto.
Altro sicuro motivo di interesse è che, al momento dell'avvistamento, il Maresciallo Giancarlo Cecconi era in volo ai comandi di un cacciabombardiere/ricognitore G-91R fornito di fotocamere ottimizzate per la ricognizione tattica e fu quindi in grado di "immortalare" l'oggetto misterioso in un'ottantina di fotogrammi.
Su queste fotografie - in massima parte mai divulgate dalle Autorità militari - e sulla presunta identificazione ufficiale dell'oggetto come "un pallone di forma cilindrica, realizzato con sacchi di plastica nera" si scatenò a suo tempo una diatriba che, dopo essersi successivamente sopita per parecchi anni, è prepotentemente riesplosa la scorsa estate, riguadagnandosi imprevedibilmente un certo spazio sulla carta stampata.
Purtroppo la ripresa del caso è stata anche abbinata all'argomento del momento, la vicenda del filmato relativo al presunto UFO-crash di Roswell, in maniera furbesca - per non dire sospetta - e strumentale, dandole toni sensazionalistici e fornendone inoltre resoconti per lo più raffazzonati e zeppi di inesattezze.
Cercheremo quindi di ristabilire un minimo di verità storica e di rimettere un po' d'ordine in quanto di recente si è scritto, spesso a sproposito, su un caso che per le sue implicazioni rimane certamente uno tra gli avvistamenti italiani più importanti. A tal fine inizieremo riesaminando in dettaglio ciò che avvenne sul cielo di Treviso quel 18 giugno 1979.
Prima di tutto desideriamo però ringraziare il testimone per la disponibilità e l'aiuto prezioso e disinteressato con cui già dal settembre del 1994 - e quindi ben prima che venisse risollevato il polverone attorno alla sua vicenda - ci ha permesso di ricostruire con precisione i fatti. Purtroppo pochissimo tempo dopo il nostro incontro il Maresciallo Cecconi fu colpito da una seria malattia dalla quale solo in tempi recenti ha cominciato a rimettersi. Il presente articolo vuole quindi costituire un'occasione per rendere omaggio alla serietà e alla determinazione con cui, in questi anni, egli ha sempre sostenuto la sua interpretazione del fatto che lo vide protagonista.
18 giugno 1979, ore 11.30 (ora legale).
Il Maresciallo pilota Giancarlo Cecconi, in forza al 14' Gruppo del 2' Stormo Caccia Bombardieri Ricognitori dell'Aeronautica Militare, di stanza all'aeroporto di Treviso Sant'Angelo, sta rientrando alla base dopo aver espletato una missione di ricognizione fotografica sull'Appennino Ligure ai comandi di un velivolo G-91R [1].
Improvvisamente nel cielo dell'aeroporto Treviso S. Angelo viene notata la presenza di un bersaglio sconosciuto: ottenuta la conferma che il pilota ha sufficiente autonomia residua per intercettare l'oggetto, il centro radar di Istrana (TV), che registra sui suoi schermi la presenza dell'intruso, dà a Cecconi le indicazioni per compiere la manovra di avvicinamento. La pratica di dirottare un aereo dalla sua missione per compiere controlli su aeromobili sconosciuti penetrati in aree proibite alla navigazione civile è infatti usuale nell'Aeronautica. Avendo ancora pellicola utilizzabile nelle fotocamere, il pilota le aziona tutte e quattro e inizia a compiere passaggi nelle vicinanze dell'oggetto, fino ad una distanza minima di 70-80 metri e ad una velocità quantificabile in circa 300 nodi (450-500 km/h). Anche da terra il personale dell'aeroporto segue la scena col binocolo: ad un certo punto la torre di controllo di Treviso chiama Cecconi sulla frequenza radio con cui egli sta comunicando con Istrana, avvertendolo che dall'oggetto fuoriesce una strana "scia bluastra": egli però, pur essendosi avvicinato moltissimo all'oggetto, non nota tale scia. Quando il pilota comincia i passaggi a ridosso dell'oggetto, quest'ultimo si trova ad una quota di 7.000 piedi [2], poi inizia a salire e a scendere con spostamenti di più o meno 1.000 piedi per volta, fino ad arrivare all'incirca a quota 13.000. Cecconi effettua sette/otto passaggi a ridosso dell'oggetto ed ogni volta è pronto a riprenderlo con le sue fotocamere, ottenendo in totale 82 fotogrammi ritraenti l'intruso. L'UFO è apparentemente fermo rispetto al G-91, ma il centro radar conferma a Cecconi che esso si sta invece muovendo, con rotta e velocità definite. Il pilota cerca di passargli (e riprenderlo) esattamente di fianco, ma la cosa non gli riesce perchè l'oggetto "sembra manovrare" in modo da mettersi rispetto a lui in posizione frontale o comunque angolata, senza mai esporgli completamente la fiancata [3]. L'aspetto dell'oggetto ricorda al testimone una "cisterna di carburante" di colore nero opaco. Le sue dimensioni appaiono di 8 metri di lunghezza e due metri e mezzo, massimo tre, di diametro. Un particolare interessante notato da Cecconi è la presenza di una specie di "cupoletta" di colore bianco o comunque chiaro - ma non trasparente - posta sul lato superiore, leggermente schiacciato, dell'oggetto. Il termine "cupoletta" è comunque forzatamente vago, perchè più che un vero e proprio tettuccio essa ricorda al testimone una specie di sagomatura, di carenatura sul tipo di quelle presenti sulle auto sportive. Mentre Cecconi sta compiendo l'ennesima virata per tornare a fare un'altra scarica di fotografie, Istrana lo chiama e gli comunica che proprio in quell'istante l'oggetto è improvvisamente svanito dagli schermi, tra una "battuta" e l'altra del radar. Dopo pochi secondi, dalla torre di controllo di Treviso confermano che quelli che stavano seguendo l'oggetto col binocolo non riescono più a vederlo: l'oggetto è inspiegabilmente scomparso nello spazio di pochi attimi. In effetti, nemmeno il pilota riesce più a vederlo. Pochi minuti dopo, l'aereo atterra all'aeroporto di Treviso e, come di consueto, gli specialisti rimuovono e prendono in consegna i contenitori delle pellicole e li portano al laboratorio del Reparto per lo sviluppo e la stampa. Il pilota è molto curioso di vedere come siano venute le foto scattate all'oggetto e si reca quindi ad esaminarle, procurandosene anche una in cui l'oggetto si vede piuttosto bene, compresa la "cupoletta" bianca. Sullo sfondo appaiono inoltre, in bella evidenza, le strutture e la pista dell'aeroporto, nonché l'area urbana di Treviso.
Verso la fine del 1979 l'ufologo Antonio Chiumiento stava indagando su un avvistamento presso l'aeroporto di Treviso quando casualmente apprese che nel precedente mese di giugno un pilota del 2' Stormo aveva fotografato un UFO da bordo del suo aereo. Chiumiento si attivò riuscendo a scoprire il nome del testimone, che andò ad intervistare in compagnia di Maurizio Caruso.
Cecconi fu in quell'occasione alquanto restio a parlare (era ancora in servizio attivo presso il 2' Stormo), comunque raccontò i fatti ai due inquirenti pregandoli di mantenere la cosa riservata. Egli inoltre mostrò ai due la fotografia, ritraente l'oggetto misterioso, che aveva trattenuto per sé.
Nel 1983 Cecconi lasciò il servizio nell'Aeronautica e Chiumiento ritenne opportuno di tornare ad intervistarlo per approfondire le informazioni a suo tempo ricevute. Il testimone poté essere maggiormente prodigo di notizie, pur continuando a chiedere una certa discrezione.
Nel 1984 il Ministero della Difesa, in risposta ad una interrogazione parlamentare del 10 luglio, dichiarò ufficialmente che tutti i dati inerenti al fenomeno UFO potevano essere consultati da Enti e studiosi civili per il tramite del Gabinetto dello stesso Ministero.
Così Chiumiento, il 24 agosto chiese ufficialmente al Ministero della Difesa il rilascio di foto appartenenti alla serie scattata dal Mareesciallo Cecconi, nonché il parere delle autorità militari su ciò che dette foto rappresentavano.
Il giorno successivo l'iniziativa ebbe notevole risalto sulla stampa: i giornalisti de La Tribuna di Treviso ebbero buon gioco nell'identificare il pilota cui si faceva riferimento, così il giorno 26 sullo stesso giornale appariva un articolo che riportava le generalità del testimone. A questo punto Chiumiento si sentì libero di agire pubblicamente divulgando la ricostruzione del fatto ricevuta direttamente da Cecconi.
Per i due mesi successivi, la notizia ebbe ampia eco sia sui quotidiani che sui settimanali: molti di essi pubblicarono anche la ricostruzione grafica effettuata dal pittore illustratore Ugo Furlan sulla base dei ricordi di Chiumiento e Caruso riferiti alla fotografia mostrata loro da Cecconi.
E qui occorre aprire una parentesi dedicata alla deontologia della ricerca. Nel corso del nostro incontro del settembre 1994 il M.llo Cecconi, ricostruendo la vicenda, si dichiarò molto seccato con chi aveva divulgato alla stampa le informazioni da lui ricevute con l'accordo della discrezione. Non staremo qui a disquisire su quale potesse essere in quell'occasione il comportamento migliore da tenere; ci pare comunque di non poter prescindere dall'affermare che la ricerca ufologica si basa in primo luogo sul rapporto che si riesce a instaurare tra inquirente e testimone, che deve essere della massima reciproca fiducia. Spesso il testimone è reticente a parlare perché ha paura del ridicolo o perché riveste una particolare posizione professionale: si confida con l'inquirente a patto che non vengano divulgate le sue generalità o le informazioni riservate eventualmente ricevute, utilizzandole unicamente a fini di studio e ricerca. La riservatezza richiesta, nel caso di Cecconi, avrebbe probabilmente dovuto essere meglio mantenuta.
Il 2 novembre 1984, arrivò la risposta del Ministero. Oltre ad una breve descrizione del fatto (poche righe) la lettera indirizzata a Chiumiento affermava: "L'oggetto in questione, immediatamente individuato, fu fotografato con le macchine di bordo e inequivocabilmente identificato dal personale fotointerprete in un pallone di forma cilindrica, realizzato con sacchi di plastica nera".
I giornali si riappropriarono della notizia. Il 12 novembre sul Gazzettino (quotidiano veneto) apparve un articolo di Leopoldo Petto, intitolato: "L'UFO visto a Treviso era soltanto una mongolfiera". Nell'articolo si citavano le dichiarazioni di tale Luigi Milan, insegnante di educazione tecnica presso la scuola media di Azzano Decimo (PN), che affermava essere il costruttore, assieme alla sua scolaresca, della mongolfiera lanciata dal cortile della scuola ai primi di giugno e che avrebbe dato origine all'avvistamento.
L'articolo recava anche una foto del pallone, che in verità non sembra avere molto a che vedere con l'oggetto descritto dal pilota.
Ma una nuova svolta nella vicenda si ebbe con la pubblicazione sulla rivista Epoca, in data 19 aprile 1985, dell'articolo firmato da Remo Guerrini e intitolato "UFO rapporto segreto". L'articolo faceva sua la spiegazione data dal Ministero (pallone giocattolo) e pubblicava in esclusiva tre fotografie dell'oggetto ricevute dallo stesso Ministero.
In risposta, su Stampa Sera il 7 maggio Chiumiento sosteneva che la foto a lui mostrata da Cecconi era molto più interessante di quelle pubblicate da Epoca, domandandosi fra l'altro come mai non fossero state rilasciate le foto più importanti. In seguito, Chiumiento, sulla base di presunte incongruenze esistenti tra la foto vista da lui e Caruso e quelle pubblicate da Epoca, si spinse ad affermare che queste ultime potevano non appartenere alla serie scattata dal ricognitore.
Il 17 febbraio 1986, il caso Cecconi si ripresentò su diversi quotidiani a seguito della divulgazione, da parte dello Stato Maggiore Aeronautica, dell'"Estratto degli avvistamenti degli oggetti volanti non identificati per il periodo marzo 1979-aprile 1985": nel fascicolo, il caso in questione veniva catalogato come "non identificato". Il che è strano, tenendo presente la precedente "inequivocabile" identificazione.
Uno dei primi episodi ad essere inchiestati dal neonato Progetto AIRCAT (4) in seno al CISU, nel settembre del 1994, è stato proprio il caso Cecconi. A seguito di alcuni colloqui telefonici e di interviste realizzate de visu col Maresciallo Cecconi direttamente a Treviso, dove ancora risiede, abbiamo potuto ricostruire la vicenda in dettaglio, come precedentemente illustrata.
Un elemento molto interessante emerso durante il nostro primo incontro è che il Maresciallo Cecconi ha riconosciuto come facenti parte della serie da lui scattata il 18 giugno 1979 le tre foto pubblicate da Epoca nel 1985 e da noi mostrategli. Questa affermazione è importante perché, come abbiamo già ricordato, al tempo della loro pubblicazione quelle foto erano state al centro di polemiche, essendo addirittura stata avanzata l'ipotesi che esse non facessero parte della serie scattata da Cecconi.
In occasione dello stesso incontro col testimone, non abbiamo purtroppo potuto esaminare la famosa fotografia dal lui stesso trattenuta al momento dello sviluppo e già mostrata a suo tempo agli inquirenti: Cecconi ci ha fatto capire che la fotografia era andata dispersa nel corso degli anni, magari sottratta da qualche visitatore che nel frattempo si era recato a trovarlo.
La nostra indagine nel caso specifico si è snodata anche in altre direzioni, con lo scopo di ottenere informazioni dettagliate sul rilascio, da parte del Ministero della Difesa, delle tre fotografie pubblicate dalla rivista Epoca. Fotografie che erano state a suo tempo richieste allo stesso Ministero anche da Antonio Chiumiento.
Nostri contatti con il giornalista Remo Guerrini, sino a poco tempo fa direttore della rivista Focus e nel 1985 autore dell'articolo "UFO Rapporto segreto", ci hanno permesso di appurare che egli stesso poté visionare direttamente presso il Ministero una trentina di fotografie appartenenti alla serie Cecconi, ricevendone poi alcune da pubblicare su Epoca.
Purtroppo Guerrini non ricorda la destinazione finale di quelle fotografie, pur ipotizzando che almeno alcune di esse siano poi finite nell'archivio della Mondadori. Pare di poter dire comunque che le fotografie furono consegnate a Guerrini unicamente in virtù dei suoi ottimi rapporti con l'Aeronautica Militare, che era stata argomento di una serie di suoi servizi molto impegnativi.
Da parte nostra si è anche proceduto all'invio, nel settembre 1994, di una richiesta al Ministero della Difesa volta a ottenere il rilascio di eventuali nuove informazioni declassificate in merito al caso in questione, nonché copia dei fotogrammi più significativi. Ma dal 2' Reparto dello Stato Maggiore Aeronautica ci è stato comunicato in data 11 ottobre 1994 che agli atti non sono disponibili gli aerofotogrammi richiesti né ulteriore documentazione.
Nessuna risposta ha invece ottenuto la nostra richiesta di chiarimenti inviata il 4 febbraio 1995 al prof. Luigi Milan che, come si ricorderà, è l'insegnante di applicazioni tecniche che nel 1984 aveva affermato che l'oggetto fotografato da Cecconi altro non era se non una mongolfiera costruita da lui stesso e dai suoi alunni. Nel frattempo, purtroppo, è accaduto il fatto estremamente grave cui accennavamo all'inizio di questo articolo: pochissimi giorni dopo la nostra intervista a Treviso, il Maresciallo Cecconi è stato colpito da una seria malattia che lo ha lasciato per parecchi mesi in condizioni critiche e dalla quale ha iniziato a riprendersi gradualmente solo recentemente.
In occasione di un nostro colloquio telefonico col Maresciallo Cecconi (il primo direttamente con lui dopo molti mesi) in data 2 agosto 1995 abbiamo appreso due novità molto interessanti, casualmente legate tra loro da una curiosa concatenazione di avvenimenti.
La prima notizia, di assoluto rilievo, è che in maniera del tutto inaspettata era rispuntata fuori la famosa fotografia in possesso di Cecconi. La seconda notizia è che per colmo di coincidenza, proprio nello stesso periodo in cui la fotografia era riemersa dagli archivi di casa Cecconi, Antonio Chiumiento - dopo un periodo di assenza dalla scena ufologica - si era rimesso in contatto con il Maresciallo e si era fatto consegnare la fotografia per realizzarne delle copie.
Nei giorni successivi anche noi ci siamo recati a Treviso per una breve visita al testimone, che si è svolta in presenza dei suoi familiari. Intrattenendoci a colloquio con la signora Cecconi, questa ci ha espresso la sua preoccupazione riguardo alla possibile utilizzazione della foto in maniera non riservata.
Lo scoop era nell'aria e si è concretizzato con l'uscita di articoli a tutta pagina, a livello sia locale che nazionale, il 19 agosto. In particolare ci pare significativo, vista l'importanza e la diffusione della testata, il paginone dedicato da Il Giornale all'argomento UFO in generale e al caso Cecconi in particolare, utilizzando quest'ultimo come cassa di risonanza per amplificare la notizia ufologica del momento, la telenovela del filmato relativo all'autopsia dei presunti alieni legata al caso Roswell.
L'articolo contiene alcune inesattezze ed ha un taglio alquanto sensazionalistico, subito evidenziato dalla pubblicazione dell'importante fotografia con sovrapposta, su un lato, la ricostruzione di un presunto alieno che ovviamente non ha nulla a che fare col caso in argomento. Riportiamo integralmente il periodo di apertura dell'articolo: "Una tra le più significative delle 84 foto scattate a un Ufo da bordo di un caccia militare nel cielo di Treviso nel 1979 sbuca dagli incartamenti del 2' Reparto dello Stato maggiore dell'Aeronautica militare quasi a confermare la presenza nello spazio terrestre di visitatori cosmici che il filmato della presunta autopsia dell'alieno di Roswell vorrebbe provare".
L'affermazione che la foto è stata divulgata dallo S.M.A. - mentre come sappiamo è invece uscita da casa Cecconi - oltre ad essere palesemente erronea, è anche filosoficamente fuorviante in quanto sembra sottintendere una conferma ufficiale alla presenza nei nostri cieli di extraterrestri, che altro non sarebbero se non gli stessi dell'autopsia di Roswell. Il che è scorretto due volte, in primis perché il Ministero non ha niente a che fare con la divulgazione della foto, e poi perché una cosa è etichettare un oggetto sconosciuto come "UFO", mentre ben altra cosa è attribuirgli di conseguenza la patente di astronave extraterrestre. Una corretta informazione ufologica dovrebbe sempre evidenziare che quella extraterrestre è solo una delle tante ipotesi avanzate per spiegare il mistero degli UFO, e non la spiegazione definitiva; ma purtroppo ciò non accade quasi mai.
Un'ulteriore inesattezza riguarda l'identificazione delle fotocamere da ricognizione contenute nel muso del G-91R con le cinefotomitragliatrici: si tratta di apparati diversi con differenti finalità e modi di utilizzo.
L'unica cosa veramente nuova contenuta nell'articolo è invece la fotografia dell'UFO, unitamente all'ammissione che le foto pubblicate nel 1985 da Epoca facevano parte della serie scattata da Cecconi. Tale importante informazione ci era già stata direttamente confermata dal testimone, come si ricorderà, nel settembre 1994.
Tanto per dare un'idea della cornice in cui è inserito lo scoop, ecco i titoli degli altri articoli che compaiono nella stessa pagina: "L'autopsia di due E.T. all'esame degli studiosi" e "A tu per tu con i dischi volanti assassini". Ogni commento appare superfluo.
Nei giorni immediatamente successivi sono stati parecchi i quotidiani che hanno ripreso la notizia, pubblicando articoli schierati su fronti opposti (i sostenitori dell'UFO extraterrestre e quelli del pallone).
Tra l'altro è emerso un testimone che avrebbe visto un oggetto analogo a quello fotografato da Cecconi e c'è stata una vera e propria proliferazione di presunti artefici del lancio del pallone giocattolo che avrebbe tratto in inganno il pilota: uno di essi afferma di aver lanciato il pallone una mattina di giugno assieme al figlio nei pressi di Treviso e di aver successivamente osservato un G-91 girargli attorno. Ma il testimone è anonimo e il giorno rimane imprecisato. Addirittura sul Messaggero Veneto del 19 agosto è rispuntato anche il prof. Milan (ora in pensione) a perorare la causa della sua mongolfiera come possibile evento scatenante l'avvistamento.
Apparentemente a favore dell'ipotesi UFO-Solar (pallone giocattolo) è anche il Tenente Colonnello (in congedo) Bruno Patelli, ex commilitone di Cecconi (era infatti anche lui all'epoca in forza al 2' Stormo di Treviso, pur se non al 14' Gruppo bensì al contiguo 103') e testimone del fatto da terra, una cui intervista è apparsa sulla Tribuna del 20 agosto, col cognome storpiato in Battelli. Anche noi abbiamo sentito - telefonicamente - il Colonnello Patelli: ne parleremo nel prossimo paragrafo.
Che dire di questa riapertura a sensazione del caso Cecconi? Di fatto non sembra, a distanza di qualche tempo, che essa abbia dato particolari frutti, dal punto di vista della ricerca ufologica.
L'unico argomento indubbiamente nuovo, la fotografia ottenuta da Cecconi, è stato mal gestito, dandolo in pasto ad una stampa avida di titoloni ad effetto in un'estate monopolizzata dall'ambigua vicenda del filmato Santilli. Non è stato condotto alcun nuovo approfondimento né sono state effettuate analisi sulla nuova foto: si è invece preferito privilegiare l'impatto sensazionalistico in cerca di improbabili avalli a livello ufficiale. Una conseguenza certa c'è stata, quella di esporre nuovamente il Maresciallo Cecconi e la sua famiglia contro la loro volontà - ed in un momento certo assai delicato - alla curiosità popolare.
Il nostro concetto di rapporto col testimone di un evento UFO è ben diverso. Se il testimone chiede riservatezza abbiamo il dovere di assicurargliela, per ripagarlo nel modo più corretto della fiducia di cui ci ha onorato confidandosi con noi. Alla causa dell'ufologia serve una ricerca matura e responsabile, non già i titoloni sui giornali.
La regola, in ufologia, è che prima di catalogare come UFO un fenomeno od oggetto avvistato vengano esperiti tutti i riscontri possibili per escluderne ogni eventuale causa umana o naturale nota.
Sotto questo aspetto il caso Cecconi è sicuramente peculiare, perchè le caratteristiche stesse dell'avvistamento escludono d'acchito, per esempio, possibili spiegazioni di tipo naturale meteorologico o astronomico.
La peculiarità del caso sta nel fatto che ciò che Cecconi osservò e fotografò è sicuramente un manufatto di qualche tipo, come documentato incontrovertibilmente dall'evidenza fotografica e dalla conferma del radar di Istrana. Pertanto si dovrà indagare nella direzione di un oggetto solido e artificiale. Pare di poter senz'altro escludere dal novero dei possibili imputati qualsiasi tipo di aereo convenzionale, vista l'assoluta mancanza di ali e impennaggi caratterizzante l'oggetto e ben riscontrabile dalle fotografie pubblicate.
Per manifesta incompatibilità, anche parecchi tipi di palloni vanno eliminati dalla lista: in primo luogo quello lanciato in quel mese di giugno dal professor Milan della scuola media di Azzano Decimo, in quanto si trattava di una tradizionale mongolfiera del tutto inaccostabile, sia come forma che come dinamica di volo, all'oggetto fotografato da Cecconi. Altri tipi di palloni, come quelli meteorologici e quelli per ricerche scientifiche d'alta quota, possono essere esclusi per motivi similari; non così può invece dirsi per il pallone giocattolo costituito da sacchi di plastica nera indicato come spiegazione già nel 1984 dalle Autorità militari.
Alla fine degli anni '70 veniva comunemente venduto in edicole e tabaccherie un pallone giocattolo, chiamato significativamente "UFO-Solar", di colore nero o comunque molto scuro, delle dimensioni - una volta gonfiato - di circa mt. 3 di lunghezza per 70 cm. di diametro. Tale oggetto, costituito da una sottilissima parete di leggerissimo materiale plastico, recava ben visibili sul fianco le scritte cubitali UFO-Solar e aveva ambedue le estremità aperte. Per renderlo operativo bastava - dopo aver chiuso un'estremità - tenere contro vento l'estremità aperta e, una volta gonfiato il pallone, chiudere anche quell'ultima con un legaccio. A questo punto occorreva attendere che il calore del Sole scaldasse l'aria contenuta nel cilindro a sufficienza per vincere la resistenza fornita dal leggerissimo involucro di plastica e, quindi, far decollare l'arnese.
Come è facilmente intuibile, il volo di quei palloni era totalmente incontrollato, sottoposto in ogni momento ai capricci del vento e delle correnti convettive che si sviluppavano all'interno dello stesso pallone, a seguito del riscaldamento o raffreddamento dell'aria contenuta in conseguenza di una maggiore esposizione al Sole di una porzione del pallone rispetto ad un'altra. L'incontrollabilità del pallone provocava qualche rischio di troppo per la navigazione aerea, al punto che dopo alcune mancate collisioni tra aeromobili in volo e alcuni di questi palloni, la commercializzazione degli UFO-Solar venne definitivamente vietata per decreto nel 1985 (si veda il tassello della pagina seguente).
Inoltre, tutto l'insieme era caratterizzato da un'estrema fragilità e facilità a rompersi e lacerarsi, a causa della leggerezza e del ridottissimo spessore del materiale impiegato, necessari per rendere possibile l'involo del pallone. Queste considerazioni tecniche valgono chiaramente sia per l'UFO-Solar originale sia per eventuali palloni fatti in casa, magari di diverse dimensioni ma di analogo funzionamento concettuale. Premettiamo a questo punto che la spiegazione del caso Cecconi in termini di UFO-Solar o simili non ci convince, per i seguenti motivi.
Come abbiamo visto, l'UFO-Solar aveva dimensioni di circa 3 metri di lunghezza e 70 centimetri di diametro, mentre Cecconi descrive l'oggetto da lui osservato come una "cisterna di carburante" lunga otto metri e dal diametro di almeno tre.
Ora, tutto è possibile, ma dubitiamo fortemente che un pilota esperto e preparato, con la qualifica di "Combat ready" e migliaia di ore di volo al suo attivo possa passare a non più di 70-80 metri da un oggetto volante e prendere un tale colossale granchio riguardo alle sue dimensioni. D'altronde Cecconi ha affermato di non aver visto alcuna scritta sulle fiancate dell'oggetto, scritta che doveva invece essere ben presente, almeno nel caso di un UFO-Solar originale.
Ricordiamo che tali scritte non compaiono nelle poche foto divulgate e dobbiamo immaginare che non compaiano nemmeno nelle altre, perché ci pare probabile che se il Ministero della Difesa avesse avuto a disposizione foto in cui risultasse chiaramente la scritta "UFO-Solar" le avrebbe senz'altro diffuse, a maggiore conferma della identificazione con un siffatto pallone. Altro particolare che non si concilia con un tradizionale UFO-Solar è la presenza della cupoletta (o carenatura) bianca opaca notata da Cecconi sul lato superiore dell'oggetto.
Potremmo quindi affermare che sono almeno tre gli elementi di discordanza tra l'oggetto fotografato da Cecconi e la sua possibile identificazione con un UFO-Solar: le dimensioni, l'assenza delle scritte laterali e la presenza della misteriosa carenatura bianca.
Si potrebbe però obiettare che non esiste limite all'inventiva umana e che quindi è possibile che qualche estroso inventore abbia concepito e costruito un pallone concettualmente ispirato all'UFO-Solar, molto più grande, senza scritte e con qualcosa di bianco sulla sommità. In effetti, come ampiamente documentato dalla stampa dell'epoca, siffatti modelli autocostruiti esistevano davvero e avevano le forme più fantasiose.
Ma altre motivazioni che porterebbero ad escludere l'ipotesi del pallone giocattolo sono l'osservabilità radar dell'oggetto e la sua dinamica di volo. Difatti un UFO-Solar (o simili) non è radarabile: il materiale impiegato per costruirlo, obbligatoriamente sottilissimo per consentire il volo nelle sue particolari condizioni d'impiego, non rendeva in alcun modo possibile la riflettività radar.
Pertanto, dato per certo - secondo la testimonianza di Cecconi - che il centro radar di Istrana registrò la presenza dell'oggetto sulla verticale di Treviso Sant'Angelo, appare inevitabile concludere che un manufatto in grado di provocare una simile eco radar si situa in una classe ben diversa dai palloni tipo UFO-Solar.
Lo stesso Tenente Colonnello Patelli, pur essendo abbastanza incline ad accettare l'ipotesi esplicativa dell'UFO-Solar, ci ha confermato che se davvero un radar è stato in grado di captare l'oggetto allora la sua consistenza strutturale doveva essere, se non metallica, comunque ben diversa da quella fornita da una sottilissima pellicola di plastica.
Un ultimo elemento sembrerebbe non conformarsi all'ipotesi in questione, e precisamente il profilo di volo dell'oggetto. Come si è già anticipato, il volo di un pallone tipo UFO-Solar era decisamente erratico e imprevedibile, completamente in balia dei capricci del vento a causa della sua leggerezza d'insieme. Le stesse correnti convettive interne contribuivano poi a renderlo ancora più instabile e incoerente nei suoi spostamenti. Tutto ciò non combina assolutamente con quanto dichiarato da Cecconi, che rispetto ai propri passaggi aveva l'impressione che esso si mantenesse praticamente immobile. In più, lo stesso Cecconi ha affermato di aver ricevuto da terra comunicazione che l'oggetto in realtà si spostava nell'aria, con velocità relativamente moderata e rotta costante.
Non dimentichiamo, poi, che Cecconi ha sostenuto che la misteriosa cupoletta bianca si manteneva costantemente sul lato superiore dell'oggetto, lasciando così pensare ad un oggetto stabile e non ad un pallone leggerissimo che tende a cambiare assetto e roteare su se stesso alla minima bava di vento.
Va inoltre considerato che il G-91 passò ripetutamente a 70-80 metri dall'oggetto senza causare alcuna modifica nel suo assetto di volo. Ora, è vero che in un aereo piccolo e veloce come il G-91R l'effetto turbolenza era limitato all'ampiezza massima descritta dall'apertura alare, o poco superiore, e che tale effetto si concretizzava soprattutto in scia più che lateralmente, ma riesce difficile credere che un caccia che passi a 80 metri da un UFO-Solar alla velocità di circa 500 km/h non ne distrugga il sottilissimo involucro o, almeno, non lo proietti scompostamente lontano.
Ricordiamo infine che, sempre secondo il pilota, l'oggetto in pochi minuti si portò dagli iniziali 7.000 piedi fino a più o meno 13.000, alternando fasi di salita e di discesa.
Anche questo rateo di salita altalenante non pare conciliarsi troppo con quello che ci si potrebbe aspettare da un UFO-Solar, originale o meno che sia.
E che dire della strana scia azzurra che da terra, ma non da Cecconi, fu vista promanare dall'oggetto? E che giudizio dare sulla repentina sparizione dell'oggetto, sia dalla visuale che dallo schermo radar praticamente nello stesso momento?
Difficile dare delle risposte, in mancanza di dati oggettivi. Il verdetto sull'UFO di Treviso non può quindi che rimanere sospeso, perché troppe sono le domande che restano senza risposta ne' l'ipotesi UFO-Solar è in grado di spiegare il caso in maniera soddisfacente, almeno sulla base dei dati ora disponibili che tenderebbero viceversa a smentirla.
Ovviamente da parte nostra non consideriamo chiusa l'indagine, perché esiste sempre la speranza che qualche nuova informazione, magari di provenienza ufficiale, possa prima o poi contribuire a gettare nuova luce sulla vicenda.
[1] Può essere utile ricordare che il G-91R, oltre che per missioni di appoggio alle forze di terra, veniva normalmente utilizzato proprio per missioni di ricognizione tattica, essendo all'uopo dotato di quattro fotocamere Vinten (una frontale, due laterali a destra e a sinistra nel muso, una ventrale) ottimizzate per tale scopo.
[2] Il piede è l'unità di misura lineare utilizzata in aeronautica e corrisponde a cm. 30,48. Pertanto la quota iniziale di 7.000 piedi corrisponde a circa 2.100 metri, mentre la quota finale di più o meno 13.000 piedi corrisponde a circa 3.900 metri.
[3] Ovviamente tale affermazione va presa cum grano salis, nel senso che non esistono prove che l'oggetto fosse in qualche modo controllato o pilotato, mentre è comunque curioso il fatto che esso venisse sempre a trovarsi in una particolare posizione rispetto ai passaggi dell'aereo.
[4] Si veda in proposito il nostro articolo "Avvistamenti UFO e aerei" sul n.14 (luglio 1994) di UFO.
Marco Orlandi desidera ringraziare tutti coloro che l'hanno aiutato nell'espletamento delle indagini, con particolare riferimento a Dario Bortolin, Bruno Patelli e Remo Guerrini.
Il Maresciallo Cecconi - già ringraziato all'inizio dell'articolo per la sua fondamentale collaborazione - si è rivelato non solo un validissimo professionista nel suo campo, ma anche un vero gentiluomo e l'autore considera un privilegio l'averlo potuto conoscere e incontrare di persona. Un grazie sincero anche alla signora Cecconi che, pur in un momento non certamente facile, non ha mancato di accogliere i ricercatori del CISU con grande simpatia e tanta pazienza.
Per finire, un doveroso accenno a quanti, all'interno della nostra associazione, hanno collaborato affinché l'inchiesta sul caso Cecconi potesse incanalarsi sui binari giusti, da Renzo Cabassi ad Alessandro Cortellazzi, da Paolo Fiorino a Roberto Raffaelli.