Nelle case giapponesi la religiosità si manifesta con la presenza del butsudan e del kamidana. Sono due aspetti del credo più diffuso in Giappone: il buddismo-shintoismo. Due religioni che convivono bene anche nelle mura domestiche. Il butsudan, letteralmente "altare del Budda", si diffuse nel periodo Edo (1603-1867) quando, in occasione della persecuzione dei cristiani, venne imposto l'obbligo di registrazione per ciascuna famiglia al vicino tempio buddista. I riti inerenti la morte e la venerazione dei defunti divennero appannaggio, e anche una delle maggiori fonti di sostentamento, dei templi buddisti.
Il butsudan e' un altarino sito in una nicchia che può essere chiusa con delle ante o posto in un mobile costruito appositamente; lo troviamo preferibilmente in una stanza con tatami. In questo altarino si venerano i propri familiari defunti e una immagine di Budda. Le anime dei defunti sono rappresentate da tavolette (ihai) che vengono poste nel butsudan 49 giorni dopo la morte. Sulle tavolette come anche sulla tomba non si usa più il nome reale di quando si era in vita: viene scritto un nome postumo attribuito dal prete del tempio buddista di appartenenza. Nel butsudan si offrono cibo, fiori e incenso ai defunti e si leggono testi buddisti. L'altarino shintoista si chiama kamidana, letteralmente "mensola per gli dei".
Su questa mensola che, a seconda della divinità venerata, si può trovare in diverse parti della casa, si offrono sake, candele e riso bianco. Sembra sia in declino la popolarità di questo secondo tipo di altare, mentre il butsudan ha più forti radici e coinvolgimento emotivo. Il kamidana e' in legno naturale, mai trattato con vernici o rivestimenti preziosi, mentre per il butsudan si usano oltre al legno, la lacca, il rame, l'oro e l'argento Il prezzo e' un particolare da non trascurare: se un kamidana può costare più di un milione un butsudan sul mercato ha prezzi che possono superare i 500 milioni di lire.
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