Agenzia di Stampa

Anno 1 Numero 28 Mercoledì 16.10.02 ore 23.45

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Direttore Responsabile Guido Donati

   

Mammografia, che fare?

 

 

di Paola Franz 

Sono passati ormai cinque anni da quando nel Marzo del 1997 furono emesse le nuove linee guida per l'utilizzo della mammografia quale mezzo diagnostico per il tumore del seno dal National Cancer Institute e le polemiche che emersero sono ancora in corso. In quella data furono fissati controlli annuali o biennali a partire dai 40 anni di età. Il National Institute of Health si era già espresso sfavorevolmente ad effettuare la mammografia prima dei 50 anni sia per l'esiguità dei casi diagnosticati, sia per il problema di sottoporre troppo spesso le donne a radiazioni, sia per la facilità di avere dei falsi risultati positivi legati alla differente struttura del seno in età più giovane. 

Il cancro alla mammella è il tumore più diffuso fra le donne, il picco massimo della mortalità è nell'età compresa tra i 39 e i 44 anni, l'incidenza aumenta progressivamente con l'età. In Europa ogni anno si ammalano 200.000 donne, in Italia 31.000 con 11.000 decessi. Il tumore impiega 4 anni affinché sia diagnosticabile tramite la mammografia e 6-8 anni per divenire palpabile. La mammografia è un esame radiologico che utilizza dosi molto basse di radiazioni pari a circa 0,05 Rad per lastra e normalmente si fanno 2 lastre ogni seno, secondo alcuni studi il rischio di trasformazione neoplastica legato a questa emissione sarebbe all'incirca dell'1% dopo 38 mammografie. Nonostante sia l'esame più importante per la diagnosi del tumore mammario riesce ad individuare nel migliore dei casi il 90% delle neoplasie con punte minime del 70-75%.

Le cause della mancata diagnosi possono dipendere da vari fattori: dalla dimensione del tumore stesso (inferiore ad un centimetro), la sede periferica della lesione, la "densità" del seno nelle donne giovani che rende difficoltoso l'esame, la scarsa qualità, il mancato riconoscimento da parte del radiologo. Recentemente è stato condotto uno studio da ricercatori dell'Università di Washington e pubblicato sul Journal of The National Cancer Institute, che ha dimostrato la variabilità dell'interpretazione mammografica tra i vari radiologi. Si è visto come gli specialisti più giovani, con meno di 15 anni di esperienza, davano più facilmente delle false positività per questo cancro, quattro volte maggiori rispetto a quelli con una esperienza superiore a 20 anni. Hanno, inoltre, riscontrato che c'erano un maggior numero di falsi positivi anche fra le donne giovani, tra quelle in età premenopausale e tra quelle che ricevevano la terapia ormonale sostitutiva.

Furono esaminate 8.734 mammografie di 2.169 donne effettuate da 24 radiologi, il tasso di falsi positivi oscillava tra il 2,6% e il 15,9%, tutto ciò era influenzato dagli anni di esperienza. 

Journal of the National Cancer Institute 2002;94:1373-1380

 

 

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