Anno 2 Numero 45 Mercoledì 12.02.03 ore 23.45

 

Direttore Responsabile Guido Donati

 

 


INNOVARE NEI SERVIZI

di Alain Dumont

Postfazione di Roberto Panzarani
(FrancoAngeli – 2002)


L’innovazione è il centro della strategia per ogni impresa, per le organizzazioni non profit, la pubblica amministrazione, gli enti locali, i professionisti. Alimenta gli sviluppi tecnici sui quali si fondano le strategie di costo; è uno strumento irresistibile di seduzione e di conquista dei mercati, può essere un vigoroso motore di crescita e consente di sconfiggere la concorrenza. E’ ciò che permette di creare nuovi valori per il cliente a tutti gli stadi della sua catena del valore, grazie ad uno sforzo costante di monitoraggio e di creatività, allo scopo di rafforzare il vantaggio competitivo.
Leggendo questo libro potrete migliorare ciò che facevate ieri e affrontare un futuro che richiede cambiamenti profondi. Non basta offrire “prodotti” a prezzi convenienti: bisogna offrire “sedotti”, cioè servizi più prodotti, in cui la parte “servizi” al cliente (informazione, assistenza per la scelta di quanto risponde alle esigenze specifiche, tempestività di consegna, ecc.) è più importante del prodotto in sé (in ogni campo sempre più marche offrono articoli sostanzialmente eguali).
Alain Dumont addita in maniera molto concreta le strade da battere: idee per far domani non solo meglio ciò che si faceva ieri, ma anche quanto ieri era impossibile o addirittura impensabile. Dumont parte da dieci storie d’imprese, dieci casi attuali che studia nei dettagli: dalla ristorazione all’attività alberghiera, dalla telefonia alla banca, passando per la consulenza aziendale e il commercio al dettaglio. Esplora innovazioni di ogni tipo – incrementali, dirompenti, totali -, successi e fallimenti commerciali, invenzioni o adattamenti di idee già esistenti…Ne ricava conclusioni pratiche: regole d’azione per innovare se stessi e per gestire la creatività nelle organizzazioni.
Dumont non solo scrive in modo brillante le sue storie di imprese ma anche presenta in modo efficace le conclusioni operative che ne trae: dal ruolo decisivo del fattore umano a come sviluppare nuovi servizi con rigore e metodo.

Postfazione di Roberto Panzarani al libro di Alain Dumont

“Apres tout, c’est un monde passable”  Voltaire

Sono molto contento di aver promosso l’edizione italiana di questo libro del collega ed amico Alain Dumont perchè innanzitutto come ricorda Jean-Jacques Damlamian nella sua prefazione all’edizione francese prima di Alain Dumont non esisteva un’opera dedicata all’innovazione nei servizi anche se, ricorda, il 70% del PIL francese proviene da questo settore.
Se guardiamo all’Italia ed in particolare alla promozione dell’innovazione nel nostro paese ci rendiamo conto che la situazione non è delle migliori. Recentemente Bruxelles ha reso noto lo “Scorebord europeo 2001 dell’innovazione” e forse la fotografia è un po’ distorta , perché non tiene ancora conto in pieno della crisi della e-economy e del prosciugamento degli investimenti hi-tech degli Usa, raffigura un’Europa ancora in ritardo nei confronti degli Stati Uniti sul terreno della ricerca e un’Italia agli ultimi posti dell’Unione Europea. “In Europa esistono aree di eccellenza nell’innovazione – ha osservato il commissario europeo alle Imprese, Erkki Liikanen – e nei paesi in forte miglioramento, ma in media preoccupano due punti di debolezza: il basso tasso di investimenti nella ricerca da parte delle aziende e il numero insoddisfacente di brevetti”.
L’annuale pagella europea dell’innovazione, nata dalle linee guida del summit europeo di Lisbona del marzo ’99, indica quest’anno tra tendenze: ci sono Paesi come Finlandia e Danimarca, che già mettevano a segno buone performances e continuavano a migliorare; altri come Grecia e Spagna che stano recuperando rapidamente, seppure da posizioni di ritardo; un terzo gruppo di grandi Paesi (Italia, Francia, Germania, Gran Bretagna) in fase di miglioramento, ma a tassi inferiori alla media europea.
Il nostro Paese viene definito da Bruxelles con “prestazioni relativamente deboli nello scoreboard, anche se ha registrato miglioramenti in tutti gli indicatori di tendenza, a parte una prestazione deludente nei brevetti tecnologici depositati all’ufficio europeo”. Il superindice provvisorio dell’innovazione messo a punto dalla Commissione europea ci vede così a quota –5,9, come la Spagna, in una posizione migliore appena di Grecia (-7,9) e Portogallo (-8,7) e ben lontani dal primato della Svezia (+6,5) o dal risultato degli Stati Uniti (+5,6%). Inoltre, il recupero italiano resta ben più lento della rimonta incalzante in corso da parte di Madrid o Atene.
Il superindice nasce dalla combinazione di 17 indicatori che rilevano le tendenze in quattro campi: nelle risorse umane (per esempio, numero dei laureati in discipline scientifiche o dei partecipanti a programmi di formazione continua), la creazione di nuova conoscenza (tasso di ricerca pubblica e privata, numero dei brevetti), trasmissione e applicazione pratica di scoperte (piccole e medie imprese innovative) e finanza e risultati della ricerca (operazioni di venture capital, numero di accessi a Internet nelle case).
L’Italia veleggia agli ultimi posti per laureati scientifici e dottorati, mentre rimane sotto la media europea (che pure è più bassa dei risultati americani e giapponesi), sia nei finanziamenti pubblici alla ricerca (0,48% del Pil rispetto allo 0,66% dei 15) sia negli investimenti delle aziende in innovazione (0,56% contro l’1,19% europeo). Gli Stati Uniti arrivano rispettivamente allo 0,56% del Pil nel pubblico e all’1,96% nel privato , mentre il Giappone tocca rispettivamente picchi dello 0,70% e del 2,18%.
In una sola area l’Italia sbaraglia il campo: il numero di nuovi prodotti immessi sul mercato, che arriva al 13,5% del fatturato manifatturiero, contro il 6,5% della media Ue. Un dato che conferma la straordinaria capacità, in particolare del tessuto nostrano di piccole e medie imprese, di migliorare prodotti e processi, modellandoli alle specifiche esigenze del mercato, seppure senza necessariamente disporre di una solida ricerca di base.
Detto questo è innegabile che anche in Italia nell’area dei servizi ci siano state innovazioni, basti pensare all’area delle telecomunicazioni ed in particolare della telecomunicazione mobile dei cellulari per capire come dato il numero di utilizzatori (il più alto del mondo) il numero dei servizi per il cliente siano cresciuti in modo esponenziale.
Rimane comunque il problema del nostro”sistema”, soprattutto in un mondo in cui la distinzione tra prodotti e servizi sta completamente cambiando.
Oggi l’offerta è un ibrido di servizi ad alto contenuto di prodotto e prodotti ad alto contenuto di servizio (fra gli altri vedi il caso Smart descritto nel libro) di conseguenza è sempre più difficile vedere qualcosa che non rappresenti questa combinazione. Prima di modificare la propria offerta bisogna pensare simultaneamente a cosa si offre, a cosa serve e anche a cosa permette di fare.
Le innovazioni descritte da Dumont nei vari casi aziendali sono molto interessanti perché anche in passato alcuni servizi erano “abbinati”ai prodotti e viceversa.
Comprando un televisore o un videoregistratore ci è sempre stata data anche una garanzia e un servizio di assistenza. Così come i prodotti sono sempre stati abbinati ai servizi: se vi abbonate a un servizio di pulizia vi forniranno “gratuitamente” gli asciugamani di carta, se vi iscrivete alla Weight Watchers vi proporranno di acquistare i loro piatti bilanciati a basso contenuto calorico in vendita nei supermercati. Ma l’abbinamento prodotto-servizio di per sé non basta. Per creare valore è necessario che queste due componenti dell’offerta siano integrate a tal punto da non essere separabili e da non poter esistere l’una indistintamente dall’altra.
L’abbinamento scaturisce dalla consapevolezza che gli individui comprano prodotti e servizi perché essi, insieme, concorrono a soddisfare le loro esigenze. 
In questo senso aggiungere un maggior contenuto di prodotto o di servizio all’offerta originaria non è che un modo per soddisfare meglio quelle esigenze o, per “creare valore”-
In sostanza i progettisti e i commerciali dovrebbero enfatizzare i benefici di un prodotto piuttosto che le sue caratteristiche. In quest’ottica offrire al cliente “Valore aggiunto” significa rispondere alle sue attese e spiegargli in che modo il prodotto può soddisfarle, invece di limitarsi ad illustrarne genericamente le prestazioni.
Sono questi, a mio parere i concetti che emergono della interessantissima illustrazione dei vari casi aziendali fatti da Alain Dumont e sono queste alcune indicazioni che possono essere utili alla costruzione di quel “sistema” che come ricordavo in Italia è ancora in via di definizione, nonostante l’introduzione anche da noi di varie innovazioni tecnologiche. 
Spero che anche la lettura di questo libro ci aiuti a fare il passo successivo a garantire un sistema di servizi sempre migliore nel nostro Paese.

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