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Anno 1 Numero 27 Mercoledì 09.10.02 ore 23.45

 

Direttore Responsabile Guido Donati

 

From Medea

 

critica a cura di Valentina Tomada

Quattro donne. Quattro realtà diverse. Quattro destini legati da un filo comune: la morte. L'assassinio. E cosa ancora più terribile l'assassinio della propria creatura.
From MEDEA è la pièce in questione, in scena al teatro Colosseo dal 4 ottobre per un mese. Una pièce che angoscia e fa ridere, in cui i momenti di tensione - tanti e forti - sono allentati da battute e ironia. Così è la vita... la vita in un istituto che non è un carcere. Non è una clinica psichiatrica. Cos'è allora? Un luogo per capire il perché. Perché è accaduto. Perché si può uccidere chi si ama. Perché non si è mai riuscite ad amare. Ognuna ha un suo perché. Ognuna ha le sue risposte, le sue maschere, le sue bende sugli occhi. Occhi chiusi, spesso. Occhi che non vogliono vedere, non vogliono aver visto.
Il meccanismo non è ancora ben oliato, ma la regia - di Pietro Bontempo - è buona, e la difficoltà del testo giustifica la "lentezza" di questi inizi. La pièce è emozionante, e le attrici, tutte e quattro brave, fanno vibrare l'animo dello spettatore. La dolce Antonella Elia, che annusa un orsetto di pelouche per respirare ancora l'odore della sua bambina. Vera Gemma, col suo linguaggio sconcio, un brutto imprinting delle violenze paterne. Marina Pennafina, bravissima, aiutata forse un po' dal linguaggio dialettale e Barbara Begala, parallizzata dal dolore di non essere riuscita a provare quell'istinto materno che "prima o poi sarebbe venuto", o così almeno l'avevano spinta a credere Un consiglio: andatele a vedere. Meritano. 

 


 

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