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Anno 1 Numero 32 Mercoledì 13.11.02 ore 23.45

 

Direttore Responsabile Guido Donati

 

"La fortuna mancò, non il valore" 

25 ottobre – 4 novembre 1942: "El Alamein" – la linea del fuoco di Enzo Monteleone

 

a cura di Giampaolo Albini

Un capolavoro e basta. 

Non voglio di meno per questo film, non merita una classifica inferiore. Potrebbe a buon diritto candidarsi all’Oscar come miglior film straniero o andare a Cannes a rappresentare degnamente l’Italia.

È dai tempi di "Italiani brava gente" di Giuseppe De Santis che non si ricordava un bel film di guerra nostro, ma – a parer mio – questo è superiore. Perché evita la facile retorica e il sentimentalismo, proponendoci invece un’opera asciutta, rigorosa e profondamente umana. Narra dei soldati della Brigata Pavia che affiancò nella valorosa, strenua e impossibile difesa di quel lembo d’Africa le altre due più celebrate Divisioni, la Folgore e l’Ariete.

Lo sappiamo, non arrivammo mai ad Alessandria.

Eppure, in quel pezzo di Egitto oltre che in Russia, i soldati italiani scrissero con il loro coraggio e il loro sacrificio una delle pagine più alte della nostra storia militare; ottenendo dallo stesso nemico il riconoscimento del loro valore.

Gli inglesi avevano circa novantamila uomini in più rispetto alle forze italo-tedesche, ma soprattutto avevano i cannoni da 88 (noi solo da 47) e i carri armati Sherman (americani) contro le nostre carrette.

Il film mostra il quotidiano della vita in trincea con insolita onestà. Tre i personaggi principali su cui è richiamata la nostra attenzione: il sergente, il tenente e il soldatino che era andato volontario; anche tutti gli altri, dai caporali all’ultimo soldato, gente di coraggio e buon senso che faticavano e morivano nel duro lavoro della guerra. Belle facce italiane, umane e generose.

Bravissimi e convincenti tutti, più naturali di tanti altri attori immeritatamente famosi. Credo che le figure del sergente e del tenente mi resteranno dentro per molto tempo.

Neanche del regista so molto, ma di certo è il John Ford del deserto africano per il suo stupefacente senso del paesaggio; già sceneggiatore per Salvatores ("Mediterraneo" ed altri), Monteleone aveva al suo attivo due film di un certo interesse. La fotografia è davvero bella: un deserto così non si vedeva dai tempi di "Lawrence d’Arabia".

Ottime la direzione degli attori e la sceneggiatura dello stesso regista. La colonna sonora invece di essere, come spesso accade, ridondante e di maniera ci propone, e solo in alcuni momenti, percussioni e strumenti a corda orientali, il suono soffiato di un flauto di legno ad accompagnare o ad anticipare i vari momenti di tensione. Eccelsa pagina di un grande cinema che avevamo dimenticato o non riuscivamo più a fare.

Non posso anticipare altro per non sottrarVi al piacere di vederlo.

Andate a vedere "El Alamein"; Vi farete un regalo. Capirete o ricorderete cos’è il mestiere della guerra. Uomini che sopportano la fatica, i disagi e il pericolo quotidiani con un rassegnato stoicismo di cui neanche loro stessi si rendono conto. 

Un film limpido e teso, senza battutacce da caserma, campanilismi di vario genere, sfottò, banalità e volgarità, unite al pensiero fisso sulle donne, che purtroppo infarciscono i film di argomento bellico, anche i migliori. Gli attori, ripeto bravissimi, sono: Paolo Bruguglia, Pierfrancesco Favino, Luciano Scarpa, Emilio Solfrizzi, Thomas Trabacchi, Sergio Albelli, Piero Maggio e Antonio Petrocelli. Con brevi apparizioni di Silvio Orlando, Roberto Citran e Giuseppe Cederna. Film come questo sono molto rari; da custodire gelosamente come qualcosa di prezioso nella memoria dei migliori.

Una visione della guerra dall’interno, con i suoi sprechi, i suoi eroismi e le tante idiozie – accuratamente preservata in questo film italiano, schivo e magnifico.

 


 

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