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note critiche '88
 

L'OCCHIO DEL MONDO

Presentazione dell'opera

 

    Questo romanzo lo si legge d'un fiato per la saggia esposizione dei suoi personaggi, l'equilibrio parco e sufficiente delle parti nonché per la forbitezza della sua prosa. Talchè il tempo della sua lettura scorre veloce, dolcemente ingannevole.
    Esso è denso di delicate situazioni come aspro per i contrasti in insospettato agguato. E poi ci lascia col cuore in gola per l'amore materno e i sogni che potevano avverarsi ma che non videro il sole.

    Questo amore non è "giusto" perché privo di base economica onde la colpa della società, ma è fondamentalmente casto fino al sacrificio, dove si consuma, perché esso è nobile nonostante tutto.

    V'è presente e passato. E' messa in evidenza qual è la vera ricchezza dell'anima pulita trascinata ma non vinta dalle sozzure umane. Non è prolisso, non ha parti che annoiano ma che attendono, ansiose, la continuazione.
    Ecco, il romanzo mi ha fatto ricordare, per il suo calore e la sua limpidezza, l'operetta giovanile ma precocemente matura del poeta tedesco Goethe "Ermanna e Dorotea". Il poeta vi ritornava, detto da lui stesso, ad addolcire lo spirito e ringiovanirlo. Perché la mole e la possenza delle concezioni hanno sì un fascino: queste due entità sono del raziocinio ch'è alquanto freddo, ma il calore, la commozione e il cuore trascinano.
     
    Questa è la peculiarità principale del nostro lavoro.

    A tale proposito, dello stesso ordine di calore è l'operetta "Casta diva" che racconta una pagina della vita di Vincenzo Bellini, letta d'un fiato.
    Insomma tutti e tre i romanzi sono, nel loro sviluppo, travolgenti:
    è come bere d'un fiato una deliziosa bevanda e provare una tenera e malinconica sensazione che coinvolge il lettore nella storia di Rachele.
    E poi, quanto sono vere e belle le parole che legano la fantasia alla realtà di ogni giorno, di oggi, di ieri e che perciò sono vere e taglienti.
    L'orrore della guerra, altro male umano, infine fondono e distruggono la povera infelice nella conclusione del romanzo lasciando un nodo alla gola, una nascosta e soffocata lacrima di commozione.

    Io lo raccomando per la sua umanità, per la pulitezza della sua lingua, per le tante considerazioni e per la saggezza che ricamano la trama del romanzo. Io penso che il romanzo ecciti altri amori quale l'archeologia della società. Esso è bello, è nobile come seme "ad maiora" dello spirito.
    Ed io, da parte mia, mi auguro che questa penna percorra, per tutti gli anni che le rimangono, tanta strada ancora a rendere più gentile lo spirito della società umana.
    Il lavoro per il suo contenuto vuole essere popolare e lo è mentre è intellettuale per la particolare vena che percorre la sua letteratura.

Prof. Dott. G. B. Zappulla

 


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