IL VIAGGIO

 

Era mattino, il sole trapelava dalle leggere nuvole che correvano nel cielo, l'aria era dolce e profumata dagli alberi fioriti del viale della stazione.

La citta' iniziava a muoversi, gente in movimento che si portava al lavoro, le serrande dei negozi si alzavano cigolando.

Helen camminava veloce con il suo vestito rosa, svolazzante, con lo sguardo nel vuoto e con il passo leggero. Portava con se una borsetta di cuoio con un fiore di stoffa attaccato al manico, come era attaccato nel suo cuore il ricordo, i ricordi.

Le giornate primaverili non l'avevano aiutata a dimenticare, anzi, la stagione primaverile con i suoi colori tenui, il suo sapore dolce e l'aria serena l'avevano portata a rinchiudersi ancor di piu' nel suo dolore.

Il vedere la gente felice, gli amici spensierati, le coppie di fidanzati nei giardini pubblici, le procuravano ancor di piu' quel senso di infelicita' e di inutilita' tanto da perdere anche la forza di vivere, di reagire.

Assorta nei suoi pensieri Helen aveva così raggiunto la stazione, piena di gente anonima che girava vorticosamente nel salone d'ingresso, tra i binari, davanti alla biglietteria, e si sentì un po' a suo agio, perche' in mezzo a tutta quella gente, a quella confusione, era diventata un essere qualunque, uno dei tanti.

Fece la fila alla biglietteria, quando venne il suo turno con voce flebile disse :

" Parigi, solo andata, seconda classe".

Estrasse i soldi dal borsellino e si porto' nell'atrio dove c'era il tabellone degli orari, per assicurarsi che il suo treno sarebbe partito senza ritardo e dal binario 11.

Mancavano ancora 12 minuti alla partenza, s'incammino' verso i binari, intravide l'edicola della stazione e si fermo' ad osservare i titoli dei quotidiani, cercando qualcosa di interessante da poter leggere durante il viaggio. Non trovo' nulla che le potesse piacere, alzo' lo sguardo ed osservo' il grande orologio, le lancette segnavano le 8.43. Doveva raggiungere il treno, mancavano quattro minuti alla partenza.

Con il suo passo, leggero e veloce, come una gazzella, si mosse verso il binario 11. Osservo' il lungo treno. Ebbe un sussulto nel vederlo così lucido e pulito, lei che viaggiava sempre in sudici e maleodoranti convogli di provincia.

Salì sul secondo vagone, trovo' subito uno scompartimento vuoto, aprì la porta e poso' la borsa sul sedile, richiudendo la porta alle sue spalle e rimase ferma ad osservare i sedili di pelle rossa. Il rosso le era sempre piaciuto ma a volte lo disprezzava per la sua vivacita'.

Aprì il finestrino e guardo' fuori per vedere, forse per l’ultima volta, quella stazione. Un fischio la fece sobbalzare. Era il segnale di partenza, quel suono la scosse come una frustata. Solo allora si rese conto che stava veramente partendo, finalmente.

Era la prima volta che partiva per un viaggio da sola. Le altre volte erano state le solite gite scolastiche di un giorno, che finivano sempre per annoiarla. La confusione, delle sue amiche le davano disgusto e noia, lei che amava la tranquillità e la serenità e perchè no, anche la solitudine.

Il treno si mosse, spingendola verso i sedili, lei vi si getto' sopra per non cadere, in una posizione goffa, che la fece sorridere.

Dopo essersi seduta ed aggiustato il vestito accese una sigaretta che aveva preso dalla borsa che teneva sul sedile al suo fianco. Intanto il treno era uscito dalla stazione ed aumentava di velocita'.

Guardando dal finestrino Helen vedeva passargli davanti quelle case della periferia con l'intonaco screpolato e gli vennero in mente gli anni della sua infanzia, quando anche lei viveva in una di quelle case. I giorni passati a osservare i lunghi convogli che transitavano sui binari. Si ricordo' della confusione perenne che c'era nelle scale, dei bambini che giocavano a palla nel cortile, della vecchia signora del piano di sotto che batteva sul soffitto per protestare quando lei da sola giocava nella sua stanzetta con la palla.

Nella sua mente passarono tutti i ricordi di quei giorni felici e tristi dell'infanzia, i ricordi di una bimba diversa dalle altre e quei ricordi le diedero un senso di profonda malinconia, perche' chiunque ripensa ai giorni della propria fanciullezza prova un sentimento di serena nostalgia e di rimpianto per quel tempo della nostra vita ingenua e spensierata.

Ormai il treno sfrecciava in aperta campagna quando lei porto' lo sguardo di nuovo verso il finestrino. Si intravedevano in lontananza i filari di viti con le foglioline che erano iniziate a spuntare lungo i rami. Gli alberi di pesco, con i loro fiori rosa pallido, i campi con l'erba luccicante per la rugiada che si asciugava con il calore dei raggi del sole, calore che aveva dissolto la nebbiolina del mattino.

Finalmente viaggiava, finalmente aveva avuto il coraggio di abbandonare tutti per andarsene lontano per ricominciare una nuova vita.

Ultimamente la sua non era piu' vita, la famiglia era diventata una ossessione per lei. I genitori, gli zii, sempre a rimproverarla di voler essere troppo moderna, invece di sistemarsi, di crearsi una famiglia. E lei si sentiva come oppressa da quella imposizione dei genitori.

Il lavoro, per giunta, non le dava grosse soddisfazioni, battere a macchina interminabili lettere, sentire continuamente brontolare il vecchio titolare e vedere l'insistente sguardo pesante ed ambiguo del giovane ragioniere la disgustavano tantissimo.

Gli amici erano pochi e quei pochi avevano capito che Helen non era una ragazza facile, così la lasciavano sempre sola, spesso la schernivano per il suo atteggiamento pensieroso e strano. Tutti le dicevano che lei era strana, un po' svampita, a volte che era addirittura pazza. E nessuno cercava di capirla, per aiutarla, per sollevarla dal suo torpore interno, dalla sua solitudine.

Neppure Paolo l'aveva capita. Paolo, l'uomo che lei aveva amato piu' di tutti. Paolo, il suo sogno.

Lei lo aveva amato veramente, ma Paolo non tanto. Lui diceva che lei era troppo complicata e non voleva sentire i suoi strani discorsi perché era gia' pieno dei suoi problemi per poter ascoltare quelli di Helen.

Paolo la trascurava e pian piano Helen fini con il lasciarlo. Lei ne soffrì molto, ma sentiva che doveva farlo, negli ultimi tempi nemmeno lei lo amava piu' intensamente. E si sentì ancora piu' sola, ancora piu' emarginata dal resto del mondo. Lei che aveva bisogno di qualcuno che la aiutasse, che le donasse un po' di affetto e un po' di amore.

Il treno si era fermato alla prima stazione, Helen incuriosita aprì di nuovo il finestrino e guardo' la stazioncina, vecchia ma pulita, con l'orologio ingiallito dal tempo e la gente, immobile, che stava seduta sulle panchine lungo i bordi dei binari.

Alle sue spalle senti bussare alla porta dello scompartimento. Si giro' di scatto, era un uomo sulla trentina, alto, ben vestito, con un paio di baffetti furbi.

Lei aprì la porta e l'uomo disse :

" Posso, c'e' un posto libero o la disturbo ?".

Helen si sentì impacciata, lui aveva detto quella frase con un tono di sicurezza che l'aveva impressionata, come d'altronde la sua figura.

" Nessun disturbo " balbetto' lei "si accomodi pure".

L'uomo sistemo' la valigia di pelle sul portapacchi e disse :

" Permette che mi presenti, Stefano Rocchi "

Tese la mano, lei la strinse rispondendo :

" Piacere Helen Conti " e si sedette vicino al finestrino.

Lui, invece di sedersi, tiro' fuori dalla tasca della giacca un pacchetto di sigarette, ne prese una chiedendo :

" La disturbo se fumo ? "

" No fumi pure " replicò Helen aggiustandosi i capelli sulla fronte.

Lei si sentiva impacciata, quel primo impatto con un individuo estraneo l'aveva impietrita, non sopportava l'idea di una compagnia durante il viaggio, l'avrebbe deconcentrata, mentre invece avrebbe preferito restare da sola, assorta nei suoi pensieri.

Stefano prese posto di fronte a Helen, tiro' due boccate di fumo e spense la sigaretta.

Il treno ripartì emettendo due sibili acuti. Helen si sentiva girare la testa, non sapeva cosa fare o dire, si sentiva bloccata. Tentava di fare l'indifferente con lo sguardo nel vuoto, fuori dal finestrino.

Stefano, intanto, fissava Helen con i suoi occhi piccoli e profondi, il suo sguardo si fermo' sulla mano sinistra di lei :

" Siete sposata ? ", le chiese con tono pacato.

Helen rispose di si ma si pentì subito di aver mentito, tanto che ebbe il sospetto che Stefano si fosse accorto della sua menzogna.

Lui aggiunse : " Va a Parigi ? Raggiunge suo marito ? ",

Helen annuì con un semplice gesto del capo.

Stefano allora prese il giornale dalla tasca della giacca, lo dispiego' iniziando a leggere.

Helen si sentì piu' libera per quel gesto di Stefano, si accese una sigaretta e penso' che in fondo non c'era niente di male se avrebbero fatto il viaggio insieme.

Stefano non tolse gli occhi dal giornale nemmeno quando il treno passo' attraverso una piccola galleria. Il treno decelero' fino a fermarsi in una nuova stazione. Helen avrebbe voluto guardarla, come aveva fatto prima, ma non si alzo', frenata dalla presenza di Stefano.

Lui poso' il giornale sul sedile, guardò sul volto Helen e con voce bassa disse :

" Queste notizie mi annoiano ma le leggo lo stesso, almeno faccio passare un po' di tempo, io viaggio spesso, per lavoro, non mi da' fastidio neppure il rumore del treno, ci sono abituato, anzi non ne posso fare a meno, e lei viaggia spesso ? "

Helen intanto si era fatta coraggio ma rispose con la stessa freddezza di prima :

" No, e' la prima volta che faccio un lungo viaggio, non mi sono mai mossa da casa, anche se i viaggi sono la mia passione, non ho mai avuto la possibilita' di poterne fare uno. Oggi, finalmente, mi sono decisa e sono partita, con il primo treno che ho trovato ".

Stefano la guardo' con un'aria stupita, la risposta di quella strana viaggiatrice che in precedenza aveva risposto alle sue domande in modo freddo e distaccato ed ora invece gli rispondeva con una impacciata loquacita'. Incuriosito domando' :

" Va proprio a Parigi ? ".

" Si proprio Parigi. Ma non sono sposata, prima le ho detto una bugia, non so spiegarle nemmeno il perchè e forse non so nemmeno se ci arriverò a Parigi o mi fermerò da qualche altra parte, non ho una meta precisa ".

Intanto il treno era ripartito e l'aria era diventata piu' calda, nonostante che il finestrino fosse semiaperto.

Stefano nel togliersi la giacca disse :

" Non riesco a sopportare il caldo, ne' il freddo" e aggiunse " mi tolga una curiosita', non e' mica scappata di casa, vedo che il suo bagaglio si limita alla sola borsetta".

Lei impallidì e balbettando rispose :

" No, non sono scappata, ho detto ai miei che andavo a Parigi alcuni giorni per lavoro ".

" Capisco " disse Stefano, poi volgendo lo sguardo verso il finestrino aggiunse " manca poco alla stazione dove sono diretto, faccia buon viaggio e si diverta " e si alzo'.

Lei si sentì sollevata dal pensiero di restare di nuovo sola nello scompartimento, con tono pacato ringrazio semplicemente.

Stefano prese la valigia, aprì la porta dello scompartimento, e mentre il treno stava per fermarsi saluto' Helen.

" Addio" rispose lei freddamente.

Finalmente Helen si sentì di nuovo sola e padrona di se stessa, osservo' dal finestrino Stefano che si allontanava verso l'uscita della stazione e osservò un po in giro.

L'orologio segnava le 15.03, era questo il motivo di quel languore che sentiva allo stomaco. Riprese il suo posto sul sedile, aprì la borsa tirandone fuori un panino avvolto in una carta oleata. Iniziò a divorare con voracita' il pane, lei mangiava sempre così, nervosamente.

Dopo il frugale pasto accese una sigaretta, la fumo' e poi sopraffatta dalla stanchezza del viaggio si addormento'.

Si sveglio' improvvisamente, stava sognando che Stefano voleva picchiarla, appena prese coscienza che era sola nella cabina tiro' un respiro di sollievo e guardo' l'orologio al polso sinistro. Erano le 17,21.

Dal finestrino si vedevano in lontananza le luci di un paesino arroccato su di un colle, le sembravano tante lucciole aggrappate su di un albero.

La sera le portava sempre malinconia. Abbassando il finestrino l'aria fresca invase la cabina provocandole un sottile brivido lungo la schiena.

Lei amava la sera, le sue luci, i suoi colori, il suo profumo. A volte passeggiava per la citta' all’imbrunire passando ore ed ore ad osservare la gente, gli animali, le piante, respirando profondamente come volesse catturare quell'aria fresca e fragrante all'interno del suo corpo.

Poi presa la testa fra le mani e chinandosi verso il pavimento incomincio' a piangere, come ogni sera. Piangeva sempre piu' forte, pensando alla solitudine ed alla sua eterna malinconia. Anche se per lei sentirsi sola era diventato naturale. Era lei che a volte, si richiudeva in se stessa. E da sola ritrovava la sua figura nascosta.

Ora piangendo cercava, dentro di se', un conforto, cercando di scaricare il suo nervosismo, le sue paure.

Il treno si fermo' per l'ennesima volta. Helen si scosse tiro' fuori il fazzoletto dalla borsa asciugandosi il viso e le mani.

Fuori si intravedeva una stazione piccola e tinteggiata di bianco, con tanti vasi pieni di fiori lungo i binari.

Resto' affascinata da tanta semplicita' e pulizia che d'istinto prese la borsa, aprì la porta e si incammino' attraverso il corridoio, verso l'uscita.

Raggiunta la banchina rimase ferma per alcuni secondi ad ammirare la stazione, le dava l'impressione di qualcosa di irreale, di fantastico, di idilliaco, quasi un sogno.

Non lesse nemmeno il cartellone che indica il nome della citta' e si avvio' verso l'uscita. Nell'atrio vide un ragazzo seduto su una panchina, si fermo' chiedendogli dove avrebbe potuto trovare un albergo. Il ragazzo sollevando lo sguardo verso di lei, con un'espressione indolente le rispose :

" C'e' ne uno proprio in piazza, a destra uscendo".

Helen ringrazio' uscì fuori dalla stazione e si ritrovo' in una piccola piazza illuminata a giorno.

Si diresse verso l'albergo, entro' nella hall saluto' la signora dietro il bancone chiedendole :

" Avete una camera libera per questa sera? Comunque domani riparto ".

L'anziana donna, con i capelli bianchi e ricci, un vestito nero ed una collana di perle intorno al collo, alzò lo sguardo verso Helen e rispose :

" Certo signorina, la stavamo aspettando, ma non credo che lei possa ripartire domani, questa sara' la sua nuova residenza. Ma non ha letto il nome della città… nella stazione ?".

Allibita dalla risposta Helen rispose tremante di no, e chiese dove si trovava, in quale citta'.

La donna commossa, con una lacrima che le solcava il rugoso viso, a voce alta disse :

".........................................................................................."

 

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