IL CAMPOSANTO

 

Attraverso una stretta stradina di campagna con alti cipressi secolari, si raggiunge il camposanto. Completamente invaso nel verde della vegetazione delle nostre colline, i monti Tifatini. Noci, ciliegi, pini e viti lo nascondono parzialmente alla vista. Immerso in un silenzio irreale, rotto appena dal fruscio delle foglie mosse dal vento, o dai canti dei grilli e delle cicale durante il periodo estivo.

Un campo quadrato, cinto da quattro cortine di vecchie cappelle, una per ogni borgo o paese. L'incanto e' nel centro del cimitero, dove si incrociano quattro viali. Le piccole pietre tombali, di tufo tinteggiate di bianco e con una croce sulla sommita', sono sparse in modo quasi casuale sui prati verdi.

E il silenzio, in questo luogo, e' totale.

Qui ci sono le spoglie di tutti i miei antenati e cari perduti.

Vado spesso al mio cimitero, ogni volta e' una sensazione nuova e particolare. Non certo di tristezza, anzi, ho la netta impressione di una visita ad amici e parenti, un incontro con gente lontana che si rivede dopo tanto tempo.

Cosė č la mia visita al camposanto, a volte molto lunga: giro per tutte le cappelle, guardo tutte le foto sulle lapidi, ed i fiori, e i ceri ardenti. Questo era mio nonno, quest'altro mio zio, qui riposa il fratello di mia madre, lassu' il nonno di mio padre. Li saluto, gli chiedo come stanno, come se la passano nell’aldilā, se sono sereni. Gli racconto le mie avventure, i miei problemi, gli parlo.

Spesso mi fermo ad esplorare la fisionomia dei volti sui ritratti; pero' come somiglia alla bisnonna mia nonna e mia cugina alla mamma di mio zio. E passo dopo passo ripercorro tutte le famiglie e gli amici perduti.

Una cascata frizzante di ricordi nella mente. Un gesto, un giorno particolare, una tristezza, un incontro in ospedale, l'ultimo viaggio. Ricordi che tornano lucidi davanti agli occhi. Immagini dimenticate che ripercorrendo la strada errante della memoria si posano dolcemente.

Quest'anno sono rimasto colpito ancora di pių dalla mia visita solitaria al camposanto.

D’estate e' sempre pių bello, specialmente nelle ore calde intorno mezzogiorno. Non c'e' una figura umana che disturbi la dolce quiete del luogo e all'ombra degli alti cipressi si riesce a sentire meno il caldo soffocante del sole arido di agosto, anche perchč c'č sempre un leggero venticello che percorre la vallata.

Dicevo, quest'anno sono ritornato, alle dodici in punto di un caldo giorno di agosto, nel luogo solitario. Con il passo sempre leggero e lento, non ho mai camminato velocemente nel cimitero. Alla vista di quel luogo, a me molto noto, ho sentito un buco, un vuoto, come se mi mancasse qualcosa.

Mi sono fermato, ricercando nella mente un segno, un indizio, una traccia. Ho girato in lungo e in largo tutto il camposanto, arroventandomi il cervello.

Forse mancava qualcosa ?

Hanno abbattuto qualche albero o restaurato la cappella grande ?

La siepe e' stata tagliata ? Le lapidi sono invertite ?

Niente di tutto questo, ed allora ?

Cosa mi porta a questa sensazione ?

E piano piano il vuoto si e' riempito.

Il piccolo buco della mente si e' ricucito.

In quel luogo mancava la mia tomba !

 

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