Giacomo Leopardi nacque a Recanati (Macerata) il 29 Giugno del 1798 dal matrimonio dell'appena ventiduenne conte Monaldo ,e dalla giovane marchesa Adelaide Antici. Un matrimonio strano, dove i ruoli, vista l'epoca, erano decisamente invertiti. Monaldo, uomo attaccato ai suoi valori ma debole con la moglie, e Adelaide, donna autoritaria e fredda, dedita solo alla gestione della casa, marito e figli compresi. Giacomo crebbe in un clima tutt'altro che sereno, ma che riusciva a migliorare con i giochi che organizza, in compagnia dei fratelli Carlo e Paolina, dove lui era l'eroe impavido, il vincitore sui vili nemici, amava farsi incoronare, portare in trionfo, voleva imporsi sugli altri, aveva "bisogno" di imporsi. Ben presto però, venne totalmente assorbito dallo studio, con il suo ossessionante bisogno di sapere che però gli danneggiò irrimediabilmente la salute. Infatti, dopo aver studiato fino all’età di 10 anni con un precettore, si dedicò da solo agli studi, imparando l’Ebraico, il Latino, il Greco, il Francese, e lesse un numero impressionante di opere classiche. Questo periodo (1808-1815) venne definito da lui stesso di "Studio Matto e Disperatissimo", in cui trascurò l’aspetto esteriore per quello intellettuale. Ciò lo portò ad avere seri problemi fisici tra i quali rachitismo, che lo costrinse ad un’altezza inferiore al metro e quaranta, problemi alla vista (tanto che in seguito divenne pressoché cieco) e gravi malformazioni. Nel 1817, si innamorò di una cugina, Gertrude Cassi Lazzari, ospite a casa Leopardi, un amore intenso ma inconfessato, in seguito a questo fatto, scrisse il "Diario del primo Amore".Appena compiuta la maggiore età, corrispondente allora ai ventuno anni, progettò la sua fuga da Recanati, scrisse una lunga lettera indirizzata al padre Monaldo, in cui si scusava per la sua fuga e spiegava i motivi della sua partenza. Ma venne scoperto, e la sua speranza di riscatto si spense. Nello stesso anno, scrisse "L'Infinito" e "Alla Luna". Finalmente, tre anni dopo, Monaldo consentì al figlio di uscire da Recanati, per andare a Roma, ospite di uno zio. La sua delusione fu totale, non trovò nulla di quello che aveva immaginato, un po' di sollievo lo trova visitando la tomba di Torquato Tasso. La stagione romana di protrasse fino al maggio del 1823. Nel settembre di quest' anno, compose "Alla sua Donna". Nel 1824 cominciò a comporre le "Operette Morali". A Bologna nel 1826, si innamorò della contessa Teresa Carniani Malvezzi, ma ben presto, ne rimase deluso. L'anno successivo, a Firenze, conobbe Alessandro Manzoni e Antonio Ranieri, destinato quest'ultimo, a diventare il suo sodale. Nel 1828 si trasferì a Pisa, dove conobbe una ragazzina di nome Teresa, che gli fece scrivere versi "con quel suo cuore di una volta". Non era innamorato di lei, ma provava lo stesso molto affetto verso questa giovinetta. Nel 1830, lasciò per sempre Recanati, e si trasferì a Firenze, grazie all'aiuto del Colletta. Intanto si legò sempre più ad Antonio Ranieri, e iniziò a nutrire uno sfortunato amore per Fanny Targioni Tozzetti. L'anno successivo seguì l'amico Ranieri a Roma, innamoratosi dell'attrice Maddalena Pelzet (Lenina). Nel 1832 tornò a Firenze, dove compose "Amore e Morte" e "Consalvo", ispirati all'amore per Fanny. Terminò anche lo "Zibaldone". Nel 1833 compose il canto "A se stesso", conseguenza della forte delusione amorosa con Fanny. Si trasferì con Ranieri a Napoli, sperando in un miglioramento fisico. A Napoli, nel 1834, compose il canto "Aspasia", dove rivisse lucidamente l'intenso amore per Fanny. L'anno successivo, con "I nuovi credenti", attaccò con feroce ironia la mediocrità dei napoletani, suoi detrattori. Per sottrarsi dal colera che dilagava a Napoli, nel 1836 si trasferì a Torre del Greco, nella villa di un cognato del Ranieri, alle pendici del Vesuvio. Compose "Il tramonto della luna" e, rimasto affascinato dalla fioritura delle ginestre, scrisse "La Ginestra o il fiore del deserto". Il 14 Giugno del 1837 morì, stroncato da un'idropisia al cuore (provocata probabilmente dal colera). Per non permettere che il corpo fosse gettato nella fossa comune, Ranieri provvide rapidamente alla sepoltura nella chiesa di San Vitale, a Fuorigrotta*.
*Una recente teoria, vuole Giacomo morto di congestione viscerale (cos'è?) e non di colera, e inoltre il suo corpo sarebbe stato gettato in una fossa comune e non come vorrebbe la tradizione nella chiesa di S. Vitale in Fuorigrotta. Quindi la sua tomba sarebbe vuota. Temo che non si saprà mai la verità.
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