Terra: Cara Luna, io so che
tu puoi parlare e rispondere; per essere una persona;
secondo che ho inteso molte volte da' poeti: oltre che i
nostri fanciulli dicono che tu veramente hai bocca, naso e
occhi, come ognuno di loro; e che lo veggono essi cogli
occhi propri; che in quell'età ragionevolmente debbono
essere acutissimi. Quanto a me, non dubito che tu non
sappi che io sono né più né meno una persona; tanto che,
quando era più giovane, feci molti figliuoli: sicché non
ti maraviglierai di sentirmi parlare. Dunque, Luna mia
bella, con tutto che io ti sono stata vicina per tanti
secoli, che non mi ricordo il numero, io non ti ho fatto
mai parola insino adesso, perché le faccende mi hanno
tenuta occupata in modo, che non mi avanzava tempo da
chiacchierare. Ma oggi che i miei negozi sono ridotti a
poca cosa, anzi posso dire che vanno co' loro piedi; io
non so che mi fare, e scoppio di noia: però fo conto, in
avvenire, di favellarti spesso, e darmi molto pensiero dei
fatti tuoi; quando non abbia a essere con tua molestia.
Luna: Non dubitare di
cotesto. Così la fortuna mi salvi da ogni altro incomodo,
come io sono sicura che tu non me ne darai. Se ti pare di
favellarmi, favellami a tuo piacere; che quantunque amica
del silenzio, come credo che tu sappi, io t'ascolterò e ti
risponderò volentieri, per farti servigio.
Terra: Senti tu questo suono
piacevolissimo che fanno i corpi celesti coi loro moti?
Luna: A dirti il vero, io non
sento nulla.
Terra: Né pur io sento nulla,
fuorché lo strepito del vento che va da' miei poli
all'equatore, e dall'equatore ai poli, e non mostra saper
niente di musica. Ma Pitagora dice che le sfere celesti
fanno un certo suono così dolce ch'è una maraviglia; e che
anche tu vi hai la tua parte, e sei l'ottava corda di
questa lira universale: ma che io sono assordata dal suono
stesso, e però non l'odo.
Luna: Anch'io senza fallo
sono assordata; e, come ho detto, non l'odo: e non so di
essere una corda.
Terra: Dunque mutiamo
proposito. Dimmi: sei tu popolata veramente, come
affermano e giurano mille filosofi antichi e moderni, da
Orfeo sino al De la Lande? Ma io per quanto mi sforzi di
allungare queste mie corna, che gli uomini chiamano monti
e picchi; colla punta delle quali ti vengo mirando, a uso
di lumacone; non arrivo a scoprire in te nessun abitante:
se bene odo che un cotal Davide Fabricio, che vedeva
meglio di Linceo, ne scoperse una volta certi, che
spandevano un bucato al sole.
Luna: Delle tue corna io non
so che dire. Fatto sta che io sono abitata.
Terra: Di che colore sono
cotesti uomini?
Luna: Che uomini?
Terra: Quelli che tu
contieni. Non dici tu d'essere abitata?
Luna: Sì, e per questo?
Terra: E per questo non
saranno già tutte bestie gli abitatori tuoi.
Luna: Né bestie né uomini;
che io non so che razze di creature si sieno né gli uni né
l'altre. E già di parecchie cose che tu mi sei venuta
accennando, in proposito, a quel che io stimo, degli
uomini, io non ho compreso un'acca.
Terra: Ma che sorte di popoli
sono coteste?
Luna: Moltissime e
diversissime, che tu non conosci, come io non conosco le
tue.
Terra: Cotesto mi riesce
strano in modo, che se io non l'udissi da te medesima, io
non lo crederei per nessuna cosa del mondo. Fosti tu mai
conquistata da niuno de' tuoi?
Luna: No, che io sappia. E
come? e perché?
Terra: Per ambizione, per
cupidigia dell'altrui, colle arti politiche, colle armi.
Luna. Io non so che voglia dire armi, ambizione, arti
politiche, in somma niente di quel che tu dici.
Terra: Ma certo, se tu non
conosci le armi, conosci pure la guerra: perché, poco
dianzi, un fisico di quaggiù, con certi cannocchiali, che
sono instrumenti fatti per vedere molto lontano, ha
scoperto costì una bella fortezza, co' suoi bastioni
diritti; che è segno che le tue genti usano, se non altro,
gli assedi e le battaglie murali.
Luna: Perdona, monna Terra,
se io ti rispondo un poco più liberamente che forse non
converrebbe a una tua suddita o fantesca, come io sono. Ma
in vero che tu mi riesci peggio che vanerella a pensare
che tutte le cose di qualunque parte del mondo sieno
conformi alle tue; come se la natura non avesse avuto
altra intenzione che di copiarti puntualmente da per
tutto. Io dico di essere abitata, e tu da questo conchiudi
che gli abitatori miei debbono essere uomini. Ti avverto
che non sono; e tu consentendo che sieno altre creature,
non dubiti che non abbiano le stesse qualità e gli stessi
casi de' tuoi popoli; e mi alleghi i cannocchiali di non
so che fisico. Ma se cotesti cannocchiali non veggono
meglio in altre cose, io crederò che abbiano la buona
vista de' tuoi fanciulli; che scuoprono in me gli occhi,
la bocca, il naso, che io non so dove me gli abbia.
Terra: Dunque non sarà né
anche vero che le tue province sono fornite di strade
larghe e nette; e che tu sei coltivata; cose che dalla
parte della Germania, pigliando un cannocchiale, si
veggono chiaramente.
Luna: Se io sono coltivata,
io non me ne accorgo, e le mie strade io non le veggo
Terra: Cara Luna, tu hai a
sapere che io sono di grossa pasta e di cervello tondo; e
non è maraviglia che gli uomini m'ingannino facilmente. Ma
io ti so dire che se i tuoi non si curano di conquistarti,
tu non fosti però sempre senza pericolo: perché in diversi
tempi, molte persone di quaggiù si posero in animo di
conquistarti esse; e a quest'effetto fecero molte
preparazioni. Se non che, salite in luoghi altissimi, e
levandosi sulle punte de' piedi, e stendendo le braccia,
non ti poterono arrivare. Oltre a questo, già da non pochi
anni, io veggo spiare minutamente ogni tuo sito, ricavare
le carte de' tuoi paesi, misurare le altezze di cotesti
monti, de' quali sappiamo anche i nomi. Queste cose, per
la buona volontà ch'io ti porto, mi è paruto bene di
avvisartele, acciò che tu non manchi di provvederti per
ogni caso. Ora, venendo ad altro, come sei molestata da'
cani che ti abbaiano contro? Che pensi di quelli che ti
mostrano altrui nel pozzo? Sei tu femmina o maschio?
perché anticamente ne fu varia opinione. È vero o no che
gli Arcadi vennero al mondo prima di te? che le tue donne,
o altrimenti che io le debba chiamare, sono ovipare; e che
uno delle loro uova cadde quaggiù non so quando?che tu sei
traforata a guisa dei paternostri, come crede un fisico
moderno? che sei fatta, come affermano alcuni Inglesi, di
cacio fresco?che Maometto un giorno, o una notte che
fosse, ti spartì per mezzo, come un cocomero; e che un
buon tocco del tuo corpo gli sdrucciolò dentro alla
manica? Come stai volentieri in cima dei minareti? Che ti
pare della festa del bairam?
Luna: Va pure avanti; che
mentre seguiti così, non ho cagione di risponderti, e di
mancare al silenzio mio solito. Se hai caro
d'intrattenerti in ciance, e non trovi altre materie che
queste; in cambio di voltarti a me, che non ti posso
intendere, sarà meglio che ti facci fabbricare dagli
uomini un altro pianeta da girartisi intorno, che sia
composto e abitato alla tua maniera. Tu non sai parlare
altro che d'uomini e di cani e di cose simili, delle quali
ho tanta notizia, quanta di quel sole grande grande,
intorno al quale odo che giri il nostro sole.
Terra: Veramente, più che io
propongo, nel favellarti, di astenermi da toccare le cose
proprie, meno mi vien fatto. Ma da ora innanzi ci avrò più
cura. Dimmi: sei tu che ti pigli spasso a tirarmi l'acqua
del mare in alto, e poi lasciarla cadere?
Luna: Può essere. Ma posto
che io ti faccia cotesto o qualunque altro effetto, io non
mi avveggo di fartelo: come tu similmente, per quello che
io penso, non ti accorgi di molti effetti che fai qui; che
debbono essere tanto maggiori de' miei, quanto tu mi vinci
di grandezza e di forza.
Terra: Di cotesti effetti
veramente io non so altro se non che di tanto in tanto io
levo a te la luce del sole, e a me la tua; come ancora,
che io ti fo gran lume nelle tue notti, che in parte lo
veggo alcune volte. Ma io mi dimenticava una cosa che
importa più d'ogni altra. Io vorrei sapere se veramente,
secondo che scrive l'Ariosto, tutto quello che ciascun
uomo va perdendo; come a dire la gioventù, la bellezza, la
sanità, le fatiche e spese che si mettono nei buoni studi
per essere onorati dagli altri, nell'indirizzare i
fanciulli ai buoni costumi, nel fare o promuovere le
instituzioni utili; tutto sale e si raguna costà: di modo
che vi si trovano tutte le cose umane; fuori della pazzia,
che non si parte dagli uomini. In caso che questo sia
vero, io fo conto che tu debba essere così piena, che non
ti avanzi più luogo; specialmente che, negli ultimi tempi,
gli uomini hanno perduto moltissime cose (verbigrazia
l'amor patrio, la virtù, la magnanimità, la rettitudine),
non già solo in parte, e l'uno o l'altro di loro, come per
l'addietro, ma tutti e interamente. E certo che se elle
non sono costì, non credo si possano trovare in altro
luogo. Però vorrei che noi facessimo insieme una
convenzione, per la quale tu mi rendessi di presente, e
poi di mano in mano, tutte queste cose; donde io penso che
tu medesima abbi caro di essere sgomberata, massime del
senno, il quale intendo che occupa costì un grandissimo
spazio; ed io ti farei pagare dagli uomini tutti gli anni
una buona somma di danari.
Luna: Tu ritorni agli uomini;
e, con tutto che la pazzia, come affermi, non si parta da'
tuoi confini, vuoi farmi impazzire a ogni modo, e levare
il giudizio a me, cercando quello di coloro; il quale io
non so dove si sia, né se vada o resti in nessuna parte
del mondo; so bene che qui non si trova; come non ci si
trovano le altre cose che tu chiedi.
Terra: Almeno mi saprai tu
dire se costì sono in uso i vizi, i misfatti,
gl'infortuni, i dolori, la vecchiezza, in conclusione i
mali? intendi tu questi nomi?
Luna: Oh cotesti sì che
gl'intendo; e non solo i nomi, ma le cose significate, le
conosco a maraviglia: perché ne sono tutta piena, in vece
di quelle altre che tu credevi.
Terra: Quali prevalgono ne'
tuoi popoli, i pregi o i difetti?
Luna: I difetti di gran
lunga.
Terra: Di quali hai maggior
copia, di beni o di mali?
Luna: Di mali senza
comparazione.
Terra: E generalmente gli
abitatori tuoi sono felici o infelici?
Luna: Tanto infelici, che io
non mi scambierei col più fortunato di loro.
Terra: Il medesimo è qui. Di
modo che io mi maraviglio come essendomi sì diversa nelle
altre cose, in questa mi sei conforme.
Luna: Anche nella figura, e
nell'aggirarmi, e nell'essere illustrata dal sole io ti
sono conforme; e non è maggior maraviglia quella che
questa: perché il male è cosa comune a tutti i pianeti
dell'universo, o almeno di questo mondo solare, come la
rotondità e le altre condizioni che ho detto, né più né
meno. E se tu potessi levare tanto alto la voce, che fossi
udita da Urano o da Saturno, o da qualunque altro pianeta
del nostro mondo; e gl'interrogassi se in loro abbia luogo
l'infelicità, e se i beni prevagliano o cedano ai mali;
ciascuno ti risponderebbe come ho fatto io. Dico questo
per aver dimandato delle medesime cose Venere e Mercurio,
ai quali pianeti di quando in quando io mi trovo più
vicina di te; come anche ne ho chiesto ad alcune comete
che mi sono passate dappresso: e tutti mi hanno risposto
come ho detto. E penso che il sole medesimo, e ciascuna
stella risponderebbero altrettanto.
Terra: Con tutto cotesto io
spero bene: e oggi massimamente, gli uomini mi promettono
per l'avvenire molte felicità.
Luna: Spera a tuo senno: e io
ti prometto che potrai sperare in eterno.
Terra: Sai che è? questi
uomini e queste bestie si mettono a romore: perché dalla
parte della quale io ti favello, è notte, come tu vedi, o
piuttosto non vedi; sicché tutti dormivano; e allo
strepito che noi facciamo parlando, si destano con gran
paura.
Luna: Ma qui da questa parte,
come tu vedi, è giorno.
Terra: Ora io non voglio
essere causa di spaventare la mia gente, e di rompere loro
il sonno, che è il maggior bene che abbiano. Però ci
riparleremo in altro tempo. Addio dunque; buon giorno.
Luna: Addio; buona notte. |