CAFFÈ E SALUTE

Si è calcolato che una tazzina di caffè "all'italiana" contiene in media 80 milligrammi di caffeina. Di fronte a questo dato sorgono spontanee alcune domande: quali effetti ha la caffeina sul nostro organismo? Bere molto caffè può far male? Quanto se ne può bere in un giorno? Ci sono casi o momenti in cui non bisognerebbe prenderlo? La risposta a queste domande il più delle volte è confusa, imprecisa, spesso infarcita di preconcetti e di luoghi comuni, derivati dalla scarsa conoscenza del problema e, non di rado, dall'avventata interpretazione di dati scientifici. Se, ad esempio, un centro di ricerca comunica che, in base agli esperimenti effettuati, la caffeina mostra di aumentare la pressione arteriosa, questa notizia dev'essere compresa nei suoi giusti termini: infatti, se è vero che in quell'esperimento la pressione arteriosa ha mostrato un certo aumento nei soggetti trattati con caffeina pura, ciò non vuol dire che bevendo una tazzina di caffè si diventa automaticamente ipertesi.

Questo dato può significare, nell'ipotesi peggiore, che bere abitualmente un grande numero di tazzine di caffè al giorno potrebbe costituire un fattore di rischio di ipertensione in particolari soggetti predisposti. Tuttavia, tra gli abituali consumatori di caffè, la pressione si mantiene a livelli più bassi rispetto ai non consumatori. Non bisogna, quindi, mai confondere un dato sperimentale con la realtà di tutti i giorni né, per esempio nel nostro caso, identificare la caffeina con il caffè. Nel considerare ora serenamente quelli che sono gli effetti del caffè sul nostro organismo occorre, per prima cosa, sapere che la letteratura medica più recente e autorevole ha sconfessato decisamente e in modo documentato certi "miti" del passato, ancora duri a morire, in merito all'uso e all'abuso del caffè. Ad esempio, che il caffè si renderebbe responsabile di patologie come l'infarto del miocardio, il cancro del rene, della vescica e del pancreas, la malattia fibrocistica della mammella, l'iperlipidemia, ecc. Per quanto concerne in particolare gli effetti del caffè sul sistema nervoso centrale, sul comportamento e sul rendimento psico-fisico dell'individuo, diciamo subito che, per la loro importanza, abbiamo loro dedicato un breve capitoletto a parte. Ma ci dice già qualcosa l'esperienza di tutti i giorni, un'esperienza che è ormai relegata al "vissuto" e che, più o meno consapevolmente, cerchiamo di rinnovare tutte le volte che durante la giornata ci accostiamo ad una tazzina di caffè: avvertire una lieve eccitazione psichica, una maggiore vivacità e attenzione, una memoria più pronta e, talora una maggiore facilità di parola e resistenza al lavoro.

E' stato sperimentalmente accettato che dopo una tazzina di caffè le dattilografe scrivono più speditamente e con meno errori e che la guida simulata di un automobile avviene con maggiore sicurezza.

In particolare, per quanto riguarda l'attività intellettiva, si nota una migliore capacità di eseguire i calcoli. D'altronde la migliore prova di tale attenzione stimolante sul sistema nervoso è data da una certa difficoltà ad addormentarsi dopo aver bevuto una tazzina di caffè la sera dopo cena; anche se a molte persone una tazzina di caffè concilia il sonno!


IMPUTATO CAFFÈ: LA SCIENZA GIUDICA

Fino alla metà degli anni ottanta un gran numero di articoli medici riferiva le ipotesi di presunti effetti del caffè sulla salute. In modo particolare la caffeina veniva ritenuta responsabile di numerose patologie da quelle metaboliche a quelle gastrointestinali e cardiovascolari, della prostata, della mammella, dell'apparato osseo e persino effetti negativi sulla gravidanza. Poi, all'incirca intorno al 1983, si è registrata una nuova tendenza nella ricerca, per la prima volta sono stati presi in esame gli effetti benefici di caffè e caffeina sull'uomo. La riabilitazione, per così dire, era del resto prevedibile, ma c'è voluto tempo prima che prevalesse il buon senso e fossero sconfessate affermazioni persino aberranti che, per tanti anni, hanno gettato una luce ambigua su questa bevanda e sulla sua principale componente, la caffeina.

Ma vediamo ora, malattia per malattia, le false accuse e la confutazione scientifica.


CAFFÈ E TUMORI

Le presunte ipotesi di correlazione tra il consumo di caffè e insorgenza di ben otto tipi di cancro (stomaco, pancreas, reni, vescica, mammella, colon, ovaie, prostata) sono state via via eliminate grazie a studi metodologicamente più approfonditi e corretti che si sono svolti negli Stati Uniti negli ultimi dieci anni. Per quanto riguarda il cancro allo stomaco, per esempio, secondo il Brit. Med. J, esperimenti su animali provano gli effetti anticancerogeni. Inoltre, questo tipo di tumore è proprio quello maggiormente in diminuzione nei paesi occidentali in cui è particolarmente diffuso il consumo di caffè. L'ipotesi di correlazione tra consumo di caffè e tumore del pancreas è un classico errore nell'ambito delle ricerche biomediche; tale sbaglio si dovette ad una confusione metodologica sulla scelta dei pazienti di controllo. Si trattava, infatti, di soggetti già portatori di seri disturbi dell'apparato gastrointestinale (ulcera duodenale, morbo di Crohn, coliti ulcerose, diverticoliti, ecc.), ossia persone che, per la loro situazione clinica, non assumevano abitualmente caffè. Lo stesso genere di errore fu compiuto anche per quanto riguarda l'errata ipotesi di relazione tra consumo di caffè e tumore della mammella (Milton and coworkers, Ohio State University). Il crollo di questa errata ipotesi si ebbe dopo approfonditi studi su un vasto numero di donne. Assolutamente non scientifiche si dimostrano anche le ipotesi sulla possibile relazione tra tumori dell'ovaia e della prostata e il consumo di caffè. Lo stesso si può dire per i sospetti infondati sulla relazione tra caffè e cancro del colon, che già nel 1966 erano stati ritenuti inesistenti da una approfondita ricerca di Higginson. Studi recenti hanno addirittura evidenziato un'azione protettiva del caffè nei confronti di questo tipo di tumore.


CAFFÈ E CUORE

Per quanto concerne il sistema cardiovascolare, la caffeina induce una vasodilatazione, specie a carico di alcune arterie, ed esercita un'azione cardiotonica da cui deriva una tendenza all'aumento della pressione appena percettibile e clinicamente poco significativa: difatti il maggior lavoro del cuore è compensato da una vasodilatazione in altri distretti vascolari come reni e polmoni.

Ipertensione, aritmie, coronarie

Quando si tratta di cuore, le domande sono sempre quelle. Il caffè - o meglio la caffeina, perché non c'è soltanto il caffè in ballo - può disturbare, causare aritmie, per esempio? E con le palpitazioni, allorchè il cuore sembra arrivare in gola, come la mettiamo? Ancora, la pressione aumenta se ci facciamo una tazzina in più? Non bastasse: e le coronarie, che cosa succede alle "autostrade" del cuore, non le intasa la caffeina? Una delle maggiori difficoltà nel determinare gli effetti della caffeina è rappresentata dalla potenziale influenza di numerose variabili, legate tanto al modo di vivere della persona quanto all'ambiente in cui essa vive, che confondono le carte in tavola. Un esempio classico è quello del fumo della sigaretta. Numerose ricerche hanno dimostrato una stretta relazione tra sigarette e tazzine di caffè. In particolare, il fatto che il fumatore tenda a consumare più caffeina trova una sua "giustificazione": l'emivita della caffeina nell'organismo del fumatore è più breve rispetto a quella del non fumatore, non c'è dubbio. Ma è anche vero, però, che il fumo e il consumo di caffè, piuttosto che di alcol, possono identificarsi con un particolare stile di vita, più intenso e considerato meno salutare, di persone che a volte hanno anche una glicemia elevata, tendono ad essere obese e comunque vanno facilmente in sovrappeso, consumano cibi più ricchi di grassi e colesterolo, e per le quali spesso la tazzina in più è una forma di reazione allo stress. Così, poiché molte ricerche su caffè e caffeina sono state condotte in diversi gruppi di popolazione, il peso delle variabili "confondenti" può essere notevole. Ed oltre tutto riesce difficile controllare tutte queste variabili - individuali, si è detto, e ambientali - nella fase di analisi dei dati. Per stare all'esempio classico, se in uno studio si esaminano i rapporti tra caffè e malattie cardiache, non considerando il consumo di sigarette o sottostimandolo, la parte di malattie attribuibile al fumo verrebbe a torto attribuita al caffè. Questo per spiegare la diversità delle risposte; ma anche per rendersi conto del perché si continui a scrivere e a discutere sull'esistenza di rapporti tra consumo di caffè e patologie cardiovascolari. Vale la pena di ritornarci, per proporre gli ultimi studi che hanno ulteriormente precisato i rapporti intercorrenti tra il caffè e tali malattie. Ben precisi, e in un certo senso definitivi, gli studi recenti, in particolare di Lauretta A. Lynn e altri (Hearth and Lung, luglio-agosto 1992) e lo "Scottish Health Study" di C.A. Brown e collaboratori; nonché una ricerca di risonanza mondiale, quella condotta da Diederich E. Grobbee e Walter Willet alla Harvard University di Boston, e un'altra rassegna, dovuta a Myers, in cui sono state esaminate tutte le più importanti ricerche cliniche circa una possibile associazione tra consumo di caffè e malattie cardiache.

Inequivocabilmente, a conclusione del suo studio, Lauretta A. Lynn afferma: "Non si sono trovati riscontri oggettivi che possano far pensare ad una correlazione tra assunzione di caffè e sviluppo di affezioni coronariche". Nello "Scottish Health Study", che ha chiamato in causa 10.359 soggetti di ambo i sessi d'età compresa tra i 40 e i 59 anni, (quando cioè è maggiore l'esposizione al rischio e più alta è l'incidenza dei decessi per cause cardiovascolari), la conclusione di C.A. Brown è altrettanto inequivocabile. Lo studio dimostra chiaramente che non ci sono rischi correlati al consumo di caffè per quanto riguarda l'infarto miocardico o le malattie delle coronarie, e suggerisce addirittura la possibilità di un leggero effetto protettivo che cresce all'aumentare della quantità di caffeina. La ricerca Grobbee-Willet ha interessato 45.000 uomini di età compresa tra i 40 e i 75 anni, che sono stati seguiti per oltre due anni proprio allo scopo di evidenziare possibili relazioni tra i loro abituali consumi di caffè e l'eventuale comparsa di infarto o altre cardiovasculopatie piuttosto che la necessità di interventi cardiochirurgici quali il by-pass o altri. In nessun caso il consumo di caffè si è rivelato un fattore di rischio. Non ha influito nemmeno il consumo quotidiano di 4 o più tazze di caffè americano, il cui contenuto in caffeina è maggiore rispetto a quello delle tazzine di moka o di espresso. La conclusione, ancora una volta, è che il consumo moderato di caffè non risulta essere in alcun modo legato a un aumento dell'incidenza di malattie cardiovascolari, comprese quelle cerebrovascolari. La rassegna di Myers, infne, ha coinvolto un analogo ampio spettro di malattie cardiache, particolarmente aritmie, disfunzioni ventricolari, aumento della frequenza. Per quanto riguarda la frequenza cardiaca, è luogo comune considerare il caffè responsabile di un innalzamento del numero dei battiti, essendo la caffeina un blando stimolante. Invece è stato rilevato e confermato ripetutamente che il caffè non solo non fa aumentare la frequenza cardiaca, ma riesce addirittura ad abbassarla.

Ipertensione

Nel 1988 sono stati pubblicati i risultati di una ricerca molto estesa sull'ipertensione, condotta negli Stati Uniti su un numero molto consistente di soggetti, in modo da superare in attendibilità qualunque altro studio analogo.

Da essi risulta che il consumo abituale di caffeina proveniente da fonti diverse (caffè, bevande gassate dolci, cioccolato, farmaci analgesici) non è correlato ne all'ipertensione né all'infarto del miocardio, né al cancro. Tra i 10.000 ipertesi selezionati vi erano non consumatori, consumatori moderati di caffeina, e consumatori in forti dosi. E' stato dimostrato che non esiste una relazione tra le diverse categorie di consumo e le frequenze di mortalità per le patologie che abbiamo citato. (Martin JB, Annegers TF, Curb JD, Heyden S, Howson C, Lee ES, Lee M: Mortality Patterns among Hypertensives by Reported Level of Caffeine Consumption. Prev. Med. 17:310-320, 1988).


CAFFÈ E OSTEOPOROSI

Si era parlato insistentemente anche di una relazione fra consumo di caffè e osteoporosi, che è poi risultato improbabile alla luce di studi approfonditi.


RENI E RESPIRO

Un'azione di stimolo si esplica sui reni, facilitando la produzione di urina: chi beve molto caffè avverte più degli altri il bisogno di urinare. Nessuna modificazione viene invece indotta sulla frequenza del respiro.


CAFFÈ E STOMACO

Sul sistema digerente, l'effetto più eclatante è rappresentato dalla stimolazione (diretta e per via nervosa) della secrezione acida da parte dello stomaco. Il che, da un punto di vista generale può essere considerato un fatto positivo nei riguardi della funzione digestiva. Va tenuto però presente che le persone sofferenti di disturbi gastrointestinali (gastriti, ulcera peptica), dovuti ad eccessiva secrezione gastrica, dovrebbero, proprio per questa ragione, limitare l'uso del caffè. Va d'altronde considerato che la secrezione gastrica viene stimolata anche da altre bevande, come il tè, la birra, il latte, i soft drink.

Secondo le più recenti vedute farmacologiche la stimolazione della secrezione gastrica dipenderebbe solo in minima parte dalla caffeina, ma sarebbe piuttosto da correlare all'azione dei prodotti della torrefazione, ai quali è dovuta tra l'altro la riduzione (o la soppressione) del senso di fame che si può ottenere bevendo il caffè a digiuno.

D'altra parte recenti studi non hanno confermato il supposto rapporto intercorrente tra il consumo di caffè e l'insufficienza del cardias (lo sfintere muscolare che segna il passaggio tra l'esofago e lo stomaco), causa di bruciori esofagei. È invece dimostrato che, in virtù del suo sapore amarognolo, il caffè stimola la produzione di saliva (favorendo così la "prima fase digestiva" che avviene nella bocca), la secrezione di bile e la motilità intestinale: cioè subito dopo mangiato, una tazzina di caffè favorisce la digestione, in quanto attiva alcuni meccanismi del tratto digerente.

Ulcera peptica

Il Dottor Ronald Prineas nel 1980 ha esaminato questo problema col sistema delle fasce di età. Sono stati controllati 7.311 soggetti tra i 35 e i 57 anni, suddivisi in 7 gruppi, dai non consumatori ai consumatori di 11 tazze di caffè al giorno. Il primo gruppo, quello dei non consumatori , ha raggiunto il 3,1% di malati di ulcera e coloro che risultano regolari consumatori di caffè, fino a 7-8 tazze al giorno, risultano colpiti dall'ulcera per il 3,2%. Nei consumatori di alte dosi di caffè, da nove tazze in su, la percentuale di sofferenti di ulcera gastrica saliva al 5%.


CAFFÈ E GRAVIDANZA

Anche quando si allatta si può continuare a bere caffè. Si è visto infatti che nel latte delle nutrici che bevono caffè la caffeina raggiunge il tasso massimo dopo circa 1 ora. La sua concentrazione dipende dal tenore dei grassi del latte ed il lattante ne assorbe solo dallo 0,06 al 1,5%. Pertanto non v'è alcuna ragione di proibire l'uso moderato di caffè durante l'allattamento.

Uno degli argomenti favoriti del partito anti-caffè era quello secondo cui l'assunzione di caffè durante la gravidanza potesse provocare disturbi al buon andamento della gestazione e allo stesso nascituro. C'è voluto uno studio su ben 12.208 donne incinte per invalidare completamente questa ipotesi. Il caffè non è correlabile né a una gestazione più breve, né ad un basso peso neonatale, (Linn et al.: No Association between Coffee Consumption and Adverse Outcomes of Pregnancy, N. Engl. J. Med. 306, 1982).


CAFFÈ E DIETA

Il caffè, come si è detto, è stato classificato tra i "no nutritive dietary components", cioè non riveste un valore significativo in termini di apporto in nutrienti ed energia. Ma non tutti lo sanno. E continuano a chiedersi: "Quante calorie apporta una tazzina di caffè? Quanto incidono sulla nostra alimentazione?" Si è già detto che una tazzina di caffè come tale (cioè senza aggiunta di zucchero o di latte) non apporta più di due calorie che, nell'economia generale dell'organismo, rappresentano evidentemente un valore del tutto trascurabile. Per fare un raffronto, si pensi che un bicchierino di cognac o di grappa ne apporta circa 80-100. Nondimeno il caffè può avere riflessi sull'alimentazione anche significativi in quanto viene spesso utilizzato in combinazione con alimenti di importanza primaria, ad esempio il latte, oppure lo zucchero. In questo modo il caffè diventa "veicolo" di nutrienti che di per sé non contiene ma che contribuisce in modo determinante a far assumere. Alla popolazione adulta, ma anche ai giovani, il latte bianco non è molto gradito e viene consumato più volentieri sotto forma di caffelatte o di cappuccino; quindi, insieme al caffè vengono introdotti gli zuccheri, le proteine, i grassi, le vitamine e i sali minerali contenuti nel latte. Ma numerosi sono i riflessi del caffè sul complesso aspetto dell'alimentazione. Lo sappiamo tutti per esperienza: quando siamo costretti a seguire una dieta dimagrante molto rigida o dobbiamo per qualche motivo ridurre l'assunzione di cibo, una tazzina di caffè ci può aiutare ad attenuare la sensazione di fame. Ma c'è di più. Da uno studio documentato risulta che, se si somministrano 3-4 caffè al giorno a consumatori non abituali, si eleva del 10% circa l'attività metabolica (e quindi la quantità di calorie consumate) in condizioni di riposo. Ora, senza voler in alcun modo affermare che il caffè "fa dimagrire", appare chiaro che esso può in una certa misura contribuire a limitare l'apporto di calorie e a favorire il dispendio di energia.

Inoltre, poiché bevendo caffè si introduce acqua, si può in tal modo contribuire a controllare meglio una sensazione di sete che richiederebbe altrimenti il ricorso ad altre bevande, ad esempio le bibite zuccherate, sicuramente più caloriche.


VITAMINE IDROSOLUBILI NEL CHICCO DI CAFFÈ (mg/kg)

Caffè verde

Caffè tostato

Tiamina (B1)

2,1

0 - 0,17

Riboflavina (B2)

2,3

0,5 - 3,0

Acido nicotinico (B3)

22

93 - 436

Piridossina (B6)

1,4

0,01 - 0,1

Acido pantotenico (B5)

10

2,3

Cianocobalamina (B12)

0,0011

0,0006

Colina

590

840

Acido ascorbico (C)

460 - 610

-

Da "Coffee: Physiology", autori Clark e Macrae


CAFFÈ E COLESTEROLO

Un tormentone, quello di un sospetto legame tra caffè e colesterolo: molti studi, infatti, hanno dimostrato un'associazione positiva tra consumo di caffè e aumento del colesterolo. È però altrettanto vero che numerose ricerche condotte negli Stati Uniti e nell'Europa occidentale hanno dato risultati opposti. Il motivo di queste incongruenze deriva dal fatto che i diversi modi nei quali si può preparare il caffè influenzano significativamente la quantità di grassi contenuti nella bevanda. Sono stati identificati anche quali composti presenti nella frazione grassa del caffè sono responsabili dell’aumento del livello di colesterolo: si tratta del cafeolo e del cafestolo, due diterpeni. Ma quali tipi di caffè contengono una quantità maggiore di queste sostanze?

Caffè filtrato

Cafeolo e cafestolo non passano attraverso il filtro di carta, come hanno dimostrato i risultati di numerosi lavori. Valgono per tutti quello condotto da I. Ahola e collaboratori, apparso sul Journal International of Medicine, e quello di R.E. Fried e altri, pubblicato su Jama, che non hanno evidenziato nessun aumento del colesterolo in chi beveva abitualmente caffè filtrato.

Caffè istantaneo

È pressoché privo di cafeolo e cafestolo.

Con la moka

Come ha confermato di recente lo studio di V. Sanguigni e altri, pubblicato su European Journal of Epidemiology, il caffè preparato in questo modo non provoca un rialzamento significativo del tasso di colesterolo nel sangue. Contiene, infatti, livelli minimi di cafeolo e cafestolo.

Espresso

Cafeolo e cafestolo sono presenti nel caffè espresso. Ciò nonostante l'espresso è servito in quantitativi così piccoli (25 millilitri di caffè per tazza) da non comportare alcun rischio per la salute. Lo dimostra anche la recente ricerca di A. D'Amicis, pubblicata sull’International Journal of Epidemiology, da cui è risultato che tre tazze di caffè espresso al giorno non causano aumenti significativi del colesterolo.

Caffè turco

Contiene un alto quantitativo di cafeolo e cafestolo: 5 tazze ne forniscono 21 milligrammi rispettivamente che, se assunti quotidianamente, farebbero aumentare il colesterolo di 13 milligrammi per decilitro.

Caffè bollito

È quello che in assoluto contiene il maggiore quantitativo di cafeolo e cafestolo. Cinque tazze al giorno fanno salire il tasso di colesterolo di 19 milligrammi per decilitro.


CAFFÈ E INVECCHIAMENTO

Nuove ricerche dimostrano che il caffè ha un forte potere antiossidante, che limita l’azione dei radicali liberi e quindi i danni dell’età. Che il caffè sia un potente antiossidante è noto da tempo. Recentemente si è scoperto che a essere responsabili di questa sua preziosa attività non sono soltanto i composti fenolici in esso contenuti, ma anche la caffeina. La conferma di questa proprietà l’ha fornita uno studio condotto da un’équipe di ricercatori del Bhabha Atomic Research Centre di Bombay (India), pubblicato su Biochimica et Biophysica Acta. I risultati ottenuti dimostrano che la caffeina è in grado di contrastare e prevenire i danni ossidativi a carico della membrana delle cellule dell’organismo causati dai più importanti radicali liberi. Queste sostanze possono danneggiare tutte le macromolecole cellulari, quali proteine, acidi nucleici, lipidi polinsaturi, acido ialeuronico e collagene. La conseguenza è una serie di danni strutturali e funzionali a carico delle cellule che può portare a una perdita sempre maggiore di efficienza e a un invecchiamento precoce dei tessuti colpiti. La caffeina invece riesce a inibire questo processo di ossidazione. I dati ottenuti da questo studio hanno dimostrato che il potere antiossidante della caffeina è molto elevato: esso è simile a quello del glutatione (un importante antiossidante presente naturalmente nel liquido intracellulare) e maggiore di quello della vitamina C.

ABUSO, INTOLLERANZA, DIPENDENZA

L'abuso di caffè, specialmente in soggetti particolarmente sensibili, può condurre a una serie di distrurbi che vengono complessivamente compresi nel termine "caffeinismo o caffeismo". La persona con intossicazione da caffè è irritabile, agitata, dorme poco e il suo sonno viene interrotto frequentemente, talora da crampi alla muscolatura. Avverte poi palpitazioni cardiache, vampate di calore al viso alternate a sensazioni di freddo e sudorazione. E' chiaro che, in questi casi, bisogna diminuire gradualmente il numero delle tazzine di caffè consumate durante la giornata. La dose massima di caffeina che si consiglia di non superare nel corso di una giornata, (soprattutto nel caso di soggetti ansiosi o in gravidanza) è di circa 600 mg, l'equivalente cioè di circa 8 tazzine di caffè. E' invece considerata letale una dose di 10 g di caffeina pari a circa 120 tazzine di caffè nel giro di 30 minuti.

Naturalmente queste cifre rivestono semplicemente valore orientativo, dal momento che la tolleranza alla caffeina non è soltanto in funzione della quantità assunta, ma anche della reattività dei singoli individui: alcuni sono più sensibili, altri meno. Ciò dipende anche da particolari situazioni ambientali: ad esempio gli abitanti delle grandi metropoli, che conducono una vita frettolosa e stressante, sono molto più sensibili agli effetti del caffè rispetto alle popolazioni orientali. Chi si reca nei paesi arabi può vedere "vecchi patriarchi" consumare un caffè dietro l'altro per tutta la giornata senza effetti indesiderati. Anche l'indole caratteriale e l'attitudine psicologica influiscono in questo senso: chi non è ansioso e accetta la vita senza porsi troppi problemi sopporta il caffè meglio di chi lo ingurgita in fretta, nervosamente, magari preoccupato per gli effetti di quella tazzina. Il consumo eccessivo di caffè, si è detto, può provocare sintomi di intossicazione e, nei forti consumatori, l'astinenza può determinare la comparsa di disturbi quali malumore, mal di testa, abulia, eccitabilità, ansia, difficoltà di concentrazione. Per evitare questi sintomi, tuttavia, basta diminuire gradatamente il consumo del caffè, senza smettere di berlo. La caffeina comunque non può essere in alcun modo considerata una sostanza che dà dipendenza, se per dipendenza intendiamo quella provocata da una sostanza psicoattiva che interferisce con la salute e il comportamento sociale dell'individuo.

Non siate intolleranti

Esistono comunque delle condizioni nelle quali l'uso del caffè dev'essere limitato e, all'occorrenza, abolito: per esempio nei casi di "intolleranza", di gastrite, di ulcera peptica, di enterite, di colite. Un'altra controindicazione, parziale o totale, riguarda le persone eccitabili, quelle che vanno facilmente soggette a crampi muscolari e gli ipertiroidei.

Non proibito (in alcuni casi si dimostra addirittura vantaggioso) è il consumo di caffè nei pazienti affetti da miocardite, o da malattie valvolari, tuttavia esso dev'essere sempre moderato.

Lo stesso discorso vale per coloro che soffrono di ipertensione arteriosa.

Nessun particolare suggerimento cautelativo sussiste invece per i diabetici

Altre controindicazioni sono rappresentate da alcuni casi di malattie del fegato e malattie croniche dei reni.


APPROFONDIRE SU INTERNET

Coffee Science Information Centre (COSIC)

http://www.cosic.org/

Il COSIC è stato creato nel 1990 dall'autorevole Institute for Scientific Information on Coffee; ha lo scopo di diffondere in Europa informazioni scientifiche su argomenti riguardanti la salute e il caffè.

Coffee Science

http://ww.coffeescience.org

La National Coffee Association (NCA) è l'organizzazione Statunitense che riunisce i più importanti produttori, importatori, esportatori, torrefattori e venditori di caffè del Nord America. Coffe Science è il sito creato dalla NCA per diffondere le conoscenze scientifiche in fatto di salute e consumo di caffè. Potrete trovarvi i resoconti di recenti ricerche sperimentali e informazioni generali sul mondo che ruota intorno all'espresso. Di particolare interesse sono le sezioni "Caffè e salute delle donne" e "Caffè e salute del cuore" (in inglese).

CONCLUSIONI

Possiamo così sintetizzare i vantaggi che una tazzina di caffè può offrire durante la giornata:

La mattina agisce soprattutto sui reni, i cui vasi sanguigni si dilatano. Viene così facilitata la formazione dell'urina e, quindi, l'eliminazione delle sostanze di rifiuto dell'organismo

Dopo pranzo è utile soprattutto per gli organi della digestione, facilitando la loro attività e quindi la digestione stessa

Il pomeriggio contrasta la fase discendente del ciclo sonno-veglia, il che è utile soprattutto quando si svolge attività fisica o sportiva

La sera, soprattutto se si ha l'abitudine di lavorare anche dopo cena, agisce sui centri celebrali, attivando la fantasia, l'immaginazione, l'associazione di idee