Music Box

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lunedì, agosto 06, 2007

Recensioni / Italiani / ENZO GRANELLA : Come le parole, 2007 by Pasquale Boffoli


COME LE PAROLE, debutto del cantautore tarantino ENZO GRANELLA, che vanta un ricchissimo e variegato background artistico in numerose formazioni, colpisce per più di una ragione.
Prima di tutto mi preme sottolineare la sua notevole capacità di dar corpo ad intime sensazioni e stati d'animo quotidiani attraverso testi giusto a metà strada tra leggero ermetismo ed un puntillismo facilmente fruibile, viatico una voce vibrante ed evocativa scevra da inutili virtuosismi e di questi tempi é cosa abbastanza rara!
Se il trittico Dentro / Nel Mezzo / Fuori, significativamente diviso all'inizio, al centro ed alla fine del disco e contenente dejà-vu testuali/concettuali/melodici é all'insegna di quell'intimo lirismo esistenziale cui accennavo all'inizio, altri episodi come Prendo il largo, Come le parole, Immorale e La Colpa che non sai rivelano la voglia di fuga dalla noia, dai clichés quotidiani, dall'ipocrisia e massificazione imperanti di troppi 'altri' che vogliono imporre dei limiti frustranti alla tua esistenza.
Ma Granella si dimostra sensibile anche a tematiche sociali, come in Senz'aria dove inchioda poeticamente le vicissitudini degli extracomunitari, o in Tutti Uguali, centrato con cinica sobrietà sulle diffuse disuguaglianze sociali contemporanee.
Trova spazio anche per un'originale filastrocca in chiave dialettale sul bambino che dorme/si risveglia in ogni artista, Nazzica e Scazzica, e per una ninna nanna sulle insidie della vita, Pecore e Lupi dedicata (presumo) al suo figlioletto.
Anche le considerazioni strettamente tecnico-musicali su Come le parole non possono che essere largamente positive: Enzo Granella riveste i suoi brani di un sorprendente 'appeal' melodico/armonico/compositivo, soprattutto nei refrains di alcuni brani, Prendo il largo, Senz'Aria, Pecore e Lupi, Nel Mezzo, decisamente accattivanti ed eleganti, molto radio-friendly, e dall'alto potenziale dignitosamente commerciale.
Complici un'ottima produzione e l'alto tasso tecnico/creativo dei musicisti che lo accompagnano, responsabili con Granella anche degli agili arrangiamenti dei brani: Alessandro Pipino e Raffaele Stellacci alle tastiere, Daniele Abbinante alla batteria, Massimo La Zazzera al flauto e chalumeau, la Diomira Invisible Ensemble (in Come le parole) oltre Granella stesso alle chitarre ed al basso. Tutti strumentisti sobri ed abili nel creare il giusto climax cromatico per le 'parole' di Granella.
Qualche piccolo 'solo' disseminato qui e là non avrebbe guastato (arricchito?) l'economia dei brani!
Pop d'autore insomma con venature rock (La Colpa che non sai) di alto livello quello di Enzo Granella, una delle più belle nuove realtà pugliesi, e non solo !

http://blog.libero.it/enzogranella
www.myspace.com/granella

PASQUALE BOFFOLI

giovedì, agosto 02, 2007

Collaborations / Live / Esteri; Festival InPiccì, Taverna delle Fate, Piacenza 27/ 07/ 2007: THE TOUGH, THE QUEERS, MARKY RAMONE by Mirko Guevara

Ringrazio Mirko Guevara, titolare del più interessante sito italiano sui RAMONES http://it.groups.yahoo.com/group/endofthecenturyramones, endofthecenturyramones@yahoogroups.com, per questo succinto ma prezioso live-report su una serata punk italiana doc che ha concluso un torrido luglio italiano! (P.B.)
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Serata memorabile! Foto storica!! Esplosione di ritmo alla Taverna delle Fate.
La prima serata del festival piacentino InPiccì, svoltasi ieri sera
alla Taverna delle Fate è stata un successo, considerato il folto pubblico proveniente, oltreché da Piacenza, da diverse località del nord Italia; appassionati o semplicemente curiosi si sono ritrovati a cantare, ballare ed a entusiasmarsi ascoltando i gruppi musicali presenti alla prima edizione di questo festival organizzato dall'associazione 29100.
Sfidando tafani e zanzare, la Taverna delle Fate ha acceso i fuochi delle braci, dando così il via all'evento. I primi a salire sul palco sono stati i Tough, gruppo punk rock piacentino nato sulle ceneri degli Stinking Polecats, che ha surriscaldato un sotto-palco in trepidante attesa di Marky Ramone.
Poi sul palco ecco spuntare i The Queers, e qui la memoria riporta alla accoppiata, Stinking Polecats e questi ultimi, che circa un anno fa aveva suonato, sempre nel medesimo luogo.
I The Queers, storico gruppo punk rock americano, hanno proposto brani tratti dal loro ultimo disco Munki brain,
I presenti hanno continuato a ballare nel sotto-palco i brani del gruppo, che a distanza di 20 anni dalla sua nascita continua a comporre canzoni brevi e intense, sulla scia di un punk melodico.
Ed eccolo infine, l'ultimo gruppo: dal palco scende il batterista dei The Queers, Matt Drastic e sale Marky Ramone, batterista dello storico gruppo newyorkese.
Il pubblico si avvicina al palco richiamato dal prepotente drumming che scandisce, rapido ed energico, la brevità delle canzoni storiche dei Ramones. Le tante persone presenti si scaldano, chi canta tutti i testi, chi sudato si butta nella mischia sotto al palco.

Un concerto che ripropone brani irriverenti, nevroticamente rapidi e dai semplici accordi, propri dei Ramones.
E poi, quasi al termine dell'esibizione, ecco comparire sul palco un cartellone con la scritta "Gabba Gabba Hey" (il loro credo), che saluta il pubblico presente.
Questo nuovo festival InPiccì è stato voluto dagli organizzatori per rendere Piacenza un possibile punto di riferimento della musica alternativa; si contrappone quindi alla dimensione locale dello storico Tendenze, che forse potrebbe ricomparire nel prossimo autunno.

MIRKO GUEVARA
http://it.groups.yahoo.com/group/endofthecenturyramones
endofthecenturyramones@yahoogroups.com

Collaborations / Interviste / Esteri : MARK COLE alias MAD DOG COLE by Nico

Il 2007 è stato l’anno del gran ritorno nelle scene di Mark Cole, in arte Mad Dog Cole, niente meno che l’ex cantante dei Krewmen, una delle band più influenti nella scena psychobilly negli anni ottanta.
Nati nel 1982 come band di puro rockabilly, i Krewmen, folgorati dalle nuove band inglesi ed europee che nascevano in quegli anni, decisero di cambiare il loro stile, aggiungendo aggressività e velocità alla loro musica, entrando così a far parte della scena psychobilly a metà degli anni ottanta, guadagnandosi fin da subito il rispetto dagli adepti di questo genere.
Mark Cole ha fatto parte dei Krewmen nei loro primi tre album, i preferiti dalla stragrande maggioranza degli psychos sparsi nel globo. Se ne andò per motivi interni al gruppo e il suo ritorno ha stupito, non solo l’intera scena psychobilly, ma soprattutto gli ex membri dei Krewmen, Tony McMillians in primis (ex chitarrista diventato poi cantante/chitarrista), che ha manifestato la sua contrarietà nel riprendere sul palco i vecchi pezzi dei Krewmen, che infatti Mad Dog Cole propone ad ogni suo show.
Cole l’ho visto la prima volta in questo luglio 2007 allo Psychomeeting Festival di Calella, in Spagna, il più grande evento psychobilly degli ultimi 15 anni.
Dopo esserci messi d’accordo tramite internet ci siamo incontrati sul posto e ne ho ricavato una breve ma significativa intervista.(Nico)

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Hai lasciato i Krewmen nel 1987. Cosa hai fatto in questi ultimi 20 anni? E perché hai deciso di tornare nella scena, sotto il nome di ‘mad dog’?
MDC: ‘’Mad Dog’’ è un nome nato durante il periodo dei Krewmen, mi rappresentava quando mi esibivo sul palco. Negli ultimi vent’anni non ho mai smesso di ascoltare psychobilly, e per una decina di anni ho fatto il poliziotto…


Davvero?? Come mai questa scelta?
MDC: Sai, io ho una moglie e due bambine, di 7 e 11 anni. Volevo far qualcosa per cambiare le cose che stupidamente succedono per le strade, ma non potevo fare nulla, ma in questo caso un’uniforme ti aiuta.


Quali erano e sono le tue influenze? Musica e stile di vita…
MDC: Non seguo uno stile di vita in particolare, se non legato allo psychobilly. Puoi crederci o no ma in questi 20 anni non ho mai smesso di ascoltare, per esempio, Johnny Cash …adoro Johnny Cash… mi piace molto il garage anni 60, Cramps….
Ho cominciato a girare nella scena rockabilly nel ’71. E’ dai Meteors che è cominciato tutto, hanno aggiunto molta aggressività a questo genere… Mi sono convertito allo psychobilly quando ho visto per la prima volta i Guana Batz.



Hai scritto (e continui a scrivere) una delle più importanti pagine della musica rock’n’roll e psychobilly. Cosa ne pensi dell’attuale scena psychobilly in tutto il mondo?
MDC: Lo psychobilly per me è, ancora oggi, qualcosa legato alla “vecchia scuola”. Questo è ciò che suono. In ogni caso oggi ci sono band molto ‘heavy’ come Mad Sin e Nekromantix, che comunque sono miei amici. Penso che ognuno abbia portato qualcosa nella scena, così da farla evolvere e portarla avanti.


Abbiamo detto che hai cominciato ad ascoltare psychobilly grazie ai Guana Batz. Cosa ascoltavi prima di allora?
MDC: Ascoltavo artisti come Charlie Feathers, molti lavori di Link Wray e il rockabilly degli anni 50. Amo lo swing, il boogie woogie…


Perché il nome ‘Krewmen’?
MDC: E’ legato ai gruppi di aviatori della Air Force, Crewmen appunto, e pensavamo fosse un buon nome per la band


Qual è stato il miglior concerto dei Krewmen? C’è un posto in particolare dove ti piacerebbe suonare o suonare di nuovo?
MDC: Essen. E’ stato davvero un gran concerto, c’era una grande partecipazione e la gente veniva a parlare con me dopo il concerto, un po’ come qua a Calella


Avete mai incontrato qualche fan italiano?
MDC: Ne abbiamo incontrati in Germania. Non abbiamo mai suonato in Italia. Viaggiavamo molto in Germania, Paesi Bassi e un po’ in giro per l’Europa, ma mai in Italia, però qualche fan l’abbiamo conosciuto.


Avete finito la registrazione dell’album?
MDC: Le registrazioni dovrebbero cominciare il 23 luglio


Come ci si sente a registrare un album (‘Ultra Violence’) dopo 20 anni?
MDC: E’ fantastico! Il fatto di poter guadagnare un sacco di soldi me l’ha fatto rifare (ride).


Perché la scelta di questo titolo?
MDC: L’album voleva ricordare qualcosa di davvero aggressivo. Sai, i titoli degli album dei Krewmen, come “Sweet Dreams” o “Into the Tomb” sono molto horror. Il mio ritorno voleva sembrare come un bang!, uno sparo (vedi la copertina dell’album – nda).


Suoni con grandi nomi della scena psychobilly e rockabilly. Come sono i rapporti con gli altri membri della band? Come li hai conosciuti?
MDC: Jim Jeffries (chitarra) mi ha mandato una mail quando ha saputo che l’ex cantante dei Krewmen era tornato nella scena, ed io ho detto di sì. Prima che Choppy (contrabbasso) entrasse a far parte della band abbiamo provato 11 contrabbassisti da tutto il mondo (!) e diversi batteristi.
Choppy (già contrabbassista dei Caravans, Pharaohs, DAG - nda) ha voluto suonare con me, e l’entrata di Lee (batterista dei Caravans) praticamente è stata automatica.



Qualcosa riguardo al futuro?
MDC: Riguardo al futuro di Mad Dog… Stiamo registrando l’album appunto. Suoneremo al famoso festival tedesco, Kings of Psychobilly di Amburgo, suoneremo in Russia e stiamo pensando di andare anche negli Stati Uniti, in Giappone e anche Australia.


Discografia :

Mark Cole con i Krewmen: “The Adventures of the Krewmen” (1986);
“Sweet Dreams” (1987); “Into the Tomb” (1987).
Mad Dog Cole: “Ultra Violence” (2007, coming soon).



http://www.maddogcole.com/
www.myspace.com/maddogcole06
www.myspace.com/maddogcole07


NICO (Psycho), g.eb@libero.it

P.S.: Grazie mille Nico per la bella intervista ! (P. Wally B.)

Cinema UNDERGROUND (il meglio del cinema in dvd) n°.9, by Antonio Petrucci


Titolo: Brothers of War
Corea del sud 2004 - Colore, 143 minuti
Regia: Kang Je-Gyu
Genere: Guerra
DVD edizione: Sony Pictures 2006


Il forte legame di due fratelli, messo alla prova dopo la partenza per la guerra di Corea, é l'ingrediente principale di questo film del regista coreano Kang Je-Gyu, che ricalcando senza sfigurare più blasonati film di guerra di registi come Spielberg e Kubrick ha diretto questo interessante pellicola.
Anche se non aggiunge niente di nuovo al genere il film è ben realizzato, in particolare la parte spettacolare e la fotografia; in generale si tratta di un buon film di intrattenimento.
(Antonio Petrucci)





Titolo: Uzumaki
Giappone 2000 - Colore, 90 minuti
Regia: Higuchinsky
Genere: Horror
DVD edizione: Dynit 2007


La spirale: un simbolo che diventa la base della trama di questo film Horror geniale ed unico che pone lo spettatore dinanzi a immagini di grande impatto visivo.
In alcuni momenti si mostra chiaro e lineare e improvvisamente le certezze svaniscono: il regista dimostra un talento non comune e si diverte a spiazzare lo spettatore.
In conclusione una pellicola originalissima che in alcuni momenti sembra più un film sperimentale che un horror.
Trailer: http://it.youtube.com/watch?v=7kXVQSm8xSE
(Antonio Petrucci)





Titolo: Essi vivono
USA 1989 - Colore, 97 minuti
Regia: John Carpenter
Genere: Fantascienza
DVD edizione: Cecchi Gori Home Video


Ecco un classico del cinema Americano degli anni 80 che bisogna assolutamente vedere, in primo luogo perché il film di Carpenter è bello e non mostra i segni del tempo; e poi perché la pellicola nasconde allo spettatore distratto avvenimenti che solo oggi negli anni 2000 si stanno purtroppo realizzando.
Forse si tratta di una coincidenza ma vedendo con attenzione il film si rimane alquanto meravigliati: per questi motivi consiglio di vedere o rivedere questo splendido film.
Trailer: http://it.youtube.com/watch?v=phlqKx_8Xe0
(Antonio Petrucci)

lunedì, luglio 23, 2007

Interviste / Esteri : PETER AARON ( ex Chrome Cranks) by Pasquale Boffoli

Nel mio lungo articolo pubblicato in questo magazine il 25 Giugno sulla pubblicazione postuma dell'antologia Diabolical Boogie (Atavistic Records) ad opera di Peter Aaron, ex front-man degli insuperati Chrome Cranks, sulla loro storia e sui loro dischi, mi ero ripromesso di mettermi in contatto con lui per saperne di più sull'operazione, ma anche perché ero curioso di conoscere dalle sue labbra particolari artistici e di vita vissuta sui Chrome Cranks.
Peter é stato molto affabile e preciso con me, mi ha concesso una lunga intervista
dandomi l'impressione di essere, a distanza di dieci anni dal loro scioglimento un uomo più pacificato con se stesso rispetto gli eccessi dei Cranks, ma sempre molto curioso musicalmente ed attivo.
Buona lettura ! (P.B.)

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Ciao Peter, prima di tutto grazie per la tua disponibilità!
Cosa hai fatto dopo lo scioglimento dei Chrome Cranks e cosa fai ora ?
Ho suonato con altre persone in New York: Luly Wolf e Tony Corsano dei Valentine Six e Craig Flanigan dei God Is My Co-Pilot ma non mi sono compenetrato nella situazione così ho deciso di tentare altro.
Suonare con i Chrome Cranks per 5 0 6 anni mi ha tolto molte energie, perciò ho deciso di rilassarmi e guardare la tv per qualche tempo; d’altronde ne ho anche il diritto!
Mi sono rimesso a scrivere come facevo prima di C.Cranks. Scrivo di musica per diversi giornali, siti web e riviste oltre a lavorare anche come editore. Non sto diventando ricco ma sicuramente è più facile diventarlo così che non come musicista.
Di recente ho ricominciato a suonare la chitarra con un batterista ed un sassofonista, improvvisazioni rumoristiche. Molto diverso dai Cranks, un soffio di aria fresca. E’ solo per divertimento, ma speriamo di registrare un disco e vediamo che succede
.



Ho letto da qualche parte che ancora oggi non riesci ad estinguere la tua sete di conoscenza musicale!
Sì, ho sempre voluto ascoltare ed apprendere dalla musica che non ho mai ascoltato prima, sia vecchia che nuova.



Perché si sono sciolti i Chrome Cranks?
Naturalmente è complicato ma io credo che siano due le ragioni principali: la prima è che nessuno comunicava con gli altri; la seconda, che dopo tournées e registrazioni di continuo per anni avevamo bisogno di uno stacco. Ho benedetto tutto ciò perché allora pensavo che il segreto del successo fosse quello di essere sempre in azione.
Avevamo bisogno di riposo e tutto ciò ha incoraggiato gli altri membri a tuffarsi in altri progetti e sbrigliare la propria creatività è sicuramente salutare. Di sicuro tornando a noi non ci dedicavamo abbastanza al nostro progetto
.



C’era un leader nella band che prendeva le decisioni più importanti e chi era il compositore principale?
Sì, io. Come ho detto prima non tutte le decisioni che ho preso erano giuste.



Avete eseguito nei vostri dischi e dal vivo sempre molte covers.
Era un modo di pagare un tributo ai gruppi che vi hanno influenzato nel corso degli anni?
Penso di sì, ma credo anche che prendere i brani e farne qualcosa di diverso sia creativo a suo modo. Le suonavamo anche per divertimento.

Anche nella nuova raccolta appena uscita Diabolical Boogie vi sono molte covers: una delle più riuscite a mio parere è quella elettrizzante di Street Waves dei Pere Ubu.
Sei d’accordo con me?
Sì grazie, sono molto d’accordo. E’ una registrazione live presso una radio texana ed il suono è molto buono. Le chitarre hanno un grande impatto, come un pugno in faccia.
Pere Ubu cambiarono la mia vita, sicuramente una delle più originali bands in giro
.



Che parte hai avuto nella realizzazione di Diabolical Boogie, che ritengo un prezioso testamento del vostro inconfondibile noise-blues.
Diabolical Boogie è stato realizzato da me e da W.Weber. Noi non figuriamo sulla lista dei brani ma li abbiamo rimirati in uno studio a Cincinnati, Ohio, dove William vive ora e dove vivo anch’io.
Lo studio ha programmi computerizzati nuovissimi ed è incredibile. L’intera cosa, comprese le canzoni realizzate prima, suona un milione di volte meglio di prima (come le facevano i Cranks).



Quanto è stato importante il blues nel sound dei C.C. e come è maturata la vostra capacità di reinterpretarlo e riattualizzarlo in modo così disperato , stravolgendolo con il noise ed il garage ?
Il blues è importante come nessuna altra cosa per i C.Cranks perché esso è alla base del rock&roll. Naturalmente per me emozionalmente la cosa mi prende quando riesco a connettermi con la profondità del blues che tento di evocare.
Non è ‘suonare il blues’ come Eric Clapton o qualche band da bar : è tentare di ‘prendere’ il feeling quando ascolto qualcuno come Howlin’ Wolf o Blind Lemon Jefferson ed inserire queste emozioni nella mia vita di musicista moderno cresciuto con il punk .




Ma in generale nel vostro sound e nel tuo modo di cantare ho sempre respirato un’insopportabile disperazione suburbana. Era la filosofia di vita e sensibilità di Peter Aaron che permeava il sound della band o un modo di sentire comune?
Il concetto di band era il mio ma il sound era il prodotto di tutti quelli che vi suonavano e che venivano da diversi posti urbani (solo Jerry Teel proveniva da una fattoria in Alabama). Io sono cresciuto a New York e Cincinnati ma non mi sono mai sentito parte di esse.
Così gran parte della musica fu per me la realizzazione di quegli anni in cui non sentivo di avere una voce nel mondo. Ecco perché la musica prodotta è risultata forte.




Sei sempre stato accostato a perverse icone rock come Lux Interior, Jeffrey Lee Pierce, Iggy Pop, Darby Crash. A quali di esse ti sentivi più vicino come cantante e performer?
Io ti ho sempre trovato molto drammatico per le tue urla straziate, quasi volessi esasperare le caratteristiche di quegli artisti . Ad esempio come J.L.Pierce hai sempre pericolosamente giocato con le tonalità dei brani forzandole in su o in giù…o sbaglio?
Li amo tutti e sono stato molto influenzato da loro. Non so chi sia più vicino al mio modo di cantare, ogni pezzo è diverso. Mi è piaciuto avvicinarmi allo stile di Jeffrey Lee , che a sua volta si ispirò a Robert Johnson . Attualmente mi piace Oum Kolthoum ed altri cantanti del medio oriente.
Tornando indietro i miei favoriti sono Eric Burdon e Van Morrison, insieme ad ‘ottimi’ singers come Frank Sinatra e Jim Morrison. Sto tentando di prendere qualcosa del loro feeling e di farlo mio.




Penso che i Chrome Cranks abbiano lasciato un marchio indelebile nella scena punk newyorkese ed americana degli anni ’90 e ne siano state una delle espressioni più alte . Fino a che punto vi identificavate nell’estetica punk ed a quali bands vi sentivate più vicini ed affini?
Certamente! Fu il primo tipo di musica che mi disse qualcosa e a cui ancora oggi mi collego. Penso di parlare anche per il resto della band quando dico che era veramente ciò che volevamo suonare per prima.
Per me cominciò nei tardi ’70 con Elvis Costello e naturalmente Sex Pistols, Clash, Ramones, Jam, Devo e tutto il resto. Ma ero ancora troppo giovane per andare nei clubs. Così non fu quando iniziò l’hardcore di cui feci parte. Ero lì quando esso mosse i primi passi ed iniziai a muovermi grazie a bands come Black Flag, Minor Threat, DOA, Husker Du, ma specialmente Bad Brains.
Furono le più grandi live-bands che abbia mai visto, nessuno escluso. Erano dei veri dei.




Ho letto che nella tua formazione musicale è stato importante anche certo jazz contemporaneo come Coltrane e l’Art Ensemble Of Chicago, oltre Pere Ubu, Television etc…
Me ne puoi parlare Peter?
Più ascolti musica e più ti accorgi che ciò che è buono è la solita merda. Si spera che continuando ad ascoltare e scoprire altra musica tu non ritrovi lo stesso sentiero che ti porta sempre dal punto a al punto b e così via.
Cerchi qualcosa di nuovo che è ciò che il jazz mi ha dato ed in special modo Coltrane e l’A.E.C. .
La musica dei Pere Ubu e dei Television è stata influenzata molto dal jazz d’avanguardia sempre pieno di sorprese, ed è per questo che oggi lo ascolto più dei Ramones e dei Minor Threat, sebbene io li ami ancora oggi.




Oggi cosa sente Peter Aaron?
Una grande varietà di cose, più di quanto ascoltassi con i Chrome Cranks. Principalmente jazz ( di tutti i tipi meno lo ‘smooth’) e naturalmente blues, sempre più profondo. Anche molte sperimentazioni, molto folk etnico, world-music che è come il blues di altri paesi, ed è strano come un ragazzo dei sobborghi urbani ascolti questo materiale.
L’aver scoperto la serie di cd ‘The Secret Museum of Mankind (Yazoo Records) é stata un’altra cosa che mi ha cambiato la vita.





I Chrome Cranks il meglio l’hanno dato a mio parere dal vivo con i loro shows debordanti e devastanti.
Ho avuto modo di vedervi live in Italia nel 1998. E LIVE IN EXILE lo dimostra in modo lampante. La stampa e la critica internazionale di quegli anni si sono mai espresse in tal senso?
Grazie. Sono ragionevolmente contento del materiale di studio ma credo che effettivamente eravamo soprattutto una ‘live’ band. In sei anni di tournées penso che siano sono quattro o cinque concerti onestamente non andati bene. Ho sempre dato il meglio di me anche se suonavo per otto, nove persone, cosa che è accaduta. Abbiamo avuto ottime recensioni dei nostri concerti.
Non ho visto molte recensioni in più di Live In Exile se paragonate a quelle dei altri nostri albums, ma sembravano essere positive.




I primi due albums dei Chrome Cranks, quello omonimo e Dead Cool (con brani come Desperate Friend) riuscivano a riprodurre la vostra energia molto da vicino. La produzione di Love In Exile invece è molto diversa e molto statica.
Da cosa dipese questo scarto?
La produzione di Love In Exile è molto più distante e fredda principalmente perché registrammo su digitale ed avremmo voluto più brani su cui lavorare.
Comunque è okay ma nessuno di noi è contento di come suona ora.
L’avremmo voluta fare in analogico ma stavamo sperimentando e tentando cose nuove. Vivi ed impara.




Possiamo dire che i Chrome Cranks furono una creazione di P.Aaron e William G. Weber?
Assolutamente. Io scrivevo i pezzi ed ero il ‘concettuale’ ma non avrei fatto niente senza William. Lui è un vero musicista, ha studiato in scuole musicali attuali come il Berklee College of Music ed era il boss perfetto per comunicare idee a musicisti come Jerry e Bob Bert.
E’ anche un grande tecnico/produttore ed ingegnere del suono.





Cosa portarono Jerry Teel e Bob Bert delle bands da cui provenivano (Honeymoon Killers, Sonic Youth, Pussy Galore) nei Chrome Cranks ?
E’ una domanda a cui Jerry e Bob potrebbero rispondere meglio di me ma penso che stiano suonando come hanno sempre voluto e come facevano anche con i Chrome Cranks.
Naturalmente William ed io amiamo le bands in cui loro hanno suonato e che ci hanno influenzato.





Sei rimasto in rapporti con loro e cosa pensi della band che Jerry Teel formò dopo lo scioglimento dei Cranks nel ’98, The Knoxville Girls? Conosci i loro dischi?
Quando erano insieme non ho ascoltato né visto Knoxville Girls perché quando i C.C. si sciolsero ci furono delle beghe e Jerry e Bob dissero cose cattive su di me.
Ma siamo ancora amici ed io ne sono felice. Ho un disco delle Knoxville Girls dal vivo che Bob mi spedì e che mi piace.
E’ un po’ troppo lineare per i miei gusti ma mi piace.




Che ne pensi dell’attuale panorama musicale americano?
C’è un grande ritorno alle radici negli ultimi anni …!
Sì, c’é. Penso sia una buona cosa. Una cosa salutare per le bands a patto non rimangano attaccate ad un ‘retro’ che non ti fa acquisire nulla.




C’è anche una remota possibilità che possano riformarsi i Chrome Cranks ?
C’è una remota possibilità sinché siamo vivi. Ma quando ci penso credo sia una stupidità perché io non sono la stessa persona di quando ero nel gruppo e quel modo di suonare non mi dà ora più niente.
Rispetto Iggy Pop che a 60 anni salta senza la t-shirt tutt’intorno ma per me suonare è più un fatto cerebrale che di palle. Ora siamo tutti più vecchi. Ci preoccupiamo di più del denaro e di problemi vari.. Non sono sicuro di come potrebbe andare.
Ma non so anche se mi serve tornare indietro con la mia vita.




Grazie per le tue risposte Peter ed auguri per il tuo futuro!
Te ne sono grato. Grazie a te !


(intervista realizzata il 16/06/07)

http://www.grunnenrocks.nl/bands/c/chromecr.htm
http://www.myspace.com/chromecranks
http://www.atavistic.com/

PASQUALE BOFFOLI

martedì, luglio 17, 2007

Collaborations / Live / Esteri: JETHRO TULL at Civitella del Tronto (Te) - 1° Luglio 2007, by Francesco Tunzi.

Ian Anderson ormai é una leggenda vivente: lasciateci parlare di lui (noi estimatori dei Jethro Tull di vecchissima data!) in questi termini oggi che a 60 anni é ancora vivo e vegeto ed in splendida forma artistica e non, come spessissimo accade nel rock, quando sarà trapassato a miglior vita.
Ian negli ultimi anni é sempre più di casa in Italia, questa volta é venuto con la nuova line-up dei Jethro Tull: di questo e dell'unico concerto tenuto nella nostra penisola il 1° Luglio ci racconta un fan incallito, nonché grande conoscitore della materia rock, Francesco Tunzi, 'inviato speciale' per l'occasione di www.musicbx.blogspot.com, nonché autore delle foto a corredo dell'articolo. (P.B.)

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L'occasione era allettante e da non mancare: quella di assistere a un concerto dei Jethro Tull all'interno di un castello, la splendida fortezza di Civitella del Tronto, suggestivo centro sulle colline in provincia di Teramo. Al loro ultimo tour mondiale, il mitico gruppo si presenta al pubblico italiano in ottima forma regalando un concerto inappuntabile e senza sbavature.
Alle 21.45 salgono sul palco i musicisti a partire dall'inossidabile Martin Barre alla chitarra, Doan Perry alla batteria, David Godier al basso, John O'Hara (piacevole sorpresa) alle tastiere e alla fisarmonica, e per ultimo, accolto da un grande entusiasmo Ian Anderson.
Il concerto si apre con il classico blues Someday the sun won' t shine for you ** seguito da Living in the past , Jack in the green, The donkey and the drum quindi Thick as a brick eseguita in maniera splendida.
Nonostante i suoi sessant'anni e una voce che negli acuti non è ovviamente più la stessa, Ian Anderson continua a tenere la scena con la solita ironica spavalderia e a conservare un carisma davvero unico suscitando ancora grandi emozioni come nell'esecuzione del madrigale Pastime with good company o come nei brani Mother goose , My God e l'immancabile Bourée.
Il concerto è splendido complici un suono corposo, la grande sintonia tra i musicisti e Ian Anderson che col suo flauto e le sue movenze incanta i 2500 presenti nella piazza d'armi. Si prosegue con Steal , Farmer on freeway per giungere a uno dei punti più alti della serata, ovvero i meravigliosi otto minuti di Aqualung con l'intro che accenna Starway to heaven dei Led Zeppelin.
Ian Anderson insieme al suo fido Martin Barre, anch'egli in buona forma, ne offre una versione da brividi scatenando l'entusiasmo degli spettatori. Non è finita. Ian "spiazza" il suo pubblico divertendo e divertendosi con un omaggio a Emerson Lake & Palmer e una versione di America da West side story.
Il concerto si chiude in bellezza con una emozionante Budapest e l'immancabile bis rappresentato dalla classica Locomotive breath degna chiusura di un concerto da ricordare.

http://www.j-tull.com/
http://www.itullians.com/

FRANCESCO TUNZI

** (per inciso nel repertorio dei Flowers)

lunedì, luglio 16, 2007

Recensioni / Italiani : IL TEATRO DEGLI ORRORI : Dell'impero delle tenebre ( La Tempesta Rec./ Venus Dischi - 2007) by Pasquale Boffoli


Devo confessare che la cosa che più mi ha colpito e spiazzato ai primissimi ascolti di DELL'IMPERO DELLE TENEBRE, disco d'esordio dei nostrani Il TEATRO DEGLI ORRORI é stato l'uso 'luciferino' della lingua italiana del lead-singer Pier Paolo Capovilla calato nel contesto noise ed acido dei brani in un certo senso prevedibile, sapendo che vi militivano Capovilla e Giulio Ragno Favero (basso e produttore tra i più ricercati nel panorama rock italiano), due membri degli One Dimensional Man, strepitoso ed influente act noise-blues all'opera dalla metà dei '90 che ho avuto anche la fortuna di ammirare 'live' dalle mie parti in quegli anni.
A completare la line-up di questo nuovo supergruppo il chitarrista Gionata Mirai (Super Elastic Bubble Plastic) ed il batterista Francesco Valente.
Ribadendo l'eccezionale muro di suono creato dalla neo-band in brani come Carrarmatorock, L'impero delle tenebre, Vita mia, Il turbamento della gelosia soprattutto grazie all'impatto travolgente delle chitarre di Mirai e Favero, l'elemento più rimarchevole e sperimentale di Dell'Impero Delle Tenebre é proprio la rinuncia all'inglese (privilegiato dagli O.D.M.), lingua ideale per il tipo di sonorità adottate ed il tentativo di sposarle ad una espressività italiana quasi cantautorale.
Essa tocca con cinica amarezza e totale disincanto temi come la perdità d'identità ed il senso d'inutilità del vivere (L'impero delle tenebre), ma anche una strenua ricerca di speranza (Vita Mia), l'ipocrisia delle guerre (Carrarmatorock), il suicidio (La canzone di Tom), ma i toni si fanno anche elegiaci e teneri in Lezione di musica e Compagna Teresa, con qualche ingenuità disseminata qua e là.
Capovilla quindi riesce ad essere duttile ma in generale nel disco il suo 'mood' vocale é sulfureo e distaccato, ricordando (come giustamente sottolineano le info riguardanti la band) a più riprese i cinici toni declamatori di un Carmelo Bene.
Individuerei l'apice creativo del disco nella finale epica Maria Maddalena, tutta giocata su controversi temi religiosi, dove fondamentale appaiono i contributi del violino di Nicola Manzan e del violoncello di Angelo Maria Santisi per la drammatizzazione di 8 minuti che da soli conferiscono una infinita dignità ad un'opera decisamente 'unica', nel bene e nel male, nell'attuale contesto indie italiano.

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PASQUALE BOFFOLI

  • COLLABORATORI (o vi hanno scritto) www.musicbx.blogspot.com : Antonio Petrucci, Slania DePau, Gianni Sanna, Nico, Francesco Tunzi, Giandomenico Mattiussi, Ninni Portoghese, Nino Antonazzo, Antonio Vergari, Enzo Frappampina, Mirko Guevara, Marcello Rizza, Franco De Lauro, Michele Ballerini, Tony 'Face'...and, last but not least: un immenso grazie a mio fratello Ciro per coadiuvarmi nelle traduzioni in inglese e dall'inglese ( soprattutto le interviews ) !!!
 

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Informazioni personali

Pasquale Boffoli
Giornalista free-lance. Collabora on-line a Freakoutonline, Popartx, Punkadeka, Musicletter, Mistylane e saltuariamente ai cartacei nazionali. In quanto membro dello staff di www.punkadeka.it Pasquale Boffoli fa parte del CDG srl (centro documentazione giornalistica); è inserito nell'Albo Agenda del Giornalista e nella Guida nella musica Italiana... Cantante, armonicista, percussionista della band barese THE FLOWERS.
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