Francesco Zardo – I cuori infranti 

25.6.2001

 

L'Attak® è utile?  

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I cuori infranti

Mi scrive da Roma l'amica Laura Ghirini, alimentando questa rubrica con il suo punto di vista originale, nelle tristi faccende dei cuori infranti.

Ciao Francesco,

sono una che normalmente li trova già infranti i cuori e
così le tocca sempre e solo di riaggiustarli. È un'operazione un po'
delicata perché mi incollo sempre le dita coll'Attak®. E non è vero, come è
scritto sulle istruzioni, che coll'acqua calda si staccano: infatti rimango
sempre appiccicata a situazioni imbarazzanti; uno soffre e io lo porto a
spasso, luilei a ogni passo che fanno ricordano un episodio della vita
felice subito affiancato a un altro, triste e doloroso. Non mi fanno mai parlare
o tentare di allargare la prospettiva alla loro vita che sta arrivando, sì
che possano percepire un futuro nuovo e felice. Quando riesco a
interromperli immediatamente mi attaccano: «Tu hai il cuore infrangibile, fai presto a
parlare!»

Io controbatto sulla natura fisica dei cuori e sull'ausilio del
desiderio come vero motore del sentimento, del desiderio di felicità (che ti
stacca meglio dell'acqua calda) dalla tristezza. E allora apriti cielo!
Subito s'innalza il loro ex, crudele ed egoista: «Anche lui diceva che...»
E la mia voce si tramuta in quella di questa terribile persona.

Così ho capito quanto è inutile che io parli. Basta ascoltare e lasciar
scorrere le parole e l'infelicità. Questo per dire che la tua rubrica è
perfetta: inutile e assolutamente necessaria [...].


Baci,

Laura

Cara Laura,

grazie delle tue parole, che ci rendono un'originale testimonianza. Quella di chi, almeno un tempo, ha ritenuto che le sue parole o viceversa il suo ascolto potessero contribuire a porre rimedio all'infrazione di un cuore, eh sì, come l'Attack® è in grado di ripristinare - unitamente a un po' di pazienza - le funzionalità di una zuccheriera che era caduta giù dalla mensola.
Rammentati che è un punto di vista privilegiato, il tuo, poiché il ruolo di consolatore è sempre frutto di una scelta, e non una inspiegabile condizione che d'amblé sorprende menomato chi si trova a fare i conti con la fine dell'amore. Una condizione inspiegabile e insondabile, che sfugge a un'analisi, come già accennavo all'amico Enrico. Per chi purtroppo la soffre non c'è rimedio nelle parole, a questa cosa che non si può spiegare. E anche lo sfogarsi loro, a parole, non fa che ritardare l'amaro e inevitabile confronto con la propria menomazione, che sfugge purtoppo ai discorsi così come un terreno alluvionato ben poco sollievo trae in sé dal fatto che al Tg delle 20 un meteorologo spiega i movimenti di alta pressione e il giuoco di correnti che hanno condotto l'uragano ad abbattersi sulla vigna o sul limoneto in questione, tramutando il tutto in un disordinato sciabordio di fango e resti organici.
È duro veder soffrire le persone che amiamo e che ci circondano: possiamo solo dentro di noi compensare questa durezza con un po' di pietà, la quale risulta pur sempre inspiegabile per colui che ha il cuore spezzato. Una solidarietà completa, d'altro canto, non farebbe che spezzare anche il nostro cuore, e proprio non è opportuno, a mio avviso, dato che ci sono mille occasioni perché ciò accada.
Molto spesso, tuttavia, non accade. Anche io mi auguro che ciò non accada più e che un giorno questa mia rubrica si riduca a pura accademia, come le dispute fra Volta e Galvani circa il fatto se il potenziale elettrico risiedesse nella bacchetta di rame o nella ranocchia sventrata. Ma purtroppo sembra che, storicamente, le faccende di cuore non si risolvano altrettanto facilmente, grazie a un po' di dialettica in sostanza e a un paio di conferenze ben strutturate. Eh no.
Nel concreto. Mi permetto di dare un suggerimento a quanti, come l'amica Laura, hanno alle volte la tentazioni consolatorie. Sarà bene assecondare punto e basta gli apparentemente strampalati discorsi, quando ne fa, di chi come me ha il cuore infranto. Esempio: se lui affermasse, come succede, «Non smetterò mai di soffrire», la scelta migliore consiste nel replicare, seri: «Eh, probabilmente no: soffrirai per sempre». Oppure quando dice «L'unica cosa che voglio è che lei torni da me», astenersi dall'ipotizzare altre prospettive, mantendendosi assertivi: «Eh sì: l'unica speranza è che lei torni indietro». Prima di tutto darete al vostro interlocutore un parere originale quanto il suo, unico depositario dei sentimenti per la persona che gli ha spezzato il cuore. E poi, in secondo luogo, è proprio così: un cuore veramente spezzato, purtroppo, non si risistema più.

Grazie di avermi scritto, e grazie sopratutto per aver definito "perfetta" la mia rubrica: un aggettivo consolante in mezzo a questi colli impestati di fango.

E a presto, naturalmente,

F. Za'

P.S. Una precisazione. L'Attak® è un adesivo cianocrilico monocomponente. Non solubile in acqua, pertanto. L'acqua e il sapone possono facilitare il distacco di lembi di pelle accidentalmente incollatisi fra loro, ma la rimozione dell'adesivo necessita di un solvente specifico. Il ricorso a detto solvente è tuttavia sconsigliabile in quanto, fuor di metafora, esso sarà in grado di dissolvere, unitamente al composto polimerico, anche la pelle stessa. Occhio alle colle. F.