Francesco Zardo – Commenti

8.3.2002

 

Belvedere Generation  

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L'invasione delle immagini nella nostra coscienza, quel tratto umano che spinge gli individui a prendere una decisione piuttosto che un'altra, sta diventando un tema che, civilmente, sento di dover sviluppare con più cura di altri. Un tema urgente, per cui le coppie – per dire – divorziano quando il marito incomincia a trascurare la moglie per il solo fatto che la donna non è Emanuela Arcuri. O una moglie s'incazza perché suo marito non è Maurizio Costanzo.

Invece di essere contenti.

Il mio giovedì italiano è stato come tutti i giorni della mia vita e della vita di tutti invaso dalle immagini. Ne citerò quattro.

S'inaugura a Roma, alla presenza solenne di alte autorità, una mostra antologica di Paul Cézanne, probabilmente il più grande pittore del secondo Ottocento e quindi, vista la felicità creativa e ideologica di quei tempi, forse il più grande pittore della storia.

Vittoria Belvedere, per la prima volta in un prime time di Raiuno, fa vedere una fica (la sua). È successo a Sanremo, verso le 21.15: prontamente alla ragazza è stata data una pianta da sistemarsi in grembo, e poi le hanno cambiato la gonna Armani trasparente sotto la quale, pressata dalla diretta, si era dimenticata di mettere le mutande.

Quando hanno messo la pianta, ho cambiato canale: su Rete4 trasmettevano il capolavoro di Stanley Kubrick, Barry Lyndon (1975). Per chi non lo sapesse, il regista volle che tutto il film venisse girato utilizzando esclusivamente illuminazione naturale.
Ho cominciato a leggere, infine, il libro di Giampiero Mughini La mia generazione. Sembra che non c'entri niente, e invece c'entra.

Cominciamo da qui: Giampiero Mughini è una persona colta e piuttosto intelligente, e il suo libro è piacevole e onesto. L'immagine televisiva (cioè l'immagine tout court) di questo signore stride però molto spesso con tutte queste qualità. Siccome ho violato il copyright ormai decine di volte sulle pagine di Zardo.org mi sembra più che legittimo riportare un brano del libro che sostiene un po' le mie teorie sull'invasione dell'immagine. Riflettendo su sé stesso e la sua natura personale Mughini scrive: "È successo [...] che la cosa più privata della mia vita [...] ossia quella mia abitudine di starmene da solo a guarardare in Tv una o due partite di calcio alla settimana, è divenuto il tratto più connotante della mia identità pubblica. Moltissimi che mi avvicinano credono che io pensi ai rigori e ai dribbling tutt'e 24 le ore della giornata".

Vogliamo passare a Cézanne? Se fosse ancora vivo, il pittore francese avrebbe oggi 163 anni: impossibile. Ho già parlato del precipizio che ha strangolato l'arte figurativa negli ultimi anni, e forse ho già fatto cenno alla maturità e alla consapevolezza espressa invece da artisti, scrittori, intellettuali nell'ultima parte del Diciannovesimo secolo e nella prima parte del Ventesimo. Ebbene, le tele di Cézanne sono state commentate e apprezzate da diversi critici, hanno un più che discreto mercato, e avere un disegnetto dell'artista mi solleverebbe da numerose preoccupazioni connesse al fatto che Zardo.org è un prodotto gratuito e pertanto non redditizio. Ma voglio dire anche io la mia sul maestro provenzale: prima o poi lo farò, forse dopo aver visto la mostra.

Punto terzo: Barry Lyndon. È noto, come dicevo poc'anzi, che il film è girato interamente senza il sostegno di luce artificiale: le scene di interni notturni, a lume di candela, vennero filmate tramite un obiettivo, creato dalla Zeiss espressamente per questo film, a luminosità 0,7 (il doppio, per capirsi, della capacità dell'occhio umano di ricevere luce). Una cosa che non molti sanno è che per i costumi, in buona parte, furono impiegati autentici vestiti d'epoca. Invece di continuare a esaltare la ricerca formale di Kubrick, faccio presente che ho visto i primi trenta minuti del film con mia madre. A un certo punto le ho annunciato: «Mamma, io vorrei essere come Barry Lyndon...» Siccome lui aveva appena fatto un duello con le pistole, mia madre, che come molte madri è avvinta e soverchiata da preoccupazioni eccessive sull'incolumità dei figli, si è tutta agitata: «Ecco... Ci mancava anche questa... Devi farmi stare in ansia...».

Credo che tutti questi episodi possano aiutarci, in qualche modo, a capire come la nostra capacità di prendere decisioni sia giorno dopo giorno sempre più oppressa da immagini, immagini, immagini, cui diamo nel corso dei nostri pensieri un'importanza maggiore delle tante cose reali che ci circondano. Reali e spesso dimenticate.

Concludo il discorso facendo presente che ancora oggi la mia maggiore preoccupazione, fra tutte le cose che ho descritto, riguarda la gnocca di Vittoria Belvedere, un cardine inevitabile del pensiero moderno, che stavo quasi per trascurare in questo mio saggio sull'immagine e il potere che essa esercita sulle nostre coscienze.