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Un paese nella bufera: PEDENA 1943/1948

Le vicende dell'Istria e del confine orientale d'Italia nel secondo conflitto mondiale e negli anni dell'immediato dopoguerra sono tornate negli ultimi anni alla ribalta dell'opinione pubblica nazionale.

L'esodo della popolazione dall'Istria, da Fiume e dalla Dalmazia è stato ricordato in vari modi dai principali mezzi di comunicazione e nuovi lavori si sono aggiunti alle già numerose pubblicazioni esistenti su questa tematica.

Se molto si è scritto per esempio sulle vicende che hanno toccato le città principali della costa istriana, fiumana e dalmata, molto meno si è detto di quello che è avvenuto nell'interno dell'Istria, in quelle località lontane dalle principali vie di comunicazione.

La conoscenza di quello che è avvenuto in piccole località come quella di Pedena, argomento di questo breve lavoro, permette perciò di aggiungere un ulteriore tassello al variegato e vasto mosaico delle vicende istriane degli anni Quaranta, anni che hanno cambiato il volto di una regione.

 

Rumici Guido. Docente e scrittore gradese. Ha pubblicato numerosi libri e saggi sulla storia della Venezia Giulia e della Dalmazia, sull'esodo e le foibe, tra i quali: La Scuola Italiana in Istria, Fratelli d’Istria. 1945/2000 (ed. Mursia), Infoibati. I nomi, i luoghi, i testimoni, i documenti (ed. Mursia).
E’ autore inoltre di mostre fotografiche, cataloghi, dvd e pubblicazioni sui temi del confine orientale e del Giorno del Ricordo, tra cui la dispensa “Istria, Fiume e Dalmazia. Profilo storico” per il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca.

PEDENA

Pedena è un paese che sorge nel cuore dell’Istria, lungo la strada che congiunge Pisino alla costa orientale della penisola istriana. L’abitato è situato su un colle alto 335 metri sul livello del mare, dal quale è possibile dominare l’ampia piana della Val d’Arsa, ed ha una storia particolarmente interessante.

Nonostante oggi sia un piccolo borgo agricolo, abitato solo da un numero esiguo di persone, vanta infatti un passato di tutto rispetto. E’ stata dapprima un castelliere preistorico di forma circolare, poi un antico insediamento romano (un “castellum”) con il nome di “Petina” e successivamente è divenuta sede vescovile.

Le origini ecclesiastiche documentate della diocesi di Pedena risalgono al sesto secolo, al tempo della dominazione bizantina, anche se la tradizione locale fa risalire ad epoca precedente la costituzione dell’ ”Episcopus Petenensis”, forse al quarto secolo. Vero è che la diocesi fu presente, assieme alle diocesi limitrofe di Ossero e Veglia, all’importante Sinodo di Grado del 579 ed aveva giurisdizione su tutto il territorio della costa orientale istriana compreso tra le attuali città di Pola e Fiume. Nel corso dei secoli il territorio diocesano subì numerose modificazioni che lo portarono a dimensioni sempre più limitate, al punto che si diceva che il vescovado  fosse uno dei più piccoli al mondo. Il numero dei vescovi che ebbero la loro sede a Pedena è imprecisato e, a seconda delle varie fonti, si parla di 66, di 73 o di 61 vescovi. La diocesi durò in tutto più di dodici secoli.

Il primo vescovo pedenese accertato fu Martinus (o Marciano) presente a Grado nel 579 e l’ultimo fu Aldrago de Piccardi nel 1788. In tale anno la diocesi, ormai ridotta in condizioni di estrema povertà, venne soppressa dall’imperatore austriaco Giuseppe II, detto “il re sacrestano”. Al tramonto del vescovado, la diocesi era composta da solo dodici parrocchie: Pedena, Gallignana, Lindaro, Novacco, Cerreto, Moncalvo, Carbone, Berdo, Cepich, Chersicla, San Giovanni dell’Arsa e Grimalda.

Successivamente Pedena, pur mantenendo ancora il titolo di città, decadde velocemente e degli antichi fasti rimasero solo alcune vestigia, come la maestosa cattedrale del secolo diciassettesimo, ora chiesa parrocchiale dedicata all’Annunciazione di Maria. La chiesa conserva ancora sette altari marmorei, la sedia vescovile ed i sepolcri dei numerosi vescovi, tumulati quasi tutti nella navata principale o nelle due laterali. Sull’altare maggiore c’è un’immagine della Madonna, opera del maestro Metzinger.Presso la chiesa c’è l’edificio dell’ex episcopio, ora divenuto abitazione del parroco, che è però in cattive condizioni e di difficile restauro.

In passato la cittadina fu cinta da possenti mura, di cui oggi rimangono solo alcuni resti, mentre sono ancora agibili le due porte d’entrata risalenti al quattordicesimo secolo. La meglio conservata delle due è Porta Romana, che presenta un piombatoio che permetteva ai suoi difensori di buttare olio bollente e pece addosso agli eventuali assalitori. Molto più recente, di puro stile veneto, è invece il campanile, eretto nel 1860 quando la cittadina era ormai decaduta di importanza.

Nella seconda metà dell’Ottocento la popolazione del comune era composta da circa 2.200 persone e tale numero aumentò progressivamente nel corso del Novecento fino a raggiungere nel 1936 la cifra di 2.749 unità. Mentre gli abitanti del centro storico, circa trecentocinquanta, parlavano quasi tutti l’italiano, nelle campagne vi era invece una situazione opposta, dato che l’elemento contadino era compattamente di lingua croata. Tale situazione era del resto molto diffusa in quasi tutta l’Istria centro-orientale (come a Pisino o ad Albona), laddove i centri abitati vedevano la prevalenza della lingua italiana e le campagne la quasi esclusiva presenza della lingua croata.

Nei censimenti austriaci della fine dell’Ottocento e dell’inizio del Novecento la maggioranza della popolazione del paese, (divenuto dal 1880 frazione di Pisino) risultava di lingua croata, mentre nel censimento italiano del 1921, su un totale di 2.469 abitanti, risultarono esserci 1.767 persone di lingua italiana, 689 di lingua croata e 13 di lingua slovena.

I rapporti interpersonali tra i componenti delle varie etnie erano stati sempre generalmente buoni ed è interessante leggere quanto mons. Pietro Rensi, parroco di Pedena dal 1927 al 1948, scriveva riguardo ai suoi parrocchiani, italiani o croati che fossero: “La Parrocchia di Pedena con circa 2.500 anime si estende soprattutto verso Ovest dove vi è una chiesa cappellaniale dedicata a S. Caterina d’Alessandria, distante 7 chilometri e con molte frazioni. A Pedena cittadina si parlava soltanto italiano veneto, mentre nelle frazioni si parlava generalmente la lingua croata, però infarcita di molti vocaboli italiani. Molte frazioni sebbene di lingua croata portano i nomi italiani come, per esempio: Mantovani, Medichi, Giganti.” Le tradizioni erano molto sentite e il 30 dicembre di ogni anno si festeggiava San Niceforo, uno dei primi vescovi di Pedena.

Poi venne la guerra. L’ingresso dell’Italia nel secondo conflitto mondiale e l’aggressione delle potenze dell’Asse alla Jugoslavia dell’aprile 1941, l’armistizio italiano, l’occupazione tedesca e la costituzione dell’Adriatisches Küstenland, la lotta partigiana e la strategia politica dei vertici slavi tesa all’annessione dell’intera Venezia Giulia alla Jugoslavia, fecero precipitare l’Istria in un vortice di avvenimenti che coinvolse in maniera drammatica l’intera popolazione civile, italiana o slava che fosse. E anche gli anni successivi alla fine delle ostilità non furono facili. Il contenzioso diplomatico per la delimitazione dei confini creò ripetute tensioni che sfociarono spesso in vessazioni verso i singoli.

Gli strascichi del secondo conflitto mondiale, l’instaurazione del nuovo regime comunista di Tito, il cambio della sovranità tra l’Italia e la Jugoslavia, i tanti mutamenti politici, economici e culturali che sconvolsero il tessuto sociale istriano nel lungo dopoguerra, rappresentarono i tanti fattori che determinarono l’esodo di buona parte della popolazione. Partirono in molti, soprattutto tra la componente etnica italiana che vide esodare la stragrande maggioranza dei suoi componenti. Partirono però anche molti croati e sloveni che non si ritrovarono più in una società profondamente cambiata rispetto a quella precedente.

Pedena vide andar via l’ 85% della sua popolazione: il centro storico si svuotò e le campagne rimasero incolte per anni. Nel 1991 la popolazione complessiva di quella che era stata un tempo una sede vescovile si era ridotta a 316 anime, con solo quattro persone che si dichiaravano ancora italiane.

La Pedena di un tempo non esisteva più.

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