L'interventismo di Mussolini

Testo dell'articolo pubblicato da Mussolini sul «Popolo d'Italia» del 15 novembre 1914, in cui precisò le sue posizioni interventiste e la linea politica del nuovo giornale...

[…] In un'epoca di liquidazione generale come la presente, non solo i morti vanno in fretta come pretendeva il poeta, ma i vivi vanno ancor più in fretta dei morti. Attendere può significare giungere in ritardo e trovarci dinanzi all'inevitabile fatto compiuto, che lamentazioni inutili non valgono a cancellare. Se si fosse trattato o si trattasse di una questione di secondaria importanza, non avrei sentito il bisogno, meglio, il dovere di creare un giornale: ma, ora, checché si dica dai neutralisti, una questione formidabile sta per essere risolta: i destini dell'Europa sono in reazione strettissima coi possibili risultati di questa guerra; disinteressarsene significa stoccarsi dalla storia e dalla vita. Ah no! Noi non siamo, noi non vogliamo essere mummie perennemente immobili con la faccia rivolta allo stesse orizzonte […], ma siamo uomini, e uomini vivi che vogliamo dare il nostro contributo, sia pure modesto, alla creazione della storia. Incoerenza? Apostasia? Diserzione? Mai più. Resta a vedersi da quale parte stiano gli incoerenti, gli apostati, i disertori. Lo dirà la storia domani, ma la previsione rientra nell'ambito delle nostre possibilità divinatorie. Se domani ci sarà un po’ più di libertà in Europa, un ambiente quindi, politicamente più adatto allo formazione delle capacità di classe del proletariato, disertori ed apostati non saranno stati tutti coloro che al momento in cui si trattava di agire, si sono neghittosamente tratti in disparte?

[…] Oggi - io lo grido forte - la propaganda antiguerresca è la propaganda della vigliaccheria. Ha fortuna perché vellica ed esaspera l'istinto della conservazione individuale. Ma perciò stesso è una propaganda antirivoluzionaria. La facciano i preti temporalisti e i gesuiti che hanno un interesse materiale e spirituale alla conservazione dell’impero austriaco; la facciano i borghesi, contrabbandieri o meno, che - specie in Italia – dimostrano la loro pietosa insufficienza politica e morale; la facciano i monarchici che, specie se insigniti del laticlavio, non sanno rassegnarsi a stracciare il trattato della Triplice che garantiva, oltre alla pace [...] l'esistenza dei troni; codesta coalizione ai pacifisti sa bene quello che vuole e noi ci spieghiamo ormai facilmente i motivi che inspirano il suo atteggiamento. Ma noi, socialisti, abbiamo rappresentato [...] una delle forze “vive” della nuova Italia: vogliamo ora legare il nostro destino a queste forze “morte” in nome di una “pace” che non ci salva oggi dai disastri della guerra e non ci salverà domani da pericoli indubbiamente maggiori e in ogni caso non ci salverà dalla vergogna e dallo scherno universale dei popoli che hanno vissuto questa grande tragedia della storia? [...] Non potrebbe essere questa la nostra ora? Invece di prepararci a “subire” gli avvenimenti, preordinando un alibi scandaloso, non è meglio tentare di dominarli? Il compito di socialisti rivoluzionari non potrebbe essere quello di svegliare le coscienze addormentate delle moltitudini e di gettare palate di calce viva nella faccia ai morti - e son tanti in Italia – che si ostinano nell'illusione di vivere?

Gridare: “Noi vogliamo la guerra!” non potrebbe essere - allo stato dei fatti - molto più rivoluzionario che gridare “abbasso”? Questi interrogativi inquietanti, ai quali, per mio conto, ho risposto, spiegano l'origine e gli scopi del giornale. Questo ch'io compio è un atto d'audacia e non mi nascondo le difficoltà dell'impresa. Sono molte e complesse, ma ho la ferma fiducia di superarle. Non sono solo. Non tutti i miei amici di ieri mi seguiranno; ma molti altri spiriti ribelli si raccoglieranno attorno a me. Farò un giornale indipendente, liberissimo, personale, mio. Ne risponderò solo alla mia coscienza e a nessun altro. Non ho intenzioni aggressive contro il Partito Socialista, o contro gli organi del Partito nel quale intendo di restare; ma sono disposto a battermi contro chiunque tentasse di impedirmi la libera critica di un atteggiamento che ritengo per varie ragioni esiziale agli interessi nazionali e internazionali del proletariato.

Dei malvagi e degli idioti non mi curo. Restino nel loro fango i primi, crepino nella loro nullità intellettuale gli ultimi. Io cammino! E riprendendo la marcia - dopo la sosta che fu breve - è a voi, giovani d'Italia; giovani delle officine e degli atenei; giovani d'anni e giovani di spirito; giovani che appartenete alla generazione cui il destino ha commesso di “fare” la storia; è a voi che io lancio il mio grido augurale, sicuro che avrà nelle vostre file una vasta risonanza di echi o di simpatie. Il grido è una parola che io non avrei mai pronunciato in tempi normali, e che innalzo invece forte, a voce spiegata, senza infingimenti, con sicura fede, oggi: una paurosa e fascinatrice: guerra!