AIDAC - Associazione italiana dialoghisti adattatori cinetelevisivi

COMUNICATO STAMPA 

 

PENNE FERME, BOCCHE CUCITE

UN’ALTRA SETTIMANA DI SCIOPERO PER IL DOPPIAGGIO

 

Non fa passi avanti la trattativa per il rinnovo del contratto di lavoro del doppiaggio.

 

Lo sciopero dei lavoratori, che dura già da due settimane, è stato prorogato fino al 27 febbraio, e il rischio per le uscite in sala e per la programmazione televisiva dei prossimi mesi si fa sempre più concreto, se perfino Variety da Los Angeles dà l’allarme per il lancio in Italia di film come “Troy”, “The Day After Tomorrow” e “Harry Potter and the prisoner of Azkaban”.

 

La controparte che finora ha trattato con i lavoratori mostra ormai la corda, se l’unica risposta alle richieste di correttezza e qualità è stato l’avvertimento di una “conseguente ricaduta negativa sul piano occupazionale su altri lavoratori del settore sicuramente meno privilegiati”.

Il che, tradotto in italiano, significa la minaccia che a pagare l’atteggiamento fermo dei lavoratori del doppiaggio saranno i fonici e il personale dipendente. Un patetico tentativo di trasformare una battaglia per salvare e riqualificare un comparto artistico in una guerra tra poveri, tentativo fallito in partenza, visto che artisti e tecnici si sono dichiarati compatti e determinati a difendere insieme il settore.

E’ invece palese il fallimento politico della rappresentanza delle imprese, al punto che si stanno formando nuove aggregazioni di società di doppiaggio, finora escluse dalle trattative e che non si riconoscono nelle posizioni arroganti assunte da chi dice di rappresentare i loro interessi; mentre altri affermano senza mezzi termini che è ora che le imprese di doppiaggio lascino il posto al tavolo delle trattative a Unidim, Univideo, Frt, Rai e Sky, i veri committenti del doppiaggio, quelli che investono sui contenuti per avere dei risultati.

 

Saranno gli attuali rappresentanti delle società di doppiaggio così saggi da abbandonare la presa?

Se questi sedicenti imprenditori non sono in grado, per loro stessa ammissione, di gestire la crisi – dopo averla provocata con la sistematica disapplicazione degli accordi e una autolesionistica gara al ribasso – perché si ostinano a voler fare da intermediari in un mercato che ormai non controllano più?

Hanno davvero l’ansia insopprimibile di sollevare i distributori dalla gestione diretta dei rapporti di lavoro?

Non potrebbero limitarsi – come avveniva in passato – a organizzare al meglio le lavorazioni?

O forse sperano di poter continuare in eterno a raschiare il fondo di un barile ormai sfondato?

E i committenti (che con i prodotti doppiati hanno incassato nel 2003, solo per il cinema e l'home video, oltre 900 milioni di euro), come la pensano?

 

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