«PRIMO PREMIO CITTA’ DI PALESTRINA» 1990
PER LA SILLOGE INEDITA  

Dove vai, uomo?
Uomo, nullità del creato Eri nato Ma se pensi Una margherita sul marciapiedi
Come acini al grappolo Un fascio di luce Ho stretto la tua mano Le tue mani
Se le mani Come un cane Il suono della tua voce Sento il tuo dolore
Mano gentile Albero Udivo il tossire dei corvi Lungo il cuore
Come s'affaccia Piccola foglia Come il tralcio Ansia
La campana della sera Hai mai visto piangere Dover nascondere le lagrime Se proprio devo andare
E il cuore batte ancora Però vorrei Per diventare uomo Nel giardino dell'ospedale
Mi sospira, dentro, una vita Mi cibo di versi Percorro la mia via Il gabbiano
Eco eterna Ci raccontano di uomini Il sogno e il pianto dell'usignuolo Avvoltoi come coperta
Una vita fa

 

DOVE VAI, UOMO?

«PRIMO PREMIO CITTA’ DI PALESTRINA» 1990
PER LA SILLOGE INEDITA  

 

Dove vai, uomo?
Non vedi che oscuri la luce?
Le tue ricerche!

Gli alberi le braccia penzoloni
il corpo chino la testa reclinata
le vesti corrose: rassegnati
e stanchi.

I pesci rifiutano di vivere
nelle acque che hai sporcato
e cercano la morte volontaria.
Le frutta non hanno più sapore
le carni sono amare e il grano
non matura più a giugno.

Uomo, dove vai?

Il sole si è oscurato
le nubi non si muovono
più: hanno imprigionato
l'anima.

Le tue ricerche ti hanno portato
a costruire macchine e macchine.
Hai fatto dell'umanità un enorme
«computer» e non ti sei accorto
di essere tu stesso
una scheda perforata.  

19 giugno 1973


 

UOMO, NULLITÀ DEL CREATO  

II vento passa tra i rami spogli
degli alberi uragano diventa.

L'Universo geme!

l'Uomo si credeva un gigante
forte contro ogni temporale
pronto ad arginare ogni diluvio.
Piange, ora, inutile e incapace;
trema come un fuscello al vento
ha paura come un bambino
in una notte di tempesta:
si lamenta come il vento della «steppa».

A nulla vale la sua forza
a nulla le sue lagrime
a nulla il suo dolersi
di fronte all'Apocalisse
che egli ha voluto: Uomo
piccola nullità del Creato!


 

ERI NATO

 

Eri nato per camminare
mano nella mano
per amare.

Rifiutasti la mano
rinnegasti l'amore
e costruisti «computers»
per... sezionarti.

Ora sei una scheda
i muscoli
il sangue
l'intelletto:
forellini della scheda.  

23 giugno 1973


MA SE PENSI  

Quanta dolcezza ti può dare un fiore!
Quanta tenerezza ti può dare un bimbo!

Ma se pensi al futuro
l'angoscia
t'imprigiona il cuore.

Che sarà di quel fiore?
Che sarà di quel bimbo?  

27 giugno 1973


 

UNA MARGHERITA SUL MARCIAPIEDI  

Tenera come una margherita
allegra come una mimosa
sorridente come un bocciolo di rosa.
Viva come la primavera
ridente come il sole
dei suoi verdi anni
aveva in progetto un viaggio.

Un barbaro ordigno
recideva la margherita
intristiva la mimosa
disseccava la rosa
ed era inverno in un giorno di primavera!

Dolcemente s'adagiava sull'asfalto
e diventava di carne.
Della gioiosa immagine restava
sul marciapiedi una donna:
lo sguardo rivolto al sole
che non più vedeva,
negli occhi aperti d
olore per l'umane genti,
sulla bocca dischiusa
il sorriso del martire immortale:
piccola cosa a ricordare agli uomini
l'etemo e funesto maggio e il loro
impietoso egoismo.

«A Gabriella prima vittima della violenza estremista»


 

COME ACINI AL GRAPPOLO  

Teneramente allacciati intorno al simbolo
come acini al grappolo
e grappolo alla vite;

come uccelli migratori verso nuovi lidi
svolazzano alla voce
musicale incoraggiante
e il sorriso era sulla bocca di tutti.

Negli occhi luce di novella speranza.

Come forbici recide il grappolo
e mano tremante sparpaglia gli acini
come colpo rimbombante di cacciatore
disperde uccelli migratori
l'ordigno è scoppiato
mietendo giovani vite.

Proprio come gli acini nefanda mano!

Come improvviso maroso il giovane sangue
si allargò e in piazza della Loggia
bocciolo di rosa al bacio del sole.


 

UN FASCIO DI LUCE  

Un fascio di Luce come raggio di «laser»
dalla finestra senza tendine al letto disfatto.

Due corpi
un'anima sola
in amore.

Non so dove sia il sole!

Ma penso che sia sul letto
su un letto disfatto
che narra ancora...  

15 agosto 1973


 

HO STRETTO LA TUA MANO  

Ho stretto la tua mano
ho baciato la tua mano
avrei voluto avere
io la tua mano.

Hai pianto e le tue lagrime
sulle mani callose odorose di terra
- miracolo divino - sono diventate perle.

Le hai donate a me
mi sono inginocchiato
ho voluto sul mio viso
quell'odore di terra:
primo giorno di vita.  

22 novembre 1973


LE TUE MANI  

Le tue mani borbottarono
alle porte del mio cuore
e vi gettarono l'ancora.
Ti accolsi come il porto la nave.
Non sapevo ancora che nella stiva
era incassato solo veleno
quel veleno che lentamente
mi conduce su rive di isole
conosciute e dimenticate.  

20 novembre 1973


 

SE LE MANI  

Se le mani che ti accarezzano
potessero piangere non soffrirei
più tanto, le lagrime laverebbero
il profumo lasciato dalla tua pelle.

Ma le mani non hanno lagrime
ed io mi porterò
la tua presenza
fino alla tomba.  

21 novembre 1973


 

COME UN CANE  

Come un cane ti seguivo
e come il cane
se mi battevi ti leccavo la mano.

Mi hai lanciato un osso
scodinzolando mi sono avvicinato;
era l'esca per potermi calpestare.

Mi hai battuto,
ti ho leccato la mano;
mi hai calpestato,
ho baciato i tuoi piedi;
mi hai ucciso!

Col mio sangue
ho dissetato il tuo cuore!

Ho incoronato questo amore
con le lagrime mie fiorite:
ero vivo allora.  

novembre 1973


 

IL SUONO DELLA TUA VOCE  

II suono della tua voce per me
è come un suono di campane a festa
un garrire di rondini in volo
un cinguettio di passeri
in un giorno di primavera.

Udire la tua voce
è sentirsi eternamente giovani.  

novembre 1973


 

SENTO IL TUO DOLORE  

Sento il tuo dolore, la tua angoscia
e come un cane bastonato giaccio
ai tuoi piedi aspettando una carezza.

Il tuo pensiero è altrove
mentre col naso schiacciato contro i vetri
tenti di vedere

un volo immaginario di rondini
garrule che vanno verso il sole.
Vorrei dal petto tuo strappare
tutto il dolore e berlo come elisir
nella dorata coppa dell'amore.
Bere a sorsetti il tuo dolore
vorrei come giorno dopo giorno
ho gustato la gioia e poi
accasciarmi, contorcermi per non urlare
per rivedere il tuo caldo sorriso
per risentire del riso la melodia
come acqua sorgiva a torrentello.

Sono qui a struggermi
quando vorrei essere con te
per bere le tue lagrime
accarezzare i tuoi capelli
sentire le tue mani sul mio petto
cercare il cuore, prenderlo
e giocarci come fanno
i bambini con la palla.

Tutto questo per vederti ancora sorridere.


novembre 1973


MANO GENTILE  

Mano gentile

borbottasti al mio cuore
amore non ancora vissuto.

Stai frugando
e ti impossessi di tutto
il suo avere.


ALBERO

 

Eri stato creato per equilibrare
la salute fìsica dell'uomo,
ma egli ha voluto la ricchezza
l'ha cercata nelle viscere della terra.

Albero, ora sei lasciato a te stesso!

I vestiti corrosi
sono sparsi sulla terra nera.
Le braccia scheletrite
al cielo invocanti prima
ora penzoloni non hanno più
nessuna reazione:
le vene ricolme di nero catrame
non lasciano passare la vita.

Albero, ti lasci andare senza più forze.

L'uomo ha trovato la ricchezza
ma sta pagando con la vita.  

20 giugno 1973


 

UDIVO IL TOSSIRE DEI CORVI  

Udivo il tossire del corvo
sui rami dell'albero di fronte
casa mia e non volevo uscire.
Ma l'amore per te
quest'amore che brucia
dentro divampa distrugge
mi fece uscire al sole.

Il tossire monocorde
dei corvi non mi faceva più paura.

Sui rami scheletriti dell'albero
di fronte casa mia molti corvi
banchettano con le mie carni.  

19 novembre 1973


 

LUNGO IL CUORE  

Ero in vetta
la tua mano mi sorreggeva.

Il burrone si apri improvviso!

Corro verso il pendio precipito e tu
mi lasci andare come vascello
sfasciato dai marosi.

E voi? Voi che amo
con tutto l'amore che posso?

Una mano pietosa si tende!

Cento mani pietose e buone colme
d'amore raccattano ciò che rimane
e leniscono il dolore di questo
spacco che lungo il cuore ancora dolora  

22 novembre 1973


 

COME S'AFFACCIA  

Come il sole s'affaccia
il girasole si erge
in tutto il suo splendore
per riceverne il bacio.

Il sole lo bacia
e lui lo segue
facendosi sempre più bello.

A sera reclina il capo mesto
ma fiducioso attende l'alba.

Come me il girasole ma
quando lui reclina il capo

io rido
io canto

e l'ora che tu
a me festante vieni.

30 giungo 1973


 

PICCOLA FOGLIA  

Piccola foglia di vite pampino
gentile che bevi il primo sole
come ti dondoli al canto
della primavera gioconda.
Argentata di dolcezza
saldamente legata al ramo
fieramente ti prepari
a far da ombrello all'acino.
Rossa di fiero passato ingiallisci
contenta di aver adempiuto al tuo mandato.

Mi sento come te
 ma non vogliono capire.  

21 giungo 1973


 

COME IL TRALCIO  

S'attorciglia il tralcio
per dare forza al grappolo.

Come il tralcio
la mia vita per darti gioia.  

23 giugno 1973


ANSIA  

Ansia che annienta
fuoco che brucia dentro
attesa che dilania.

Dolore che consuma
per vederti sorridere.

24 giugno 1973


 

LA CAMPANA DELLA SERA  

La campana della sera mi annuncia
il tuo insperato ritorno.
Il canto dell'usignuolo

il tuo desiderio d'amore
il canto dell'allodola

la tua felicità
la stella del mattino

la via per incontrarti
il sole brucia l'ansia dell'attesa.

La campana della sera mi annuncia
il tuo insperato ritorno
ma
l'usignolo piange

l'allodola geme
e la stella del mattino non si vede.

Il pianto dell'usignolo
dice che tu non m'ami più
l'allodola continua a gemere e tu
mattino senza stella la via che non trovo.

Il sole che non ride!
Mi mostra una tomba la luna!

Al suono della campana della sera
cade l'usignuolo sotto un cipresso.  

25 giugno 1973


 

 

HAI MAI VISTO PIANGERE

 

 

Hai mai sentito piangere un usignuolo?

Piangeva in una notte chiara
tra l'erba in germoglio
illuminato da un raggio di luna.

Quella sera ho visto piangere l'usignuolo
quando ti ho atteso fino all'alba
ma non sei venuta.

Ogni notte di luna nuova piange
l'usignuolo ma tu non puoi sentirlo
assordata da musica infernale
ma tu non puoi vederlo
abbagliata dalla luce al neon.

Non vuoi sapere perché piange
anche se hai tanto freddo al cuore.  

ottobre 1973


 

 

DOVER NASCONDERE LE LAGRIME  

 

Sentire un groppo di commozione
premerti il petto,
una forte voglia di piangere
di fronte al miracolo di un tramonto,

o di un'alba radiosa
e dover nascondere le lagrime
ti annichilisce
ti annienta.

Dover nascondere le lagrime
quando hai voglia di piangere
è avvilente, ti senti morto, dentro,
perché l'uomo non sa capire,
non sa più sentire, la bellezza
non gli dice più niente.  

dicembre 1973


 

 

SE PROPRIO DEVO ANDARE  

 

Se proprio devo andare voglio
indossare una camicia pulita.
Non voglio portare

come una bandiera questa camicia
che sa di fango, di sudore e di sangue;
di polvere di pietra macinata
con i denti per aprire nuove vie;
di spine tolte alle rose
strappate dalle mie mani
ma penetrate nel cuore.

Se proprio devo andare voglio
indossare una camicia pulita.

L'uomo non ha capito e ...

Se devo andare datemi
per favore
una camicia pulita.  

novembre 1973


 

 

E IL CUORE BATTE ANCORA  

 

Rimane il battito del cuore!
Aveva fabbricato un castello
era di sabbia. Resurrezione!

Un labile soffio di vento
e dolore senza lamento.

Braccia protese
raccolgono vuoto
e il cuore batte ancora.

Piccola barca
nel burrascoso mare
mia vita s'affianca.
Perché non mi schianta
maroso
su scogli, senza pietà?

Pietà non avesti alla mia fame
non ti curasti del pianto eterno.

Corpi spogliati da pioggia
marciapiedi suo letto
e per cuscino un gradino.
Per muovere i denti il pensiero
questo vi ho dato e mi è dato.

Non parla l'umana giustizia
al povero cuore che sanguina
il mio
che è fatto a spicchi per voi.  

maggio 1967


 

PERO' VORREI  

 

Io che delirando mai t'ho cercato
ma come un figlio al padre parla
t'ho confidato i miei pensieri.

-Tu

che sempre al mio fianco sento
mi hai dato e continui a darmi
forza nella lotta fiducia coraggio. -
Sai che l'uomo può correre
affannarsi ma quando raggiungerà
il traguardo ti troverà in attesa
e Tu l'accoglierai tra le tue braccia.

Però vorrei

che venisse incontro a Te
già prima del traguardo
per vederti sorridere.

Padre sei sempre stato triste
ed io non so più gioire.  

17 novembre 1973


 

PER DIVENTARE UOMO  

 

Vorrei mi chiedi diventare un uomo
lo vorrei tanto ma non so che fare.

Vuoi diventare uomo?

Apriti la Zucca
impossessati della Volontà
capisci l'Umanità
combatti il Tiranno
con convinta Serenità;
ad ogni sopruso Ribellati
tieni dinanzi sempre il Quadro
della vita e ricorda i Poveri;
sii ad ogni costo Onesto
esalta la tua Nobiltà
se necessario Morendo
affinché, te e gli altri, godiate Liberi;
non temere di Iniettarti
Humus
Giovanile
Francamente
Esecrando

con tutto te stesso la Dittatura;
lotta per Costruire
un mondo Buono
in cui rifulga l'Amore:
Universale, Onesto, Maturo, Operoso.  

settembre 1973


 

NEL GIARDINO DELL'OSPEDALE  

 

 

Nel giardino dell'ospedale romano
uomini alla scoperta della vita, vanno.

Mille e più movimenti, altrettanti atteggiamenti
si confondono col pensiero e fanno
quel che il lavoro e «la fatica di vivere»
non gli han permesso durante la primavera:
- poveri, cari compagni di dolore! -
Tentativi di corse con gambe tremolanti
ginnastica con ossa scricchiolanti rivolti al sole
che avidamente bevono - come assetato acqua nel deserto - .

Come finisce il canto delle cicale
è rimpianto per quel che avrebbe potuto
essere nostalgia per un amore rinunciato
fa scendere una lacrima polverosa,
           mentre «quel volto» riaffiora.

Ieri sarebbe stato .... e domani avrebbe ...

Ma è oggi e vive la fatica di sapere
se domani... sarà ancora oggi.  

Ospedale S. Camillo^ Roma: 16/7/1987-Ore 8


 

MI SOSPIRA, DENTRO, UNA VITA  

 

 

Mi sospira, dentro, una vita
perché quegli occhi malinconici?
la bocca perché senza sorriso?

Passi e ti vedo,
ogni volta mi chiedo perché?

Mi sospira, dentro, una vita
come impressa su tela
o materia robusta.
Dimmi, tu vivi?

Chi ti stampò quella tristezza in volto
non si cura oggi del tuo pianto eterno?

Oh! Tu che vivi della vita
l’età più bella, sorridi:
già troppe nuvole riempirai
delle tue lacrime.  

maggio 1967


 

 

MI CIBO DI VERSI  

 

 

Mi cibo di versi

per non sentire l'amaro del falso
l’inganno dell'ipocrisia
della falsa amicizia l'adulazione.

Mi cibo di versi

per non vedere l'uomo che corre
incessantemente verso la china
corre verso il baratro
sognando di volare.

Mi cibo di versi

per dimenticare di aver conosciuto
bestie più irrazionali delle belve
di aver stretto la mano a cadaveri
viventi, per questo mi cibo di versi.

Mi cibo di versi

per non togliere il pane agli affamati
per conservare l'acqua agli assetati
per incitare l'uomo ad essere tale
- ricordagli di essere nato libero -
per questo mi cibo di versi.

Mi cibo di versi
per non vestirmi di rosso
per non vestirmi di bianco
per non vestirmi di nero
e rotolarmi nel verde in un giorno di sole.  

agosto 1973


 

 

PERCORRO LA MIA VIA  

 

 

Percorro la mia vita
e non mi guardo indietro.

Macino la pietra
districo i rovi
estirpo l’erba dannosa
perché a te questa via
sia lastricata di petali
e illuminata dalle stelle.

Un'eco di passi alle mie spalle
e gli ostacoli divello.


No, non ti soffermare
a guardare
quelle gocce di sangue

E' la tua gioia che trionfa!

L'eco dei tuoi passi
E' musica per me

Le mani non mi dolgono più
e i denti continuano
a macinare la pietra.
 


 

IL GABBIANO  

 

 

Ti incontrai

e mi fosti madre premurosa
come mi comprendesti.
E passarono

le ore dell'attesa, monotone,
eterne.
E il sole

continuava a tingere il cielo
di rosa
di rosso

e tu, mi fosti sorella
affettuosa.
E continuarono i giorni! ...

Una sera

contavamo le stelle, ricordi?
Ci baciammo.
Tra un bacio e l'altro
fu detta una parola
e tu, mi fosti amante
appassionata.

Il sole a picco si tuffava nel mare
in quella sera triste di autunno;
passò uno stormo di Gabbiani,
vedendoli esclamasti: «sono una di loro!»
No! Gridai.
E tu avevi già preso il volo.

Ora nella mia eterna solitudine
medito

e il pensiero di tè mi da gioia:
so.

Tutte le sere

in riva al mare ti ritrovo
mio Gabbiano.

4 aprile 1961


 

 

ECO ETERNA  

 

 

II dolce mormorio del giallo fiume
mi riporta l'eco degli anni freschi
e di un altro fiume.
Qui son mura, cemento;
lì son pioppi, sassi levigati.

All'ombra del pioppo lancio
e vola sull'acqua un sasso.
Grida gioiose braccia
 che annaspano senza stile.
Tuffi goffi
splascete!

E ancora grida, battimani.
Diritto sulla scoglio il campione:
silenzio. Anche il vento tace.
Respiro mozzo, sguardi incantati:
il tuffo del campione.
Battimani, elogi.

Sui sassi levigati il campione
al sole riposa.

Un grido strozzato, tante grida:
parole che s'intrecciano.
Il campione come di rospo il salto
è nell'acqua.

Parole che si avviluppano
suoni die si confondono.

SILENZIO!

E' nell'aria respiro d'affanno
anche il vento.

Sui sassi rossi al tramonto
un corpo inerte
nelle pupille aperte il fascino

della vita, nello stomaco gonfio
tutta la vita che non ha vissuto.

Mute pecorelle si rincorrono
nell'aria della sera
prima rosso sangue, poi nere.

Un lampo!
Occhi lucidi sui sassi levigati.

Prima lacrime calde
sul corpo inerte
poi anche il ciclo piange.

Il mormorio del fiume mi riporta l'eco:
eco eterna
dei freschi anni e di un altro fiume.  

28 giugno 1958


 

 

CI RACCONTANO DI UOMINI  

 

 

In un cimitero senza croci
bambini giocano a palla con teschi
di uomini di ieri, non di eroi
che raccontano, e dopo quarant’anni,
di come abbassarono la testa
come muli al tiro
asini alla macina
pecore belanti.

Cemento ricordo, non erba in germoglio
buio e umidità, non sole caldo
lacrime tante per irrorare la terra
ma affiorano i teschi
- i bambini ci giocano a palla -
nella luce proiettata da croci
uncinate come bestie gonfiate.

Le parole come bolle di sapone
sanguinano rotolando

sul fiume di sangue che spaccava il mondo.
Al ricordo dell'olocausto dei forni
Cristo muore ogni giorno
e muore ancora al pensiero di altri
forni che giacciono nel pensiero celato
in bidoni di morte!

I bunker di ieri sono altissimi
oscurano il sole e vendono storie
che non danno più emozioni se non senso
di rabbia dell’ieri: marchio di viltà.

Gli uomini di oggi non buoi al giogo ma veri
attenti a manifestare amore per la vita.
Sono gli stessi che ieri
giocavano a palla con i teschi
in un cimitero senza croci.

Questi uomini non vogliono parole rotolanti
su acque putride dalle quali germogliano
teschi a cui i bambini non possono dare
calci sulle sopraelevate: morte del mondo.  

gennaio 1978


 

IL SOGNO E IL PIANTO DELL'USIGNUOLO  

 

 

Oggi che il canto dell'usignuolo si fa lamentoso
Oggi che l'usignuolo piange, ti dicevo, sento
tutta la pesantezza di un sogno non vissuto
odo ancora, mia cara, il grido della gente impaurita.

S'avvicina il treno e noi l'aspettavamo ansiosi
una bambina veniva risucchiata dall'aria turbinosa
l'afferravo ma ... nelle mani solo il cappuccio.
Grida strazianti sul marciapiede affollato
e tu e io piangenti ci abbracciavamo sconvolti.

L'usignuolo, ogni sera, ritorna a ricordarmi...

Per farmi dimenticare per mano mi portavi
per strade sconosciute, irte salite dove
nuvole rosa, campi sterminati di papaveri ... azzurri
mi davano l'oblio, mentre un usignuolo cantava alla luna.

Oggi che il canto dell'usignuolo si fa lamentoso
sento tutta la pesantezza di quel sogno, mia cara,
che avrei voluto vivere e non ho vissuto.
Oggi che l'usignuolo piange, odo solo il grido
come un'eco interminabile, levato sul marciapiede
«quel giorno» e raccolgo il sangue che scorga
dal mio cuore!  

19 maggio 1976


 

 

AVVOLTOI COME COPERTA  

 

 

Avvoltoi come coperta sul corpo del morente
pronti a cogliere parole del pensiero
ad ogni lamento di dolore. Il letto
concavo come amaca - dopo mesi - l'uomo
alla vista nascondeva dei degenti.

Nella calura, al tacer delle cicale,
iniziava il viaggio della separazione
e il suo stesso sangue confondeva
i lamenti con parole di lascito, incurante
che la metastasi libero lascia il cervello:
Condor pronti a soffocar l'angoscia del morente
per prendere solo quello che aveva costruito:
niente se i figli ora non una lacrima
avevano sul ciglio.

Inutile esistenza di un uomo che ha pensato
solo ad ammucchiar ricchezze e faticare:
ancora le mani callose a pugno chiuso aspettano.

Se muore un cane il padrone piange
ma per un padre nulla inumidisce gli occhi!  

Ospedale S. Camillo 15 luglio 1985  


UNA VITA FA  

Una forte emozione l'anima serra:
voci allegre, volti che nascondono il dolore
con occhi ridenti, bagnati, luccicanti.
Un treno fra poco staccherà ragazzi:
rami alla radice per la terra radiosa.

Uno sguardo e un altro treno appare.

26 settembre del quaranta! Una vita fa!
Ad una stazione nascosta tra colline uomini cantavano
accompagnati da fiumi chiacchieroni: il Tammaro e il Calore.
Solo un bambino popolava il marciapiede del binario
cercando un volto tra i tanti festosi forzati.

Un volto era ritornato per un attimo da un'altra guerra
cantava e tra gli altri la sua voce si perdeva:
«Addio, mia bella, addio!» a squarciagola.

Deliro! Chiusi gli occhi ascoltano, oggi,
«Amico è» di Baldan Bembo. La pelle s'accappona
Grazie a Dio! I rami di oggi son diversi
sanno che il mondo è fatto di uomini
che sanno camminare mano nella mano,
in armonia, cantando a bocca chiusa «Amico è» ...

E il treno va con questa gioventù
che rispecchia negli occhi lucidi
il vero sentimento dell'umanità.  

26 settembre 1985  


 

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