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CIRCOLARE n. 143 DEL 16 LUGLIO 2001

 

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Roma, 16 luglio 2001

Circolare n. 143

OGGETTO: Art. 49, comma 8, della legge 488/99.  Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri, n. 452, del 21.12.2000.
Assegno di maternità a carico dello Stato, concesso ed erogato dall’INPS.
Istruzioni contabili. Variazioni al piano dei conti.

SOMMARIO:

Per ogni figlio nato dal 2 luglio 2000 o per ogni minore adottato o in affidamento preadottivo dal 2 luglio 2000, alle donne residenti, cittadine italiane o comunitarie o extracomunitarie in possesso della carta di soggiorno, aventi determinati requisiti lavorativi o assicurativi, eventualmente anche pregressi, è riconosciuto, a carico dello Stato, un assegno, erogato dall’INPS, di importo pari a lire 3.000.000, rivalutabili ogni anno a partire dal 2001.

In alcune situazioni l’assegno è riconoscibile anche al padre o adottante o affidatario.

 

PREMESSA 

Come comunicato con il msg. n. 742 del 27.7.2000, l’art. 49, comma 8, della legge n. 488 del 23.12.99 ha previsto -per ogni figlio nato dal 2 luglio 2000 o per ogni minore adottato o in affidamento preadottivo dal 2 luglio 2000- l’erogazione alle donne residenti, cittadine italiane o comunitarie o in possesso della carta di soggiorno, aventi determinati requisiti lavorativi o assicurativi, eventualmente anche pregressi (v. par. A), di un assegno ( d’ora in avanti denominato, per la sua immediata identificazione e distinzione da altre analoghe provvidenze, “assegno di maternità dello Stato”) di importo intero (pari a £. 3.000.000 per il 2000 ) nel caso in cui non sia corrisposta alcuna prestazione per la tutela previdenziale obbligatoria della maternità, ovvero di importo pari alla quota differenziale se la prestazione complessiva di maternità in godimento è inferiore a £. 3.000.000 (v. par. C).

  L’assegno (intero o in quota differenziale) è posto a carico dello Stato ed è concesso ed erogato dall’INPS anche qualora i requisiti lavorativi siano stati conseguiti presso datori di lavoro non tenuti al versamento dei contributi di maternità all’INPS.

Con Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri, n. 452, del 21 dicembre 2000, (pubblicato sulla G.U. n. 81 del 6.4.2001 ed entrato in vigore il 7 aprile) è stato emanato il regolamento di attuazione (allegato 1) sulla base del quale, pertanto, si impartiscono le seguenti disposizioni.

Si precisa, comunque, che i richiami legislativi riportati nella presente circolare con riferimento alla legge n. 1204/1971 e ad altre disposizioni normative in materia di maternità, sono quelli contenuti nel suddetto Decreto; gli stessi devono ora intendersi operati con riferimento alle corrispondenti disposizioni del T.U. sulla maternità e sulla paternità (Decreto n. 151 del 26.3.2001, pubblicato sulla G.U. n. 96 del 26.4.2001 – Suppl. ordinario n. 93).     

  

   A)        SOGGETTI RICHIEDENTI.   

            A seconda dei casi e dei requisiti posseduti (v. punti 1, 2, 3 e 4), l’assegno può essere richiesto da uno dei seguenti soggetti: 

-          madre, anche adottante
-         
padre, anche adottante
-         
affidataria preadottiva
-         
affidatario preadottivo
-         
adottante non coniugato
-         
coniuge della madre adottante o della affidataria preadottiva
-         
affidatario/a (non preadottivo/a) in caso di non riconoscibilità o non riconoscimento da parte di entrambi i genitori.

       

1.       REQUISITI GENERALI

             Tutti i soggetti sopra indicati devono risultare:

 a)       residenti in Italia;
 b)       cittadini italiani o di uno Stato dell’Unione Europea, ovvero in possesso della
carta di soggiorno, se cittadini extracomunitari.

 La residenza nel territorio dello Stato italiano deve essere posseduta al momento della nascita del bambino o dell’ingresso in famiglia del minore adottivo o in affidamento preadottivo (1).

 La cittadinanza italiana o di uno Stato dell’Unione Europea, ovvero il possesso della carta di soggiorno per gli extracomunitari, devono sussistere al momento della domanda di assegno.

 La carta di soggiorno, di cui all’art.9 del D. Lgs n. 286/1998, da non confondere con il “permesso di soggiorno”, è rilasciata dal Questore su richiesta dello straniero regolarmente soggiornante in Italia da almeno 5 anni e con un reddito sufficiente per sé e per la sua famiglia.

Per il rilascio della carta di soggiorno ai familiari di chi è già titolare della stessa e per il rilascio della carta alla cittadina extracomunitaria coniugata con un italiano, non sono richiesti i requisiti di cui al citato art. 9 del D.Lgs. 286/98 (tra cui la residenza in Italia da almeno 5 anni).

Il possesso della carta di soggiorno (autocertificabile, secondo la nuova normativa, con una dichiarazione, da allegare alla domanda di assegno, contenente tutti i dati e le notizie essenziali esistenti sulla carta; naturalmente, in alternativa, è possibile presentare la fotocopia della “carta” stessa) è un requisito previsto, al momento della domanda di assegno, anche per il figlio, se il genitore richiedente l’assegno suddetto la possiede (v. par. B, punto 1).

Peraltro, se al momento della domanda di assegno, la carta di soggiorno non è stata ancora rilasciata, può essere provvisoriamente fornita dichiarazione relativa alla richiesta della carta stessa (o fornita copia della richiesta); in tal caso il pagamento dell’assegno viene sospeso, così come il termine di 120 gg. previsto per l’erogazione da parte dell’INPS (v. par. F). L’avvenuto rilascio della carta di soggiorno va comunque dichiarato all’INPS (la carta, come detto, può essere fornita in copia). Se la data del rilascio è molto tardiva rispetto alla domanda di assegno, le Sedi dovranno accertare presso la Questura competente la sussistenza dei requisiti per il rilascio della carta di soggiorno al momento della domanda di assegno all’INPS.

2.       REQUISITI ULTERIORI PER LA MADRE (anche adottante o donna affidataria).

Se sussistono, in aggiunta a quelli generali di cui al punto 1 (residenza al momento della nascita o dell’adozione/affidamento e cittadinanza italiana o comunitaria o carta di soggiorno al momento della domanda), gli ulteriori requisiti di seguito descritti, l’assegno può essere richiesto dalla:           

2.1      Donna lavoratrice che, alla data del parto o dell’ingresso del bambino in famiglia, ha una qualsiasi forma di tutela previdenziale della maternità in corso di godimento (ovvero di diritto al godimento della prestazione alla data suddetta) e può far valere almeno 3 mesi di contribuzione nel periodo che va dai 18 ai 9 mesi precedenti il parto o l’effettivo ingresso, nella sua famiglia anagrafica, del bambino in affidamento preadottivo o in adozione senza affidamento 

La norma si riferisce alla donna che ha un rapporto di lavoro in atto alla data del parto o dell’ingresso del bambino in famiglia, eventi per i quali ha diritto ad un trattamento economico, previdenziale o non (v. successivo cpv.) per astensione obbligatoria di maternità (v. ultimo e penultimo capoverso del presente punto 2.1).

 Ai trattamenti previdenziali di maternità sono equiparati, in virtù di quanto previsto dall’art. 13, 2° comma, della legge 1204/71, i trattamenti economici dei dipendenti dalle amministrazioni dello Stato, dalle Regioni, dalle Province, dai Comuni e dagli altri Enti pubblici. Sono altresì equiparati i trattamenti economici corrisposti dai datori di lavoro non tenuti al versamento all’INPS dei contributi di maternità.

I 3 mesi di contribuzione, da reperire tra i 18 e i 9 mesi precedenti l’evento (parto o ingresso in famiglia), devono riferirsi ad una attività lavorativa subordinata o parasubordinata per la quale sia stata versata o sia dovuta la contribuzione di maternità. (Per l’attività relativa ad A.S.U./L.P.U., v. punto 2.2, ultimo cpv.).

In particolare, a seconda dell’attività lavorativa, tre mesi di contribuzione corrispondono a:

-            90 giorni di attività lavorativa per i lavoratori retribuiti a giornata;
-            13 settimane di attività lavorativa per i lavoratori retribuiti a settimana;
-            24 ore (di lavoro alla settimana), moltiplicato per 13 settimane, per i lavoratori retribuiti ad ore (si applicano, infatti, i criteri di calcolo vigenti per i  lavoratori domestici, di cui al D.P.R. 31.12.71, n. 1403, come modificato dal D.L. n. 463/83, art. 7, 6° comma, convertito nella legge n. 638/83, che ha elevato da 12 a 24 ore settimanali il numero di ore lavorative valide per l’accreditamento di un contributo settimanale);
-         3 mensilità della contribuzione dello 0,5% (prevista dall’art. 59 della legge 449/97) per le lavoratrici autonome (c.d. “parasubordinate)  iscritte alla gestione separata, da reperire nei 12 mesi che precedono i due anteriori alla data del parto (v. D.M. del 27.5.98 e circ. n. 47 del 1.3.1999).

Ai 3 mesi di attività lavorativa subordinata soggetta alla contribuzione di maternità sono equiparati i periodi di attività lavorativa subordinata svolta presso le pubbliche amministrazioni nonché di quella svolta alle dipendenze dei datori di lavoro non tenuti al versamento all’INPS del contributo di maternità.

Come sopra accennato, la norma riguarda le donne in attività di lavoro, alle quali, spetta, generalmente, un trattamento economico di maternità, o quale prestazione previdenziale (con qualche limite per le lavoratrici domestiche o “parasubordinate” che, pur con un rapporto di lavoro in atto, potrebbero non aver raggiunto, al momento dell’evento, i requisiti contributivi previsti per la prestazione di maternità) o quale retribuzione a carico del datore di lavoro.

Per le donne in attività di lavoro il riconoscimento dell’assegno in misura intera, pertanto, sembra difficilmente ipotizzabile, se non si tratti di parti, adozioni o affidamenti  plurimi.

Più probabile appare l’ipotesi del riconoscimento della quota differenziale (v. par. C) quando, cioè, il trattamento economico erogato direttamente dall’INPS o dai datori di lavoro, (compresi quelli non tenuti al versamento dei contributi di maternità all’INPS) risulta di importo contenuto, come, ad esempio, per le lavoratrici parasubordinate con mensilità di contribuzione inferiori a 9 (da 9 a 12 mesi spetta infatti una indennità superiore a 3 milioni), ovvero per le lavoratrici a tempo parziale, ecc..

 2.2      Donna che ha perduto il diritto a prestazioni previdenziali o assistenziali derivanti dallo svolgimento di attività lavorativa per almeno tre mesi, a condizione che il periodo intercorrente tra la data della perdita del diritto a tali prestazioni e la data del parto o dell’effettivo ingresso in famiglia del bambino non sia superiore a quello di godimento delle suddette prestazioni e comunque non sia superiore a nove mesi (2).

Le prestazioni previdenziali o assistenziali il cui diritto sia stato perduto sono state individuate nelle seguenti:

 a)      prestazioni per A.S.U. o L.P.U.;
 b)      indennità di mobilità; 
 
c)      indennità di disoccupazione, compresa quella con requisiti ridotti;  
 d)      indennità di cassa integrazione, ordinaria e straordinaria, 
 e)      indennità di malattia o di maternità.     

 Come data della perdita del diritto ad una delle suddette prestazioni va considerata in linea di massima quella corrispondente all’ultimo giorno di percezione della prestazione.

 Nel caso in cui la data in questione non sia individuabile, si deve fare riferimento al 1° gennaio dell’anno successivo a quello in cui cade l’evento che ha dato diritto alla prestazione (come ad es. per le prestazioni “non erogate a giornata”, quali l’assegno di parto o di aborto alle lavoratrici parasubordinate) (3).

Analogamente si deve fare riferimento al 1° gennaio dell’anno successivo a quello per il quale è dovuta la prestazione, se questa, pur corrisposta “a giornata”, non è suscettibile, nel suo insieme, di una esatta collocazione temporale (come, ad es. per la indennità di disoccupazione con requisiti ridotti) (4).

Si sottolinea che per avere diritto all’assegno di maternità non è sufficiente il pregresso diritto ad una delle sopraelencate prestazioni previdenziali o assistenziali, ma è necessario, come accennato, che l’attività lavorativa che ne ha costituito il presupposto sia stata svolta per almeno 3 mesi, calcolati come da punto 2.1. Nei 3 mesi di attività va calcolato anche il lavoro prestato nelle attività socialmente utili (A.S.U.) o nei lavori di pubblica utilità (L.P.U.) (lavori per i quali non è prevista la contribuzione), anche qualora sia stata l’unica attività lavorativa svolta.

2.3      Donna che durante il periodo di gravidanza ha cessato di lavorare per recesso, anche volontario, dal rapporto di lavoro, a condizione che possa far valere tre mesi di contribuzione nel periodo che va dai 18 ai 9 mesi antecedenti al parto.

Per il calcolo dei 3 mesi di contribuzione sono applicabili i criteri di cui al punto 2.1.  

Con l’occasione, mentre si rammenta (v. circ. n. 128 del 5.7.2000) che le dimissioni volontarie, intervenute durante il periodo previsto per il divieto di licenziamento dall’art. 2 della legge 1204/71, possono dare titolo, ai sensi dell’art. 12 della stessa legge, alla indennità di disoccupazione, si fa presente che l’art. 55 del T.U. sulla maternità (articolo sostitutivo del suddetto art. 12 della legge 1204) stabilisce che la stessa disposizione si applica anche nel caso di adozione e affidamento, entro un anno dall’ingresso del minore in famiglia. Ne consegue che anche le dimissioni volontarie intervenute entro un anno dall’ingresso del minore nella famiglia adottante o affidataria possono dare titolo alla indennità di disoccupazione. Pertanto, se all’inizio dell’astensione obbligatoria o del periodo di astensione fruibile nei primi tre mesi dall’ingresso del bambino in famiglia, la lavoratrice è in godimento, anche teorico, della indennità di disoccupazione, la stessa ha diritto alla prestazione di maternità in luogo di quella di disoccupazione (ovviamente il problema non si pone se l’astensione inizia entro i 60 giorni corrispondenti al periodo di “protezione assicurativa”). Se l’importo della prestazione di maternità è inferiore all’importo intero dell’assegno dello Stato, può essere richiesto il pagamento della quota differenziale.


 3.       REQUISITI ULTERIORI PER IL PADRE (anche adottante, ovvero affidatario o coniuge della donna deceduta).

 Se sussistono, in aggiunta a quelli generali, di cui al punto 1 (residenza al momento della nascita o dell’adozione/affidamento e cittadinanza italiana o comunitaria o carta di soggiorno al momento della domanda) gli ulteriori requisiti di seguito descritti, l’assegno può essere richiesto dal:

 3.1      Padre, in caso di abbandono del figlio da parte della madre, o di affidamento esclusivo del figlio al padre (risultante da provvedimento del giudice) (5), sempre che il padre sia in possesso, al momento dell’abbandono o dell’affidamento esclusivo, dei requisiti del punto 2.1 (3 mesi di contributi fra i 18 e i 9 mesi precedenti) o del punto 2.2 (perdita del diritto, da non più di 9 mesi, a prestazioni previdenziali o assistenziali derivanti dallo svolgimento di almeno 3 mesi di attività di lavoro), e sempre che sussistano congiuntamente le seguenti condizioni:

 a)   al momento della nascita anche la madre sia regolarmente soggiornante e residente in Italia;
       b)   il figlio, al momento della domanda, sia stato riconosciuto dal padre;
       c)   il  figlio, al momento della domanda, si trovi presso la famiglia anagrafica del padre, sia soggetto alla sua potestà e non sia in affidamento presso      terzi.

 In presenza delle suddette condizioni l’assegno spetta “in via esclusiva” al padre e ciò anche qualora la madre abbia a suo tempo beneficiato dell’assegno o di altra prestazione di maternità (6).

3.2 Affidatario preadottivo, nell’ipotesi di separazione dei coniugi intervenuta nel corso della procedura di affidamento preadottivo secondo quanto previsto dall’art. 25, 5° comma, della legge n. 184/83, sempre che l’affidatario sia in possesso, al momento dell’affidamento, dei requisiti del 2.1 (3 mesi di contributi fra i 18 e i 9 mesi precedenti) o del punto 2.2 (perdita del diritto, da non più di 9 mesi, a prestazioni previdenziali o assistenziali derivanti dallo svolgimento di almeno 3 mesi di attività di lavoro) e sempre che sussistano congiuntamente le seguenti condizioni: 

a)      il minore si trovi, al momento della domanda, presso la famiglia anagrafica dell’affidatario; 
b)      la moglie (ora separata) affidataria non abbia a suo tempo già usufruito dell’assegno. 

 3.3      Adottante in caso di adozione senza affidamento (v. art. 44, lett. c), della legge n. 184/83), quando intervenga la separazione dei coniugi ai sensi dell’art. 25, 5° comma, della legge 184/83, sempre che l’adottante sia in possesso, al momento dell’adozione, dei requisiti del punto 2.1 (3 mesi di contributi fra i 18 e i 9 mesi precedenti) o del punto 2.2 (perdita del diritto, da non più di 9 mesi, a prestazioni previdenziali o assistenziali derivanti dallo svolgimento di almeno 3 mesi di attività di lavoro) e sempre che sussistano congiuntamente le seguenti condizioni:

       a)      il minore si trovi, al momento della domanda, nella famiglia anagrafica dell’adottante;
       b)      la moglie (ora separata) adottante non abbia a suo tempo già usufruito dell’assegno.

3.4   Adottante non coniugato in caso di adozione pronunciata solo nei suoi confronti ai sensi dell’art. 44, 3° comma, della legge 184/83 (l’adozione è consentita anche a chi non è coniugato, se parente entro il 6° grado del bambino, in caso di perdita, da parte del bambino stesso, dei genitori o in caso di constatata impossibilità di suo affidamento preadottivo), sempre che l’adottante non coniugato sia in possesso, al momento dell’adozione, dei requisiti del punto 2.1 (3 mesi di contributi fra i 18 e i 9 mesi precedenti) o del punto 2.2 (perdita del diritto, da non più di 9 mesi, a prestazioni previdenziali o assistenziali derivanti dallo svolgimento di almeno 3 mesi di attività di lavoro) e sempre che sussistano congiuntamente  le seguenti condizioni:

       a)       il minore, al momento della domanda, si trovi nella famiglia anagrafica dell’adottante non coniugato;
       b)       il minore, al momento della domanda, sia soggetto alla potestà dell’adottante non coniugato e non sia in affidamento presso terzi.

 3.5   Padre che ha riconosciuto il neonato o coniuge della donna adottante o affidataria preadottiva, in caso di decesso, rispettivamente, della madre o della donna che ha avuto il minore in adozione o in affidamento preadottivo, sempre che sussistano congiuntamente, al momento della domanda, le seguenti condizioni:

       a)       regolare soggiorno (compresa anche la carta di soggiorno per gli extracomunitari) e residenza in Italia del padre o coniuge della deceduta;
       b)       il minore si trovi presso la sua famiglia anagrafica;
       c)       il minore sia soggetto alla sua potestà;
       d)       il minore  non sia in affidamento presso terzi.
       e)       la donna deceduta non abbia a suo tempo già usufruito dell’assegno.

Non sono necessari per il padre o coniuge di cui si tratta i requisiti del punto 2.1 (3 mesi di contributi fra i 18 e i 9 mesi precedenti ) o del punto 2.2 (perdita del diritto, da non più di 9 mesi, a prestazioni previdenziali o assistenziali derivanti dallo svolgimento di almeno 3 mesi di attività di lavoro), requisiti da ritenere richiesti, invece, per la madre o donna decedute.

 Tuttavia, qualora il padre o il coniuge siano in possesso dei medesimi requisiti previsti per la persona deceduta (3 mesi di contributi fra i 18 e i 9 mesi precedenti ovvero perdita del diritto, da non più di 9 mesi, a prestazioni previdenziali o assistenziali derivanti dallo svolgimento di almeno 3 mesi di attività di lavoro), possono percepire l’assegno a proprio titolo, presentando una domanda autonoma, sostitutiva, di quella della donna deceduta, alla stessa Sede INPS dove la donna aveva precedentemente presentato la domanda, ovvero alla Sede territorialmente competente in base all’ultima residenza della donna, nel caso in cui la stessa non avesse presentato la domanda.  

 4. REQUISITI ULTERIORI PER L’AFFIDATARIO/A (NON PREADOTTIVO/A).

 In caso di neonato non riconoscibile o non riconosciuto da entrambi i genitori, l’assegno può essere richiesto dal soggetto che, in aggiunta ai requisiti generali ed a quelli del punto 2.1 (3 mesi di contributi fra i 18 e i 9 mesi precedenti) o del punto 2.2 (perdita del diritto, da non più di 9 mesi, a prestazioni previdenziali o assistenziali derivanti dallo svolgimento di almeno 3 mesi di attività di lavoro), risulti in possesso  dei seguenti ulteriori requisiti:

        a)   abbia ottenuto in affidamento (ovviamente non preadottivo) il bambino, con provvedimento del giudice;
        b)  
il neonato si trovi nella sua famiglia anagrafica al momento della domanda di assegno.

B)  OGGETTO DELLA TUTELA (SOGGETTI PER I QUALI SI CHIEDE L’ASSEGNO). 

 1)    Ogni figlio nato dal 2 luglio 2000 in poi, che sia regolarmente soggiornante e residente in Italia al momento della domanda di assegno.

 Se il genitore richiedente è in possesso della carta di soggiorno, anche il figlio convivente deve essere in possesso della carta di soggiorno, qualora non sia nato in Italia o non sia cittadino di uno Stato dell’Unione Europea.

 2)    Ogni minore in affidamento preadottivo o in adozione senza affidamento che sia entrato nella famiglia anagrafica del richiedente dal 2 luglio 2000 in poi e che abbia un’età non superiore a quella prevista dalla vigente legislazione per la fruizione, da parte dell’adottante o affidatario, del congedo di maternità (e della relativa indennità pari all’80% per 3 mesi) vale a dire, non superiore a 6 anni per i minori italiani e non superiore a 18 anni per i minori di nazionalità straniera.

 Dalla tutela, peraltro, è escluso il minore di cui all’art. 44, 1° comma, lett. b), della legge 184/83, e cioè il minore adottato dal coniuge quando è figlio, anche adottivo, dell’altro coniuge.

 C) IMPORTO

 Per ogni figlio nato o minore adottato o in affidamento preadottivo dal 2 luglio 2000 al 31 dicembre 2000 (per gli anni successivi v. in appresso), l’importo intero dell’assegno è di £. 3.000.000 (€1548,58).

       Come sopra accennato (v. punto 2.1), l’assegno spetta in misura intera se non è stato corrisposto alcun altro trattamento economico di maternità, oppure in misura ridotta (quota differenziale) se l’importo del trattamento economico (previdenziale e non) di maternità è inferiore a quello dell’assegno (ipotesi, quest’ultima, che comprende, come detto, le situazioni di parto plurimo: il trattamento economico di maternità, infatti, potrebbe essere inferiore, in quanto, a differenza dell’assegno, non tiene conto del numero di gemelli, di adottati o affidati contemporaneamente).

        Si potrebbe verificare, peraltro, che all’atto della concessione dell’assegno (intero) non risulti richiesto o erogato per lo stesso evento nessun altro trattamento economico di maternità, ma che ciò risulti in un momento successivo.

       In tal caso, l’assegno dovrà essere recuperato, ovviamente con provvedimento debitamente motivato, per l’importo intero se l’indennità e/o retribuzione è superiore, ovvero per la sola somma eccedente la quota differenziale se l’indennità e/o retribuzione è inferiore.

       Precisato quanto sopra, si riportano i seguenti criteri di calcolo della quota differenziale.

 In tutti i casi, compresi quelli in cui ne può beneficiare il padre o affidatario o adottante anche non coniugato, la quota differenziale è determinata sottraendo dall’importo intero dell’assegno moltiplicato per il numero dei figli nati o in affidamento/adozione, il trattamento retributivo o previdenziale di maternità (indennità + trattamento retributivo integrativo dell’indennità) erogato per il periodo di astensione obbligatoria (precedente e posteriore al parto, inclusi gli eventuali periodi di prolungamento dell’interdizione anticipata e/o prorogata disposti dalla Direzione provinciale del lavoro), ovvero l’importo del trattamento previdenziale e/o retributivo erogato per adozione o affidamento.

 Quando la quota differenziale spetta al coniuge della donna affidataria o adottante deceduta si ha riguardo sia al trattamento di maternità spettante o percepito dalla donna, sia a quello eventualmente percepito (ovviamente in parte) anche dall’uomo richiedente a seguito del decesso della donna. In altri termini dall’importo dell’assegno intero si sottrae la somma dei due trattamenti di maternità. Lo stesso criterio si applica alle adozioni di cui all’art. 44, 3° comma, della legge 184/83 pronunciate nei confronti di più adottanti.

 Dalla quota differenziale si detrae anche l’assegno di maternità eventualmente già concesso dal Comune ai sensi dell’art. 66 della legge 448/98 (v. par. D): tanto significa anche che è inutile presentare domanda al Comune per l’assegno di sua pertinenza quando si è acquisita certezza circa il diritto all’assegno di pertinenza dell’INPS. Al contrario, la domanda di assegno respinta dall’INPS per mancanza dei requisiti, sarà trasmessa d’ufficio al Comune competente che la considererà quale richiesta di assegno ex art. 66 della legge 448/98, con data di presentazione uguale a quella della domanda inoltrata all’INPS (v. anche par F).

 L’importo dell’assegno in misura intera e l’importo della quota differenziale sono determinati con riferimento alla data del parto o dell’ingresso del minore nella famiglia anagrafica del richiedente e sono rivalutati al 1° gennaio di ogni anno sulla base della variazione dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, calcolato dall’ISTAT.

 Per le nascite o ingressi in famiglia intervenuti dal 1° gennaio al 31 dicembre 2001, pertanto, l’importo intero è pari a £. 3.078.000 (€ 1589,65), tenuto conto che l’incremento ISTAT per il 2001 è risultato pari a 2,6%.

 D)   ASSEGNO DI MATERNITA’ DELLO STATO E ALTRE PROVVIDENZE DI MATERNITA’.

 L’assegno di maternità dello Stato, come detto, non è cumulabile con l’assegno concesso dai Comuni ed erogato dall’INPS ai sensi dell’art. 66 della legge 448/98. Qualora quest’ultimo risulti essere già stato concesso o erogato, l’assegno di maternità dello Stato potrà essere concesso limitatamente alla quota differenziale, sempre che sussistano i necessari requisiti contributivi e lavorativi.

 L’assegno di maternità dello Stato è cumulabile, invece, con analoghe provvidenze di maternità erogate dalle regioni e dagli enti locali e non costituisce reddito ai fini fiscali e previdenziali.

 E) DOMANDA E DOCUMENTAZIONE

 La domanda per la concessione dell’assegno, per la quale va compilato l’apposito modulo (MOD.ASS. MAT./Stato) (all. 2), deve essere presentata alla Sede INPS del territorio di residenza del soggetto che chiede la prestazione (con la eccezione prevista in caso di decesso della donna e di domanda autonoma dell’uomo: v. punto 3.5) nel termine perentorio di 6 mesi, i quali, a seconda del soggetto richiedente, decorrono come di seguito indicato:

       a)       per  la madre legittima o naturale che ha riconosciuto il figlio: dalla data di nascita del bambino;
       b)       per la donna che  ha avuto un minore in affidamento preadottivo o in adozione senza affidamento: dalla data di ingresso del minore nella sua famiglia anagrafica;
       c)       per l’adottante non coniugato: dalla data di ingresso del minore nella sua famiglia anagrafica;
       d)       per il padre che si trova nelle condizioni del punto 3.1 o del punto 3.5, per l’affidatario preadottivo e per l’adottante che si trovano, rispettivamente, nelle condizioni del punto 3.2 e del punto 3.3, per il coniuge della donna adottante o affidataria che si trova nelle condizioni del punto 3.5, per l’affidatario/a non preadottivo/a che si trova nelle condizioni del punto 4: dalla scadenza del termine concesso alla madre o alla donna adottante o affidataria.

 Peraltro, il padre che si trova nelle condizioni del punto 3.1 o del punto 3.5 può presentare la domanda anche durante il termine concesso alla madre qualora risulti che l’assegno spetta a lui in via esclusiva, ovvero sia documentato il decesso della madre. Analoga possibilità è prevista per il coniuge che si trova nelle condizioni del punto 3.5, qualora sia documentato il decesso della donna adottante o affidataria.

 In sede di prima attuazione, la domanda di assegno per gli eventi avvenuti dal 2.7.2000 al 6.4.2001 può essere presentata entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore del regolamento, cioè entro il 7 ottobre 2001.

 Il richiedente è tenuto a fornire le dichiarazioni contenute nel modulo di domanda e ad allegare le ulteriori dichiarazioni/autocertificazioni indicate al quadro 6 del modulo stesso, per le domande riguardanti minori in affidamento o in adozione e per quelle relative a casi di abbandono da parte della madre nonché per quelle relative a cittadini extracomunitari (7).

 Nell’ipotesi di incapacità di agire del genitore, la domanda e le relative dichiarazioni sono presentate dal legale rappresentante dell’incapace.

  F) ADEMPIMENTI DELLE SEDI

 La Sede INPS che ha concesso l’assegno è tenuta ad erogarlo entro 120 giorni dalla data di presentazione di una regolare domanda corredata della necessaria documentazione. Il termine è sospeso in caso di documentazione insufficiente o inidonea.

 Ai fini della concessione e della erogazione, le Sedi dovranno accertare preliminarmente che per lo stesso evento non sia già stato richiesto, concesso o erogato l’assegno dello Stato o altro trattamento economico (indennità e/o retribuzione) di maternità; in caso di assegno indebitamente erogato provvederanno alla revoca del beneficio ed al recupero della corrispondente somma. Dovranno inoltre verificare, con controlli anche a campione, la veridicità delle situazioni dichiarate, in particolare quella familiare, e la sussistenza degli altri requisiti previsti.

Nel caso in cui la domanda venga respinta dalla Sede INPS per mancanza dei requisiti previsti, la stessa Sede provvederà a trasmetterla d’ufficio al Comune di residenza del richiedente perché il Comune prenda a riferimento la relativa data di presentazione (e non quella in cui la domanda è stata respinta dall’INPS) quale data di richiesta di assegno ex art. 66 della legge 448/98.

Le Sedi dell’INPS, inoltre, sono tenute a fornire ai Comuni, unitamente ad un sufficiente quantitativo di moduli ASS. MAT./Stato, la scheda informativa (all. 3) che i Comuni provvederanno a consegnare agli interessati all’atto della iscrizione anagrafica dei minori (conseguente alla nascita o all’adozione o all’affidamento preadottivo).

L’approntamento tipografico del modulo di domanda, ASS. MAT./Stato, compresa la pagina con le “ricevuta/avvertenze”, sarà curato dalle Sedi. Dovrà essere utilizzato il formato A3 (cm. 29,7 x 42), in modo che il foglio con le prime 4 pagine, ripiegato, assuma le dimensioni del formato A4 (cm. 21 x 29,7). In sostanza, sulla facciata anteriore (da ripiegare) dovranno essere stampate, a sinistra la pag. 4 e a destra la pag. 1, e sulla facciata posteriore a sinistra la pag. 2 e a destra la pag. 3. A parte sarà stampato il foglio (formatoA4) contenente la ricevuta e le avvertenze.

Come può rilevarsi dall’esemplare consultabile nel sito INTERNET/INTRANET, i riquadri sono variamente colorati. Ovviamente il modulo può essere stampato da P.C., per singola pagina, in formato A4, utilizzando il “file” scaricabile dal predetto sito INTERNET/INTRANET.

G) MODALITA’ PROCEDURALI DI PAGAMENTO

Nelle more dell’integrazione della procedura di pagamento diretto delle prestazioni di malattia e maternità, gli assegni dovranno essere pagati con la procedura dei “Pagamenti Vari” che dovrà essere utilizzata osservando le seguenti regole:

        -  creare una collezione con il nome “ASSMATINPSnn” dove “nn” è un elemento variabile a disposizione dell’operatore che può impostare, ad esempio, con il codice della struttura operativa che deve liquidare gli assegni;
       -   inizializzare la collezione impostando la causale con la dicitura “Assegno di maternità concesso dall’INPS (L. 488/99)”. I campi “Nomi/Conti” possono essere definiti a piacere;
       -   acquisire le posizioni e l’importo dell’assegno lasciando il campo “agg.to archivio fiscale (S/N)” impostato ad “N”.  

 H)     ISTRUZIONI CONTABILI

 Ai fini della rilevazione contabile dell'assegno per maternità di che trattasi è stato istituito il conto GAT 30/50 il quale sarà assistito, nell’ambito della procedura dei flussi di cassa, dalla causale di mod. FL02: 21608 “MATERNITA’ ART. 49 C.8 L.488/99”. 

Eventuali recuperi della suddetta prestazione dovranno essere imputati al conto GAT 24/41, di nuova istituzione.

A tal fine la procedura "recupero crediti per prestazioni" sarà aggiornata con il codice di bilancio "86" in corrispondenza del predetto conto GAT 24/41.

Gli importi relativi alle partite in questione, che alla fine dell’esercizio risultino ancora da definire, verranno imputati, mediante ripartizione del saldo del conto GPA 00/32 eseguita dalla suddetta  procedura, al conto di credito esistente GAT 00/30.

Il codice di bilancio di cui sopra è cenno dovrà essere utilizzato, ovviamente, anche per evidenziare, nell’ambito del partitario del conto GPA 00/69 e con la denominazione di seguito riportata, i crediti per prestazioni divenuti inesigibili:

86 - Assegno per maternità art. 49, c.8, L.488/99

Inoltre, per quanto riguarda le modalità di evidenziazione nell'ambito del partitario del conto GPA 10/31 di eventuali somme non riscosse dai beneficiari, è stato istituito il nuovo codice di bilancio 66  “Somme non riscosse dai beneficiari – Maternità art. 49, c.8, L.488/99” con il quale le stesse dovranno essere contraddistinte.

Le partite in argomento che al termine dell'esercizio risultino ancora da definire dovranno essere imputate al conto di nuova istituzione GAT 10/38.

Nell'allegato n. 4 si riportano i sopra citati conti GAT 10/38, GAT 24/41 e GAT 30/50.

 

IL DIRETTORE GENERALE

TRIZZINO

 

(1)     Alla data di ingresso del minore nella famiglia anagrafica della persona affidataria è equiparata la data di inizio della coabitazione, quale risulta dagli atti relativi alla procedura di affidamento preadottivo. Ciò è riferito, peraltro, solo ai casi eccezionali in cui il minore non può essere iscritto nella famiglia anagrafica dell’affidatario per particolari misure di tutela stabilite dalla autorità competente.

(2)     Esempio: una lavoratrice agricola a tempo determinato, non iscritta negli elenchi agricoli del 2000, ha fruito della prestazione di maternità relativa al parto del 15.1.2000, in quanto iscritta negli elenchi del 1999, con un numero di giornate di iscrizione pari a 90 (se fosse stato inferiore a 90 la norma del presente punto 2.2 non sarebbe applicabile).

I periodi di godimento della prestazione sono stati i seguenti:

dal 15.10.99 al 15.3.2000 per astensione obbligatoria;

dal 1.7.2000 al 31.12.2000 per astensione facoltativa.

La data della perdita del diritto alla prestazione di maternità, quindi, è il 1.1.2001.

Il periodo totale di godimento della prestazione di maternità nell’anno 2000 è pari a 8 mesi più 15 gg..

La data entro la quale può essere esercitato il diritto all’assegno dello Stato (intero o parziale) è il 15.9.2001. Pertanto, la lavoratrice in questione ne avrebbe diritto qualora un nuovo parto (o ingresso del bambino in famiglia) avvenisse entro il 15.9.2001.

(3)     Es.: la data del parto di una lavoratrice parasubordinata è il 16 luglio 2000; la data di perdita del diritto al relativo assegno di parto è il 1.1.2001; il diritto alla percezione dell’assegno dello Stato (intero o parziale) può essere esercitato per un (altro) figlio nato o entrato in famiglia entro il 30 settembre 2001.

(4)     Es.: una lavoratrice si trova in stato di disoccupazione nel corso del 2000; ha diritto alla indennità di disoccupazione con requisiti ridotti, da liquidare, quindi, nel 2001, (indipendentemente, cioè, dall’ultimo giorno di lavoro effettuato nel 2000); la data di perdita del diritto alla indennità di disoccupazione con requisiti ridotti   è il 1° gennaio 2001; il diritto all’assegno dello Stato è esercitabile per i figli nati (o entrati in famiglia) entro il 30 settembre 2001.

(5)     La situazione di abbandono (diversa da quella di “non riconoscimento”) del figlio da parte della madre e l’affidamento esclusivo possono essere dichiarati ai sensi dell’art. 47 del D.P.R. 445/2000 (dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà): la dichiarazione, da allegare alla domanda, deve contenere tutti i dati e le notizie essenziali per le possibili verifiche dell’INPS.

(6)     Considerata la formulazione della norma e tenuto conto che la condizione di non fruizione dell’assegno, da parte della madre, è stata espressamente prevista soltanto per le situazioni sub 3.2 e 3.3, si ritiene che in caso di abbandono del figlio o di affidamento esclusivo del figlio al padre, quest’ultimo abbia comunque diritto all’assegno anche qualora la madre ne abbia fruito in precedenza. Si ritiene, invece, che alla madre non possa essere riconosciuto l’assegno dopo che ha abbandonato il figlio o che il figlio sia stato affidato esclusivamente al padre.

(7)     La carta di soggiorno è redatta sul mod. 207 bis - P.S. ed è contraddistinta da apposita numerazione, preceduta dalla lettera I.; sulla “carta” stessa è prevista anche la trascrizione del codice fiscale. Il permesso di soggiorno è redatto invece sul mod. 207 e presenta un tracciato simile all’altro; lo stesso è però privo di numerazione e di codice fiscale.

Pertanto la numerazione della “carta” dovrà essere riportata nella “dichiarazione” da allegare alla domanda di assegno.