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Vittorio Villasmunta

F.I.V. -VIII ZONA

Corso di meteorologia per istruttori di vela F.I.V.

(parte prima)
Novembre 1999

Sommario:

Obiettivi del corso

Il corso

La sicurezza

Si parte ...

Il metodo sinottico

L'orario universale

Brevissimo cenno alla terminologia scientifica

Ritorniamo alla nostra cartina al suolo ...

Il vento

L'origine del vento

Due parole sulla struttura dell'atmosfera

Un altro piccolo passo nell'interpretazione della cartina

Unità di misura del vento

 

 

Obiettivi del corso

Dal punto di vista metodologico, esistono due modi per affrontare un corso di meteorologia dedicato agli istruttori di vela: o una meteorologia intesa a spiegare i concetti oppure una meteorologia applicata, che si occupa essenzialmente del comportamento da tenere sul campo di regata finalizzato a trarre il maggior profitto dalle condizioni meteorologiche.

Diciamo subito che quest'ultimo non costituisce il nostro obiettivo, anche se qualche indicazione utile talvolta potremo trarla.

L'obiettivo di questo corso è l'insegnamento di concetti di meteorologia. Non dobbiamo infatti dimenticare che quanto voi imparerete vi servirà senz'altro nella vostra vita professionale, ma vi sarà d'ausilio soprattutto quando cercherete di travasare qualche concetto agli allievi. Allievi la cui età solitamente si aggira dai sette ai quindici anni. Nel corso della lezione, anche con i vostri suggerimenti, tenteremo di individuare degli esempi che possano poi essere usati per spiegare i concetti elementari agli allievi, non trascurando la necessità di adottare un linguaggio più o meno semplice a seconda dell'età degli stessi.

 

Il corso

Sotto l'impulso di una accresciuta consapevolezza dell'importanza della meteorologia, le ore dedicate a questa materia, da quest'anno, sono aumentate, per un totale di cinque ore. Ciò ha consentito di introdurre due argomenti precedentemente trascurati, ovvero temperatura e umidità.

Ad ogni modo, lo schema classico delle lezioni di questo corso è rappresentato in figura 1. Esso rappresenta soltanto una traccia indicativa di quello che andremo a dire. In realtà parleremo a braccio cercando di seguire questo schema senza esserne saldamente vincolati.

Nella prima ora ci occuperemo del vento, nella seconda ora parleremo della pressione atmosferica al suolo, poi, la prossima volta, continueremo eventualmente il discorso sulla pressione atmosferica, parleremo poi dello stato del mare e infine, nell'ultima ora a nostra disposizione, faremo qualche cenno alle previsioni del tempo, intese come riconoscimento di piccoli indizi. Tuttavia gran parte del nostro viaggio nella meteorologia sarà finalizzato alle previsioni a brevissimo termine che, in molti casi, potranno garantirci la sicurezza.

La sicurezza

Il primo concetto fondamentale, per chi ha responsabilità nei confronti di minori, è quello di operare in assoluta sicurezza, che non si ferma soltanto alle attrezzature che vengono caricate a bordo (ad esempio, quelle che garantiscono il galleggiamento):

la sicurezza riguarda anche tutte quelle azioni preventive tese ad evitare di trovarsi in situazioni spiacevoli. E questo è tanto più vero, quanto più piccoli sono i bambini. Trovarsi in mare con bambini piccoli, colti improvvisamente da un temporale con tuoni e fulmini, riduzioni della visibilità a causa di forti precipitazioni, colpi di vento, ecc. è una situazione sicuramente poco piacevole e difficile da gestire. Lavorare in sicurezza significa soprattutto pianificare in modo che, se le condizioni meteorologiche sono previste in peggioramento, si possa valutare, anche personalmente costruendosi una propria esperienza, se uscire o meno.

Si parte ...

Iniziamo subito il nostro viaggio nella meteorologia partendo dalla cosiddetta carta di analisi al suolo. La prima cosa che intendo insegnarvi è l'interpretazione della cartina rappresentata in figura 2.

Si tratta di una carta detta di analisi al suolo. Vi vediamo rappresentata una geografia appena accennata che riproduce l'Europa con l'Italia al centro e i mari circostanti.

Per ora dimentichiamocene, perché affinché possa effettivamente dirci qualcosa, dobbiamo far nostri alcuni concetti fondamentali.

 

Il metodo sinottico

Uno degli strumenti fondamentali della meteorologia è costituito dal metodo sinottico. In cosa consiste ?

Consiste nel tenere sott'occhio i parametri del tempo osservati alla medesima ora. Riportando i dati osservati dalle singole stazioni meteorologiche su una cartina geografica, ottengo delle raffigurazioni mediante linee che non sono prive di significato.

C'è una differenza sostanziale nei modi di avvicinarsi allo studio del tempo.

Le modalità sono essenzialmente due:

o fisso il tempo (cronologico) o fisso lo spazio.

Mi spiego: se fisso lo spazio, cioè qui, e faccio scorrere le ore, io, singolo osservatore, vedo il tempo così come si evolve dove mi trovo. Ma così facendo, ho una visione molto limitata. Per gli scopi pratici può tornare utile, ma non sapremo mai cosa sta accadendo in genere: osservo solamente come cambia il tempo sul posto dove sono. Rileverò che il vento sta cambiando di direzione o d'intensità, che la temperatura sta calando o aumentando, ma comunque variazioni sempre riferite ad un singolo luogo.

Questo tipo di approccio non ci consente di "capire" il tempo.

Per ottenere una maggior comprensione, dobbiamo adottare il metodo sinottico.

In buona sostanza, questo metodo capovolge le impostazioni del precedente approccio, fissando il tempo (adesso) e ampliando lo spazio (l'Italia, l'Europa, ecc.).

Ad esempio, voglio conoscere ora qual è la distribuzione della pressione su un'area più o meno ampia. Quello che sto facendo è un allargamento della visuale, da cui deriva il termine "sinottico", che significa "visione d'insieme".

Un esempio molto semplice per capire la necessità di questa visione sinottica dei parametri meteorologici (vedi figura 3), è quello della partita di calcio.

Se mi soffermo a esaminare soltanto le variazioni locali della pressione, è come se la telecamera indugiasse sempre sullo stesso calciatore. Il risultato quale sarebbe?

Che io potrei apprezzare i virtuosismi del giocatore. Però probabilmente, alla fine della partita, non riuscirei a capire nemmeno chi ha vinto e chi ha perso.

Se fisso lo sguardo su un particolare, senza tener conto di tutto il resto, riesco senz'altro ad apprezzare quel particolare, ma non capisco tutto il resto.

Diverso è invece se inquadro un'area più ampia: mi si apre una visione maggiore, e comincio a capire (conoscendo le regole del calcio, ovviamente) perché quel giocatore si comporta in una determinata maniera. Vedo, infatti, la sua relazione con gli eventi circostanti. Chi frequenta gli spalti dello stadio sa quale enorme differenza esiste fra guardare la partita in tivù oppure vedersela allo stadio. La mia visione (e quindi la mia comprensione), infatti, si allarga a tutto il campo di gioco e non più ad una singola porzione di esso.

Bene, anche per la meteorologia è così.

Se voglio sapere cosa sta accadendo al tempo, devo avere una visione su un'area geografica sufficientemente ampia. Solo in questa maniera riuscirò a capire, ad esempio, perché il vento sta ruotando. L'osservatore locale non può far altro che rilevare la rotazione del vento, magari associandola talvolta a miglioramenti e peggioramenti delle condizioni meteo: senza tuttavia capire come si inserisce nel tutto questo avvenimento.

In conclusione, per poter appena affrontare il discorso delle previsioni, bisogna senz'altro tenere sotto controllo le variazioni locali dei parametri meteo, ma avendo bene in mente qual è la situazione generale del tempo, avendo consultato le cartine meteo.

Un tempo, esse erano disponibili solo ai professionisti della meteorologia. Oggi tutti le possono consultare: in tivù, sui giornali, oppure attraverso internet, che mette a disposizione una quantità impressionante di informazioni.

L'orario universale

Abbiamo detto che il metodo sinottico necessità della contemporaneità delle osservazioni: sulla nostra cartina, ad esempio, sono riportati valori di pressione al suolo riferiti tutti alla medesima ora.

Per far ciò in tutte le nazioni del mondo vale un unico orario per le osservazioni, detto ora UTC (o Z, in alcuni ambienti).

Detta ora è quella del meridiano di Greenwich (presso Londra).

Ad esempio, in questo momento sono le 1640 UTC qui come in Nuova Zelanda, notoriamente agli antipodi dell'Italia.

Riprendendo la nostra cartina, essa riporta in basso a sinistra le 1200 UTC: questo significa che le osservazioni sono state effettuate alla medesima ora ovunque esse siano state compiute.

Con osservazioni fatte alla medesima ora, posso permettermi il lusso di tracciare una cartina come questa.

Per il momento ci limitiamo a capire i segni principali, successivamente entreremo nel dettaglio.

La prima cosa da sapere è che le linee raffigurate rappresentano delle isobare, e sono linee che uniscono punti aventi la medesima pressione riferita al suolo.

Per comodità, spesso si riportano in corrispondenza delle linee, le ultime due cifre del valore della pressione, poiché non c'è timore di sbagliarsi. 16, quindi, sta a significare 1016 hPa, 20 sarà 1020 hPa. Non si può sbagliare perché l'arco di variazione delle pressione va da all'incirca da 960 a 1050 hPa. Per cui una pressione di 66 sarà 966 hPa e non 1066 hPa.

In figura 4 sono rappresentate le isobare, con il valore della pressione espresso con tutte e quattro le cifre.

 

Brevissimo cenno alla terminologia scientifica

Abbiamo detto che le linee rappresentate assumono il nome di isobare. Nelle scienze, solitamente si adoperano termini di origine greca, latina, e più raramente araba. La parola isobara racchiude due elementi che troviamo spesso in meteorologia:

iso, che significa uguale

baro, che sta per peso dell'aria.

Per fare un esempio, isoterma, è una linea che non unisce più la pressione, ma punti che hanno la medesima temperatura.

Barometro sarà lo strumento per la misura quantitativa della pressione, termometro, lo strumento per la temperatura.

Per l'umidità si usa il prefisso "igro-", per cui igrometro sarà lo strumento per misurare l'umidità relativa.

Come vedete, è un rincorrersi di pochi termini.

In sintesi, diremo che:

"baro-" sta per pressione

"termo-" sta per temperatura

"igro-" sta per umidità

"iso-" significa uguale

Per gli strumenti, invece si adoperano i seguenti suffissi:

"-scopio", ovvero osservo soltanto;

"-metro", ovvero misuro;

"-grafo", ovvero scrivo.

Questo rappresenta il nostro vocabolario di base da cui potremo trarre gran parte delle parole.

Ritorniamo alla nostra cartina al suolo ...

Adesso sappiamo che questa è una cartina che riporta le pressioni che le stazioni meteo hanno registrato al suolo alla medesima ora.

Sappiamo che le linee rappresentano delle isobare, riusciamo a capire i valori di pressione ivi riportate.

Tuttavia vi sono delle linee di cui non conosciamo ancora il significato: alcune sono intervallate da triangolini, altre da semicerchi, altre ancora riportano insieme triangolini e semicerchi.

La linea con i triangolini rappresenta il fronte freddo (fig.5), quella con i semicerchi, il fronte caldo (fig.6), quella con tutt'e due, il cosiddetto fronte occluso (fig.7).

Abbiamo così preso visione "grafica" dei principali tipi di fronti, di cui parleremo più ampiamente nella prossima lezione.

 

Il vento

Prima di parlare del vento in sé stesso, vorrei parlarvi di ciò che origina il vento stesso.

Cos'è il vento?

Innanzitutto, è la nostra fonte di propulsione sul mare, ovvero ciò che ci consente, gonfiando le vele, di far muovere la nostra imbarcazione (a patto di non mettere la prua nel vento!).

Senza vento, non si va da nessuna parte.

Una definizione di vento potrebbe essere "movimento orizzontale di particelle d'aria".

L'aria si anima di un moto che viene quindi chiamato vento.

Esistono moti verticali dell'aria nell'atmosfera?

Certamente, ma non chiameremo vento questi moti: è un termine che preferiamo dedicare agli spostamenti orizzontali dell'aria (ovvero quelli paralleli o quasi, alla superficie marina).

 

L'origine del vento

L'origine del vento va ricercata, in primissima battuta, in un fatto squisitamente astronomico. Voi vi chiederete come.

E' un fatto astronomico talmente importante, da essere fondamentale per l'esistenza stessa di tutte le specie viventi sulla Terra.

Noi, anno dopo anno, constatiamo il succedersi delle stagioni.

Perché esistono le stagioni?

Esistono perché l'asse di rotazione della Terra non è perpendicolare al piano dell'orbita intorno al Sole (piano dell'eclittica).

Questo concetto fondamentale può essere spiegato disegnando sulla lavagna la nostra stella, il Sole. Esso è la fonte della grandissima parte di tutta l'energia che giunge sulla superficie terrestre. Una piccola parte di energia è quella interna, o geotermica, che esiste proprio perché la Terra possiede un "cuore" molto caldo: tuttavia i suoi effetti sulla Terra in termini di calore sono pressoché nulli (una manifestazione di ciò sono le eruzioni vulcaniche).

La posizione della Terra rispetto al Sole è inclinata, cioè l'asse di rotazione terrestre ha un'inclinazione ben definita che si mantiene costante per migliaia di anni (salvo un piccolo movimento stesso dell'asse terrestre).

Questa inclinazione fa sì il riscaldamento della superficie terrestre dovuto all'energia solare non sia la stesso ovunque.

Dimostrazione di ciò è l'esistenza stessa delle calotte polari e delle regioni equatoriali. Quindi ci sono sicuramente dei posti sulla Terra dove fa più caldo e dove invece fa più freddo. Detto in poche parole: esistono delle differenze termiche.

Guardando la figura, a che stagione corrisponde per noi quella posizione della Terra?

Quando la Terra si trova in quella posizione, per noi è inverno, mentre nell'emisfero australe è estate.

Vedete bene che il riscaldamento della superficie terrestre varia molto in relazione all'inclinazione della superficie stessa rispetto ai raggi solari. Se i raggi solari giungono più o meno perpendicolari alla superficie, il riscaldamento sarà più elevato. Se invece giungono molto inclinati, il riscaldamento sarà molto basso (per unità di superficie).

E' proprio da queste differenze di riscaldamento che prende origine il vento.

Se non ci fosse il vento a portare aria più calda verso i Poli, e aria più fredda dai Poli verso l'Equatore, accadrebbe che i Poli si raffredderebbero sempre piu mentre l'Equatore tenderebbe a surriscaldarsi (non essendovi smaltimento del calore man mano che si accumula). Il risultato, nefasto, di tutto ciò, è l'impossibilità della vita sul nostro pianeta, a causa di un ambiente molto ostile.

Vi ricordo che basta la variazione di pochi gradi della temperatura media globale per scombussolare le cose. L'estinzione dei dinosauri, ad esempio, fu probabilmente dovuta al raffreddamento della Terra causato dall'oscuramento del Sole dovuto alle fitte polveri sollevate dall'impatto di un meteorite, con interruzione, quindi, della catena alimentare.

Avete sentito tutti parlare dell'effetto serra. Esso presuppone il riscaldamento medio di qualche grado, con gravi conseguenze sui ghiacci perenni, come quello dei ghiacciai, o dell'Antartide o della Groenlandia. Il conseguente innalzamento del livello del mare inonderebbe le coste, con cessazione di tutte le attività ivi svolte.

Fortunatamente interviene questo scambio di calore fra Poli ed Equatore, e questo scambio è operato proprio dal vento.

A questo punto vi domanderete: ma come avviene?

Siamo nell'ambito della circolazione generale dell'atmosfera. Le cose che diciamo possono sembrarvi lontane dalla pratica di tutti i giorni: in realtà i concetti esposti sono alla base della meteorologia, e ci serviranno puntualmente in tutte le cose che andremo a dire da qui in poi.

I concetti generali vi daranno la chiave di lettura di molti meccanismi anche a piccola scala.

L'idea fondamentale è che l'aria, quando si riscalda, diventa meno densa e perciò più leggera.

Ovviamente, vale anche il contrario: se l'aria si raffredda, diventa più densa e quindi più pesante.

La densità di un corpo è il rapporto che intercorre tra la sua massa e il volume che occupa. Se prendo due scatole di uguale dimensione, ed uno lo riempio con 50 fazzoletti, mentre nell'altro ce ne metto solo dieci, quale sarà quello più pesante?

Ovviamente, la scatola che ne contiene 50, che è molto più "denso" di quello che ne contiene soltanto 10.

Un corpo, perciò, più è denso, più è pesante.

Indirettamente, questo concetto è lo stesso che vi consente di mantenere a galla le imbarcazioni (principio di Archimede).

Disegniamo un bel globo terrestre, completo di asse di rotazione. Aggiungiamo la linea che segna l'Equatore.

Diciamo che ai Poli fa molto freddo, e all'Equatore fa molto caldo.

Introduciamo ora un secondo concetto di fondamentale importanza:

secondo voi, l'aria si riscalda per effetto del Sole?

Molti di voi risponderanno istintivamente di sì.

E allora vi chiedo: se andate in alta montagna, le temperature sono più alte o più basse generalmente rispetto alla pianura?

Conseguentemente, siete portati a rispondere che fa più caldo perché siamo più vicini al Sole. Ma qualcosa non ci torna. per esperienza, sappiamo che in montagna fa più freddo. E quindi?

Se provaste a fare una bella ascensione in mongolfiera, vi accorgereste subito di una cosa: ovvero che le temperature diminuiscono con la quota, a dispetto della maggiore o minore vicinanza al nostro Sole!

Ciò avviene perché l'atmosfera, in realtà, è riscaldata direttamente dal Sole soltanto in piccola parte (circa il 15% dell’energia solare viene assorbita direttamente). La principale fonte di riscaldamento dell'aria è rappresentata dalla superficie terrestre, che restituisce il calore ricevuto dal Sole in una forma più "digeribile" dall'aria stessa. Infatti, in buona sostanza, l'aria è trasparente ai raggi solari diretti.

Abbiamo detto: il riscaldamento dell'aria avviene dal basso. Per cui il comportamento normale della temperatura con l'altezza è una diminuzione della temperatura stessa. In montagna le temperature saranno più basse proprio per questo motivo.

Se l'aria si riscalda o si raffredda dal basso, che cosa accadrà all'aria che giace sui Poli: si raffredderà o si riscalderà?

Si raffredderà, poiché le sue qualità termiche non sono le sue, ma sono quelle del posto in cui si trova.

Per cui l'aria che giace sui Poli diventerà fredda, molto fredda, tanto fredda da aumentare la sua densità, e quindi il suo peso.

Se il peso dell'aria aumenta, la pressione, che rappresenta il peso esercitato su una superficie, aumenterà anch'essa. Si formerà, pertanto, un'area in cui la pressione sarà più elevata rispetto alle zone circostanti: un'area di alta pressione.

E all'Equatore? Esattamente il contrario. L'aria riscaldandosi diminuirà di densità divenendo più leggera.

Perché diviene più leggera?

Perché le particelle che compongono il miscuglio chiamato aria, ricevono un'energia maggiore, e quindi cominciano a richiedere più spazio, e a distanziarsi tra loro.

Un esempio un po' frivolo, se volete, è quello della discoteca.

In una discoteca se il disk jockey mette un lento; anche se la sala non è molto grande, è sufficiente, poiché tutti stanno più ravvicinati e si muovono lentamente.

Quando invece si scatena un ritmo veloce, la sala viene occupata tutta, perché, aumentando il movimento delle singole persone, esse tendono a distanziarsi maggiormente l'una dall'altra.

L'energia cinetica, cioè di movimento, è aumentata.

E così accade per le particelle dell'atmosfera: finché la temperatura è bassa, ballano il "lento" e sono più vicine tra loro. Ma quando la temperatura comincia ad aumentare, anch'esse si "scatenano", allontanandosi l'una dall'altra.

E' come se i fazzoletti del precedente esempio, presi da un moto proprio, uscissero dalla scatola, con diminuzione della densità.

Sull'Equatore, l'aria riscaldandosi diventa perciò meno pesante, per cui si formerà una zona in cui il peso dell'aria è minore rispetto alle aree circostanti: un'area di bassa pressione.

Una constatazione che possiamo fare è questa:

differenze termiche si sono trasformate in differenze di pressione.

Alla natura, i dislivelli non piacciono assolutamente. Una legge che governa questo universo fa sì che tutti i dislivelli vengano colmati. Si usa un parolone, entropia o tendenza al massimo disordine, per spiegare matematicamente questo concetto. Pertanto tutte le volte che si instaura un dislivello, subito si innesca un meccanismo che tende a livellare le differenze.

Se accosto un corpo caldo ad un corpo freddo, quello più caldo tenderà a cedere parte del suo calore a quello più freddo.

Potrà mai accadere il contrario, ovvero che il corpo più freddo si raffreddi ulteriormente cedendo parte del suo calore al corpo più caldo?

Mai, nel nostro universo.

Quella che abbiamo individuato è quindi una legge universale, valida per tutti i fenomeni fisici: se c'è una quantità maggiore ed una minore, si instaurerà sicuramente un flusso che va dal maggiore al minore.

Nel nostro caso, questo flusso è rappresentato dal vento, che si preoccupa di trasportare aria da lì dove ce n'è di più (alte pressioni) a lì dove ce n'è di meno (basse pressioni).

E adesso entriamo subito nel vivo della meteorologia: perché si sviluppano le brezze?

Anche le brezze devono la loro esistenza ai meccanismi che abbiamo visto.

Ci troviamo in piena estate in riva al mare, la mattina si apre con un cielo sereno ed un bel sole che comincia ad alzarsi, situazione di alta pressione tutt'intorno. Ad un certo punto della mattinata, insorge dapprima un leggero venticello, che via via si fa sempre più intenso. Da dove proviene questo vento?

Lo sentiamo provenire dal mare.

Qual è il meccanismo che lo ha suscitato?

Facile rispondere, con quello che già sappiamo. E' un meccanismo che viene generato dal Sole, dalla sua energia.

Disegniamo in sezione una linea che rappresenta una parte di costa (il suo entroterra), e una linea che rappresenta la superficie marina. Queste due superfici si riscaldano differentemente sotto l'azione dei raggi solari: il Sole, sorgendo, invia la stessa energia alla terraferma come al mare. In natura, le sostanze possiedono capacità diverse di incamerare il calore: i corpi solidi, come la terra, la sabbia, le rocce, tendono a riscaldarsi

superficialmente più che i liquidi, ovvero nel nostro caso, l'acqua del mare. Il risultato di questa diversa attitudine a incamerare calore, fa sì che la terra si riscaldi molto rapidamente, mentre il mare si riscalda molto più lentamente.

Tant'è che noi sappiamo che le temperature medie del mare sono più o meno sempre quelle per ogni stagione, mentre dalla nostra esperienza quotidiana, possiamo rilevare quanto varie siano le temperature sulla terraferma nell'arco di una stessa giornata.

Man mano che il Sole si alza sull'orizzonte, la temperatura della terraferma andrà aumentando più rapidamente rispetto a quella del mare, per cui, l'aria che giace sulla terraferma, riscaldandosi a contatto col suolo, diventerà più leggera: si staccheranno dal suolo le cosiddette termiche.

Ora noi sappiamo che se immergiamo un corpo più leggero nell'acqua, sentiamo una forza che si oppone: un corpo meno denso dell'acqua riceve dunque una spinta verso l'alto (spinta archimedea), tende quindi a galleggiare.

Anche l'aria riscaldatasi, diventata più leggera dell'aria circostante, tenderà a galleggiare, cioè si solleverà staccandosi dal suolo.

L'aria che si solleva richiamerà perciò alla sua base aria più fresca proveniente dal mare, allo scopo di eliminare il dislivello tra densità che si è venuto a creare. Come vedete, il flusso ha un verso preciso, dal mare, dove c'è aria più fresca, quindi più densa, verso la terraferma, dove l'aria riscaldandosi, è diventata meno densa. Dal più al meno, come sappiamo bene.

E' facile a questo punto capire perché la brezza aumenta d'intensità con l'aumento dell'insolazione, fino a raggiungere il suo massimo intorno alle 14 o alle 15 del pomeriggio, ovvero quando la superficie terrestre ha accumulato la maggior quantità di calore.

Potete ora constatare come si è passati da un concetto riferito a tutto il globo terrestre, a situazioni molto locali: il meccanismo che sta alla base del vento è sempre lo stesso, differenze termiche che si traducono, in definitiva, in differenze di pressione.

Riassumendo abbiamo visto che l'aria si riscalda o si raffredda dal basso, a contatto con la superficie terrestre; l'aria diventa più densa quando si raffredda e quindi diventa più pesante, formando le cosiddette alte pressioni "termiche"; l'aria quando si riscalda, diventa meno densa e quindi più leggera, dando origine alle basse pressioni "termiche"; il vento è un movimento di aria teso a colmare i dislivelli, che va dalle alte alle basse pressioni.

Abbiamo cominciato a parlare di alte pressioni e basse pressioni.

Per le alte pressioni si usa anche il termine "anticiclone". Per le basse pressioni si utilizza il termine "ciclone" o "depressione". Quest'ultimo viene molto usato: in tivù spesso potremo ascoltare frasi del tipo "una depressione di origine africana tende ad interessare le coste che si affacciano sul Tirreno meridionale ecc.ecc."

Con le nozioni apprese, noi ora siamo in grado di determinare direzione e verso del vento.

Il vento esce dall'alta e va verso la bassa. Ma non lo fa in linea retta. Perché?

Noi sappiamo che in natura, se esiste un dislivello da colmare, questo avviene seguendo la via più breve. Se non ci sono ostacoli, però. Un fiume, nel trasportare acqua dai monti al mare, segue un percorso più o meno tortuoso in relazione alla natura del suolo attraversato. Se sul suo cammino incontra uno sperone roccioso, lo aggira, allontanandosi, quindi dal suo percorso in linea retta.

Se la Terra non ruotasse intorno al proprio asse, il vento, sotto l'impulso della sola differenza di pressione, fluirebbe direttamente dall'alta verso la bassa (fig.9). Se non ruotasse. E invece gira, descrivendo un giro completo in 24 ore. Tutti i punti sulla Terra, pertanto, sono soggetti a questo movimento, che in termini angolari, è uguale per tutti. Sia che mi trovi sulla massima circonferenza, l'Equatore, sia che mi trovi al Polo Nord, compirò un giro di 360 gradi in 24 ore. Questa velocità, abbiamo detto, è uguale per tutti e prende il nome di velocità angolare.

C'è invece una velocità, detta lineare, che non è uguale per tutti, ma dipende dalla posizione occupata dal punto sulla superficie terrestre, ovvero dalla latitudine.

Se considero le circonferenze della Terra perpendicolarmente all'asse di rotazione, avrò partendo dall'Equatore, cerchi via via più piccoli, fino ai Poli, dove il cerchio si sarà ridotto ad un semplice punto.

Diversa, quindi, sarà la velocità del punto posto sull'Equatore, che dovrà compiere un giro di 40mila km in 24 ore, rispetto al Polo Nord, dove il punto coprirà nel medesimo periodo una distanza pari a zero, limitandosi a girare su stesso.

Le persone non si accorgono di questo movimento perché sono "solidali" alla Terra, cioè partecipano del suo moto saldamente vincolati ad essa.

Poniamo il caso di un punto che si voglia muovere dall'Equatore verso i poli secondo un movimento meridiano. Esso, all'atto del suo spostamento, possiederà una velocità lineare di 40000km/24 ore, e man mano che prosegue verso i poli, incontrerà cerchi dove la velocità lineare diviene sempre più piccola: in breve, si troverà sempre un po' più avanti rispetto al suolo.

Un osservatore posto all'esterno sapete cosa vedrebbe?

Che quel punto che cerca di andare dall'Equatore al polo in linea retta, in realtà si sposta verso destra.

Si tratta della cosiddetta accelerazione. Pertanto il vento in movimento anziché fluire in linea retta dall'alta verso la bassa, subendo questa deviazione, ruoterà, nell'emisfero nord, verso destra.

Un esempio semplice potrebbe essere quello di una pista di automobiline a più corsie, dove l'auto che occupa la corsia più a destra possiede una velocità maggiore rispetto a quella soprastante. Se l'auto più veloce ad un certo punto scavalca la corsia, portandosi su quella alla sua sinistra, si troverà davanti all'auto che corre in quella corsia, e ancor più avanti rispetto a quella che percorre la successiva corsia a sinistra.

Il moto risultante è un evidente spostamento a destra rispetto alle altre automobiline.

Non è un concetto facilissimo da spiegare, per cui ogni esempio corre il rischio di essere riduttivo.

Una implicazione immediata dell'accelerazione di Coriolis è il cosiddetto effetto "girasole", in virtù di cui un vento di brezza che la mattina spira direttamente dal mare verso la costa, col trascorrere delle ore subisce una costante deviazione verso destra (cioè in senso orario), fino a portarsi parallelo alla costa.

Ritorniamo alle nostre aree di alta e bassa pressione: il vento che esce dall'alta non sarà perpendicolare alle isobare, ma subendo la deviazione tenderà a ruotare verso destra assumendo un verso di rotazione oraria rispetto al centro dell'alta.

Fissiamo dunque questo concetto: il verso di rotazione del vento intorno alle aree di alta pressione è orario.

Badate bene che nell'emisfero sud, o australe, è esattamente il contrario, in modo speculare: il movimento intorno all'alta è antiorario, proprio perché la forza deviante di Coriolis agisce nel verso opposto rispetto all'emisfero nord.

Nel nostro emisfero, nelle aree di bassa pressione il movimento dell'aria assume una rotazione antioraria.

Imparato questo concetto, ovvero:

alta pressione=circolazione oraria

bassa pressione=circolazione antioraria,

possiamo subito approfittarne per enunciare una regola pratica, che va sotto il nome di regola di Buys-Ballot. Poiché alle basse pressioni è associato il maltempo (e ne scopriremo il perché nella prossima lezione), è interessante sapere in che direzione conviene dirigersi, stando in mare aperto, in modo da allontanarsi dall'area di maltempo. In questo caso ci viene in soccorso la suddetta regola, che dice:

 

ponendomi con il vento alle spalle, avrò la bassa pressione davanti a sinistra, e l'alta pressione in basso a destra.

Quindi, in vista del maltempo, conviene andare verso destra per allontanarsi dall'area di bassa pressione. Uno sguardo alle figure ci chiarirà ogni dubbio.

A questo punto possiamo introdurre un altro concetto: se vi fosse soltanto l'accelerazione di Coriolis, il vento spirerebbe pressoché parallelo alle isobare. In realtà esso finisce per intersecarle, perché interviene una ulteriore deviazione, questa volta verso sinistra, dovuta all'attrito causato dal contatto dell'aria con le asperità della superficie terrestre.

Due parole sulla struttura dell'atmosfera.

L'atmosfera, se considerata rispetto al diametro della Terra, che è all'incirca pari a 12mila km, rappresenta una sottile pellicola. La maggior parte dell'aria, in massa, è contenuta in poche decine di km a partire dal suolo: anzi, possiamo affermare che il 50% di tutta l'aria è contenuta entro i primi 5 km dell'atmosfera.

Tutti i fenomeni atmosferici hanno luogo in uno spessore di circa 12 km a partire dal suolo, noto come troposfera. Potete dunque immaginare quanto sottile sia lo spessore di questa pellicola se confrontato con i 12mila km di diametro della Terra. Si tratta dunque di soli 12 km, importantissimi per tutta la vita su questo pianeta.

Un altro piccolo passo nell'interpretazione della cartina

Guardiamo ora la nostra cartina. Adesso siamo in grado di capire il significato delle zone di alta e bassa pressione. Possiamo facilmente renderci conto che in corrispondenza della lettera L troviamo il minimo di pressione, e quindi le pressioni crescono dal centro verso l'esterno: 1000, 1004, 1008, ecc.

In corrispondenza della lettera H troviamo invece il massimo della pressione, con pressioni via via decrescenti dall'interno verso l'esterno: 1024, 1020, 1016, ecc.ecc.

Con ciò che abbiamo imparato, siamo in grado addirittura di individuare il flusso seguito dalla massa d'aria, ovvero la direzione di provenienza dei venti nei vari luoghi.

Consideriamo di trovarci ai margini della depressione, in basso a destra: il vento spirerà da sud, sud-ovest. Facciamo adesso il discorso contrario: ci troviamo in quella medesima zona, con un vento alle spalle che giunge da sud: dove si troverà l'area di bassa pressione? Applicando la regola di Buys-Ballot, essa si troverà davanti a sinistra, esattamente come possiamo osservare sulla cartina. Avete notato ? Senza aver alcun dato, posso rapidamente fare delle considerazioni sulla distribuzione in grande della pressione basandomi soltanto sulla direzione di provenienza del vento.

Vedete, il meteorologo non deve far altro che raccogliere indizi: il professionista ha a sua disposizione una infinità di fonti, ovvero le osservazioni strumentali, le immagini da satellite, i modelli numerici, ecc. ecc. quindi viene messo in grado di potersi fare un'idea più o meno precisa, collezionando parecchi indizi.

Ma anche il dilettante può fare la stessa cosa: non deve far altro che imparare a riconoscere gli indizi, i segni del tempo.

Risulta evidente che un singolo indizio di per sé non potrà mai darmi un'idea precisa: se possiedo solo il dato del vento, o della pressione, mi farò sempre e comunque una idea molto approssimativa del tempo, tale da indurmi a conclusioni errate.

Se vi appropriate dei concetti che qui espongo, e ci mettete anche un po' del vostro, potrete costruirvi, con osservazioni e deduzioni, una discreta esperienza "meteorologica" che vi potrà tornare utile.

Riassumendo:

-abbiamo imparato cosa origina il vento

-abbiamo imparato anche qualcosa circa la direzione di provenienza del vento.

Adesso ci tocca capire cosa determina l'intensità del vento.

A volte il vento può essere piacevolmente intenso, talvolta non tanto piacevolmente, specie se associato a raffiche o temporali.

Perché il vento può essere più o meno forte? Ovvero, cos'è che induce una maggiore o minore velocità del vento?

La differenza di pressione.

Se ricordate, noi abbiamo parlato di dislivello tra alta e bassa.

Disegniamo una montagna e una collina: come definireste la montagna rispetto alla collina? Direste che la montagna è più ripida, ovvero che la variazione di quota avviene in uno spazio più breve rispetto alla collina.

Un fiume che porta acqua dalla cima della montagna al mare scorrerà più velocemente rispetto ad un fiume che scende sui tranquilli declivi di una collina.

L'intensità del vento pertanto sarà data dalla grandezza della variazione di pressione rispetto ad una distanza. Le isobare molto fitte corrispondono ai fianchi molto ripidi di una montagna, per cui la forza che induce il vento a muoversi sarà molto intensa. Un esempio proponibile può essere il seguente: se prendiamo un piano inclinato, la pallina posta sul lato più alto scenderà con una velocità maggiore a seconda dell'inclinazione

del piano. Più il percorso sarà ripido, più velocemente scenderà la pallina.

La variazione di pressione in uno spazio definito prende il nome di gradiente barico: più le isobare sono vicine, più alto sarà il gradiente barico e più intensa sarà la velocità del vento.

Guardando la nostra analisi al suolo, possiamo già individuare, almeno qualitativamente, le aree in cui il vento si presenterà più veloce: laddove le isobare si presentano più ravvicinate.

Un'altra considerazione che possiamo fare è la seguente:

generalmente le isobare si presentano più ravvicinate presso le basse pressioni, mentre nelle zone di alta sono più distanti l'una dall'altra. E questo ci dà ragione del fatto che, quando ci troviamo in un regime di alte pressioni, i venti sono deboli e talvolta, addirittura assenti (calma di vento).

Esiste una regoletta pratica per calcolare l'intensità del vento partendo dalla distanza tra le isobare, valida per il Mediterraneo. Se conosco la scala di una cartina, prendo una riga millimetrata e misuro la distanza tra due isobare presa perpendicolarmente. Se invece la scala non è nota, basta sapere che la distanza tra Trieste e Capo Passero (all'estremità sud-orientale della Sicilia) è all'incirca 1000 km. A questo punto è sufficiente ricavarsi la distanza in cm tra le isobare e impiantare una semplice proporzione.

Esempio:

se la distanza in cm tra Capo Passero e Trieste è di 25 cm, significa che 1000 km si riducono sulla carta a 25 cm. Se la distanza in cm tra le isobare è di 5 cm, D (il dato incognito) sarà dato da:

1000 : 25 = D : 5 (1000 sta a 25 come D sta a 5)

D = 1000 x 5 / 25

D = 200 km.

Le due isobare, dunque, distano perpendicolarmente tra loro 200 km. Se indichiamo d la differenza di valore tra le isobare (solitamente d=4 hPa), ricavarsi l'intensità del vento sarà un gioco da ragazzi:

infatti

v (in nodi) = 1000 x d / D (n.b. 1000 è un valore costante approssimativamente valido per il mediterraneo).

v = 1000 x 4 / 200

v = 20 kts.

 

Unità di misura del vento

Le unità di misura del vento maggiormente utilizzate sono:

i metri al secondo (m/s)

i nodi (miglia marine per ora, kt)

i chilometri orari (km/h).

Una regola molto pratica per passare da una unità di misura all'altra consiste nel ricordare la sequenza di numeri

1 2 3,6

ovvero 1 m/s = 2 kt = 3,6 km/h.

Esempio:

un vento che spira a 10 m/s corrisponderà ad una intensità di circa 20 kts, ovvero a 36 km/h.

Un vento di 36 nodi corrisponderà a circa 18 m/s, ovvero a 18x3,6 km/h, cioè circa 65 km all'ora.

E' appena il caso di dire che i valori ricavati dovranno essere considerati puramente indicativi, in quanto altri fattori possono determinare una variazione locale dell'intensità del vento.

Un dato di fatto, per valutare lo spostamento delle depressioni nel mediterraneo, ci viene dalla considerazione statistica che 7 volte su 10, il movimento dei minimi avviene da ovest verso est.

Ma come posso rendermi conto se una perturbazione si avvicina o si allontana?

In base all'andamento della pressione, attraverso l'uso del barometro.

In molte case, troviamo spesso il barometro associato ad un orologio, ad un termometro e ad un igrometro. Si tratta di un barometro aneroide. Le indicazioni che detto strumento può fornire sono due: il valore della pressione (spesso impreciso, poiché lo strumento necessità di regolazione) e l'entità della variazione. Il barometro è infatti composto da una lancetta che indica la pressione e un indice mobile che può essere posizionato in corrispondenza della lancetta. Lo spostamento della lancetta al variare della pressione, ci può dare l'entità della variazione in un dato periodo, ad esempio dopo tre ore, se confrontato con la precedente posizione "congelata" dall'indice mobile.

Se dal nostro esame "sinottico" della situazione abbiamo rilevato la presenza di una depressione in entrata sul Mediterraneo, una diminuzione osservata con continuità sul nostro barometro di darà preziose indicazioni circa l'approssimarsi o meno della depressione.

La variazione di pressione di 1 hPa (o di 1 mb, dato che 1 mb=1 hPa) per ora ci fornisce, ad esempio, un attendibile indizio circa l'intensità del vento, destinato a rinforzare notevolmente.

Nella prossima lezione, approfondiremo le cause che ci portano ad associare il maltempo alle aree di bassa pressione, ovvero il meccanismo di formazione delle nubi. Parleremo poi dello stato del mare con un breve cenno alle correnti.

(rev.02/2001)

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