:Intro:

Texts

Libro IV: vv. 1-30 Didone
Libro IV: vv. 160-197 Il temporale fatale
Libro IV: vv. 296-392 L'ultimo colloquio
Libro IV: vv. 584-705 Morte di Didone

Images

Italiano
Didone, Mantegna
La morte di Didone, Guercino
La morte di Didone, Rubens
Didone ed Enea, Reni
Incontro di Venere ed Enea, Cortona
Didone abbandonata tra le ancelle e Africa, pittura pompeiana
Mercurio appare ad Enea, Romanelli
Enea e Didone durante la caccia, stoffa copta
Enea e Venere, Tiepolo
Villa di Low Ham
Didone mostra Cartagine ad Enea, Lorrain
I codici Vaticani latini
Didone ed Enea al mattino della caccia, Turner

English
Dido, Mantegna
Dido's Death, Guercino
Dido's Death, Rubens
Dido and Aeneas, Reni
Venus meets Aeneas, Cortona
Dido between her handmaids and Africa, Pompeian painting
Mercury appears to Aeneas, Romanelli
Aeneas and Dido during the hunting, coptic fabric
Aeneas and Venus, Tiepolo
Low Ham's Villa
Dido shows Cartage to Aeneas, Lorrain
The Latin Vatican Codes
Dido and Aeneas during hunting in the morning, Turner

:Nostre creazioni:
Our creations

Epistolario/Letters 1
Epistolario/Letters 2
Epistolario/Letters 3

  

Didone abbandonata tra le ancelle e Africa, pittura pompeiana




Didone abbandonata tra le ancelle e Africa


Primo e secondo stile della pittura pompeiana


La prima tecnica che si incontra a Pompei, diffusa negli edifici e in particolare nelle abitazioni, si verifica a partire dall'età sannitica, ossia dal 150 a. C. fino aell'80 a.C., consiste in una plastica imitazione del marmo variegato, dell'alabastro o del porfido: essa è detta "stile dell'incrostazione" e deve il nome alla voce crusta, che significava anche "rivestimento con lastre di marmo". Si tratta di imitazioni eseguite con i colori predominanti rosso e nero con una striscia gialla in basso, che formano un efficace contrasto di tinte con un giuoco sottile di figurazioni astratte. A Pompei questo stile si incontra nella Basilica e nel Tempio di Giove, ma anche in alcune abitazioni private, come la Casa del Fauno.Questa maniera, regolare ed elementare, di decorare, o meglio di colorare e ritmare le pareti che troviamo a Pompei, ha precedenti e manifestazioni pressochè contemporanee e appena precedenti in tutto il mondo ellenistico. Le tinte sono intense, in origine certo violente, segno di una sensibilità cromatica elementare, della quale nella Grecia classica sono una testimonianza precedente ad esempio i vasi a figure rosse su fondo nero. Questo tipo di decorazione che in ordine di tempo compare primo nelle città campane, è stato chiamato dal Mau, lo studioso tedesco che per primo esaminò la pittura antica in uno studio sistematico, "primo stile pompeiano". A Pompei ed Ercolano le pitture di questo stile contengono piccoli elementi architettonici, quali i pilastri per la divisione verticale delle superfici. Successivamente in un aspetto di quel che è noto come il "secondo stile" (una fase che approssimativamente ricoprì gli ultimi tre quarti del I secolo a.C.) quest'ultimo tema architettonico prese completamente il sopravvento. Una serie meravigliosa di dipinti provenienti da una sala della Villa di Publio Fannio Sinistor, che era una delle numerose abitazioni di campagna esistenti nei dintorni di Boscoreale, costituisce l'apogeo dell'evoluzione della tecnica. I riquadri, che ora sono visibili nel Metropolitan Museum of Art di New York, sono altrettanti capolavori divisi l'uno dall'altro da snelle colonne che conferivano alla sala l'aspetto di un chiostro, da cui si godeva la vista di uno scenario ardito e vivace di strade, di case e di atrii colonnati.

Non v'è dubbio che le pitture non siano altro che imitazioni di scenari teatrali relativi a rappresentazioni drammatiche di un tipo al quale fa riferimento anche Vitruvio. Eventuali confronti con la Campania possono soltanto essere immaginati, ma è sintomatico il fatto che Neapolis fosse un importante centro di arte teatrale. Per quel che riguarda Roma, Plinio il Vecchio racconta di uno scenario teatrale che con tutta probabilità non doveva essere diverso dalle pitture murali in questione. Realizzato da Appio Claudio Pulcro nel 99 a.C., si diceva che contenesse vedute di tetti di case così realistiche che perfino gli uccelli tentavano di posarvisi sopra. I Greci ed i Romani si dilettavano di trompe l'oeil e amavano storielle di questo genere.

Spesso il paesaggista pompeiano andava più vicino al soggetto e scendeva a dipingere i particolari dei giardini tanto prediletti dai suoi clienti. Anche in questo caso, come gia succedeva per i pittori di soggetti architettonici, sembrava che egli volesse imitare gli scenari teatrali i più celebri esempi di tale genere di lavoro che siano pervenuti fino a noi risalgono al periodo tra il 40 ed il 25 a.C. e sono i verdeggianti studi di argomento silvestre provenienti dalla Villa di Livia a Primaporta e ora conservati nel Museo Nazionale di Roma. Ma anche a Pompei gli esemplari dello stesso tipo abbondano, variando dalle scene tranquille scoperte nel 1954 nella Casa del Frutteto, e` che presagiscono gli arazzi francesi e fiamminghi conosciuti col nome di verdures, fino alle esuberanti visioni di belve esotiche. In particolare, i giardini delle case, in ossequio al principio che le pitture dovevano per quanto possibile corrispondere allo scopo cui erano destinate le stanze o le corti, avevano le pareti ricoperte con scenari in cui si vedevano fiori, cespugli e animali formanti quasi un'appendice degli stessi giardini che così si voleva far apparire più grandi. L'idea di dipingere soggetti naturali è stata ben sfruttata, ottenendo risultati affascinanti che conferivano sensazione di freschezza; essa, però, non era affatto una novità dal momento che le ghirlande di fiori e di frutti, dipinte o scolpite, erano ben note a Pergamo già nel II secolo a.C., allorché l'arte di quel regno era nel pieno vigore del suo rigoglio. Inoltre, un pittore greco di nome Demetrio, figlio di Seleuco, il quale era stato a Roma nel 164 a.C., venne specificamente chiamato "paesaggista" (topographos) e fu il primo uomo di nostra conoscenza ad essere così definito. Come tema letterario, il paesaggio era già stato fatto venire di moda negli anni dal 270 al 260 a.C. circa dalle poesie idilliche di Teocrito di Siracusa, il poeta pastorale della civiltà urbana che scriveva per i cittadini di Coo e di Alessandria mescolando sottilmente sofisticazione e semplicità, spiritoso realismo e convenzionalità tradizionale.

Fra il fogliame dei quadri saltellano gli uccelli. Si vedono gli aironi fra i melograni, e nella Casa di Fabio Amandione v'è un gruppo di tre volatili appollaiati sul bordo di un'alta vaschetta marmorea destinata al loro bagno. Tali dipinti riproducevano gli uccelli che i giardini effettivamente contenevano nelle loro uccelliere, e gli artisti che prediligevano il tema dovevano assomigliare a uno dei personaggi del romanzo di Petronio, cioè a quel ragazzo che si interessava di due sole cose- degli uccelli e della pittura.

Era di moda dipingere pure animali morti, tra cui uccelli e pesci che compaiono, insieme con ortaggi e frutti vari, in una serie straordinaria di nature morte: soggetto che divenne, e poi tornò nuovamente ad essere, un tema favorito dei pittori di Pompei. Allora v'era l'usanza di inviare agli amici doni costituiti da generi da mangiare crudi, il che spiega il ripetersi di tanti quadri del genere.

Il trattamento del tema, in cui vengono abilmente combinati realismo e impressionismo, probabilmente doveva qualcosa a un celebre pittore greco fiorito verso il III Secolo a.C., di nome Pireico, il quale si era specializzato nel riprodurre soggetti del tutto comuni, come botteghe da barbiere, banchetti da ciabattino, asini e cibi, e, a un livello leggermente più rozzo, le svariate insegne dei negozi di Pompei possono in maniera analoga essere indirettamente addebitate alla sua opera. Ma a Pompei alcuni pittori del I secolo d.C. raggiunsero eccellenti risultati nelle vaste composizioni di figure umane. Già si e accennato alle grandi pitture di soggetto religioso che ricoprivano tre pareti di una stanza della Villa dei Misteri. Aventi per soggetto i misteri dell'iniziazione bacchica, esse si rifacevano in larga misura a modelli perduti originari di Pergamo. Ma il copista, se è questa la parola che si deve usare, era anche un artista di prim'ordine che è riuscito a conferire alle sue figure fantastiche e misteriose un alone straordinario di dignità divina, di violento movimento, di terrore, di magia, di esaltazione.

Nel IV secolo a.C. lo scultore Prassitele era riuscito a dare una realtà visiva all'essenza di un mondo ideale, creando delle figure che compendiavano in sé la diversità della natura divina; ed il maestro della Villa dei Misteri, pur lavorando con una materia difficile quale può essere l'intonaco di un muro, si rivelò un degno seguace del greco. La complessa composizione con cui egli decorò le pareti della casa lascia col fiato sospeso ed è stata giustamente definita come la più grande testimonianza esistente della pittura antica. Se essa risalga al tempo di Cesare (metà del primo secolo a.C.), o alla prima parte del regno di Augusto (31 a.C.-14 d.C.) non è stato possibile stabilirlo.




Primo stile: casa di Sallustio



Secondo stile: villa dei misteri



Il terzo stile


Fu forse sotto Augusto che venne di moda una tecnica pittorica nuova e diversa, conosciuta come il Terzo Stile, che verosimilmente dal punto di vista cronologico si sovrappose al Secondo Stile, ma che potrebbe essere continuata fino all'epoca di Claudio (41-54 d.C.). Gli artisti che aderirono alla nuova scuola rovesciarono completamente l'apertura tridimensionale dello spazio che era stata favorita fino a quel momento. Essi tracciarono sulla parete una struttura rada e inconsistente, simile al bambù, che riecheggia l'architettura soltanto in qualcosa di superficiale, di non funzionale e formalizzato: v'è anche una notevole infusione di motivi dall'Egitto, in seguito alla conquista del paese da parte di Roma avvenuta nel 30 a.C. . In quel tempo i disegni architettonici degli artisti precedenti furono totalmente subordinati a un certo effetto piatto e decorativo reminiscente delle tappezzerie e dei tendaggi che, come rivelano i chiodi e gli uncini, erano usati per ricoprire le pareti. Le tappezzerie, che rappresentavano un ricco ramo dell'antica arte della tessitura e la cui perdita quasi completa costituisce una delle maggiori lacune delle nostre conoscenze, qualche volta avevano dei pannelli cuciti nel centro, sulla cui superficie i pittori che avevano adottato il nuovo stile inserivano piccole scene di argomento diversificato, come paesaggi e ville di campagna. I più antichi paesaggi dipinti sulle pareti talvolta erano molto piccoli, ma quest'ultimi sono di dimensioni ancora più ridotte e spesso sembrano miniature adatte a medaglioni: oppure, veduti sul fondo unito, sembrano quasi piccoli quadri fatti sul cavalletto come ai nostri giorni si vedono di frequente.




Terzo stile: casa di Lucrezio Frontone



Il quarto stile


Il Quarto Stile, questa tradizionale definizione diventa poco più di un inutile impedimento in quanto essa deve comprendere tutta una gamma di diversi tipi e generi di pittura. Alcuni ebbero inizio prima che terminasse il Terzo Stile e vennero adottati, simultaneamente o in tempi successivi, da prima della metà del I secolo d.C. fino alla definitiva distruzione delle città vesuviane. Dal momento che i dipinti del Quarto Stile appartengono agli ultimi anni di vita delle città, essi sono giunti a noi in quantità maggiore che gli esemplari delle maniere precedenti, e pertanto le diverse varietà del Quarto Stile, vedute nel loro complesso, numericamente superano di gran lunga tutte le altre messe insieme. Secondo l'opinione di uno studioso, vi furono almeno diciassette buoni artisti che operavano contemporaneamente.Una caratteristica di questi artisti è quella di reagire alle tendenze architettoniche del Terzo Stile; in altre parole, i nuovi pittori ritornano alle preferenze architettoniche del Secondo Stile. Essi, però, seguono soltanto in parte la strada a ritroso, dal momento che l'architettura da loro immaginata si dissolve nella fantasia. In verità qualche volta si eseguono studi realistici di città e di edifici. Ma spesso ammiriamo guizzi brillanti di inventiva architettonica assolutamente irreale incastonati in tralicci sottili come la filigrana: strutture inconsistenti magicamente elaborate in un'aerea prospettiva lungo scorci panoramici a precipizio. Alcuni di tali disegni sono sicuramente derivati, come i dipinti precedenti, da scenari teatrali. I temi del genere risalivano ad antichi modelli greci, la loro popolarità nel periodo considerato forse era in parte dovuta alla passione dell'imperatore Nerone per il canto e per la recitazione.Gli antichi miti erano tutt'altro che morti; raggiungevano, anzi, profondi livelli nel sentimento del conscio e dell'inconscio, e fornivano innumerevoli temi a un gran numero di artisti di Pompei e di Ercolano. Quei pittori imitavano originali greci, ma lo facevano con grande libertà di fantasia, e con il dovuto riguardo per i loro propri scopi e per l'ambiente specifico in cui si svolgeva la loro opera. La libertà che essi si prendevano può essere dimostrata quando ci viene concessa l'occasione (come effettivamente capita qualche volta) di confrontare con l'originale due o più copie eseguite da uno dei pittori pompeiani; possiamo allora vedere che le copie differiscono sensibilmente l'una dall'altra.In questi dipinti i volumi sono ampiamente abbozzati, i volti ed i sentimenti sono impressionisticamente suggeriti con pochi, ,audaci colpi di pennello, ed il mito è stato infuso con una vita nuova e briosa. Il successo della tecnica, senza alcun dubbio, va originariamente attribuito ai precursori greci dei pittori vesuviani, e, in particolare, ai Pergameni e ad altri che per primi si erano cimentati in questo spettacolare sfruttamento del chiaroscuro e dei sentimenti umani. I pittori di Pompei e di Ercolano hanno imitato quegli artisti; ma nel farlo evidentemente hanno anche improvvisato con un'abilità che merita quasi di essere considerata un risultato originale.




Quarto stile: villa dei Vetii