L'Unità, lunedì 2 dicembre 2002

Piccole case editrici per gli autori migranti, pellegrini della parola
 di Francesca De Sanctis

La nave dei clandestini affondata l'altro ieri al largo della costa libica ha disperso in mare tanti migranti. Spesso decidono di partire, pagano per attraversare il Mediterraneo e sperano di trovare una vita migliore. Quelli che sopravvivono alle tragedie - se hanno il dono della scrittura - sono gli autori della letteratura che parla del mondo, che racconta il destino della specie umana. Questi scrittori , dice Armando Gnisci (Università di Roma La Sapienza), "sono il meglio della letteratura, perché hanno davvero tanto da dire."
Forse è proprio per questo che alcune case editrici presenti alla prima fiera romana "Più libri più liberi" hanno - finalmente - cominciato a concedere spazio agli autori accomunati dalla condizione della "migranza". E grazie a loro, secondo il professor Gnisci, che "si comincia ad imparare meglio a immaginare e sognare oggi in Italia. Da quando ci sono per noi parole di sabbia." Così si intitola una antologia appena pubblicata dalla casa editrice Il Grappolo di Salerno. Parole di sabbia (pagg. 114, euro 10,00) contiene i racconti di scrittori che usano un linguaggio di confine, un linguaggio che scavalca ogni frontiera, colma le distanze e affida all'universalità del canto e dell'ascolto la costruzione di una identità che appartiene a tutti: a prendere la parola sono l'argentina Sandra Ammendola, la brasiliana Christiana de Caldas Brito, l'iracheno Yousif Jaralla, l'algerino Tahar Lamri, il togolese Kossi Komla-Ebri. A questi autori si alternano poeti italiani e stranieri: Carmine Abate, Hawad, Alberto Masala, Serge Pey, Hirschman.

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