Sandra Clementina Ammendola 


E' nata a Buenos Aires da padre italiano e madre argentìna. Dopo il conseguimento della Laurea in Sociologia, si è trasferita in Italia, dove lavora come Educatrice presso una comunità d'accoglienza per ragazze adolescenti. Ha vinto la terza e la quarta edizione del Concorso Letterario Eks&Tra, Sezione Poesia, ed è stata selezionata per la pubblicazione nella terza edizione, Sezione Narrativa. 
Collabora al Bollettino Letterario Telematico creato dallo scrittore Giulio Mozzi. 
Ha pubblicato racconti e poesie in riviste on-line (Sagarana, Kumà) e sul volume antologico Parole di sabbia (Il Grappolo, 2002).



Lieto fine 

Da molti anni 
curiamo 
il dibattito 
la comunicazione 
il progetto 
fra il dar forma 
senza ritrovare la forma 
dello spazio intessuto 
dal passato sospeso 
abbracciato dallo sguardo 
dello straniero 
sconvolto dell’aspetto della ragione 
della condizione 
dell’esigenza della necessità di difesa 
di una piazza senza tracciati 
di dialogo 
di esperienza 
di memoria 
di necessità d’appartenenza. 
(agosto 2002 )   

Giorni 

Posso dire oggi 
pace 
posso essere 
grato oggi. 
  
Cammino distratto 
da questa pace 
oggi 
sono ancora migrante. 
  
Cerco le parole 
solo 
oggi negli occhi 
di questo sogno. 

Provo camminare 
migrante grato 
distratto sogno 
di parole sole. 
  
Sguardi colmi 
pace sospesa 
case vuote 
piedi cosparsi. 
(gennaio 2002 ) 
  
Prova a volare 
Per Giovanni, a Lara 
  
Prova a volare, 
almeno per un po'. 
Cerca di arrabbiarti, 
finché vuoi. 
  
Vai alla deriva, 
solo per un po'. 
Credi alle farfalle 
finché vuoi. 
  
Muovi i vecchi alberi 
almeno di un po'. 
Sposta le notti 
finché vuoi. 
  
Dormi sul mare, 
solo per un po'. 
Senti il sapore di niente 
Finché vuoi. 
  
E poi i soli 
le lune 
i cieli 
tutte le stelle 
almeno per un po'. 
(aprile 2001) 
  
Note 
  
Un'altra volta 
cambio orologio, 
pagine, mani, 
dimora. 
  
Ancora 
tolgo tende, 
quadri, specchi, 
muri. 
  
Di nuovo 
cerco spazi, 
riflessi, lettere, 
orme. 
  
Adesso 
appendo punti, 
linee, ombre, 
silenzi. 
  
Adesso 
lascio. 
Di nuovo 
spero. 
Ancora 
viaggio. 
Un'altra volta 
immagino. 
(febbraio 2002) 
  


Incontro con Sandra Clementina Ammendola



 Silvia Gallotta 
(IPSSAR "Orio Vergani" - Ferrara) 
  


Il progetto "Culture della migrazione e scrittori migranti", nato come percorso formativo, ha promosso negli allievi atteggiamenti critici produttivi, propositivi, che li hanno condotti ad interrogarsi su aspetti del reale e a comportamenti basati sul reciproco rispetto e sulla disponibilità a comprendere le posizioni dell'altro, attraverso il medium della cultura. 
In quanto comunicazione, la poesia ci ha consentito di porre l'accento sull'informazione trasmessa, sull'elaborazione dei messaggi riflettuti e sulla costituzione di un patrimonio garante della nostra memoria, per cui si è cercato di facilitare il processo di lettura e di scrittura senza però togliere il piacere, la libertà e la fantasia necessari per superare le paure connesse a questo tipo di linguaggio. 
Lo scambio comunicativo con la poetessa e scrittrice italo-argentina Sandra Clementina Ammendola, che abbiamo incontrato a scuola, e con gli altri scrittori intervenuti al Convegno Nazionale, ha promosso la consapevolezza della molteplicità delle culture e la conoscenza delle diversità al fine di una reciproca valorizzazione e ricchezza dialogica. 
Il progetto è diventato un "viaggio alla ricerca della propria identità" attraverso l'appropriazione di un patrimonio elaborato dalle generazioni precedenti. La conoscenza di sé come riscoperta del profondo da cui si proviene è stata la premessa per un incontro con l'identità-profondità dell'altro. 
Gli alunni si sono riconosciuti e presentati agli altri dimostrando di avere personalità coerenti ed equilibrate, aperte a nuove esperienze e ad una realtà sociale multietnica. 
  
 I lavori degli studenti 
  
Memorie 

Nel cuore, 
Nell'anima, 
custodite per sempre. 
Rivissute in un cielo, 
rivedute in un'immagine, 
riascoltate in una melodia, 
rievocate tra le parole. 
Segrete nel cuore, 
preziose nella vita. 
  
  Chiara Ramponi - Terza G 
  
Il coraggio 
…Perso tra le sabbie del deserto. 
          Racchiuso tra le scene di qualche film, 
                   Difficile vita nella quotidianità di tutti i giorni. 
  
                                                             Francesca Martini - Quinta G 
  
  
Quando 

Quando nulla 
È come vorrei, 
quando sento 
di non avere più speranze 
e nasce la luna… con la mente 
volo sulla mia isola felice 
e non ho più rimpianti. 
  
Ilaria Previati - Quarta G 
  
Aquiloni 

Rombi colorati 
Che guardano il cielo, 
pensieri di carta 
ondeggianti qua e là; 
aquiloni nell'aria, 
desiderio di libertà. 
  
Tenuti dai bimbi, 
con un esile filo, 
volano 
in terre lontane, 
nei cieli, 
sulle colline afghane. 
  
Anna Massotti - Terza G 
  
Voliamo lontano 

Vorrei volare lontano, 
come un gabbiano. 
Volteggiare nei cieli infiniti, 
sfiorare la tua mano. 
Nicola Del Vecchio - Terza G 
    


Incontro con Sandra Clementina Ammendola 



Un' iniziativa all'insegna della comprensione e del confronto 
 Adriano Rubini 
(Dirigente Scolastico Istituto Professionale "Luigi Einaudi" - Ferrara 


Partecipando, lo scorso anno, al progetto “Culture e letteratura della migrazione”, ci si rese conto e dell’apertura spontanea dei giovani a queste tematiche e nel contempo della superficialità esistente nella conoscenza di culture differenti dalla nostra. 
Il fenomeno dell’immigrazione in un Paese, il nostro, già soggetto ad emigrazione, crea certamente problemi economici, politici e sociali che nascono dal confronto, non sempre facile, fra culture diverse che spesso si ignorano, ma il più delle volte collidono. La presa di coscienza del fenomeno e il reciproco rispetto delle singole dignità possono avvenire se si parte dai giovani, educandoli al dialogo che risulta, per loro, più agevole in quanto meno condizionati da ancestrali pregiudizi e inveterati ideologismi. 
I giovani si sono dimostrati disponibili alla comprensione e al confronto, evidenziando curiosità, ma anche intraprendenza nell’affrontare tematiche diversificate, sempre pronti a dare risposte consapevoli e responsabili. 
Un ringraziamento particolare va rivolto all'azione dei Docenti che si sono fatti promotori e artefici dell'iniziativa.   


I lavori degli studenti 


Negli occhi di un altro
 Simone Grillo 


Seduto di fronte al commissario di polizia in una stanza ermeticamente chiusa ed illuminata solo dalla accecante luce di una lampada da tavolo, l'uomo, vestito in tuta e scarpe da ginnastica, maleodorante e stordito, si sentiva tremendamente stanco, ma allo stesso tempo incuriosito. Nonostante le domande di routine che caratterizzano questi freddi ed inconsistenti incontri, sperava sempre di riuscire a farne uno un po' diverso dal solito nel quale, almeno per una volta, raccontare la propria storia o dire la propria opinione e non semplicemente rispondere a tre veloci domande poste con sincero disinteresse e una punta di seccatura.
Non fu poca l'irritazione che lo colse nell'apprendere la prima domanda che, per quanto scontata, era riferita con un tale distacco e con tale freddezza che sembrava essere stata posta da una macchina :
- Come ti chiami?
Decise di non rispondere, risoluto a spingere il funzionario a tentare di instaurare un dialogo vero e proprio, anche a costo di indispettirlo.
- Come ti chiami, forza, tanto ti conosciamo già, devi solo aiutarci a sbrigare questa formalità e poi organizziamo il tuo ritorno a casa… cerca solo di non farmi perdere tempo che è tardi e voglio tornare a casa mia…. 
Il clandestino non lo ascoltava neppure, stava immobile con lo sguardo sereno ma deciso, fisso su quello nervoso del commissario ormai prossimo ad una sfuriata.
- Insomma, voglio solo sapere come diavolo ti chiami, e vedi di rispondere subito prima che ti faccia sbattere sopra la prima zattera per l'Albania a calci!!.
Il clandestino non si scompose, era avvezzo da tanto tempo ormai a sentirsi trattato in quel modo tanto che aveva perso le speranze di poter imporre il rispetto nei propri confronti.
Rimase molto sorpreso, perciò, nel vedere il funzionario sinceramente pentito per quanto avesse appena detto.
- Siamo tutti molto stanchi, qui le giornate sono tutte uguali e tutte ugualmente difficili, mi dispiace molto, ti prego di scusarmi… - disse.
Si alzò dalla sedia, andò a prendere due tazzine e le riempì di caffè - il quarto che beveva dall'inizio della serata - e ne offrì una al clandestino
- Allora adesso, per favore, posso sapere il tuo nome?
Il clandestino sorrise, sorseggiò un po' del caffè così gentilmente offerto e, assumendo un atteggiamento tra il serio ed il sognante, cominciò a parlare. 
Diceva cose che non aveva mai detto, ma che da tanto albergavano nel suo cuore e a lasciarle correre fuori attraverso la voce lasciavano quasi un po' di malinconia nel pronunciarle:
- Chi sono.. chi sono….- continuò a borbottare per alcuni secondi, per poi riprendere con più vigore:
- Chi sono non lo so, non lo ricordo più, caro signore…Ricordo di essere nato in un posto che non esiste più, un posto dove sorgevano tante case e dove oggi c'è solo una triste palazzina, una delle tante illusioni del mio paese. Quando sono partito per la prima volta ho lasciato tanti volti cari, tantissimi che poi sono andato a trovare a casa o al cimitero. Partendo, però, non ho potuto non portarmi dietro le mie speranze, la mia gioia nascosta dalla paura, le mie utopie di una vita migliore, i miei primi timidissimi amori, insomma la mia gioventù. Devo dire che da allora non è cambiato nulla, anche allora dovetti pagare degli aguzzini per farmi portare fino a questo porto in condizioni disumane; anche allora incontrai un uomo vestito come lei che mi fece le stesse domande, che sentivo distante così come sentivo lontano lei fino ad un momento fa; forse l'unica cosa che è cambiata è che non ho più lo stesso entusiasmo né le stesse speranze di prima. Anche allora restai pochi mesi, girando per la strada circondato da vetrine e cartelloni pubblicitari che promettevano anche a me un futuro migliore e felice, semplicemente acquistando un nuovo paio di pantaloni che comunque non potevo permettermi. Da allora ho cominciato ad analizzarvi, a guardarvi per strada vincendo la legge dell'indifferenza che vige per queste strade tanto quanto nelle nostre del cosiddetto terzo mondo. Nell'osservarvi, non ci crederà, mi sono sentito più che mai a casa, circondato da gente che come me cercava di emergere, che urlava a ragione o a torto pur di non passare inosservata, pur di lasciare la propria impronta. Non può immaginare, caro commissario, come sia bello il mondo visto dal basso: è un mondo senza misteri, senza doppi sensi, dove non è necessario urlare, né colpire, né fuggire, neppure essere intelligenti; vedere il mondo al nudo delle sue ipocrisie e delle sue regole, togliere quella fitta nebbia che non ci permette di vederci bene gli uni con gli altri, e perciò neppure di apprezzarci, rende tutto incredibilmente più semplice, rende tutto uniforme, tutto con un unico significato. Il mondo, come ho imparato a vederlo io, è un mondo dove non esiste né lei e neppure io, ma dove, molto più semplicemente, esistiamo noi; noi che cerchiamo una risposta ai mille perché della nostra vita, un segno premonitore del nostro destino, un'ancora di salvezza dal naufragio dei mille problemi quotidiani. Mi creda, commissario, la risposta non è esposta in vetrina, non è stampata sui cartelloni pubblicitari, non la troverà in nessun telefonino, né grattando una patina argentata, non ci si potrà connettere tramite internet…
Il commissario da tempo non ascoltava altro che telegiornali e raramente gli capitava di scambiare opinioni, di aprire la propria mente alle proposte ed alle considerazioni di un altro, volle così partecipare il più attivamente possibile.
Sostanzialmente non poteva non essere d'accordo con quanto sosteneva il suo interlocutore, ma al tempo stesso gli sembrava che i ruoli si stessero invertendo.
Secondo regola, infatti, era l'altro, l'immigrato, quello che veniva da lontano, dal nulla, a cercare una realtà migliore, delle risposte; insomma, lui era quello già realizzato: un lavoro onesto, una famiglia felice, una dignità assicurata dall'essere ammirato da molti e rispettato da tutti, e non riusciva ad accettare di doversi ritrovare nelle stesse condizioni di un povero disgraziato che dalla vita fino ad oggi forse aveva ricevuto in dono solo quella significativa conversazione.
Così ribatté, usando toni pacati e rispettosi della dignità del clandestino, a quelle scioccanti rivelazioni, mentre ormai la notte avvolgeva la città rischiarata solo dalla luce emanata da quella stanza.
- Realizzato? Realizzato in cosa? Nel vedere ogni giorno uguale all'altro, nel dover insegnare a mio figlio a non farsi mai sottomettere da nessuno, pur dovendogli ricordare di essere misericordioso e paziente? Forse uno si sente realizzato a camminare per strada e vedere che nessuno si accorge che c'è, nel parlare e rendersi conto che i suoi discorsi, i suoi sogni, le sue speranza, si perdono nell'immensità dei dubbi e delle paure che la società ha di cambiare, di aprirsi veramente…- e continuò, stavolta in tono molto più confidenziale, preso ormai dalla foga delle parole:
- …Forse ti senti realizzato perché un giorno a settimana non devi lavorare e puoi tentare di supplire a tutte quelle mancanze verso te stesso e gli altri accumulate in sei giorni? Forse ti senti realizzato, perché non senti abbastanza e fino in fondo quanto non conti nulla, quanto sei incapace, nonostante i tuoi sforzi di essere parte della memoria degli altri?
Chieditelo: "Nella vita a quante occasioni hai dovuto rinunciare per paura, quanti amori hai soppresso in te per timore, davanti a quanti hai abbassato lo sguardo perché troppo forti troppo intelligenti o troppo potenti?"
No, amico mio, così come i miei giovani connazionali, che scippano borsette o telefonini cercando in questi oggetti quella dignità di sé che il mondo gli ha negato, neanche tu hai trovato negli stessi oggetti quegli stessi valori…-
Il commissario si tolse gli occhiali a lenti rettangolari e sottili che portava, e restò così, silenzioso, per alcuni interminabili secondi.
Ripassò nella mente tutti gli istanti più significativi della sua esistenza, rivide i volti delle persone amate e di quelle che amava ancora, i volti delle persone odiate e di quelle che ancora non riusciva a sopportare o a capire o da cui non riusciva a farsi capire, e considerando, per la prima volta nella sua vita, il fatto di dover abbandonare un giorno tutto questo e di vederlo sparire assieme a lui come se nulla delle sue gioie e delle sue sofferenze fosse mai esistito, finì per porsi quella domanda così come l'aveva posta inizialmente al suo compagno notturno: "Chi sono?"
Non poteva attendere di darsi una risposta che comunque, sapeva, non sarebbe mai arrivata.
In un attimo realizzò tutto quello che centinaia di campagne pubblicitarie, anni di catechismo, manifestazioni dei centri sociali visti per tv o in giro per la città, non erano riusciti a fargli comprendere.
Fino ad allora, un immigrato era uno sconosciuto che parlava una lingua diversa, veniva da un altro paese a contendersi il posto di lavoro con lui o con suo figlio e, in alcuni casi, a portare nuova criminalità, disordine e paura nella popolazione.
Da quel momento, dalla fine di quella conversazione, non riuscì più a trovare nulla che lo rendesse realmente diverso dal suo interlocutore; provò però una gran voglia di comprensione, di solidarietà, di condivisione del patimento dei suoi limiti così brutalmente scoperti, e fu per questo che quasi istintivamente rivolse di nuovo lo sguardo al suo simile, mentre ormai albeggiava.
In quello sguardo, trovò un senso di fratellanza, una comprensione, un sostegno, una consolazione, che in pochi altri momenti aveva provato con tanta sincerità.
Intravide, soprattutto, molte di quelle risposte e molti di quei profondi significati esistenziali, che cumuli di parole non basterebbero a renderne anche solo l'idea.
Basti perciò al lettore, sapere la cosa più sconvolgente in tutto questo: quelle risposte, o se non risposte, nuovi significativi, elementi su cui magari cominciare a vedere il mondo sotto una prospettiva nuova, il nostro commissario non li trovò in nessun concorso a premi , non li trovò nella fortuna così spesso celebrata dai nostri media come la soluzione a tutti i nostri problemi.
Le trovò nelle parole sincere e dirette e, laddove le parole non potevano arrivare, le trovò negli occhi di un altro.  


Un viaggio per la vita
 Maddalena Angelini, Elena Sacchi, Elisa Sacchi

 
" Altri cinque minuti mamma!". Il caldo tepore delle coperte mi avvolge anche questa mattina; passerei ore e ore in questo letto, ma anche oggi mi aspetta la solita sfida.
La mamma chiama ancora. E' meglio che mi alzi! Ormai il sole è alto e i suoi raggi sono puntati dritti sui miei occhi, ma quando li chiudo mi sembra di essere in un altro mondo. Vorrei volare come nei miei sogni, con il mio ippogrifo…
Il mio zainetto è pronto, ora non resta che recuperare le forze! Dall'odore stamattina mi aspetta una tazza di latte caldo e una buona fetta di kanaletet, quel delizioso dolce con farina ed uova a forma di scaletta con una spolverata di zucchero che ha preparato ieri pomeriggio la mamma. E' veramente buona questa torta… ma di che cosa stanno parlando mamma e papà? Sono seduti davanti a me e continuano a bisbigliarsi qualcosa nell'orecchio, forse non vogliono che sappia ciò di cui stanno parlando? Quando i grandi si comportano così, sono peggio dei bambini! Ma ora sembra che si siano accorti della mia strana espressione, sembra che mi vogliano dire qualcosa ed ecco…Un viaggio? Veramente… Evviva!! Mi hanno appena annunciato della nostra partenza oggi pomeriggio per visitare un nuovo paese. E' da un po' che non facciamo un viaggio. Niente scuola oggi, chissà come se la caveranno i miei compagni! Li ho abbandonati al triste destino di tutti gli alunni, combattere contro l'acerrimo nemico: la Scuola!
Ah… Bene ora torniamo a noi, non andrò a scuola oggi, ma la mattinata la passerò a preparare i bagagli! Chissà perché la mamma si è raccomandata di prendere pochi oggetti. Forse staremo via poco tempo, la valigia mi aspetta! Dunque potrei prendere… no questo meglio di no, magari si rovina. Non può mancare però il mio maglioncino di lana fatto dalla nonna, che mi ha regalato l'anno scorso per il mio compleanno; ricordo ancora quando lo indossai la prima volta, il suo tipico profumo e il calore che mi avvolgeva. Ecco… poi prendiamo la tuta, la camicetta e questi altri vestiti. Ora raggiungiamo la mamma… ehi tu…?!? Dove ti eri nascosto? Sarai il mio compagno di viaggio, sei contento orsetto mio? 
Sento la mamma salire le scale, sta correndo e mi chiama. Ha un tono di voce che non mi piace! Si avvicina alla porta, l'apre e: "Lascia lì la valigia e muoviti che dobbiamo partire subito!". Queste parole mi suonano strane da parte della mamma, lei che ci tiene tanto a portare tutto con sé. Non faccio in tempo a prendere nient'altro, è meglio che mi sbrighi, l'automobile è già in moto! La prima tappa è il porto. Questo viaggio sembra infinito. Incontriamo posti a me cari, che per un po' non vedrò; mi dispiace non poter trascorrere i prossimi pomeriggi nel parco a giocare a nascondino! Sono un asso in questo gioco, a volte rinunciano a cercarmi perché non mi trovano. Vorrei salutare l'Albero nonno, il mio nascondiglio preferito, ma la mamma ha detto che non c'è tempo. Lo saluterò al ritorno.
Finalmente siamo giunti a destinazione. Che grande che è, non avevo mai visto un porto. E' enorme, ci sono tante navi. E che belle che sono! Sopra di me un gran cartello ondeggia per il vento: c'è scritto Durazzo, credo proprio che sia il nome del porto!
Non capisco perché stiamo salutando il papà, la mamma ha gli occhi lucidi, sembra quasi che stia per piangere. Ora mi trascina verso la nave, e mi spiega che il papà non verrà con noi perché impegnato con il lavoro e che ci raggiungerà tra un paio di giorni. Non posso partire senza averlo salutato, è meglio che torni indietro, non si sa mai che poi se la prenda. Tento di lasciare la mano della mamma per correre da papà e dargli almeno un bacino. Però mi stringe forte e non riesco a liberarmi. Va bene, mi accontenterò di fare un cenno con la mano. Non capisco come mai la mamma si comporti così, non mi lascia andare e trema. In fin dei conti dobbiamo solo partire per un viaggio, ma…tutta questa gente deve venire con noi? Chissà quanto grande sarà questa nave?! La mamma è nervosa, forse è preoccupata per la lunga fila. Che brutte facce che hanno quelle persone, la mamma li chiama scafisti, speriamo non siano amici suoi!
Stiamo percorrendo un corridoio stretto e buio, e la mia mente già fantastica su come sarà la nostra stanza: un letto caldo e accogliente ed un bagno tutto per noi.
Tutti si sono fermati, ora mi trovo in un'enorme sala. La mamma si sposta verso un angolo e sistema le poche cose che è riuscita e prendere. Gli ho chiesto tra quanto tempo ci manderanno nelle stanze e lei mi ha risposto che non ci sono stanze, che dormiremo tutti insieme qui nella stiva!
In un istante tante sensazioni mi travolgono. I miei sogni si sono infranti in pochi secondi, ma guardiamo il lato positivo, potrò condividere questa nuova esperienza con tante altre persone.
Ci sono un sacco di bambini con i loro genitori, tutti contenti ed emozionati. Chissà se farò nuove amicizie! I genitori sono agitati e c'è una gran confusione. Ormai è tardo pomeriggio, e i morsi della fame rimbombano nel mio stomaco. E' da questa mattina che non tocco cibo, per la fretta abbiamo saltato il pranzo. Fra poco dovrebbero portarci la cena; immagino già i camerieri tirati a lustro che servono squisite pietanze su piatti d'argento, come se fossi in un film! Non posso aspettare: "Fra quanto si cena?" chiedo alla mamma; "Tesoro fra un po' arrivano i biscotti" mi rispose. Di nuovo, tutti i miei sogni si sono infranti in un istante, non ci sarà nessun cameriere e nessuna cena. Non credo proprio che il viaggio sarà come lo avevo immaginato. Mi accontenterò di ciò che la mamma ha preso prima di partire.
La sera è ormai calata e la giornata è ormai finita. Tutto è passato in fretta e non mi rendo conto, ancora bene, dove mi trovo. E' stata una giornata ricca d'emozioni e delusioni: mi dispiace che papà non sia potuto venire con noi, ci saremmo divertiti tanto. La nave non è proprio come l'avevo immaginata, ma l'importante è che sono insieme alla mia mamma e stiamo andando verso un bellissimo paese. Avanza lentamente il sonno, e fa chiudere le mie palpebre. La mamma mi ha preso in braccio e mi stringe forte a sé. Posso sentire il suo cuore battere forte, sarà l'emozione del viaggio! Da qui posso udire il rumore del mare, le onde arrabbiate che s'infrangono e si spezzano contro la nave. Questo ondeggiare mi rilassa, e posso dire che ormai i miei occhi si sono chiusi e sono già nel mondo dei sogni.
Il mio sonno è breve, mi sveglio all'improvviso. I bambini piangono, i genitori urlano, tutti corrono avanti e indietro, tutti sono nel panico. In sottofondo sento il rumore di sirene, coperto dalle grida degli scafisti che ordinano di muoversi e insultandoci ci comandano di salire nella parte superiore della nave. La mamma è scossa, sta quasi per piangere, non sa più cosa fare, mi stringe forte la mano e mi tira verso il lungo corridoio buio; io cado e lei mi prende in braccio continuando a correre. Ora siamo su, c'è ancora buio. Vedo avvicinarsi delle navi alla nostra, con lampeggianti e sirene. Tutti si gettano in acqua. La mamma gira in lungo e in largo la nave; credo stia cercando un salvagente. Non comprendo tutta quest'agitazione. Cerco di calmarla ma lei sembra non darmi ascolto. Mi prende in braccio, si avvicina al parapetto e mi sussurra che mi vuole bene e di stare tranquilla perché lei sarà sempre accanto a me! Con le lacrime agli occhi mi dà un grosso bacio e in pochi secondi mi ritrovo nell'acqua gelata. Non vedo più la mamma, sento solo la sua voce. C'è tanta gente intorno a me. Io continuo a chiamarla, ma la sua voce si allontana sempre più da me. Non mi sento più le gambe. Ora l'acqua circonda anche la mia testa. Vedo tutto scuro, ma d'un tratto, un tunnel bianco mi si affaccia davanti, e sento una voce che mi guida. Ora sto bene… sto camminando, quando…" Ecco i miei amici, ora li raggiungo". 
"A chi tocca nascondersi???"Torna alla prima pagina


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