I miei auguri di Buona Pasqua

Miei carissimi parrocchiani
mi perdoni il Signore se oso servirmi delle sue stesse parole per esprimere un incontenibile sentimento che mi sale dal cuore. Non trovo infatti altri termini capaci di manifestare questa mia grande attesa, se non quelli usati da Gesù nell'Ultima Cena: " Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi " (Lc 22,14).
Attendo con "impazienza" i giorni in cui celebreremo con fede e con gioia la Pasqua del Signore, cioè il "suo passaggio" da questo mondo al Padre, attraverso la passione e la risurrezione.
Nella certezza che, mentre facciamo memoria della morte e resurrezione del Signore, anche noi partecipiamo dello stesso mistero di morte e di vita. Ce lo assicura S. Paolo: " Per mezzo del battesimo siamo stati sepolti insieme a lui nella morte, perché come Cristo fu risuscitato dai morti... così anche noi possiamo camminare in una vita nuova... Se siamo morti in Cristo, crediamo che anche vivremo con lui... Così anche voi consideratevi morti al peccato, ma viventi per Dio, in Cristo Gesù " (Rm 6,4-11).
Confido di incontrarvi tutti, non solo nella domenica di Pasqua, ma anche nei giorni di preparazione alla festa, specialmente in quelli che portano il nome di "Settimana Santa".

Formulo i miei auguri,

per tutti e per ognuno di voi, 

attingendoli dal grande tesoro 

delle celebrazioni liturgiche 

della Settimana Santa.

Operatori di pace
La Settimana Santa si apre con la domenica delle Palme. All'oratorio benediremo i rami d'olivo, e poi ci incammineremo processionalmente verso la chiesa parrocchiale.
Mediante quest'azione liturgica, ripeteremo con fede quel che avvenne all'ingresso festoso di Gesù a Gerusalemme, prima che entrasse nel mistero della sua passione, morte e risurrezione.
L'evangelista Marco racconta così il gioioso evento: " Essi (i due discepoli) condussero l'asinello da Gesù e vi gettarono sopra i loro mantelli, ed egli vi montò sopra. E molti stendevano i propri mantelli sulla strada e altri delle fronde, che avevano tagliate dai campi. Quelli poi che andavano innanzi, e quelli che venivano dietro gridavano: Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! " (Mc 11,7).
Viviamo in tempi difficili: la pace è seriamente in pericolo. In questi primi mesi del 2003 si sono tenute in tutto il mondo oceaniche manifestazioni per la pace.

Abbiamo iniziato la Quaresima con una giornata di digiuno, raccomandata insistentemente dal Papa per implorare la pace. Prepariamoci anche alla processione della "domenica delle palme" ponendola come segno della nostra sincera volontà di essere "autentici operatori di pace".

Porteremo in mano un ramo di olivo. La Bibbia racconta che alla fine del diluvio Noè fece uscire dall'arca una colomba che vi ritornò, portando nel becco un ramoscello d'olivo. Da allora quel ramo è inteso come simbolo di pace. Stringiamolo bene in mano. Lasciamo che il suo profumo ci compenetri di gioia, di serenità e di pace. Perché abbiamo a contagiare degli stessi sentimenti tutti coloro che incontreremo sul nostro cammino.

Sapete ciò che vi ho fatto? (Gv 13, 12)
È un interrogativo inquietante ed esigente, che Gesù pose ai suoi discepoli, nella notte in cui veniva tradito. Dopo aver loro lavato i piedi chiese: " Sapete ciò che ho fatto? ". Nel silenzio imbarazzato degli apostoli, dà lui stesso la risposta adeguata: " Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. Vi ho dato infatti l'esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi ".
Il comando di un amore vicendevole, fatto non di parole ma di servizio autentico fino al dono di tutto se stesso, lo ripeterà dopo l'istituzione dell'Eucaristia.
Infatti, dopo aver preso e spezzato il pane, lo diede ai suoi discepoli dicendo: " Prendete e mangiatene tutti: questo è il mio corpo offerto in sacrificio per voi ". Allo stesso modo offrendo il calice disse: " Prendete e bevetene tutti: questo è il calice del mio sangue, versato per voi e per tutti. Fate questo in memoria di me ".
Con queste parole, Gesù ci comanda non solo di perpetuare con i riti il memoriale della sua Cena, ma di tradurre nella vita il suo dono. Questa è la dimensione autentica di una vera comunità cristiana: vivere quotidianamente lo spirito dell'Eucaristia, che è amore vicendevole fino al dono della propria stessa vita. Solo nel contesto eucaristico del Giovedì Santo si riesce a intuire la forza del comandamento nuovo: " Che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi " (Gv 15,12).


Piaghe sanguinanti da tergere
Sono sicuro che non farete a meno degli altri anni. Vi penso quindi presenti in gran numero alle meste e solenni celebrazioni del Venerdì santo: all'adorazione della Croce, alla processione con l'immagine dolce e commovente di Cristo morto. Sfileremo devoti davanti a Lui e baceremo con affetto riconoscente le sue piaghe sanguinanti anche il Sabato santo, fino al solenne inizio della veglia pasquale. Intanto salirà spontanea dal profondo di noi stessi la preghiera che conosciamo fin da quando eravamo piccoli: "Ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo, perché con la tua santa Croce hai redento il mondo".
Contemplando quell'icona di Cristo morto, con le ferite della passione ancora sanguinanti, riusciremo meglio a comprendere il suo infinito amore per noi.
E ci sentiremo stimolati a ricambiare, per quanto ci sarà possibile, quanto egli ha fatto per noi.
S. Giovanni Crisostomo ci insegna come.
"Vuoi onorare il corpo di Cristo? Non permettere che sia oggetto di disprezzo nelle sue membra, cioè nei poveri... 
Non onorarlo qui in chiesa con stoffe di seta, mentre fuori lo trascuri quando soffre per il freddo e la nudità". Il vero incontro con Cristo a Pasqua ci chiede dunque una verifica: scorgere la sua presenza nel povero, in chi soffre, in chi è solo e cerca il nostro conforto e un po' di consolazione da noi. Da queste piaghe sanguinanti e dolorose, fatte di solitudine, di abbandono, di silenzi cupi e pesanti, siamo circondati.
Per Pasqua, cerchiamo di tergerne almeno alcune.

Cantiamo l'alleluia
Dopo il silenzio del lungo cammino quaresimale, nella solenne Veglia pasquale esploderà, con il suono dell'organo, delle campane, e di tutti i campanelli custoditi in chiesa, il canto coinvolgente dell'alleluia. Canteremo il nostro grazie al Signore per quello che ha fatto e continua a fare per noi. Anche dopo Pasqua proseguiremo il viaggio faticoso della vita: nella certezza però di non essere soli, ma di avere un compagno premuroso che ci incoraggia e ci sostiene.

Carissimi, 


riassumo il mio pensiero augurale con le parole di S. Agostino: 
"Canta per alleviare le asprezze della marcia... Canta e cammina. 

Che significa camminare?


Andare avanti nel bene, progredire nella santità... Se progredisci è segno che cammini, ma devi camminare nel bene, devi avanzare nella retta fede, devi progredire nella santità.


Canta e cammina!"


Così auguro a tutti: Buona Pasqua.