Il Piano Faunistico è bocciato - 03-10-02 - Mario De Chenno

 

  Il Piano Faunistico Regionale appena annullato dovrà quindi essere rielaborato ripristinando le perimetrazioni e riabilitando tutte le aree protette precedentemente cancellate.

 

Vittoria del WWF anche al Consiglio di Stato contro il documento, approvato dalla Regione Campania, che dimezzava le aree protette dalla legge sulla caccia.


Il C.D.S. conferma la sentenza del TAR Campania dello scorso anno. Ora saranno ripristinate Oasi e Zone di Ripopolamento e cattura.

 

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale - Sez.VI - nella Camera di Consiglio del 21 maggio 2002 (ma la decisione è stata appena pubblicata) ha confermato la sentenza del TAR Campania di annullamento del Piano Faunistico Venatorio Regionale della Campania e dei Regolamenti allegati in materia di mobilità e reciprocità venatoria, nonché di addestramento ed allenamento cani da caccia.

 

Il ricorso al Consiglio di Stato contro la sentenza del TAR Campania era stato proposto dalla Regione Campania, con l’intervento ad adiuvandum della Provincia di Salerno e della Federcaccia, e l’opposizione del WWF.

 

Il TAR per la Campania aveva annullato nel luglio 2001, accogliendo il ricorso del WWF, rappresentato in giudizio dall’avvocato Maurizio Balletta, il Piano Faunistico Venatorio Regionale, approvato dalla Regione nel novembre 1999 e pubblicato nel maggio 2000.

 

Il consiglio giudicante, composto dal Presidente Giancarlo Coraggio, dal consigliere Angelo Scafuri e dal relatore Paolo Carpentieri, accolse pressoché in toto le motivazioni con cui l’associazione ambientalista aveva giudicato illegittimo il provvedimento. Fu battuta anche la Federcaccia, costituitasi in giudizio ad opponendum.

 

Il Piano Faunistico Regionale prevedeva il dimezzamento delle aree protette istituite ai sensi della legge sulla caccia, accampando quale motivazione la violazione del “diritto alla caccia” costituita dal fatto che la maggioranza (oltre il 71%) del territorio regionale (il 75% di quello sannita) sarebbe stata “sottratta” all’attività venatoria.

 

Tale impressionante cifra era stata artificiosamente costruita accorpando alle aree di protezione naturalistica (che in realtà costituivano circa il 25% del territorio) tutte le zone in cui la caccia è vietata per motivi di sicurezza (come strade e ferrovie).

 

In nome della strenua difesa dei cacciatori, e senza il supporto di alcun criterio scientifico, la Regione aveva così stravolto la pianificazione venatoria operata dalle Province. La provincia di Benevento risultava quella maggiormente penalizzata: oltre il 60% di territorio protetto in meno nelle Oasi di Protezione della Fauna (cancellate Cusano Mutri e quella individuata sul Calore-Serretelle, tagliata di un terzo l’Oasi di Torrecuso e di due terzi l’Oasi del Lago di Campolattaro); ridotte alla metà le Zone di Ripopolamento e Cattura, introducendo un inedito ed assurdo criterio di “rotazione quinquennale”.

 

Il TAR ha invece giudicato illegittima tale operazione, ribadendo, come sostenuto dal WWF, che la finalità primaria della legge è la protezione della fauna e non la difesa degli interessi del mondo venatorio.

Il Piano Faunistico Regionale appena annullato dovrà quindi essere rielaborato ripristinando le perimetrazioni e riabilitando tutte le aree protette precedentemente cancellate. Allo stesso modo si dovranno riscrivere i regolamenti attuativi –parimenti annullati- che consentivano ai cacciatori di iscriversi per silenzio-assenso agli Ambiti Territoriali di Caccia (ATC), di cacciare in pratica tutto l’anno nelle zone di addestramento cani, di detenere come richiami specie non cacciabili e in gabbie tanto piccole da determinarne il maltrattamento.

 

Grande soddisfazione è stata espressa dal WWF: «Dopo due anni di battaglie legali si pone finalmente uno stop –ha commentato il responsabile della sezione Sannio, Mario De Chenno – ai tentativi di anteporre gli interessi di pochi cacciatori al diritto di tutti i cittadini alla conservazione della natura. Dopo le sentenze di annullamento del Calendario Venatorio, ancora una buona notizia per la natura. Ci aspettiamo ora che le aree protette sannite siano messe nelle condizioni di esercitare il loro ruolo di tutela di flora e fauna e di stimolo alla crescita socioeconomica.Oltre al ripristino delle perimetrazione delle Oasi e delle ZRC, occorre finalmente sbloccare e utilizzare adeguatamente  i  fondi disponibili per la gestione di queste aree, che potranno così costituire, assieme ai Parchi Regionali di recente attivazione, la “rete ecologica” sannita».

Maggiori informazioni e i testi integrali delle sentenze sul sito www.wwf.it/sannio

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello proposto dalla Regione Campania, in persona del Presidente della Giunta Regionale p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Maria Antonietta Amati ed elettivamente domiciliata in Roma, Via del Tritone n.61;

contro

- l’Associazione Italiana per il World Wide Fund For Nature (WWF Italia), in persona del Presidente p.t., rappresentata e difesa dall'Avv. Alessio Petretti ed elettivamente domiciliata in Roma, Via degli Scipioni n.268 presso lo studio Petretti;

- la Federazione Italiana della Caccia – Campania – rappresentata e difesa dagli Avv.ti Andrea Abbamonte ed Umberto Gentile ed elettivamente domiciliata presso lo studio del primo in Roma, Via degli Avignonesi n.5;

- la Provincia di Salerno, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli Avv.ti Barbato Iannuzzi ed Angelo Casella ed elettivamente domiciliata in Roma, via Ovidio n.20 presso lo studio dell'Avv. Daniela Rescigno;

- la Provincia di Avellino, la Provincia di Benevento, la
Provincia di Caserta, la Provincia di Napoli, non costituite;

per l’annullamento

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, n.4639 del 23.10.2001;

Visti gli atti tutti della causa;

Visto l’atto di intervento della Provincia di Salerno;

Alla pubblica udienza del 21 maggio 2002 relatore il Consigliere Roberto Garofoli. Uditi l'Avv. D'Elia per delega dell'Avv. Amati, l'Avv. Iannuzzi, l'Avv. Casella, l'Avv. Petretti e l'Avv. Andrea Abbamonte;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.

FATTO

Con il ricorso proposto in primo grado l’odierna appellata ha impugnato il piano faunistico venatorio della Regione Campania, approvato con deliberazione del Consiglio Regionale n.47/23 del 15 novembre 1999, nonché alcuni profili delle normative di attuazione allo stesso allegate.

Con la sentenza impugnata il primo Giudice ha in parte accolto il ricorso reputando sussistenti taluni dei denunciati vizi di illegittimità.

Insorge l’appellante sostenendo l’erroneità della sentenza, di cui chiede quindi la riforma.

All’udienza del 21maggio 2002 la causa è stata ritenuta per la decisione.

DIRITTO

1. L’appello è infondato e va pertanto respinto nei termini di seguito indicati.

Giova procedere all’esame dei singoli profili di illegittimità ravvisati dal Giudice di prime cure e allo scrutinio, quindi, delle corrispondenti censure formulate nell’atto di appello.

E’ stata in primo luogo ritenuta fondata la doglianza volta a denunciare l’illegittima riduzione, ed in taluni casi eliminazione, ad opera del contestato piano regionale delle aree di protezione della fauna previste nei piani provinciali.

Nel dettaglio, il Giudice di prima istanza ha ritenuto tale ridimensionamento contrastante:

¨      con l’art.10, comma 3, L. n.157/92 per essere state inclusi nella quota minima da destinare ad aree di protezione della fauna selvatica anche vasti territori sottratti alla caccia per ragioni di sicurezza, in particolare le aree di rispetto;

¨      con l’art.10, commi 7 e 9, L. n.157/92, sul rilievo secondo cui la pur riconosciuta potestà regionale di coordinamento dei piani provinciali sarebbe stata esercitata senza adeguata istruttoria e in assenza di congrua esplicitazione delle ragioni sottese ai singoli interventi correttivi.

Al riguardo, l’Amministrazione appellante, nel sostenere l’erroneità dell’iter motivazionale seguito nella sentenza gravata, fa perno su due fondamentali argomentazioni: la ricomprensione delle aree di rispetto nella quota dal 20 al 30% di superficie agro-silvo-pastorale che la legge pretende sia destinata a protezione della fauna selvatica e la necessità di riconoscere in capo alle Regioni un'effettiva potestà di coordinamento, suscettibile di estrinsecarsi anche sub specie di compensazione fra i piani provinciali, allorché risultino comunque rispettate le percentuali fissate.

Si tratta di ragioni non condivise dal Collegio.

In primo luogo, infatti, se certo non può essere disconosciuta la titolarità in capo alla Regione di un'effettiva e non solo formale potestà di coordinamento dei piani provinciali, non va nondimeno obliterata la necessità, ben posta in rilievo nella sentenza impugnata, che la stessa sia esercitata nel pieno rispetto dei canoni fondamentali che presiedono all’esercizio dell’attività amministrativa: ne consegue che, in presenza di consistenti riduzioni e rimodulazioni delle aree di protezione contemplate nei piani provinciali, si impone una puntuale attività di indagine da condurre, anche con la cooperazione dell’autorità provinciale, con riferimento alle singole aree prese in considerazione, oltre che un’adeguata motivazione intesa ad esporre le specifiche ragioni sottese ai singoli interventi correttivi, anche per quel che attiene al giudizio di armonizzabilità degli stessi con le esigenze di tutela della fauna pur considerate in una prospettiva di bilanciamento con gli interessi legati all'attività
venatoria (Corte Cost. n.448 del 1997).

Canoni procedimentali, questi, che, come osservato dal primo Giudice, appaiono disattesi nel caso di specie.

Parimenti, non pare al Collegio che la previsione di cui all’art.10, comma 3, L. n.157/92 consenta l’inclusione nella quota minima da destinare ad aree di protezione della fauna selvatica anche di territori sottratti alla caccia per ragioni di sicurezza, quali, in particolare, le aree di rispetto.

Se è vero, infatti, che ai sensi della disposizione citata “in dette percentuali sono compresi i territori ove sia comunque vietata l’attività venatoria anche per effetto di altre leggi o disposizioni”, non è meno vero, d’altra parte, che la stessa disposizione, al successivo comma 4, definisce come territorio di protezione quello nel quale opera al contempo il divieto di caccia e una regolamentazione intesa ad agevolare la sosta della fauna, la riproduzione, la cura della prole: regolamentazione, quest’ultima, senz’altro mancante nei territori sottratti alla caccia per ragioni del tutto diverse da quelle sottese alla disciplina posta a protezione della fauna selvatica.

2. Il Giudice periferico ha anche accolto i motivi con i quali è stata dedotta l’illegittimità degli artt.8 e 9 del regolamento di gestione relativo agli ambiti territoriali di caccia e delle prescrizioni attuative del calendario venatorio regionale nella parte in cui ammettono l’iscrizione per silentium anche in soprannumero nell’ambito territoriale di caccia richiesto (in caso di mancata risposta provinciale sul reclamo proposto dal cacciatore avverso il diniego di autorizzazione espresso dall’A.T.C. competente), nonché laddove modificano i termini entro i quali le domande possono essere presentate (dopo il 30 aprile di ciascun anno, anziché entro il 30 novembre).

Sostiene, al riguardo, l’appellante che la previsione del meccanismo del silenzio assenso, lungi dall’essere affetta da illegittimità, costituirebbe applicazione dei principi di cui alla L. n.241/90.

L’assunto è privo di pregio sol che si consideri la volontà, chiaramente desumibile dall’art.14, L. n.157/92, di realizzare uno stretto vincolo tra il cacciatore ed il territorio nel quale esso è autorizzato ad esercitare l’attività venatoria e di subordinare, quindi, l’ammissione entro l’ambito territoriale di cacciatori non residenti ad un accurato esame dell’impatto derivante dall’ulteriore ammissione sugli equilibri garantiti dal doveroso rispetto dell’indice di densità venatoria: scrutinio, questo, che richiede un’adeguata istruttoria e, quindi, un pronunciamento espresso idoneo a dare atto delle valutazioni svolte sulle domande di accesso, da presentare, giusta l'inequivoca previsione legislativa, entro il 30 novembre, a prescindere dalla tipologia di ambito con riguardo al quale si chiede il provvedimento abilitativo.

3. Infondato appare, inoltre, il motivo di appello con il quale si deduce l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui ha dichiarato l’illegittimità dell’art.2 del regolamento di esercizio dei campi di addestramento e di allenamento e per le gare dei cani per omessa delimitazione, nel rispetto della stagione venatoria stabilita dall’art.18, L. n.157/92, dei periodi entro i quali quelle attività sono consentite.

Deduce l’appellante che quella disposizione, censurata dal primo Giudice, sarebbe invece idonea a garantire il selvatico eventualmente presente, attesa in particolare la diversa disciplina dettata dalla legge regionale per i campi di addestramento su selvaggina naturale e per quelli su selvaggina di allevamento.

Si tratta di deduzione non idonea a superare quanto osservato dal Giudice di prime cure a proposito della possibilità che per effetto della contestata previsione regionale sia consentita la caccia di animali appartenenti a specie normalmente selvatiche, ma nati in cattività e quindi rilasciati.

4. Non merita di essere scandagliato il motivo sub e) del ricorso in appello, posto che con lo stesso si propone un’interpretazione della disposizione relativa ai criteri di costituzione delle aziende venatorie corrispondente a quella accolta dal Giudice periferico.

5. Va, infine, respinto l’ultimo motivo di appello con il quale, facendo perno sul sostenuto divieto in Campania di cattura di specie selvatiche per la cessione a fini di richiamo, di cui è invece ammesso l’allevamento, si giunge a sostenere che l’art.7, comma 2, della legge regionale n.8/96 e l’elenco delle specie ivi indicato non sarebbero applicabili allorché si tratti di animali provenienti da allevamenti autorizzati.

Si tratta di assunto interpretativo in alcun modo condivisibile alla stregua del disposto normativo di cui al citato art.7, comma 2, della legge regionale n.8/96 che indica in modo tassativo le specie da utilizzare per la costituzione e gestione del patrimonio di richiami vivi, senza includervi quaglia, starna e anatidi, quale che sia la rispettiva provenienza.

Alla stregua delle su espresse ragioni l’appello va respinto.

Sussistono giustificati motivi per disporre la compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, respinge il ricorso principale.

Compensate le spese del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, il 21 maggio 2002, dal Consiglio di
Stato in sede giurisdizionale - Sez.VI - nella Camera di Consiglio, con l'intervento dei Signori:

Giorgio GIOVANNINI                                  Presidente

Sergio SANTORO                                       Consigliere

Luigi MARUOTTI                                        Consigliere

Pietro FALCONE                                        Consigliere

Roberto GAROFOLI                                   Consigliere Est.

 

Presidente

 

Consigliere                                                         Segretario

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

 

il.....................................

(Art.55, L.27/4/1982, n.186)

Il Direttore della Sezione

 

 

 

CONSIGLIO DI STATO

In Sede Giurisdizionale (Sezione Sesta)

 

Addì...................................copia conforme alla presente è stata trasmessa

 

al Ministero..............................................................................................

 

a norma dell'art.87 del Regolamento di Procedura 17 agosto 1907 n.642

 

                                                                Il Direttore della Segreteria