Scoperta, il nonno di Neanderthal - 04-10-03 - Giuseppe  Sangiovanni

 

 

TORA E PICCILLI – (CE)

Identificate in un paesino casertano da tre ricercatori italiani

LE ORME DELL’HOMO HEIDELBERGENSIS, L’UOMO PIU’ ANTICO D’EUROPA

 

Lasciate da un ominide 350 mila anni fa, dal “Nonno di Neanderthal”

Definite dai superstiziosi abitanti del luogo “Ciampate del diavolo”!

 

L’eccezionale scoperta, pone fine all’inquietante leggenda satanica.

 

 

LA SCHEDA DI “ALFREDO”

 

Luogo del ritrovamento: Tora e Piccilli- Caserta

“Homo Heidelbergensis”- Erectus

Ominide vissuto 350 mila anni fa

“Nome di battesimo”: Alfredo

Altezza: 150 cm

Lunghezza piede: 20 cm

Misura piede: 35

Orme individuate: 56

Andatura: bipede

 

 

 

GIUSEPPE SANGIOVANNI

 

TORA E PICCILLI (Caserta) - A dieci anni dalla clamorosa scoperta dello Scipionyx Samniticus, chiamato Ciro, il cucciolo di dinosauro, scoperto casualmente nell’area fossilifera di Pietraroia, in provincia di Benevento, nato 113 milioni di anni fa in pieno Cretacico Inferiore: altra sensazionale scoperta, è stata fatta in Campania, sempre più felix per ritrovamenti fossili, e precisamente a Tora e Piccilli, un paesino dell’alto casertano, ai confini con il Lazio- che sorge lungo le pendici del complesso vulcanico di Roccamonfina, dove sono state individuate le orme dell’Homo Heidelbergensis, il “Nonno di Neanderthal”- ovvero tracce dell’uomo più antico d’Europa, chiamato Alfredo.

Uno degli spettacoli più straordinari che un paleoantropologo possa immaginare: una serie di impronte lasciate sulla lava in via di raffreddamento, circa 350 mila anni fa (equivalenti a 20 mila generazioni) - che si collocano alla frontiera tra due mondi, dirette verso la specie umana, lasciandosi alle spalle il buio dell’evoluzione.

Ed in quest’atmosfera irreale che uno, due o tre ominidi attraversarono abbastanza velocemente il sito. Istantanee, forse di tre giovani, impegnati in un gioco! Slittati, caduti e rialzatisi, per proseguire il cammino.

Il mito, il mistero di un piede nudo, affondato nella dura pietra.

Orme ben note alla laboriosa gente del posto, che le ha riconosciute e chiamate finora come le “Ciampate del Diavolo”. Un mix di inquietudine, dubbi e paura. Paura di ciò che non si conosce.

 

AFFASCINANTE LEGGENDA

Ma il diavolo stavolta nulla c’entra! Un team di esperti, ha cancellato l’affascinante leggenda, amata, conservata, “demonizzata” e tramandata di generazione in generazione, dalle sparute anime del paesino casertano.

“Tutto il paese, circa milleduecento abitanti, ha sempre visto queste orme”- spiega Alfredo Julanis (nella foto), memoria storica del luogo-

“ con grande fantasia e titubanza, ereditata dalle persone anziane del posto, per la serie: non è vero ma ci credo! Iulanis per anni ha sostenuto che le “Ciampate”, furono lasciate dai Sanniti, provenienti dal Molise.

 

HOMO HEIDELBERGENSIS

Orme di un ominide, vissuto da queste parti, 350 mila anni fa, appartenute all’Homo Heidelbergensis - la “crudele” spiegazione dell’arcano, scoperto da tre esperti: il professor Mietto, dell’Università di Padova, esperto di orme antiche; Marco Avanzini, del Museo di Scienze Naturali di Trento; Giuseppe Rolandi, vulcanologo dell’Università Federico II di Napoli, che scacciano definitivamente lo spettro di Satana, da queste verdeggianti colline. Uno spettro paradossalmente, custodito gelosamente per secoli. La fine di una leggenda, in questo angolo di Paradiso incontaminato della provincia di Caserta.

La fine di un gioco, di un divertimento “proibito” ai bambini, proprio per questo amato. Infilare i piedi nelle orme impresse sulla lava, “lasciate dal diavolo in fuga”, considerato finora dai saggi del luogo, di cattivo presagio.

Elemento “indigeno” , superstizione, retaggio culturale, che hanno contribuito a tenere viva e vegeta l’antica leggenda.

 

OMINIDE DI 350 MILA ANNI FA

Studi che proseguono, con l’intento di “scansionare” al meglio quelle orme lasciate dal “nonno” di Neanderthal, un ominide vissuto 350 mila anni fa, alto un metro e cinquanta, dall’aspetto fisico dell’Homo Heidelbergensis, che dalle orme lasciate è stato “catalogato” dagli esperti, come “Homo Erectus”- battezzato simpaticamente Alfredo, il nome dello storico locale da anni sponsor number one delle orme.

Cinquantasei impronte, che potrebbero condurre a nuove scoperte. Un affascinante viaggio, a spasso nel tempo, nelle orme cristallizzate di Tora e Piccilli, oggi distante dal mare dozzine di km, ma che un tempo ammirava dalla “finestra”!

Una scoperta che potrebbe aprire nuovi orizzonti per la specie umana, che permetterà di avere molte più informazioni e certezze, riguardo lo studio “parentale” sull’uomo.

Agli abitanti ed amministratori del posto (orfani dell’incubo satanico) - non rimane che rimboccarsi le maniche per salvaguardare le cinquantasei “fotografie”, della vita del passato, “scattate” migliaia e migliaia di anni fa. Magari recuperarandone altre.

Per evitare che curiosi e turisti della domenica, armati di martello, possano procurare alla storia paleogeografica italiana danni ingenti.

Un turismo nel sito modulato, da vendere alla Bit di Milano, per promuovere un sito ambientale, storico e archeologico invidiabile: un pacchetto che potrebbe trainare fortemente l’economia locale, creando un indotto alternativo al comprensorio.

 

 

TORA E PICCILLI (CE) -Alfredo Iulanis lo storico locale, che ha condotto all’eccezionale scoperta

 

CINQUANTASEI PASSI NEL TEMPO

Viaggio con il notes nel “Paese del Diavolo”

di Giuseppe Sangiovanni

 

TORA E PICCILLI - (Caserta) - Cinquantasei passi nel tempo, cinquantasei fotogrammi conservati perfettamente come in uno scrigno, per oltre trecentomila anni: custoditi e valorizzati da oltre mezzo secolo da Alfredo Iulanis,

noto storico locale, autore di diverse pubblicazioni. Si deve a lui, l’importante scoperta, la consacrazione delle impronte di Tora e Piccilli: demonizzate e amate dalla gente del posto, in un rapporto di odio-amore.

 

Nonno Alfredo, è un distinto ed elegante signore di 82 primavere, “portate” splendidamente. Alto, baffetti curati, con un fisico assai tonico: nei lineamenti ricorda Simon Wisenthal, il cacciatore di nazisti (anche Alfredo salvò tantissimi ebrei). Ex carabiniere del battaglione Jugoslavia, scampato per miracolo nell’ultimo conflitto- guida perfetta per il cronista, nell’emozionante ed affascinante escursione, che ci ha condotto sulle tracce fossili del “nonno” di Neanderthal.

 

Una bella e solida famiglia, la sua. Amante dell’arte in tutte le sue espressioni: due splendidi figli, entrambi insegnanti (pregevoli le poesie di Rita, docente di lettere).Un signore d’altri tempi, “innamorato” delle orme, quanto della signora Lorena, gentilissima consorte, che per amore, oltre mezzo secolo fa lasciò la sua Pisa- per stabilirsi qui a Tore e Piccili, piccolo e suggestivo paese dell’Alto Casertano, che sorge alle falde del massiccio vulcanico di Roccamonfina. Con la cava di tufo, di sua proprietà, è venuto su gran parte del paese: il prelibato olio di oliva, ancora oggi è prodotto nel modernissimo frantoio, di famiglia.

Millecentosessantotto, le anime “combattute” dal diavolo! Millecentosessantotto persone, suddivis tra commercianti, artigiani, impiegati e fior di professionisti. Gente onesta, cordiale, disponibile, ricca di umanità, gente che produce. Un vulcano che erutta ricchezza d’animo.

Altro che “Paese del Diavolo”, qui il paesaggio è incantevole, incontaminato. Un presepe vivente, un paradiso. Ma quale Satana!

 

Diabolico, invece il tortuoso percorso per arrivare al sito.

Un sentiero-ruscello, attraversato con destrezza Nobel dal nostro atletico Cicerone, che ci invita senza fortuna ad armarci di un bastone , per affrontare il tour, per arrivare alle piste fossili, senza fatture! Pardon fratture. Alla nostra incoscienza, pone rimedio, porgendoci l’asta d’appoggio. Foresta, il nome della località, le liane non mancano: un pensiero infantile ci sfiora, il desiderio di aggrapparci alle lunghissime funi vegetali e “librarci” nel vuoto. Idea repentinamente abortita, una scena di fantozziana memoria risparmiata!

 

L’escursione continua, tra non poche difficoltà- tra fango e roccia accarezzata dall’acqua. Acqua imbiancata dal tipo di pietra. Il tempo di pensare… ma quali orme del diavolo! E , patatrac! Si rompe l’asta di appoggio. Finito per le terre. E’ il segno del demonio, incredulità pagata cara.

Il viaggio prosegue tra anfratti e grotte profonde, nascoste dalla fitta vegetazione: in queste “catacombe”, nella seconda guerra mondiale scesero e si rifugiarono al sicuro, gli abitanti del paese.

 

Diciassette minuti per l’approdo sulla pista fossile. Numero inquietante. Ma è solo una coincidenza. “ Ecco, da questo punto iniziano le “Ciampate del Diavolo”- precisa Iulanis.

Orme che si configurano su tre livelli. Cinquantasei passi, lasciati da un ominide, in un periodo compreso tra 325 mila e 385 mila anni fa. La datazione fornita dagli esperti, all’inizio anch’essi scettici sul valore scientifico di queste orme.

 

Una passeggiata nel tempo, ancora più emozionante, allorquando “Nonno Alfredo”, mostra mimando l’omonimo Alfredo, l’ominide di tanti anni fa, nel percorso pendente, forse scivolato, rialzatosi con l’aiuto di una mano, cui è verosimile con le ginocchia l’impronta, per proseguire poi il cammino.

 

   
   
   

 

 

 

Orme che diventano più profonde nella parte bassa del banco di tufo vulcanico, indicate una ad una con il bastone dal “Signore delle Ciampate”, che si sposta sul forte pendio roccioso, con invidiabile agilità: senza alcun affanno, nonostante la veneranda età. Per ogni orma indicata, traspare nel volto la stessa, forte emozione, occhi che s’illuminano: nel roteare nell’aria frizzantina, il bastone, per indicare impronte sempre più profonde, che convertono e convincono anche i più scettici.

 

Macché scherzo della natura! E’ un miracolo della natura riuscita a conservare questi “documenti” all’aperto, per quasi 400 mila anni.

 

“Questa fitta vegetazione- sottolinea Iulanis, potrebbe celare altre impronte, utili per la ricerca- orme che sento “mie”, menzionate in due libri da me pubblicati: a dispetto di chi ora cavalca la tigre”- (dice con una gran dose di amarezza e gli occhi lucidi, che non riescono a trattenere una lacrima che scende piano, piano –arrestata dalle espressive rughe) .“Signori” del comprensorio, a caccia di notorietà, fattisi avanti solo ora, dopo la diffusione della notizia e degli studi, pubblicati dall’autorevole rivista scientifica inglese Nature”.

 

Avvoltoi e sciacalli avventatisi impropriamente sulla storia delle Ciampate, che, pur di vedere il proprio nome sui giornali, hanno sgomitato, occupando spazi mediatici che spettavano di diritto, a chi per tanti anni ha cercato di sensibilizzare enti ed istituzioni, sognando la consacrazione delle orme, attribuite dallo stesso ai Sanniti molisani.

 

Il tempo è volato, ci tocca risalire- riponiamo la nostra digitale nel marsupio, che proteggeremo nella difficile risalita. Il bottino fotografico è troppo importante. Il diavolo stavolta, non ci mette lo zampino! E nemmeno la coda! Nessuno sgambetto. Sani e salvi con l’intero book.

Si conclude così il nostro viaggio nel tempo, reso possibile dalla grande disponibilità di un uomo eccezionale, che ci saluta affettuosamente, non prima di averci offerto, con la moglie, nella sua graziosa villetta, un dissetante drink e buonissimi biscotti tipici della zona.

 

Una giornata emozionante, per tutti, che ha fatto “fibrillare”anche il gelido cuore del cronista: giunto alle “Ciampate del Diavolo”, grazie ad un “angelo”. Un angelo-guida chiamato, Alfredo, proprio com’è stato battezzato l’ominide. Un premio simbolico, che la coscienza del bene compiuto regala agli uomini di buona volontà. Riconoscimento più che meritato, per un uomo che ama follemente il ridente borgo natio, la sua terra, la sua gente, gli usi ed i costumi: che ha creduto nelle cinquantasei “creature”, insistendo caparbiamente per valorizzarle, affrontando le immancabili diffidenze, freddezze ed assenteismi istituzionali.