Soldi per le scuole private - 05-09-03 - da Sannio Tradizioni

 

  Soldi alle famiglie che scelgono la scuola privata

 

CORRIERE DELLA SERA

Scuola privata e aiuti pubblici - I quattro capitoli dello scontro

L’opposizione: «Tradita la Costituzione, mancano i controlli»

ROMA - Il decreto che stanzia 30 milioni l’anno fino al 2005 a favore dei genitori che scelgono le scuole non statali riaccende lo scontro sulla parità. Una battaglia che ha riportato in primo piano quattro questioni. C’è il tema costituzionale del diritto all’istruzione pubblica, invocato dalla sinistra, ma anche quello della libertà di scelta, chiamato in causa dal centrodestra. Ma c’è anche il problema dell’incidenza concreta di questi benefici nel portafoglio degli italiani. E, non ultimo, quello dei controlli sulla qualità dell’insegnamento degli istituti privati. Per la maggioranza però siamo indietro rispetto all’Europa. Quattro snodi affrontati negli approfondimenti di questa pagina. Il ministro Moratti apre la questione del rapporto con l’Ue e sulle pagine del settimanale Famiglia Cristiana propone di «triplicare gli investimenti per la famiglia e l’istruzione per essere in linea con l’Europa». L’opposizione punta il dito sulla costituzionalità della misura e sull’esiguità dei fondi. «Il ministro dell’Istruzione deve venire subito in Senato, alla riapertura, per spiegare se il governo Berlusconi intende rispettare gli articoli 33 e 34 della Costituzione» chiede la senatrice Maria Chiara Acciarini, capogruppo Ds in Commissione istruzione al Senato. E per Pierluigi Castagnetti, presidente dei deputati della Margherita: il contributo stanziato dal governo «è un’elemosina perché gli aventi diritto sono 300 mila: alla fine si tradurrà in 100 euro per famiglia. E’ una svolta inquietante, una concessione a una cultura mercantilistica di diritti fondamentali come quello dell’istruzione». Enrico Panini della Cgil scuola sottolinea invece il tema dei controlli sulla qualità degli istituti non statali: «Abbiamo segnalato diverse elusioni, senza risposta».

«Il decreto è anche un insulto ai bambini morti per il crollo della scuola elementare a San Giuliano - afferma il presidente dei Verdi Alfonso Pecoraro Scanio -. Sarebbe più serio destinare questi milioni di euro alle loro famiglie e alla messa in sicurezza delle scuole pubbliche italiane che versano in pessime condizioni». «Uno sberleffo alla scuola pubblica»: così Valdo Spini, deputato dei Ds, definisce il «bonus» per le scuole private deciso dal ministro Moratti. «Credo - aggiunge Spini - che la gravità del provvedimento debba indurre le forze politiche del centrosinistra a una mobilitazione per la scuola pubblica».

Alle accuse del centrosinistra replica il presidente del gruppo Udc alla Camera, Luca Volontè, uno dei «padri» del decreto. «Mi sembrano fuori luogo e strumentali - osserva Volonté -. Fu proprio il centrosinistra con la legge Berlinguer a innalzare lo stanziamento a regime per il finanziamento della scuola non statale a 500 miliardi delle vecchie lire». Franco Nembrini, presidente della Compagnia delle Opere, ricorda che «per ogni ragazzo che frequenta le scuole, lo Stato spende in medie cinquemila euro all’anno». «Se ne dà mille a chi si iscrive altrove - continua - realizza un bel risparmio, altro che onere».

«Rispetto al resto d’Europa - dice il responsabile scuola di Forza Italia, Mario Mauro - restiamo ancora indietro quanto all’entità del sostegno alle famiglie. Il vero paradosso - continua Mauro - è che se trovassimo il modo di dare alla scuola non statale una consistenza dignitosa riusciremmo a liberare ulteriori risorse per quella statale dal momento che il costo alunno nelle paritarie è di gran lunga inferiore».

Giulio Benedetti

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LA REPUBBLICA

LA SCUOLA CHE CAMBIA

L´opposizione insorge contro il decreto, proteste anche tra gli studenti. Il Vaticano: "Passo incoraggiante verso la parità"

Sollevazione contro il bonus Abolitelo, è incostituzionale"

La Margherita: "Un´elemosina" I Verdi: "Misura da revocare" Rifondazione: "È l´ultima spallata all´istruzione pubblica"

ROMA - «Iniquo», «incostituzionale», «discriminatorio». Il decreto che prevede contributi alle famiglie che iscrivono i figli nelle scuole non statali provoca reazioni dure. È in gioco, per alcuni, la legittimità costituzionale del provvedimento e per questo Letizia Moratti sarà chiamata a rispondere nell´aula del Senato. «Il contributo è un´elemosina», dice Pierluigi Castagnetti, della Margherita. «È la prima volta che lo Stato dichiara per legge di disinteressarsi della qualità delle scuole frequentate dai ragazzi italiani. Questa è una concessione a una cultura mercantilistica di diritti fondamentali come quello all´istruzione». Maria Chiara Acciarini, capogruppo Ds in Commissione Istruzione del Senato, chiede che il ministro Moratti vada «subito in Senato per spiegare se il governo Berlusconi intende rispettare gli articoli 33 e 34 della Costituzione». Fortemente critica Titti De Simone, capogruppo di Rifondazione comunista alla Commissione scuola della Camera: «È un´ulteriore spallata alla scuola pubblica da parte di questo governo». Che il decreto sia in conflitto con la Costituzione lo denuncia anche il segretario nazionale del Pdci, Oliviero Diliberto: «Un´aperta violazione del dettato costituzionale». Chiede la revoca del decreto il verde Alfonso Pecoraro Scanio: «Il decreto Tremonti-Moratti va revocato. È un anche insulto ai bambini morti per il crollo della scuola elementare a San Giuliano». Una bocciatura arriva anche da una parte del fronte dei sindacati scolastici. Lo Snals «ha sempre sostenuto che l´unica via praticabile per un intervento a sostegno delle famiglie fosse quella basata sulla leva fiscale, anche per la dubbia costituzionalità cui è soggetto il buono scuola». E il segretario generale della Cgil-Scuola, Enrico Panini: «È un provvedimento iniquo, fortemente discriminatorio, incredibile». L´Unione degli studenti parla di «tomba per l´istruzione pubblica» e i ragazzi di Studenti.net minacciano di «agitare il mondo della scuola».

Plaudono invece maggioranza e mondo cattolico. Il decreto «è un passo positivo e incoraggiante verso la piena parità tra scuola statale e non statale», dichiara monsignor Nosiglia, presidente della Commissione episcopale per l´Educazione cattolica.

L´AGONIA DELLE STATALI

MARCO LODOLI

LA SCUOLA pubblica italiana è un barcone pieno di falle e di toppe, imbarca acqua ogni anno di più e spesso rischia il naufragio. Gli insegnanti si percepiscono da tempo come una classe sociale umiliata e offesa, faticano a ritrovare un ruolo, una dignità, un senso, stentano addirittura a far quadrare i loro modesti bilanci. Vorrebbero poter comprare qualche libro in più e non possono, vorrebbero vedere qualche spettacolo teatrale o qualche concerto, partecipare attivamente al dibattito culturale.

Ma tutto costa, i soldi scarseggiano, e così a poco a poco retrocedono in un´inerzia malinconica, s´insabbiano in una bassa marea psichica. La depressione è dietro l´angolo o già sulle spalle. I corsi di aggiornamento che vengono loro proposti sono aria fritta che avvilisce il pensiero, chiacchiere e teorie senza capo né coda.

Del resto l´ambiente scolastico non aiuta a riprendere forza e coraggio. Gli edifici spesso sono cadenti, cupi, mortificanti. Le aule sono imbrattate di scritte, le serrande crollano come le illusioni e ben presto anche gli alunni percepiscono il clima di decadenza, lo introiettano, lo trasformano in disamore e sfiducia. Ogni anno si dibatte sulla nuova impostazione della scuola, si propongono nuove riforme, ma tutto evapora nell´astrattezza più fumosa.

Non credo che segmentando i corsi in modo diverso o aggiungendo un´ora di inglese alle elementari le cose cambieranno di molto. In realtà bisognerebbe che lo Stato investisse molto più denaro nella formazione dei giovani italiani, altrimenti lo sfacelo sarà inevitabile. Servono palestre efficienti, computer funzionanti, biblioteche dove trovare qualche libro recente e non solo venti copie polverose dei Promessi Sposi. Servono segnali positivi, e servono in fretta, perché l´acqua è già nelle stive e i topi fuggono. E anche perché la nebbia di questa decadenza non riesce a nascondere l´importanza della scuola pubblica, che è il luogo dove i ragazzi apprendono i fondamenti della vita lavorativa e sociale.

Un patrimonio di tutti, ma le cose sembrano andare in tutt´altra direzione. E anche gli investimenti corrono altrove, verso le scuole private. E finiranno per arrivare anche nelle tasche di quelle famiglie che mandano i figli negli istituti cattolici che hanno piscine e campi sportivi, auditorium e belle biblioteche e offrono un buon livello di istruzione. L´aspetto religioso conta pochissimo, a spingere i genitori verso questa scelta non è certo la presenza di una chiesetta all´interno della scuola né l´eventuale quarto d´ora di rosario mattutino. Ciò che conta è soprattutto mantenere i figli all´interno di un gruppo privilegiato, tra ragazzi che dovranno diventare classe dirigente e che si terranno in contatto e si aiuteranno per tutta la vita. Le rette sono salatissime, sono un ostacolo volutamente alto che nessun disgraziato deve saltare, perché verrebbe meno l´assunto di base, che è appunto quello di marcare una differenza e una solidarietà di classe. I centocinquanta o duecento euro che il governo ha destinato a ogni famiglia che voglia iscrivere il proprio figlio in una di queste scuole non basta neanche a pagare i primi quindici giorni di lezione. E´ solo un minimo e inutile sconto fatto ai ricchi e un regalo a questi istituti esclusivissimi, che con questo gruzzolo potranno rifare le poltroncine del teatro o il sistema di depurazione della piscina.

Oppure i soldi pubblici finiranno in un´altra grande parte delle scuole private italiane, quelle che accolgono gli studenti bocciati a ripetizione nelle pubbliche. Queste scuole non hanno confort di alcun tipo, di solito occupano villette di quartieri semicentrali o qualche piano di un anonimo palazzo, hanno aule sbilenche e professori malpagati raccattati qua e là nel grande e disperato mondo della disoccupazione intellettuale. Non offrono sport, cultura o funzioni religiose, non promettono un´educazione elitaria: vendono semplicemente promozioni. I loro denari li investono nei mille cartelloni pubblicitari sparsi per la città che garantiscono tre anni in uno e magari anche quattro, diplomi senza fatica, recuperi miracolosi. Sono piccole associazioni a delinquere, che invece di essere calpestate duramente si moltiplicano come funghi. Se aprite le pagine gialle di Roma o Milano, troverete elenchi infiniti di queste scialuppe di salvataggio per giovani somari. Anche a loro andranno i soldi dello Stato, i nostri soldi?

Temo che ci si avvii a una separazione netta tra superscuole fornite di ogni ben di dio (scuole religiose, d´altronde), destinate a formare gli italiani di prima classe, e scuolette dove tirare a campare, mesti parcheggi per italiani senza troppo futuro. Quello che accade nel calcio, incredibilmente accadrà anche nella scuola: una superlega e un campionato cadetto che non parte. Questo sembra il disegno del nostro governo. A pochi fortunati il meglio, agli altri la televisione, brutte scuole e una pacca d´incoraggiamento sulle spalle.

LO SCIPPO DELL'ISTRUZIONE

NELLO AJELLO

Una povera cosa, tecnicamente parlando. Un atto socialmente discriminatorio. Un´irrispettosa elemosina elargita alla Chiesa (nella speranza di chissà quale contropartita). Uno scippo maldestro ai danni della Costituzione. Una meschina provocazione politica. Da qualunque angolo le si guardi, le sovvenzioni promesse dal ministro Moratti a favore dell´insegnamento privato o - che è in pratica lo stesso - dei suoi utenti non possono suggerire giudizi più benevoli. Da dove cominciare? I primi calcoli dimostrano come sia quasi irrisorio il contributo che incasserà ciascuna famiglia interessata. Quelle che iscrivono i figli alle scuole non statali sono circa il 4 per cento del totale, e certo non rappresentano la media dei redditi domestici nel nostro Paese: formano, comunque, un ceto non catalogabile fra quelli più bisognosi di soccorsi. È perciò un premio indiscriminato, quello che dispensa il ministro. Elargito "a pioggia" e perciò tanto più odioso. Non ne diminuisce il tasso di sgradevolezza sociale il fatto che si tratta, in realtà, di una pioggerella.

Se si guarda alle generali lacune della scuola italiana, e alla penuria di fondi a disposizione per sopperirvi, ogni sia pur modesta emorragia finanziaria procura qualcosa di simile a un trauma. La stessa riforma Moratti, per discutibile o inafferrabile che sia, non ha superato lo stadio di progetto per la mancanza dei fondi che le sarebbero necessari.

Il ministro corre in soccorso della religione? Per supporlo, occorrerebbe avere un´alta opinione della consistenza morale e della saldezza di princìpi dell´attuale classe di governo. Il che è francamente difficile.

Nella media dei suoi esponenti, le ragioni di Mammona travolgono la devozione a Dio (e l´ossequio per chi sulla terra lo rappresenta). Non siamo dunque in vista di un solenne trionfo della Fede, cui andrebbe tutto il nostro rispetto, benché critico. Si assiste, invece, a una piccola vittoria del Privato. Si strizza l´occhio a un ambiente non soltanto borghese - il che va più che bene, figuriamoci - ma del tutto "scristianizzato". Il fatto che le scuole cui è destinato il beneficio siano cattoliche non è importante, al di là dell´uso strumentale che se ne fa. Determinante è che non siano "pubbliche". È questo il dato più appariscente del progetto.

Valeva la pena, per un risultato nei fatti assai misero, suscitare una prevedibile controversia nel Paese e fra gli esperti? Si sarebbe tentati di dire di no, se non si sapesse a quali livelli di destrezza pressoché nevrotica si spinge, negli attuali governanti, il gusto della sfida fine a se stessa.

Quasi a imitazione di certi odiosi personaggi di Giuseppe Gioachino Belli, ciascuno di loro si sente in dovere di intimare ogni giorno ai connazionali e vassalli: "Io sono tutto, e voi non siete un accidente" (in verità il vate romanesco usava un termine assai più pregnante, colloquiale e grassoccio).

Quest´abitudine - evidentemente praticata, nell´estrema modestia delle risorse del suo dicastero, anche da Letizia Moratti - distingue l´attuale destra da tutte quelle che in oltre cinquant´anni l´hanno preceduta. Di rado, anche nelle fasi più deprimenti della nostra vita pubblica, si è potuta lamentare, in alto, una altrettanto assoluta carenza di senso dello Stato. Il timore di venir accusati di laicismo vecchio stile - quasi che lo "stile nuovo" di chi oggi comanda risulti, al confronto, eccelso - non ci vieta di pensare che il caso di cui stiamo parlando è di quelli che più differenziano l´attuale maniera di gestire lo Stato italiano non sono dai migliori modelli della sua tradizione, ma anche dalle linee portanti della carta costituzionale.

Si ha l´impressione che un´Olimpiade a rovescio si stia svolgendo nel nostro Paese: vince chi meglio si distingue nel deprimerne il livello civile.

Se quella in base alla quale la legge sarebbe uguale per tutti è considerata da alcuni un´ipotesi irreale e svanita, come immaginare che un altro - o un´altra - dei concorrenti allo sfascio non prenda a frecciate il principio della non confessionalità della scuola? È stato un atto di coraggio: così, a caldo, il ministro Rocco Buttiglione ha commentato l´iniziativa Moratti. Di coraggio certo ne occorre per lanciare uno schizzo di fango sulle istituzioni italiane. Uno schizzo: non più di tanto, l´abbiamo detto. Ma in casi come questi valgono l´esempio e la testimonianza. Secondo un metro di giudizio oggi in voga nei palazzi del potere, la responsabile della Pubblica Istruzione meriterebbe una medaglia.

Gliela diano. Ma c´è qualcuno - fra coloro che scrivono su quelli che si ritenevano i grandi quotidiani della borghesia italiana - che esterni un minimo di perplessità sulla penosa operazione? Torna in mente una vecchia vignetta di Altan. Cipputi chiede a un suo amico: "Tu sei laico?". "Sì, certo", lo rassicura l´interlocutore. "Ma non praticante".

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IL MESSAGGERO

I Ds: «Misura incostituzionale»

La Cgil Scuola: nuova tappa verso la privatizzazione dell’istruzione

ROMA - Mentre la maggioranza fa quadrato attorno al decreto Moratti, sostenendo che sancisce il principio di libera scelta educativa, dall’opposizione e dal mondo sindacale si leva un coro di dissensi. Il provvedimento è “sconcertante” per i Ds e “scandaloso” per i Verdi mentre Cgil, Cisl e Uil lo giudicano rispettivamente “discriminatorio”, “inaccettabile” e “incredibile”. C’è chi parla addirittura di “incostituzionalità”.

I toni più forti sono quelli del Cobas scuola secondo cui il decreto è «un osceno regalo della Moratti, ministra della scuola privata». «Al governo interessa solo aiutare la scuola privata», commenta Enrico Panini, segretario generale della Cgil scuola. Che aggiunge: «Il decreto è un’ulteriore tappa nella direzione di privatizzare l’istruzione nel nostro Paese. E’ un’inaccettabile discriminazione che oggi rende i ragazzi italiani meno uguali di ieri».

La Cgil, dicendosi «pronta a tutte le iniziative necessarie», ha annunciato la volontà di aprire un confronto comune con le altre organizzazioni sindacali. Da parte sua il segretario generale della Uil scuola, Massimo Di Menna, ha definito il provvedimento “incredibile”: «Non ci sono risorse per la scuola pubblica, quella frequentata dal 93 per cento degli studenti, e si interviene sulla scuola privata. Questo provvedimento avvantaggia pochissimi, è una sorta di Robin Hood al contrario». Dello stesso parere il segretario della Cisl scuola, Daniela Colturani secondo cui «non è accettabile un dirottamento delle risorse pubbliche a favore delle scuole private quando si tagliano quelle per le statali».

Dai partiti dell’opposizione, oltre che una bocciatura del provvedimento, giunge anche l’accusa di voler aggirare la Costituzione. «la Moratti - sostiene Andrea Ranieri, responsabile del Dipartimento Sapere dei Ds - propone una sorta di bonus nazionale, ma questo è palesemente anticostituzionale». Permettere un finanziamento a chi manda i propri figli in una scuola privata, infatti, secondo Ranieri, contraddice il “senza oneri per lo Stato” sancito dall’articolo 33 della Costituzionale.

Parole dure provengono anche dai Comunisti italiani secondo cui il provvedimento avrà conseguenze negative per «la formazione dei ragazzi e il futuro del Paese» mentre «è macabro che la Moratti lo abbia definito come un fatto di equità». Per il presidente dei Verdi, Pecoraro Scanio, «il governo sceglie un modello di scuola privata assistita, con la speranza di creare un consenso clientelare, e sfascia l’istruzione pubblica». ( M. Pi. )

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IL MANIFESTO

Il regalo di Letizia alle private

SARA MENAFRA

30 milioni di euro per i prossimi tre anni scolastici. Sono i soldi con cui il ministero dell'Istruzione e quello dell'Economia rimborseranno le rette delle scuole private a tutte le famiglie che ne faranno richiesta

Non importa cosa dice la Costituzione. Il ministro dell'Istruzione ieri ha deciso che prima di tutto fosse importante tenere fede alla promessa fatta sei giorni fa ai giovani ciellini. Ed insieme al ministro dell'Economia Giulio Tremonti ha firmato il decreto interministeriale con cui si rimborsano le rette alle famiglie che iscrivono i propri figli alle scuole private. Il primo vero finanziamento indiretto agli istituti parificati, preso direttamente dalle casse dello stato. Il meccanismo di funzionamento di questo bonus è semplicissimo: entro il 15 settembre tutte le scuole private - o «parificate» come si chiamano dai tempi del ministro Berlinguer - comunicano al ministero dell'istruzione i dati anagrafici degli alunni iscritti. Contemporaneamente consegnano a tutte le famiglie il modulo per il «parziale rimborso» da compilare e riconsegnare alla scuola. Questa a sua volta deve inviare le domande ricevute al ministero dell'Istruzione entro il 30 ottobre. Quindi il Miur pagherà il bonus direttamente alle famiglie, grazie a una pratica convenzione già stipulata con la Poste Italiane Spa.

Per accedere al bonus non ci sono limiti di reddito. Tutte le famiglie, abbienti e non, possono fare richiesta e sperare di ottenere dallo stato il rimborso parziale della retta pagata. Particolare questo, grazie al quale il provvedimento scavalca persino la regione Lombardia, che da qualche anno assegna un bonus simile a quello che arriverà dal governo, ma stabilendo che possano accedervi solo quelle che non superano il reddito massimo di 46mila euro.

L'unica cosa che il testo firmato da Letizia Moratti e Giulio Tremonti non dice è a quanto ammonterà l'assegno in arrivo. Il tetto massimo di spesa prevista, già inserita nella scorsa finanziaria, è di 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2003, 2004 e 2005. E le famiglie che potrebbero fare richiesta sono circa 300 mila. La maggior parte dei 991.620 studenti che l'anno scorso si sono iscritti a scuole private, frequentano materne ed elementari, entrambe escluse dal provvedimento. Infatti, il regio decreto 156 del 1928, aggiornato ma ancora oggi in vigore, stabilisce che «per l'iscrizione nelle scuole elementari paritarie parificate non possono essere richieste rette scolastiche». Poco male, dato che le scuole elementari e materne sono quelle che da anni ricevono finanziamenti diretti dallo stato.

Che quella dei rimborsi fosse l'unica vera priorità del ministro Moratti, lo dimostra anche la forma burocratica scelta per il provvedimento. Mentre la riforma della scuola è ancora tutta per aria e le immissioni in ruolo dei docenti ancora non arrivano, il ministro si era preoccupato a giugno scorso di inserire in decreto legge «misto» - il 147, uno di quelli in cui ogni articolo riguarda un argomento diverso - anche un articolo, il 13, che consentisse di dare il via ai buoni scuola con un decreto «di natura non regolamentare» come quello firmato ieri. Grazie a questa scelta i buoni scuola passeranno per un binario accelerato e arriveranno nelle tasche delle famiglie che scelgono le scuole private entro la prossima primavera. Tempi contingentati dunque, per quella che Luca Volonté dell'Udc non ha esitato a definire la «la prima volta in cui l'Italia passa dal principio di libertà di scelta ad una prima reale attuazione».

C'è di più. Dato che il decreto interministeriale è una sorta di circolare interna, sul suo contenuto non può pronunciarsi la Corte costituzionale. La legittimità costituzionale, infatti, si valuta solo sulle leggi. Le circolari, invece, non possono essere censurate davanti a un giudice perché «incostituzionali». In linea puramente teorica, quindi, sono solo i ministeri interessati a poter decidere che la circolare firmata ieri non deve essere più applicata. Tanto per capirci, buona parte delle regole peggiori applicate con la legge Bossi Fini sono state stabilite con questo stesso escamotage.

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IL SOLE 24 ORE

L'opposizione insorge: violati i principi costituzionali

ROMA - Su un tema ideologicamente "forte" come gli aiuti alla scuola privata si accende lo scontro tra maggioranza e opposizione. Luca Volontè, presidente del gruppo Udc alla Camera, ha sottolineato la coerenza tra programmi elettorali e fatti affermando che «per la prima volta in Italia si passa dal principio di libertà di scelta a una prima reale attuazione». Soddisfazione anche da parte di Mario Mauro, responsabile del dipartimento scuola e università di Forza Italia, per il quale il provvedimento è «uno strumento di equità» e dai giovani di destra che invita la sinistra studentesca «abituata a riempirsi la bocca di belle parole come giustizia sociale», ad andare a lezione privata dal ministro Moratti. Di tutt'altro tenore le affermazioni dei parlamentari dell'opposizione. «Scandaloso. La scuola pubblica - ha commentato Giovanna Grignaffini, capogruppo Ds in commissione cultura della Camera - è alla fame e il Governo stanzia 30 milioni di euro per le paritarie». Il presidente dei Verdi Alfonso Pecoraro Scanio parla di «incentivo contro la scuola pubblica». Sottolineano invece la violazione della Costituzione, in particolare dell'articolo 33, i diessini Alba Sasso e Andrea Ranieri.

Fonte: Cgil Scuola - http://www.cgilscuola.it/rubriche/politica/varigiornali.htm

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