Una Dolce e Seducente Aggressività Plastica per Rinnovare il Mondo

di

Gabriele Simongini

Viviana Ravaioli insegue una scultura “pericolosa” e seducente, che può forse ferire chi non l’affronta in uno stato di allerta  costante e vigile che evoca un’idea dell’arte capace di penetrare in profondità nell’ambiente architettonico e psicologico dell’uomo di oggi. E’ questa la linfa utopica che innerva il robusto albero della sua ricerca plastica, nella continua tensione di contrasti da cui nasce un percorso moderno ma ben radicato nella coscienza storica della forma: equilibrio e precarietà, ondulazioni sensuali e aggressive lame aggettanti, materie dalla lunga tradizione (il travertino, ad esempio) e “media” più recenti (il PVC metallizzato), microdimensioni ed ambizioni urbanistiche, sono solo alcuni degli estremi tra cui si muove il pendolo creativo di Viviana. Così il suo massimo ideale è quello, mirabilmente professato dalle avanguardie storiche di inizio ‘900, di giungere ad un’opera d’arte totale, sintetica, dalle forme semplici e dai “contenuti” complessi, secondo il principio del “lessi is more” sostenuto da Mies Van der Rohe. Da qui deriva l’interesse linguistico e comunicativo della nostra Artista per la musica, l’architettura, l’urbanistica, le nuove tecnologie, nel trionfo di strutture aeree, luminose, immateriali, dinamiche eppur coinvolgenti e penetranti.

Il dialogo fra elementi opposti che governa il nodo strutturale della ricerca di Viviana Ravaioli contempla anche la tensione fra concavità e convessità, condotta ad un livello profondamente psicologico, oltre che plastico-visuale, tanto da far venire in mente queste straordinarie riflessioni di Robert Musil - che certo la nostra Artista potrebbe ben condividere: le immagini si dividono in due grandi gruppi opposti, il primo gruppo deriva dall’essere circondati dagli eventi, e l’altro gruppo dal circondarli, questo essere dentro una cosa e guardare una cosa dal di fuori, la sensazione concava e la sensazione convessa, l’essere spaziale come l’essere oggettivo, la penetrazione e la contemplazione si ripetono in tante altre antitesi dell’esperienza ed in tante loro immagini linguistiche, che è lecito supporre all’origine un’antica forma dualistica dell’esperienza umana. Viviana Ravaioli tenta di far convivere questi due archetipi empirici della conoscenza e le sue forme scultoree ci invitano, a ritmi alternati, ad entrare nell’opera e poi ad allontanarci, come per indurci ad una sorta di danza rituale ed introspettiva. Le sue sculture, perfettamente levigate e compiute come oggetti di un “design” spirituale, ci invitano a superare le contraddizioni apparenti ma anche le più drammatiche contrapposizioni etniche, sociali, economiche, fra Nord e Sud del mondo, fra paesi ricchi e paesi poveri, fra globalizzazione (che brutta parola!) e tribalizzazione. Anche per questi motivi la mostra di Viviana Ravaioli al Parlamento Europeo di Bruxelles rivela una potente carica emblematica.

 

 

 

Sipario della Vita di Viviana Ravaioli

Estratto dalla Nota Critica di Edoardo Arena

(…) Viviana Ravaioli tratta il delicato tema del Sipario della Vita (2003) in modo originale ed arguto. L’opera – dotata di una essenziale forza espressiva, quasi modello di una grande scenografia teatrale – interagisce con lo spettatore, confondendo continuamente i piani del mostrato e del nascosto.

(…) E forse è proprio l’Anima il Sipario della Vita. Seguire la sua forma, così come seguire lo sviluppo di quest’opera, porta ad inevitabili sorprese e ad inquietanti  sovvertimenti dei piani (…) di ciò che è e che deve rimanere nascosto dietro e ciò che non è e che viene inesorabilmente mostrato in una destabilizzante spirale senza fine.

(…) Per Viviana Ravaioli i materiali usati ed il colore non sono elementi casuali o rispondenti ad un semplice amore per un’armonia estetica compiaciuta e fine a sé stessa ma continuano ad essere protagonisti della storia che ci racconta (…): il ferro della lastra è rappresentato con la fragilità irreale di un foglio di carta (quante volte il Sipario della Vita ci appare facilmente squarciabile e quante volte lo si scopre duro come il ferro); le tonalità riprodotte dell’acciaio Korten possono – di volta in volta – portarci ad una vittoriosa catarsi spirituale verso la lucida purezza oppure all’inesorabile e lenta consunzione che disintegra e polverizza.

 

 

Il Linguaggio di Viviana Ravaioli

di

Luisa Chiumenti

Lo stretto rapporto fra materia, volume e spazio, affonda le radici nella creatività di Viviana Ravaioli, nel continuo, appassionato approfondimento che l’Artista compie, fin dai suoi esordi, sulla potenzialità comunicativa insita in una materia forte, ma duttile e leggera, come l’acciaio.

Ferro e cristallo si scambiano forza e leggerezza, trasparenza e valori cromatici, in un rapporto fra la “forma mentis scultorea” ed altri codolo di linguaggio artistico.

Colori netti, linee chiare ed essenziali, sono guidate, nella loro espressività, da un grande rigore, corrispondente all’espressività dei tagli precisi o del deciso, chiaro e definito tracciato di una linea curva (mai confuso o intrigato) che si avvolge rincorrendo se stessa all’infinito.

Il linguaggio plastico risulta espresso anche attraverso una certa grafia lineare e un calibrato e vibrante inserimento, anche cromatico, nello spazio con cui la scultura intesse un suo rapporto che è al tempo stesso mentale, visivo, tattile, uditivo, fisico e dinamico.

Si coglie nel suo linguaggio l’arricchimento ottenuto dalle sue esperienze giovanile, strettamente collegate ai movimenti della scultura in Europa, come pure alle ricerche condotte sulla scultura americana (basti pensare ai suoi studi sulla scultrice americana Louise Nevelson).

I valori dell’espressività si colgono proprio nella efficacia della sperimentazione che, dando forma a tutte le possibilità intrinseche in un materiale come l’acciaio, partendo dalla consapevolezza data da archetipi quasi primordiali, si proietta verso un futuro già accennato in un attento “work in progress”.

Ed ecco come si affaccia anche l’utopia della scultura virtuale e fruibile e si delinea il discorso del “virtuale” (in realtà “mentale”, prima che tecnologico), come si afferma con la scultura dal titolo “Futuro” (anno 2000), realizzata in ferro smaltato, in cui materia, volume e spazio interagiscono in una visione forte, ma armoniosa e unitaria.

Vediamo così come da una immagine notturna della metropoli su cui eleva ed allunga la sua ombra emblematica la “Torre” che, con funzioni quasi di “faro” illuminante, riafferma la funzione costruttiva e fattiva che ha l’UOMO, così come auspica il linguaggio significante dell’iscrizione che si legge lungo i lati, alla sua sommità, offre il messaggio-chiave: “IO SOSTO QUI PER CHIAMARE DIO CHI CREA” nell’iscrizione (frazionata nelle sue specifiche letture su ogni facciata), ma leggibile globalmente ad una vista unitaria e nel suo profondo significato etico e vitale.

E mentre continua ad essere importante il valore della parola, di grande interesse è vedere l’uso che Viviana Ravaioli fa del ferro, trattato come se fosse carta, in un biunivoco scambio di forza espressiva, in un continuo giuoco di scambio e di liberazione tra leggerezza e pesantezza di un materiale in realtà straordinariamente duttile nelle mani dell’Artista.

La scultura di Viviana Ravaioli si insinua così nello spazio (dal bidimensionale al tridimensionale) con linee che si impostano in un rigoroso assemblaggio geometrico o in un sinuoso e flessuoso volgersi di linee che sembrano “disegnate” direttamente nello spazio in cui creano volumi.

Da qui, con questo suo “disegnare direttamente nello spazio” l’Artista è in grado di suscitare l’illusione del dinamismo, con cui la scultura muove le sue forme in un rapporto dialettico e continuo con l’osservatore che a sua volta conquista “lo spazio di quella scultura” in modo graduale ma giocato direttamente con la potenza di uno “status” mentale.

E notiamo come la fusione tra materia e “non materia” dal punto di vista visivo, come tra il ferro ed il plexiglass, si attui in definitiva con la centralità della sfera, attraverso la linea curva, che si avvolge all’infinito.

La scultura di Viviana Ravaioli si afferma, con il linguaggio dell’Utopia, in un suo modo di imporsi nella città e di farne parte, per lanciare un segnale, capace di essere recepito e compreso dall’osservatore in ogni sua piega significante, utilizzando la moderna tecnologia per farne una “immagine visiva”. Un punto d’incontro quindi fra Utopia e realizzazione di un’idea, in cui l’Artista ha cercato di sostenere una sorta di “mediazione”. In tal modo ogni elemento si inserisce nello spazio con un suo valore sociale e civile, dato particolarmente anche dal linguaggio dei simboli che inseriscono un vero e proprio discorso sulla armonia dell’Universo attraverso l’incontro ad esempio delle tre religioni monoteiste nella scultura dal titolo: “Tempio Unitario”. In questa opera, i segni sul terreno che, nella libera interpretazione di ogni osservatore sono visti come crepe (di un mondo che può crollare, ma si cui si eleva la torre dell’Unione fra le genti) oppure come radici che tengono ancorata alla realtà, alle tradizioni ed alla storia, il “futuro” dei tempi, ne definisce una reazione centrifuga o centripeta.

In un’alba senza tempo che tende all’Uno, la piramide esaedrica, accogliera nel suo interno i tre riti delle tre religioni che svolgono le loro funzioni in successione, il venerdì, il sabato e la domenica, in un simbolismo in cui la ruggine, che dà un ulteriore valore cromatico, ha lo stesso colore ed il linguaggio delle terre da cui ciascuna di quelle religioni è pur nata: terra, aria e fuoco, elementi primigeni, tra cui tuttavia manca l’acqua, che in quelle terre è effettivamente assente.

E la torre che sta crollando può invece ancora librarsi in una tensione, che ha il linguaggio simbolico del libero arbitrio, che coincide in sostanza con il momento in cui l’Artista usa il ferro, simbolo eterno, arrugginito, ma usato in maniera artistica e lavorato in modo da rendere espressiva l’ispirazione in tutta la sua potenza comunicativa… La Torre si manifesta come un miraggio nel deserto, ma al suo interno avviene l’ “Incontro”.

 

 

Edoardo Arena

Nota Critica

Viviana Ravaioli

Tavola Progettuale - Tempio Unitario – 2002

(esposta in Roma presso l’Istituto Diplomatico del Ministero degli Affari Esteri “Mario Toscano”)

 

L’Opera esposta è l’idea progettuale per la realizzazione di una grande Scultura-Tempio per accogliere le tre religioni monoteiste occidentali

Il progetto si articola intorno alla figura geometrica della piramide esaedrica, le cui sei facce divengono tanto le tre possibilità di accesso al Tempio – con effigiati i rispettivi simboli dei culti (la Croce Cristiana, la Stella di David, la Mezza Luna) - quanto i tre luoghi, speculari rispetto agli ingressi, dove svolgere i rispettivi riti sacri. In tal modo ogni fedele riconosce nel “Tempio Unitario” il proprio simbolo unito ma distinto dagli altri, lo scorge come un segno che lo segue, lo invita, lo accoglie.

         L’esagono – che costituisce la base della piramide esaedrica – contiene, nel suo nucleo centrale, una zona comune nella quale potersi incontrare e riunire in un giorno della settimana diverso dai tre dedicati alla liturgia di ciascuna religione (Venerdì, Sabato e Domenica).

         La piramide esaedrica ricorda ambiguamente nel suo aspetto tanto il ferro corroso ed arrugginito – piantato come una scheggia che crepa la crosta terrestre – quanto un volume in “acciaio corten” (in sintonia cromatica con i colori della terra). Quasi un albero che emerge dalle viscere della terra, munito di profonde radici che – con la loro crescita – lo spingono ad ergersi verso l’Unità Divina.

         Il progetto è un omaggio ed – al contempo – una precisa accusa al libero arbitrio umano. Spetta alla nostra opera “sollevare” questa piramide. Far sì che divenga l’ “Axis Mundi”. L’unica ed inesorabile alternativa sarebbe la distruzione, l’odio, il livore, la separazione eterna…

 

 

Critica Viviana Ravaioli

di

Patrizia Ferri

 

La scultura di Viviana Ravaioli è la concretizzazione in termini essenziali di una dinamica energetica sostanziale e coinvolgente, approdo principale di una creatività ad ampio raggio che, oltre la ricerca plastica si estende potenzialmente e di fatto verso vari livelli creativi riguardanti altrettanti campi di realizzazione che vanno dall’approfondimento teorico alle problematiche sociali, la storia, il linguaggio sonoro e musicale, le culture “altre”, la fotografia, la grafica, l’urbanistica, la scenografia, la progettazione di nuovi spazi abitabili, l’umano in genere, che ne fanno un artista poliedrica e vitalissima. Il suo lavoro scultoreo si inserisce in quella linea che dal barocco passando attraverso le avanguardie costruttiviste, continua nelle proposte ambientali degli anni ’60, nella strutturazione di un pensiero dove convivono fisicità e concettualità, intuizione e sintesi mentale, che sottintende l’idea di opera d’arte totale dove i generi si integrano, fondendosi e creando ipotesi complesse e di trasparenza processuale.

Appassionata e carica di grande entusiasmo, Viviana Ravaioli è una figura atipica nel panorama delle ultime generazioni, a cui appartiene a tutti gli effetti: dotata di quello slancio utopico che sottende la fede in un’arte con la A maiuscola, che insieme esprima la consapevolezza di operare in un ambito settoriale e tenga conto delle esigenze individuali, un’arte ancora alla ricerca di un’impossibile unicità, rivolta verso un uso nuovo delle nozioni di progetto e razionalità. La scultura così diventa il modello di un certo tipo di sensibilità in cui coincide valenza espressiva e contenuto etico, attestandosi in un orizzonte di sperimentazione che riguarda le problematiche spaziali e il rapporto che si instaura con l’osservatore, un area dove le contaminazioni tra pittura e scultura si aprono ad un ampio respiro dove interagiscono spazio e movimento e la forma si fa struttura.

La scultura insinuandosi nell’ambiente vi penetra quasi obliquamente, determinando una serie di rapporti con linee curve e taglienti, costruzioni paraboliche e parafrasi estroverse, potenziali solidi volanti ed imprevedibili, o strutture architettoniche un domani abitabili in una voluta ambiguità tra reale e virtuale, in una cercata analogia tra fenomeni strutturali e ricerca scientifica. Questa tensione fa sì che l’oggetto si trasferisca, a volte, nella propria ombra, come esito di una dimensione generativa dove la dinamica plastica e le fughe ellittiche sconvolgono le certezze della razionalità geometrica che significa, introdurre nella realtà un principio in cui convergono possibile ed impossibile, immagine concreta e potenziale aderendo più che ad una nozione, ad una immaginazione dello spazio. A un idea di arte, con cui si misura quotidianamente Viviana Ravaioli, dove convivono l’eccezionalità della missione e la normalità della funzione, che armata di slancio ideale e di speranza getti luce su una nuova possibilità, dell’arte come della vita, pensate in quanto fenomeni in costante trasformazione, che si nutrono e si determinano a vicenda.