RACCONTARE LE PERSONE PIU' CARE

"Noi siamo cinque fratelli. Abitiamo in città diverse, alcuni di noi stanno all'estero: e non ci scriviamo spesso. Quando ci incontriamo possiamo essere, l'uno con l'altro, indifferenti e distratti. Ma basta, fra noi, una parola, una frase: una di quelle frasi antiche, sentite e ripetute infinite volte, nel tempo della nostra infanzia. Ci basta dire:- Non siamo venuti a Bergamo per fare campagna- o -De cosa spussa l'acido solfidrico- per ritrovare a un tratto i nostri antichi rapporti, e la nostra infanzia e giovinezza, legata indissolubilmente a quelle frasi o parole, ci farebbe riconoscere l'uno con l'altro, noi fratelli, nel buio d'una grotta, fra milioni di persone. Quelle frasi sono il nostro latino, il vocabolario dei nostri giorni andati, sono come i geroglifici egiziani o degli assiro-babilonesi, la testimonianza d'un nucleo vitale che ha cessato di esistere, ma che sopravvive nei suoi testi, salvati dalla furia delle acque, dalla corrosione del tempo. Quelle frasi sono il fondamento della nostra unità familiare, che sussiterà finché saremo al mondo, ricreandosi e suscitando nei punti più diversi della terra, quando uno di noi dirà - Egregi signor Lipmann - e subito risuonerà al nostro orecchio la voce impaziente di mio padre:-Finitela con questa storia! l'ho già sentita tante di quelle volte.-"


Natalia Ginzburg


CERCARE L'IMPOSSIBILE

"Volevo una donna dolce e comprensiva che sapesse più che sentire, ascoltare. Ascoltare al di là delle mie parole senza pregiudizi e preconcetti. Cercavo una persona aperta, accogliente e disponibile sena per questo essere servile e accondiscendente. Sognavo qualcuna con cui formare una coppia unita e tranquilla, un'oasi dove poter trovare rifugio e conforto, dove ritemprarmi per poter affrontare le avversitò della vita. Sognavo di tornare a casa, lasciare armi e armatura fuori dall'uscio, senza più maschera, senza più corteccia, senza più bisogno di difendermi. Cercavo forse l'impossibile."


Kossi Komla-Ebri


UOMINI D'ARME

"A Corte e nei castelli dei grandi feudatari, dove si rivaleggiava il fasto e le abitudini della Corte, il franconormanno era la sola lingua usata; nei tribunali, arringhe e sentenze venivano pronunciate nella stessa lingua. In breve, il francese era il linguaggio dell'onore, della cavalleria e persino della giustizia, mentre l'anglosassone, nen più virile ed espressivo, era rimasto in uso a contadini e braccianti che non conoscevano altra lingua. Tuttavia, i contatti inevitabili tra i padroni della terra e gli esseri sottomessi che la coltivavano, diedero origine gradualmente alla formazione del dialetto composto di francese ed anglosassone nel quale essi potevano comprendersi. Fu da questa necessità che sorse per gradi la struttura dell'inglese contemporaneo, nel quale la lingua dei vincitori e dei vinti si sono fuse così felicemente, e che è stato successivamente arricchito dai contributi delle lingue classiche e di quelle parlate dalle nazioni sud-europee."


Walter Scott

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