Il progresso

 

  Il progresso è quella cosa che ci fa credere che le nostre condizioni di vita sono migliorate anche quando non è vero e in nome del quale continuiamo ad ammazzarci di fatica per rendere abitabile quella terra che in principio era tutta sbagliata, come notava opportunamente Gianni Rodari. Ma è davvero così? Stiamo davvero rendendo abitabile questo nostro benedetto pianeta o ci stiamo rovinando la vita? La soluzione del dilemma non è facile e i pareri sono discordi e anch’io ho molti dubbi. Per dirla tutta non è che ora si stia molto meglio di prima. Ad esempio:  quando gli uomini avevano la coda non facevano coda, ora che hanno perso la coda non fanno altro che code. Provare per credere a entrare in una farmacia, alle poste, all’ufficio tiket dell’ASL, in banca, persino al supermercato che sia alla cassa o semplicemente al banco del salumiere. Pure per comprare un caciocavallo devi osservare procedure complicatissime. Pazzesco! Una volta la gente era seria, posata, misurata; oggi tutti danno i numeri! Ovunque vai ci trovi una perfida macchinetta che sputa numeri e così ti ritrovi in mano un dannato pezzetto di carta con uno stramaledetto numero che ti costringe a stare per un sacco di tempo con gli occhi incollati a una specie di televisore che fra l’altro non trasmette mai un bel film o magari una bella telenovella di quella che ti fa piangere come se stessi affettando cipolle, ad aspettare che venga estratto il tuo numero e che tu possa vincere un etto di mortadella, due etti di grana grattugiato, una scatola di supposte o due aspirine,  quando vinci.  A volte viene estratto il tuo numero e nemmeno vinci, anzi perdi e così devi pure pagare il pegno: la bolletta del gas, il canone della televisione, la tassa della monnezza e cose varie. Accidenti al progresso!  Ma il progresso non è solo questo; il progresso è anche quello delle scienze; per esempio quello dell’economia, una scienza che una volta era appannaggio esclusivo delle massaie fino a quando Carlo III, il solito borbone, tolse questo privilegio alle donne di casa che erano bravisisme a govervare la casa e a far quadrae i bilanci, istituì la prima cattedra di economia al mondo e ne fece una scienza di massa tanta che oggi ci sono più economisti che massaie i quali, dopo aver distrutto il mondo e la sua economia, ora ci insegnano come salvare il mondo attraverso l’economia. E così apprendiamo che se uno si fa da sé l’orto, produce cavoli, broccoli, pomodori, patate, finocchi, cocuzze non produce PIL, una dannata sigla che vuol dire prodotto intorno lordo, mentre, viceversa, se muore, produce tanto PIL perché fa vendere casse da morto, fiori,  manifesti, fa arricchire i becchini, insomma mette in moto l’economia. Secondo questa interessante teoria, tanto per dire, se morissero, mai sia detto, qualche migliaio di persone in più del solito ci sarebbe un’impennata del PIL, mentre se migliaia di pensionati,  gli esodati espulsi dalle fabbriche  dalla signora in  lacrime, i bamboccioni mammoni e chosy che non producono un tubo si mettessero a coltivare l’orto di famiglia per prodursi le patate o le cipolle, gli zucchini, i cetrioli genuini con il letame e senza concimi, non ci sarebbe nessun aumento del prodotto interno lordo. Ora io chiedo a ogni persona di buon senso: secondo voi, le patate non sono un prodotto interno lordo? Avete mai visto quando si raccolgono, come sono sporche di terriccio che bisogna strofinarle una per una per pulirle? Allora sono lorde o no? E poi che fai, le lasci nel campo? Non le porti in casa, nel magazzino, nella cantina, insomma all’interno? Allora se ci facciamo l'orto  ne produciamo Pil o no? Voi cari economisti dite di no? Bene, allora mangiatevi il vostro Pil che noi ci mangiamo le patate, le cipolle, i pomodori e i peperoni genuini e fatti in casa, le primizie, le tardizie e tutti gli altri ortalizi alla faccia della crisi e di quello spocaccione del PIL! Ma per favore! E noi che continuiamo a dar retta a questi sapientoni!