Il
Regno d'Italia viene ufficialmente proclamato il 17 marzo del 1861
quando si riunisce a Torino, capitale provvisoria, il primo
Parlamento italiano. L'anno precedente un colpo di mano di Garibaldi,
noto come "La spedizione dei Mille," incoraggiato dal
Regno di Sardegna (anche se ufficialmente le autorità sabaude fingevano
di ignorare quel che si andava preparando) e protetto in maniera più o
meno palese dall'Inghilterra, pose fine al Regno delle due Sicilie e
depose il legittimo re Francesco II di Borbone. Garibaldi, non cedette
alle lusinghe di Mazzini che voleva venisse proclamata la repubblica e
consegnò le terre di cui si era impadronito al re Vittorio Emanuele II di Savoia per
l'annessione al Regno di Sardegna. Una serie di plebisciti più o meno
"addomesticati" , infine, sancirono l'annessione al
"Piemonte" della
Toscana, delle Marche e dello stesso Regno delle due Sicilie permettendo
la nascita del Regno d'Italia.
Purtroppo lo stato unitario deluse quasi
immediatamente le popolazioni meridionali, soprattutto i contadini ed i
ceti popolari le cui condizioni di vita invece di migliorare come
avevano creduto quando decisero di seguire in massa Garibaldi,
peggiorarono sensibilmente con l'introduzione di nuove tasse e della
leva obbligatoria che toglieva alla famiglia giovani braccia in grado di
lavorare e contribuire al sostentamento della stessa. Oltre a ciò, i
nuovi governanti diedero inizio ad un'opera di smantellamento delle più
importanti industrie siderurgiche e metalmeccaniche del Mezzogiorno
(all'epoca le più grandi ed importanti della Penisola) trasferendole al
Nord, avviando, con un secolo e mezzo di anticipo, la
"delocalizzazione" e compromettendo ogni
possibilità di sviluppo per il Sud. Tutto questo provocò
notevoli rivolte e tentativi di restaurare lo stato borbonico ai quali
parteciparono in massa contadini e braccianti calabresi, lucani e
campani definiti sbrigativamente briganti e massacrati in massa
dall'esercito piemontese. In quest'opera di feroce repressione si
distinsero particolarmente il generale Cialdini e il colonnello
Pallavicini che, spesso, fucilavano i partigiani meridionali anche
quando gli stess tribunali piemontesi li assolvevano. Garibaldi, disgustato dal modo nel quale venivano trattati gli ex
sudditi del Regno delle due Sicilie, nel 1868 scriveva
alla contessa Adelaide Cairoli: «Gli
oltraggi subiti dalle popolazioni meridionali sono incommensurabili.
Sono convinto di non aver fatto male, nonostante ciò, non rifarei oggi
la via dell’Italia meridionale, temendo di essere preso a sassate,
essendosi colà cagionato solo squallore e suscitato solo odio.»
Ciò nonostante i
meridionali finirono per accettare il nuovo stato unitario e per dare un
grande contributo al completamento dell'unità della Patria
comune, già a partire dalla Terza guerra d'indipendenza del 1866 che,
nonostante le sconfitte di Custoza e di Lissa portò alla liberazione
del Veneto che entrò così a far parte dell'Italia, per continuare con
la I^ guerra mondiale e la "liberazione delle terre irredente". Un grande contributo i meridionali lo diedero
anche con la loro partecipazione fattiva e insostituibile alla
vita politica, economica, politica, sociale e culturale
della Nazione.
Il Referendum Istituzionale del 2 giugno 1946 con la
cacciata dei Savoia, complici della sciagurata politica fascista
che tanti lutti e rovine aveva prodotto per l'insana politica coloniale,
la privazione di ogni libertà, l'abolizione del Parlamento, la
dittatura, l'alleanza con nazismo che portò alla catastrofe della II
guerra mondiale, le leggi razziali e poi l'ignominiosa fuga a Brindisi, e la
conseguente nascita della Repubblica Italiana contribuirono a
sanare l'antica frattura e a rinsaldare l'unità fra tutti gli Italiani
oggi, purtroppo, messa in dubbio da una parte comunque
minoritaria della popolazione settentrionale che s'è inventata una
nazione inesistente, una bandiera verde come quella di Gheddafi ed
il simbolo di un formaggino come stemma di un improbabile stato.
Fu proprio nel 1946, il 12 ottobre che "Il Canto degli
Italiani", un componimento poetico del giovane Goffredo Mameli del 1847, fu adottato, provvisoriamente come inno nazionale in
sostituzione della Marcia reale savoiarda. Nel novembre del 2005, finalmente, l'
"Inno di Mameli" diventò ufficialmente l'inno nazionale
italiano.
Giuseppe Marino
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