150 anni di Unità
17 marzo 1861 - 17 marzo 2011
Buon compleanno, Italia

        Da "espressione geografica" a grande  e rispettata nazione

     
     Il Regno d'Italia viene ufficialmente proclamato il 17 marzo del 1861 quando  si riunisce a Torino, capitale provvisoria, il primo Parlamento italiano. L'anno precedente un colpo di mano di Garibaldi, noto come "La spedizione dei Mille," incoraggiato  dal Regno di Sardegna (anche se ufficialmente le autorità sabaude fingevano di ignorare quel che si andava preparando) e protetto in maniera più o meno palese dall'Inghilterra, pose fine al Regno delle due Sicilie e depose il legittimo re Francesco II di Borbone. Garibaldi, non cedette alle lusinghe di Mazzini che voleva venisse proclamata la repubblica e consegnò le terre di cui si era impadronito al re Vittorio Emanuele II di Savoia per l'annessione al Regno di Sardegna. Una serie di plebisciti più o meno "addomesticati" , infine, sancirono l'annessione al "Piemonte"  della Toscana, delle Marche e dello stesso Regno delle due Sicilie permettendo la nascita del Regno d'Italia.
    Purtroppo lo stato unitario deluse quasi immediatamente le popolazioni meridionali, soprattutto i contadini ed i ceti popolari le cui condizioni di vita  invece di migliorare come avevano creduto quando decisero di seguire in massa Garibaldi, peggiorarono sensibilmente con l'introduzione di nuove tasse e della leva obbligatoria che toglieva alla famiglia giovani braccia in grado di lavorare e contribuire al sostentamento della stessa. Oltre a ciò, i nuovi governanti diedero inizio ad un'opera di smantellamento delle più importanti industrie siderurgiche e metalmeccaniche del Mezzogiorno (all'epoca le più grandi ed importanti della Penisola) trasferendole al Nord,  avviando, con un secolo e mezzo di anticipo, la "delocalizzazione"   e compromettendo ogni possibilità di sviluppo per il Sud.  Tutto questo provocò notevoli rivolte e tentativi di restaurare lo stato borbonico ai quali parteciparono in massa contadini e braccianti calabresi, lucani e campani definiti sbrigativamente briganti e massacrati in massa dall'esercito piemontese. In quest'opera di feroce repressione si distinsero particolarmente il generale Cialdini  e il colonnello Pallavicini che, spesso, fucilavano i partigiani meridionali anche quando gli stess tribunali piemontesi li assolvevano.  Garibaldi, disgustato dal modo nel quale venivano trattati gli ex sudditi del Regno delle due Sicilie,
nel 1868 scriveva  alla contessa  Adelaide Cairoli: «Gli oltraggi subiti dalle popolazioni meridionali sono incommensurabili. Sono convinto di non aver fatto male, nonostante ciò, non rifarei oggi la via dell’Italia meridionale, temendo di essere preso a sassate, essendosi colà cagionato solo squallore e suscitato solo odio     Ciò nonostante i meridionali finirono per accettare il nuovo stato unitario e per dare un grande contributo  al completamento dell'unità della Patria comune, già a partire dalla Terza guerra d'indipendenza del 1866 che, nonostante le sconfitte di Custoza e di Lissa portò alla liberazione del Veneto che entrò così a far parte dell'Italia, per continuare con la I^ guerra mondiale e la "liberazione delle terre irredente". Un grande contributo i meridionali lo diedero anche con la loro partecipazione  fattiva e insostituibile alla vita politica, economica, politica,  sociale e culturale  della Nazione.
   Il  Referendum Istituzionale del 2 giugno 1946 con la cacciata dei Savoia,  complici della sciagurata politica fascista che tanti lutti e rovine aveva prodotto per l'insana politica coloniale, la privazione di ogni libertà, l'abolizione del Parlamento, la dittatura,  l'alleanza con nazismo che portò alla catastrofe della II guerra mondiale, le leggi razziali e poi l'ignominiosa fuga a Brindisi, e la conseguente nascita della Repubblica Italiana contribuirono a sanare l'antica frattura e a rinsaldare l'unità fra tutti gli Italiani oggi, purtroppo,  messa in dubbio da una parte comunque  minoritaria della popolazione settentrionale che s'è inventata una nazione inesistente, una bandiera verde  come quella di Gheddafi ed il simbolo di un formaggino come stemma di un improbabile stato. 
   Fu proprio nel 1946, il 12 ottobre  che "Il Canto degli Italiani", un componimento poetico del giovane Goffredo Mameli del 1847, fu adottato, provvisoriamente  come inno nazionale in sostituzione della Marcia reale savoiarda. Nel novembre del 2005, finalmente, l' "Inno di Mameli" diventò ufficialmente l'inno nazionale italiano. 
                                                                                               
Giuseppe Marino

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