Carelli è un antico villaggio situato
nella media valle del Neto in agro di San Giovanni in Fiore, a
metà strada tra Fantino e Patia, a ridosso del fiume. Lo si
raggiungere attraverso una stradina tortuosa e in forte pendenza
che, partendo dalla chiesa di Santa Maria dei Tre fanciulli, in
località Patia, un tempo annessa all’antico monastero basiliano,
scende al fiume per poi risalire a Iannia e Fantino e collegarsi alla
provinciale che da Caccuri porta a San Giovanni in Fiore.
Fino a metà degli anni '50 del secolo scorso Carelli
era abitata da un bel po' di gente che coltivava gli orti e gli uliveti
tra la riva sinistra del Neto e le pendici del monte Gimmella
ricavandone ogni ben di dio. I fagioli, le patate e gli altri
ortaggi di Carelli erano molto ricercati dai caccuresi che si recavano
in quel borgo a dorso d'asino per farne provvista, ma anche gli agrumi e
l'olio erano molto buoni.
Visitare Carelli fin quando fu abitata era come ritrovarsi in una favola,
in uno dei tanti racconti racchiusi nei migliori capolavori della
letteratura mondiale. A me faceva venire in mente un racconto tratto da “I
racconti del coprifuoco” di Renzo Pezzani nel quale il grande
maestro elementare emiliano descrive il paesino di Bittebatte dove si
reca il re in cerca di una ragazza da sposare e finisce per sposare
quella che ha il cuore più buono. E Carelli era proprio come Bittebatte:
"
dieci case pigiate come se avessero freddo, una scoletta piena
d'alfabeti, di numeri e di bambini, una fontana per chi ha sete",
uomini che lavoravano nei campi, donne che filavano, tessevano,
cucinavano la minestra, sciacquavano i panni lungo il fiume, allevavano
i bimbi.
Una volta
raggiunto l’antico borgo del quale oramai restano in piedi solo i
ruderi di poche case, si sentiva un buon odore di pane fresco che le
donne cuocevano nel forno a frasche, quello dei gustosissimi
minestroni con i fagioli, i cavoli, le patate le cipolle e gli altri ortaggi che
provenivano dagli orti intorno alle case e che si mangiava nelle coppe
di legno servendosi di un cucchiaio della stessa materia o del guscio di
una cipolla.
In autunno si raccoglievano le olive e gli agrumi nei
lussureggianti giardini che lambivano il minuscolo borgo. A Carelli si
allevavano galline e maiali, capre per il latte, pecore per la lana
e, naturalmente, una numerosa prole. Gli uomini lavoravano duramente nei
campi o pascolavano gli armenti, mentre i bambini giocavano lungo la
stradina che si apriva tra le casucce o sulle rive del fiume all’ombra
degli alberi secolari. A me piace immaginare che almeno nei giorni di
festa magari si cantasse e si suonasse al ritmo della battente e ci si
lanciasse nel vortice della tarantella.
La vita a
quei tempi era dura: non c’era la luce elettrica, il telefono, l’acqua
corrente, una strada che collegasse il paesino a Caccuri o a San
Giovanni in Fiore, eppure la gente ci viveva e ci lavorava. Poi, proprio
quando arrivò il “progresso” e, con esso, la
strada e la luce, il suggestivo villaggio fu abbandonato per sempre.
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