Le origini del "paparazzo" |
Oggi voglio raccontarvi
una storia bellissima, (almeno per me).
Molti lettori probabilmente la conosceranno, ma la propongo a eventuale
beneficio di quei pochissimi che magari non l'hanno mai sentita
raccontare. Permettetemi di iniziare la narrazione
con un riferimento di carattere personale che mi consente di entrare
meglio nel clima del racconto.
Gissing visita la Calabria nel 1897. Partito da Napoli con un vapore diretto in Sicilia, sbarca a
Paola, dove l'imbarcazione fa scalo, in una mattinata autunnale. Dalla
cittadina tirrenica riparte nella stessa giornata per Cosenza per
visitare i luoghi della sepoltura di Alarico, quindi è di nuovo in
viaggio alla volta
di Taranto dove sosta per cinque giorni, alla ricerca del fiume Galeso tanto caro a Orazio che lo
cantò nell'Ode a Settimio e dopo una brevissima sosta a
Metaponto, arriva a Crotone. Il proposito dell'intellettuale inglese è
quello di visitare i resti del tempio di Hera Lacinia devastato nel XVI
scolo dal vescovo Antonio Lucifero che utilizzò il materiali
provenienti dalla distruzione del tempio per costruirsi il palazzo
arcivescovile e di ritrovare le tracce dell'antica
Kroton, ma il riacutizzarsi di un suo antico malanno polmonare,
facilitato dal clima insalubre della città, lo costringe ad una lunga
sosta forzata all'albergo Concordia, un locale accanto ai portici di
cui conserverà un pessimo ricordo, così come della città pitagorica, e a rinunciare al programma originario.
Di Crotone non gli piace quasi niente: il luogo insalubre, lo stato di
degrado di quella che doveva essere stata una splendida città magno
greca, il cibo che gli viene somministrato in albergo, il vino che
sa di droghe, il
carattere della gente. Particolarmente sgradevole gli risulta la
conoscenza del sindaco del tempo, un Berlingieri che gli accorda con
molta riluttanza il permesso di visitare un suo agrumeto e lo offende
oltre misura scrivendo nel biglietto che ne autorizzava "la
visita senza nulla toccare." Una figura ben diversa da quella
del custode del cimitero, un
ex cameriere intelligente e sensibile che ha viaggiato a lungo per
l'Europa con il suo padrone toccando anche Londra, che cura con amore e
disinteresse il luogo sacro e che gli offre un mazzo di fiori scusandosi
di non potergliene offrire di migliori (1) e
da quella del dottore
Riccardo Sculco che lo cura amorevolmente. Un giorno, però, la musica di un organetto ed
il canto di un suonatore ambulante al quale si unisce la voce della
gente, lo inducono a "perdonare tutte le colpe degli Italiani"
(e quindi anche gli sgarbi e il carattere scorbutico dei
crotonesi) in quanto, come scrive nel suo libro, la musica "ci ricorda tutto quello che hanno
sofferto e tutto quello che sono riusciti a fare malgrado i torti
ricevuti. Razze brute
si sono gettate, una dopo l'altra su questa terra dolce e
gloriosa, scrive
ancora il visitatore inglese, la
sottomissione e la schiavitù sono state, attraverso i secoli, il
destino di questo popolo. Dovunque si cammini, si calpesta sempre
terreno che è stato inzuppato di sangue."
Coriolano Paparazzo è un personaggio, cortese e garbato anche quando
rimprovera per iscritto certi suoi ospiti che, "pur
dormendo sotto il suo tetto, hanno l'abitudine di consumare i loro pasti
in altri ristoranti",
cosa che gli "procurava
grandissimo dispiacere e danneggiava la reputazione del suo albergo."
Ovviamente Gissing non gli fa lo sgarbo di "tradire" il
ristorante del buon Coriolano, anche perché l'ottimo vino che
l'albergatore gli serve
e che gli ha fatto dimenticare quello pessimo di Crotone, compensa
ampiamente, alla
bisogna, qualsiasi possibile errore culinario.
Per una curiosa coincidenza, quando Federico Fellini era intento a
preparare, insieme a Ennio Flaiano la sceneggiatura del celebre film La
dolce vita, stava leggendo proprio il libro di Gissing.
Evidentemente il nome dell'albergatore catanzarese gli era dovuto
sembrare alquanto interessante perché, dovendo dare un nome al
personaggio del celebre fotografo, decise di chiamarlo appunto
Paparazzo.
1) Questo singolare custode la cui descrizione interessò moltissimo Norman Douglas che lo cercò inutilmente nel corso del suo viaggio a Crotone, venne poi identificato in Giulio Marino, un discendente dell'archeologo Domenico Marino come scrive Daniele Cristoforo nel libro George Gisisng - Il viaggio desiderato (Calabria 1897) Pellegrini ed.
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