Un
progetto di sviluppo sostenibile per i paesi della Presila crotonese
basato sulla produzione di energia pulita e nel rispetto di un ambiente
sano e accogliente nel quale valorizzare prodotti tipici da
commercializzare e promuovere nel mondo grazie alla rete degli emigrati:
questo è il messaggio che viene dal convegno promosso dai DS di
Caccuri e dalla lista Uniti nell'Ulivo che si è svolto mercoledì 19
nei locali del Centro sociale. L'importante iniziativa è stata
presieduta da Eugenio Domenico Marino, responsabile Comunicazione
Ufficio DS - Italiani all'estero della Direzione nazionale DS ed è ha
visto la presenza di Claudio Cappellini, dirigente nazionale del CNA,
esperto di politiche per la piccola e media impresa e di Marianna
Caligiuri, candidata a sindaco per il centro sinistra. Le conclusioni
sono state affidate all'on. Gianni Pittella, della Commissione bilancio
e Relatore permanente ai Fondi strutturali al Parlamento europeo. Nel
corso dei lavori è stato letto il saluto dell'on. Ermete Realacci,
promotore della legge sui piccoli comuni, impossibilitato a partecipare
ai lavori per sopraggiunti impegni.
Scopo del convegno, come ha
spiegato Eugenio Marino, che si occupa da anni di emigrazione e del
ruolo che gli emigrati italiani svolgono nel mondo come ambasciatori
della cultura e della qualità dei prodotti italiani, era quello di
valutare, insieme alle popolazioni, le possibilità di sviluppo di un
paese come Caccuri inserito, insieme ai paesi limitrofi, in un contesto
più ampio, discutere e
valutare la fattibilità di alcune delle più importanti scelte
programmatiche della lista di centrosinistra locale, anche in relazione
a quelle del programma della Lista Uniti nell’Ulivo e delle risorse
delle istituzioni locali, nazionali ed europee. Per questo motivo,
secondo il responsabile della comunicazione con gli italiani
all’estero, risulta essenziale pensare a un programma di ampio
respiro, proprio perché convinti che il futuro dei piccoli centri, in
un mondo globalizzato, può essere roseo solo se questi riusciranno ad
aprirsi, a collaborare e interagire con le aree limitrofe, con la
nazione intera e con l’Europa e se sapranno utilizzare non solo le
risorse umane locali, ma anche quelle che dal paese sono dovute
emigrare, sia nel resto d’Italia che all’estero.
Per ottenere tali risultati, secondo Guido Capellini, occorre far
leva su tre elementi costitutivi che sono
le amministrazioni amiche delle imprese, soprattutto le piccole e
medie imprese e attente alle loro esigenze e ai loro progetti, gli
emigrati come soggetti capaci di promozione culturale e commerciale e la
risorsa umana, le intelligenze, le professionalità che devono essere
messe in condizioni di poter lavorare nei nostri paesi senza più
emigrare. Se viene meno la risorsa umana, ha continuato il dirigente
nazionale della CNA, anche le possibilità di sviluppo dei nostri paesi
risultano precluse. Cappellini ha poi tracciato un quadro esauriente
delle possibilità di fare impresa nei nostri piccoli centri e delle
opportunità offerte dalle leggi comunitarie dichiarandosi pronto ad
offrire i supporti tecnici e informativi per sostenere la piccola e
media impresa.
Questi concetti sono poi stati ripresi dall’on.
Pittella che si è soffermato sulla necessità di capovolgere la logica
di un improbabile sviluppo proposto dal vertice, come avveniva con la
vecchia Casmez e della necessità che le proposte imprenditoriali
vengano dal basso sviluppando la capacità di creare impresa e
occupazione e ha stigmatizzato le responsabilità della Regione Calabria
che non riesce a spendere le enormi risorse finanziarie (circa 10.000
miliardi di vecchie lire) che l’Unione europea ha assegnato alla
nostra regione e che rischiano di dover essere restituite. Al convegno
erano presenti i candidati al consiglio provinciale dell’Udeur, Enzo
Megali e dei DS, Donato Pedace, il sindaco di Savelli Angela Caligiuri,
l’assessore alla Comunità montana Francesco Durante e delegazioni di
San Giovanni in Fiore, Cerenzia, Castelsilano e San Mauro Marchesato.
Manifesto
per un progetto guida di sviluppo sostenibile
di
Eugenio Marino
Da molti anni Caccuri vive una
fase di forte depressione che ha portato a un massiccio aumento
dell’emigrazione, a una forte stagnazione economica e
all’impoverimento della cittadinanza e dell’istituzione comunale. Il
paese ha assistito alla chiusura di attività e servizi commerciali di
primaria importanza tra cui la banca e il distributore di benzina, per i
quali a nulla sono valsi gli appelli e gli sforzi dei partiti e della
società civile per impedirne la chiusura. Come è noto, i servizi
territoriali e commerciali rappresentano una condizione di vivibilità
essenziale, peraltro riconosciuta e supportata dalla stessa Unione
europea. In numerosi Paesi membri dell’Unione sono già state avviate
politiche locali e generali di intervento per contrastare il fenomeno
dell’abbandono dei piccoli centri, per avviare una nuova fase di
sviluppo e arginare fenomeni preoccupanti sul piano sociale ed economico
come quello dell’emigrazione. Le azioni, pur nella loro diversità,
muovono da una comune convinzione, ovvero che lo “sviluppo locale
passa per il rafforzamento della più importante delle ricchezze che è
la risorsa umana”.
Anche dal punto di vista ambientale, urbanistico e
paesaggistico, Caccuri è ferma da molti anni: non si è riusciti a
sviluppare un piano regolatore capace di individuare e realizzare zone
di insediamenti produttivi, zone di espansione urbana, zone verdi nelle
quali avviare progetti di parchi archeologici o naturali da inserire in
più ampi itinerari turistici in grado di attrarre masse di visitatori.
Nonostante
l’Unione europea destini ingenti risorse alla costruzione di opere
pubbliche strutturali, attraverso l’erogazione di fondi specifici per
le Regioni depresse dell’Unione – e la Calabria è naturalmente tra
queste – nessun progetto è stato presentato in tal senso, ignorando,
tra l’altro, che la tempestiva realizzazione dei progetti approvati e
finanziati determina l’automatico stanziamento di ulteriori e maggiori
fondi da destinare a nuovi investimenti, innescando un ciclo economico
positivo che si autoalimenta.
Nulla è stato fatto
nemmeno per inserire il paese in un contesto economico, sociale e
culturale nazionale, rinchiudendo la realtà locale in un pericoloso
spirito isolazionista e rinunciatario. Al contrario, molti altri Comuni
con meno di 5.000 abitanti in tutta Italia si sono mossi e si stanno
muovendo per segnalare le proprie legittime aspirazioni, i progetti, le
risorse e le ricchezze, ottenendo tutela e sostegno legislativo e
finanziario per le specificità locali.
Dal Nord a Sud Italia infatti, nelle aree montane e in
quelle insulari, il nostro Paese è ricco di migliaia di piccoli centri
abitati, da secoli culla di un patrimonio straordinario fatto di beni
culturali e ambientali, di tradizioni e abilità manifatturiere, di
saperi e sapori. Questi territori offrono quel valore aggiunto in
termini di turismo, produzioni tipiche, artigianali ed enogastronomiche,
capace di trasformarli in un importante volano per l’economia locale e
nazionale. Per questo motivo è nata Piccola
Grande Italia, la campagna promossa da Legambiente, Maurizio
Costanzo Show e Sette-Corriere della Sera, una grande iniziativa in
favore dei piccoli Comuni, per dare un futuro all’Italia dei
“talenti nascosti”. Uno dei primi obiettivi della campagna è
l’approvazione del Progetto di Legge Realacci (nata
dall'approfondimento svolto sul tema nel convegno “Investire sul Bel Paese: i servizi territoriali diffusi per la
competizione globale”, promosso da Legambiente e Confcommercio),
proposta dal Presidente di Legambiente e già firmata da molti
parlamentari di tutti gli schieramenti, per migliorare le condizioni di
vita in queste zone dell’Italia
Minore e per valorizzare questo patrimonio dalle grandi
potenzialità in termini di turismo, produzioni tipiche e risorse
culturali e ambientali. La proposta di legge 1174, infatti –
presentata il 3 luglio 2001 e recante “Misure per il sostegno delle
attività economiche, agricole, commerciali e artigianali e per la
valorizzazione del patrimonio naturale e storico-culturale dei Comuni
con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti” – promossa dal deputato
della Margherita e sottoscritta da oltre 100 colleghi appartenenti sia
alla maggioranza che all’opposizione, si prefigge – di fronte ai
rischi di una globalizzazione senza regole e senza qualità – di
salvaguardare, i servizi locali modernizzandoli, di valorizzare le
grandi risorse culturali, economiche, di coesione sociale rappresentate
dai piccoli Comuni e di scommettere su questa “piccola grande
Italia”, di difenderne l’identità e di preparare un futuro forte e
pulito. Su questi temi Legambiente è da tempo impegnata con la
Confcommercio e le altre organizzazioni del mondo del commercio,
dell’agricoltura, dell’artigianato, con le Comunità Montane, la
Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali, CIA, Coldiretti, UPI,
UNCEM e tutte le istituzioni e gli interlocutori sociali e culturali
interessati. Per questi motivi dunque, i promotori dell’iniziativa
hanno chiesto ai sindaci di circa 6.000 Comuni italiani di condividere
con loro gli obiettivi dell’iniziativa, di comunicare ai cittadini,
nelle forme che avessero ritenuto opportune, questo comune impegno, di
dare notizia dell’adesione ed eventuali mozioni e ordini del giorno o
altre iniziative di sostegno, per fare in modo che il Progetto di Legge
potesse recepirle. Moltissimi sono stati i Comuni che hanno aderito e
fatto pervenire idee, proposte e progetti, ben tre milioni le firme
raccolte a sostegno della legge tra gli italiani emigrati e consegnate
al Presidente del Senato Pera.
Al contrario, nessuna
iniziativa è stata intrapresa da e per il nostro paese – nonostante
compaia di diritto nell’elenco dei 6.000 comuni interessati e indicati
dai promotori – che si è chiuso nei propri limitati confini
territoriali, implodendo nella ricerca di improbabili soluzioni di basso
profilo che, oltre a non trovare nemmeno la forza di essere portate a
termine, hanno finito per sprofondarlo nella crisi in cui si trova oggi
e in una condizione di grave ritardo sulla via della ripresa economica,
dello sviluppo e del progresso.
Quale, dunque, la strada
da intraprendere per risollevare nel medio e lungo periodo il paese?
Quali i settori sui quali puntare per portare “Caccuri al centro della
Provincia”? In quale direzione orientare la propria azione per farne
un punto di riferimento e un laboratorio capace di attrarre risorse e
fornire modelli di sviluppo locale?
Alcune utili
risposte a queste domande sono la sperimentazione, l’innovazione e lo
sviluppo sostenibile. Caccuri ha davanti a sé la necessità di porsi
come laboratorio nel quale far lavorare le risorse umane locali e non, i
suoi professionisti e studenti universitari sparsi negli atenei
nazionali, gli specialisti di settore alla ricerca di chi investa in
determinate direzioni, tutti impegnati in una rete di collaborazione
specialistica e multisettoriale in grado di far dialogare il paese con
il resto d’Italia e con i suoi emigrati sia in Italia che
all’estero.
Un esperimento concreto in questa direzione è l’adozione di un
programma di produzione di energia alternativa e pulita.
L’Unione europea investe
risorse ingenti in questi progetti, finanziando la produzione di energia
solare attraverso pannelli fotovoltaici. In pochissime zone d’Italia
si sta già lavorando in questa direzione con ottimi risultati: chi
produce questo tipo di energia, infatti, non solo non paga il gestore
nazionale di energia idroelettrica, ma dallo stesso riceve rimborsi,
oltre a incassare introiti da coloro ai quali fornisce l’energia
solare.
Per Caccuri, un progetto
di questo tipo significherebbe grandi risparmi sia per le singole
famiglie che per il Comune il quale, come nuovo gestore e produttore,
potrebbe contare anche su ingenti entrate provenienti dall’erogazione
della nuova energia solare.
Tale
progetto, rispettoso dell’ambiente in cui dovranno crescere le future
generazioni, oltre a proporsi come innovativo, sarà anche fonte di
lavoro per numerose figure professionali sia in una prima fase
progettuale e realizzativa, che in una seconda fase gestionale e
manutentiva. Sarà, inoltre, il nucleo centrale intorno al quale
sviluppare un indotto economico sia per ciò che riguarda lo sviluppo di
una rete di distribuzione energetica che per ciò che riguarda
l’attività di studio e ricerca, indirizzando i giovani studenti
caccuresi, insieme a quelli dei paesi limitrofi, verso studi e ricerche
che aprano nuove prospettive sia a loro che al proprio paese, in un
gioco culturale e di ricerca al rialzo.
In
un ambiente sano, pulito e non inquinato, inoltre, dove l’immenso
patrimonio agroalimentare porta con sé una ricca e genuina tradizione
culinaria che va dagli insaccati ai numerosi e vari prodotti di
conserva, all’olio di oliva – che ogni famiglia è in grado di
produrre in maniera “biologica” – è possibile avviare programmi
di cooperazione familiare e comunale nella produzione, conservazione e
distribuzione di questi prodotti, aprendosi al mercato nazionale e
soprattutto estero. Proprio tra gli emigrati in Italia e oltre confine
(l’Altra Italia, cioè quei
circa sessanta milioni di italiani e oriundi che risiedono
all’estero), infatti, vi è una grande richiesta di prodotti tipici
locali, biologici e caserecci o, comunque, non industriali. E proprio
attraverso la rete degli emigrati caccuresi, calabresi e italiani
all’estero, occorre aprirsi e penetrare nuovi mercati, cercare spazi
nei quali inserire i prodotti tipici locali “made in Italy”, magari
arrivando alla certificazione del marchio D.O.C. o D.O.P, così come
hanno già fatto e stanno facendo numerose comunità locali italiane. E
in questa direzione le associazioni di emigrati calabresi e italiani nel
mondo, le Consulte regionali dell’emigrazione, i Com.It.Es
e il CGIE
– che con l’adozione del voto per corrispondenza acquistano peso
sempre maggiore anche all’interno del Parlamento italiano – sono un
importantissimo punto di riferimento e di orientamento. Sono strutture
capaci, anche attraverso la prossima elezione di rappresentanti diretti
in Parlamento e la Cabina di regia Stato - Regioni - Province autonome
- CGIE, di mettere in rete e coordinare le attività dell’intera
comunità italiana nel mondo con il più piccolo e remoto paese
italiano, con lo scopo di intensificare i rapporti e gli scambi sia
culturali che economici in un contesto di globalizzazione e
multiculturalismo che riduce il pianeta ad un villaggio globale nel
quale nessuno, pena la propria sopravvivenza, può pensare di riuscire a
fare da solo.
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