Il Carnevale

 

                                Attenzione!! Accendere le casse, prego! 

                      Viva Epicuro, viva il Carnevale !

Quant’è bella giovinezza
che si fugge tuttavia!
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c’è certezza.

Questi lieti satiretti,
delle ninfe innamorati,
per caverne e per boschetti
han lor posto cento agguati;
or da Bacco riscaldati,
ballon, salton tuttavia.
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c’è certezz
a
     Lorenzo de’ Medici                                                

                                                                                                      Carnevale

                                                                                            
Per fortuna c’è il Carnevale 
                                                                                             Sempre allegro, giocoso e ilare 
                                                                                             Con frizzi, lazzi e mascherine 
                                                                                             per far felici bimbi e bambine. 
                                                                                             Anche i grandi allora son contenti 
                                                                                             e metton da parte affanni e tormenti. 
                                                                                            
  Febbraio corto e maledetto, 
                                                                                              avrai forse qualche difetto,
                                                                                              ma per tre giorni scacci i guai
                                                                                              per renderci allegri, felici e gai.
 
                                                                                                      Giuseppe Marino
                                                                                             (
da Filastrocche per un anno)

 

                                                       La festa nei millenni

   Carnevale è una festa di origini pagane, anzi, per dirla tutta, la festa più pagana tra quelle che costellano i calendari di tutto il mondo e che ha origine  nel mondo greco,  nelle feste dionisiache e, in quello romano, nei saturnali. In queste occasioni, infatti, si verificava, per qualche giorno, uno scambio di ruoli tra l’ordine costituito ed il Caos che prendeva il sopravvento,  poi tutto tornava alla normalità.
   Senza perderci in lunghe e noiose dissertazioni sul significato della festa, ci piace immaginarla, senza timore di discostarci troppo dal vero, come un’occasione data alla povera gente, agli sfruttati di tutti i tempi per sentirsi, almeno per un po’, liberi e meno sfruttati. In effetti, nel corso dei saturnali romani veniva sovvertito l'ordine sociale per cui gli schiavi diventavano  uomini liberi e potevano comportarsi da uomini liberi. Giusto per un breve periodo però, perché poi tutto tornava alla normalità ed il povero schiavo tornava a subire ancora le angherie e le prepotenze dei loro aguzzini. Probabilmente questa consuetudine,  nell’ intenzione dei padroni  altro non era che una provvidenziale valvola di sfogo che poteva  distogliere  per qualche tempo gli sfruttati dai loro "foschi" pensieri di rivolta e renderli più remissivi.
     Col tempo questi riti, come tutti i bei riti pagani, furono assorbiti e completamente stravolti dal cristianesimo che istituì anche la Quaresima, cioè una sorta di Ramadan occidentale.  Cosi i baccanali e i saturnali diventarono “carnem levare”, cioè la festa che ci viene a togliere la carne infliggendoci quaranta giorni di digiuno, penitenza ed astinenza dalla carne,  ragion per cui le nostre nonne facevano sparire dalle tavole e dalle pertiche  salsicce, prosciutti, soppressate, lardo e guanciale e nascondevano gli spiedi accusando della loro sparizione una  vecchia impicciona e dispettosa chiamata, appunto, Quaresima alla quale noi ragazzini mandavamo, inutilmente,  un sacco di stramaledizioni. Il periodo  quaresimale aveva inizio con  le Ceneri che, dopo quei tre brevissimi,  chissà quanto meritati ed attesi giorni di divertimento e di svago, venivano a ricordarci che si tornava  alle ambasce e alla triste vita di tutti i giorni e che tutti noi siamo destinati a morire e a  tornare polvere (
Memento homo, quia pulvis es et in pulverem reverteris). Qual allegria!, avrebbe detto Lucio Dalla. Nel nostro dialetto la parola carnevale conserva interamente la sua origine latina infatti “carnem levare” diventò “carnelevare” e, successivamente, carnelevaru.
        Ora, però, bando alla tristezza! Nunc est bibendum, nunc pede libero pulsanda tellus!, diceva il grande Orazio e diceva anche bene, accidenti se diceva bene!  Godiamoci allegramente questi tre giorni di festa e di baldoria; centelliniamoli, assaporiamoli; mercoledì è un altro giorno.

                                           
                                 Il Carnevale a Caccuri   
  
Nei primi decenni del secolo scorso la festa del  Carnevale a Caccuri, così come in altri paesi della zona, era il momento della "farsa", una canzone satirica con la quale il farsaro metteva alla berlina il potente e il prepotente, ma anche il povero cristo che veniva colto in fallo. Le malefatte dei poveracci (quasi sempre tresche amorose) venivano impietosamente messe in piazza rovinando la festa al malcapitato di turno. "Il farsaro", ovvero l'autore della farsa, con chitarre battenti, mandolini ed altri strumenti, era accompagnato in processione per tutto il paese da una moltitudine di gente che suonava e cantava la composizione, mentre veri e propri fiumi di vino scorrevano nei vari rioni nei quali il corteo si portava, a dissetare le gole secche per l'incessante cantare.
    
Il più celebre farsaro caccurese, Angelo Raffaele Segreto, detto Velociu, si spense nel 1935.  Pur essendo analfabeta, aveva un ingegno finissimo ed una grande capacità di improvvisare versi su di una melodia che si ripeteva sempre uguale. Velociu passava le sue notti a girovagare per le buie vie del paese alla ricerca della "notizia", ovvero dell'ultima tresca. In tasca aveva un fischietto e, appena scopriva qualcosa, un raggelante sibilo nelle tenebre era il segnale che la cosa era stata scoperta dal terribile vecchio. Allora il malcapitato di turno si recava dal farsaro promettendogli i migliori regali nel tentativo di acquistare il suo silenzio. Ma nulla riusciva a far desistere l'implacabile censore dal suo proposito e, a Carnevale, puntualmente, tutto il paese veniva a conoscenza della novità.
     Negli anni '40 e '50 la farsa fu sostituita dal "Funerale di Carnevale", una rappresentazione in costume  con canti e balli frutto della fantasia di poeti e musicisti popolari che non denunciava malefatte o tresche e, quindi, era più gradita all'intera popolazione.  Ovviamente, nell'occasione, il vino scorreva a fiumi. Tra i farsari di questa "seconda generazione" va ricordato il grande Peppe Marasco. Poi, con l'emigrazione dei primi anni '60, anche questa tradizione scomparve.
     Nel 1999, per iniziativa dell'autore di queste brevi note, la tradizione è stata ripresa con nuove canzoni e nuovi interpreti. Il gruppo che l'ha messa in scena per le vie del paese ha poi partecipato ad un concorso bandito dalla locale Pro Loco aggiudicandosi il primo premio.    

                                                                                  
Giuseppe Marino

Carnevale 1999

Carnevale 2001

Lamento per la morte di Carnevale

Rosario di Carnevale

                                                                        

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