Peppino Nesci
Caccuri, bar Pitaro - 3 - 20 agosto 2001


   

 

                            

    Peppino Nesci,  pittore caccurese, ma che risiede a Roma da oltre quarant’ anni, torna ad esporre nel suo paese. Già in passato l’artista, nato nel 1931 a Crotone, ma vissuto a Caccuri fino a 20 anni, prima di trasferirsi a Orvieto e successivamente a Roma, aveva più volte allestito mostre personali molto apprezzate sia nell’aula consiliare, sia nel Centro sociale. Aveva partecipato anche alle due edizioni della Mostra Collettiva d’arte Alto Crotonese. Questa volta ad ospitare sessantadue quadri del  settantenne maestro, dal 3 al 20 agosto,  è la sala ricevimenti del bar gelateria dei fratelli Pitaro in via Giovanni Dardani. Si tratta di quadri nei quali l’autore ha voluto rappresentare i dintorni del suo paese con i colori,  gli odori, la fatica della gente  e degli animali, la bellezza arcana della terra calabrese. Alla cerimonia di inaugurazione erano presenti, fra gli altri, il poeta Teodoro Torchia, il sindaco Pietro Durante, sempre sensibile ed attento alle iniziative che si svolgono sul territorio e numerosi amici e  concittadini dell’artista. Peppino Nesci ha al suo attivo numerose personali non solo a Caccuri, ma anche in molte città italiane ed europee. Ha esposto in passato a Roma, Orvieto, Francoforte, Berlino, San Giovanni in Fiore e decine di altri luoghi  attirando folle di visitatori e attirandosi critiche molto positive.  Di lui hanno scritto in passato Carlo Mozzarella,  Victor Querel, Umberto Ottolenghi ed altri critici illustri. All’inizio, quando il pittore dipingeva soprattutto paesaggi romani avvolti da fumi e luci rossastre, quasi un rosso pompeiano,  la sua arte fu paragonata a quella di Scipioni e Mafai. Ora, però, da molti anni, oramai il maestro  si è dedicato interamente alla sua terra, al suo paese, nel quale è presente, fra l’altro, per gran parte dell’anno, riproducendo sulla tela quello che i suoi occhi vedono, ma anche e soprattutto, quello che hanno visto durante l’infanzia,  trasfigurando la realtà attuale, spesso degradata dal cosiddetto “progresso” e cercando, quanto più possibile, di riportarla alla bellezza originaria. Un’opera meritoria, ma titanica, considerato il degrado e la devastazione del territorio perpetrata nei decenni. Ma, tant’è, è questo il prezzo purtroppo salato da pagare al progresso.
                                                      
Giuseppe Marino