Peppino Nesci, pittore
caccurese, ma che risiede a Roma da oltre quarant’ anni, torna ad
esporre nel suo paese. Già in passato l’artista, nato nel
1931 a
Crotone, ma vissuto a Caccuri fino a 20 anni, prima di trasferirsi a
Orvieto e successivamente a Roma, aveva più volte allestito mostre
personali molto apprezzate sia nell’aula consiliare, sia nel Centro
sociale. Aveva partecipato anche alle due edizioni della Mostra
Collettiva d’arte Alto Crotonese. Questa volta ad ospitare sessantadue
quadri del settantenne
maestro, dal 3 al 20 agosto, è
la sala ricevimenti del bar gelateria dei fratelli Pitaro in via
Giovanni Dardani. Si tratta di quadri nei quali l’autore ha voluto
rappresentare i dintorni del suo paese con i colori,
gli odori, la fatica della gente e
degli animali, la bellezza arcana della terra calabrese. Alla cerimonia
di inaugurazione erano presenti, fra gli altri, il poeta Teodoro
Torchia, il sindaco Pietro Durante, sempre sensibile ed attento alle
iniziative che si svolgono sul territorio e numerosi amici e
concittadini dell’artista. Peppino Nesci ha al suo attivo
numerose personali non solo a Caccuri, ma anche in molte città italiane
ed europee. Ha esposto in passato a Roma, Orvieto, Francoforte, Berlino,
San Giovanni in Fiore e decine di altri luoghi attirando
folle di visitatori e attirandosi critiche molto positive. Di
lui hanno scritto in passato Carlo Mozzarella, Victor
Querel, Umberto Ottolenghi ed altri critici illustri. All’inizio,
quando il pittore dipingeva soprattutto paesaggi romani avvolti da fumi
e luci rossastre, quasi un rosso pompeiano, la
sua arte fu paragonata a quella di Scipioni e Mafai. Ora, però, da
molti anni, oramai il maestro si
è dedicato interamente alla sua terra, al suo paese, nel quale è
presente, fra l’altro, per gran parte dell’anno, riproducendo sulla
tela quello che i suoi occhi vedono, ma anche e soprattutto, quello che
hanno visto durante l’infanzia, trasfigurando
la realtà attuale, spesso degradata dal cosiddetto “progresso” e
cercando, quanto più possibile, di riportarla alla bellezza originaria.
Un’opera meritoria, ma titanica, considerato il degrado e la
devastazione del territorio perpetrata nei decenni. Ma, tant’è, è
questo il prezzo purtroppo salato da pagare al progresso.
Giuseppe
Marino
|