JOANN FA PACE CON LE CORSE

di Nestore Morosini

MAMMA VILLENEUVE FELICE: Il trionfo di Jacques nel G.P. d'Europa vissuto col batticuore dalla donna che negli Anni 80 seguiva il marito ferrarista

Una gara strepitosa, quella del Nurburgring, fra Jacques Villeneuve e Michael Schumacher. Qualcosa stile vecchi tempi, come nel 1980, quando Gilles Villeneuve vinse in Spagna con la Ferrari turbo tenendosi dietro per 80 giri quattro avversari.
Stessa pasta di combattenti, forse il figlio ha quel pizzico di generosità in meno verso gli spettatori che diventa virtù al momento di vincere.
Un ragazzo di ghiaccio, insomma. Ma solo sulla pista. «Perché fuori, nella sua vita privata, è come il padre: buono, gentile, una serenità fuori del comune soprattutto nel rapporto con la gente ed i suoi coetanei».

Joann Villeneuve ha seguito la prima vittoria in Formula 1 del figlio alla televisione, una delle decine e decine di milioni di telespettatori (otto milioni solo in Italia) che sono rimasti incollati al video per tutto il GP d'Europa.
«Un'emozione incredibile - dice Joann -, qualcosa di veramente straordinario. Ha guidato tutta la corsa in testa e m'è tornata in mente la Spagna di Gilles. Sono passati tanti anni da allora, oggi ho ripreso a godermi le corse. E mi sono accorta che, tenendosi dietro un pilota così aggressivo come Schumacher, Jacques ha dimostrato di essere psicologicamente molto, molto forte».

-E che cosa ha provato nel vedere Jacques tagliare il traguardo?
«Mi sono sentita sollevata, avevo vissuto praticamente un'ora di grande tensione, un mal di cuore incredibile. E quando ho sentito le note di "Grand Canada", il nostro inno nazionale, i ricordi mi hanno affollato la mente».

- Secondo lei avendo vinto la prima corsa in Formula 1 al quarto appuntamento significa una gran carriera per Jacques?
«Questo è sicuro. E' un ragazzo che non ha solo talento: usa il cervello e sa mettere a punto la vettura».

- Molto diverso da suo padre?
«Beh, no. Non proprio. Forse come pilota, Gilles era più arrembante. Ma nella vita privata era sereno, calmo. Io penso, però, che entrambi abbiano quel punto in comune che diceva l'ingegnere della Williams, Patrick Head: amano la battaglia».

- Ha mai pensato che Schumacher lo potesse passare?
«Non l'ho mai pensato. E credo che neppure Jacques lo abbia pensato. L'ho sentito, addirittura, dire alla televisione che prima che Michael s'accodasse alla sua Williams si stava annoiando. Ma una cosa l'ho pensata davvero: che un pilota mentalmente più fragile di Jacques non avrebbe potuto resistere all'incalzare di Schumacher. Quando corre è così diverso da quando è, nella vita comune, con i suoi amici».

- E' diverso vedere vincere il marito e, dopo anni, il figlio?
«Sì, è diverso. Si tratta di due diversi momenti della mia vita, due amori molto differenti. Uniti, però, dalla stessa gioia».

- Verrà a Imola per veder correre Jacques in Italia?
«No, devo andare a New York dove mia figlia Melanie, la sorella di Jacques, si laurea in storia della musica».

- Magari l'appuntamento è per Montecarlo?
«Neppure. Jacques ha bisogno di stare solo e non vuole che io gli stia fra i piedi».


Martedì, 30 aprile 1996

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