JACQUES IN TRIONFO AL QUARTO GRAN PREMIO

di Nestore Morosini

IL GIOVANE CANADESE: Jacques in trionfo al quarto gran premio

Sia chiaro: non è un pivello anche se è un rookie, un debuttante per dirla all'americana. Jacques Villeneuve, campione della formula Indy, è arrivato in Europa con la convinzione che anche in F.1 avrebbe potuto fare bene.
Non gli si fosse rovinato il motore a Melbourne, avrebbe centrato l'obiettivo alla prima corsa. Risultato che ottenne solo il nostro compianto Giancarlo Baghetti. Anzi, dal 1970 (allora toccò a Fittipaldi e a Regazzoni) non c'è più stato un pilota che abbia vinto alla sua prima stagione in formula 1. Insomma, Jacques Villeneuve ha compiuto al Nurburgring un'autentica impresa.

«E' una sensazione fantastica la prima vittoria in formula 1 - ha commentato il giovane canadese -. La macchina è andata meglio che in qualificazione. Mi spiace per Damon e per il team, ma io ho fatto una buona partenza. Non ho avuto molti problemi con Schumacher, anzi fino al momento in cui è arrivato alle mie spalle, negli ultimi venti giri, m'ero perfino annoiato. Un paio di volte alla chicane Michael ha tentato di superarmi, ma io riuscivo a prendergli quei cinque-dieci metri sul rettilineo che costituivano la sicurezza. Insomma, abbiamo messo alle spalle la vittoria e possiamo guardare davanti».

C' è qualcosa che Jacques non gradisce, il continuo paragone col padre, quel suo dipendere da un grande cognome dell'automobilismo. Ezio Zermiani, collega della Rai, gli chiede: credi ci sia stato uno spettatore in più a guardare? Risposta: «E' una domanda che mi si rivolge da tre anni. Non so, magari sì. Non sono cose sulle quali mi fermo a pensare tutta la giornata».
Un ragazzo sereno, un pilota tranquillo che parla di grande emozione per la vittoria ma che non tradisce alcuna emozione. Jacques ha recuperato punti preziosi per il campionato sul quale, ovviamente, ammette di fare un pensierino: «Il campionato è ancora aperto a tutti».

Vincere subito in formula 1 era una speranza oppure una certezza? «Una speranza. In Australia ci ho sempre pensato durante la corsa, poi ho capito che vincere è un po' più difficile di quanto credessi perché non conosco le piste mentre i miei avversari non hanno questo handicap».
Da Imola, domenica prossima, tutto cambia: Jacques Villeneuve comincerà a correre su tracciati a lui noti dove ha gareggiato con la formula 3 o dove ha provato con la Williams, è il caso del Santerno.
«Sì, fin d'ora comincio a pensare alla gara di domenica, - ammette -, una bella corsa ma la pista non è più la stessa. Però sarà bello tornare in Italia». A Imola c'è una curva dove un sorpasso si trasformerebbe in una standing ovation, la curva intitolata a suo padre Gilles. «C'è ancora? Bene, sarà una curva in più».

Ma cosa si aspetta da Imola? «Mi aspetto di essere complessivamente il più veloce nel weekend, ma dipenderà dal lavoro che faremo sulla macchina. La mia incognita sarà lavorare nel traffico». Una vittoria contro il campione del mondo è sempre qualcosa di eccezionale. Ma come ha trovato la Ferrari, se l'aspettava così? «No - risponde -, la Ferrari era più competitiva di quanto potessi pensare dopo le qualificazioni. Sarà curioso vedere in seguito, perché il campionato diventerà più interessante».

C'è una persona alla quale vorrebbe dedicare questa prima vittoria in Formula 1? Un sorriso, disarmante: «Non alla persona che pensate. La dedico a tutta la squadra perché ha lavorato molto per farmi stare lì davanti».

Lo ricordiamo bambino, Jacques, poco più d'una decina d'anni. Gli occhi incendiati di gioia per il modellino di una Alfa Romeo 1750 rossa fiammante. Ci disse tempo fa: «Che mio padre sia stato un grande pilota è solo un fatto occasionale. Anche se lui fosse stato una persona qualunque io sarei diventato pilota». Una decisione irrevocabile, perseguita per sei lunghi anni durante i quali le soddisfazioni, soprattutto negli Usa, non gli sono mancate, ma vincere in F.1 ha ben altro sapore. E Jacques ha cominciato a provarlo.

Lunedì, 29 aprile 1996

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