FINO ALL'ULTIMO RESPIRO
Chi è, come vive, Jacques Villeneuve l'irriducibile avversario della Ferrari


Non vuole fare parte del branco. Ma essere controcorrente, in un ambiente come quello della Formula 1, non sempre paga in simpatia. E' il caso di Jacques Villeneuve.

Ha la stoffa del campione e l'ha dimostrato con le sue prestazioni in pista: soltanto alla sua seconda stagione al volante di una monoposto impeccabile qual'è la Williams, è arrivato a lottare per il titolo mondiale.

Dato tra i favoriti all'inizio dell'anno, ha dovuto vedersela con un'iniziale faticosa messa a punto della Williams-Renault, con gli alti e bassi della sua squadra e con un'insperata quanto fragile rinascita della Ferrari. Ma oggi, alla vigilia del gran Premio del Giappone e con due sole gare ancora da disputare, Jacques appare ancora come il probabile campione del mondo 1997.
Un fuoriclasse che tiene molto a separare la vita pubblica da quella privata. Vive a Monaco dove, dopo vent'anni trascorsi prevalentemente in Europa, si sente a casa nonostante vada fiero delle sue origini canadesi. E vive tutto sommato con semplicità, benché i suoi guadagni superino abbondantemente i 35 miliardi di lire all'anno.

Ama coltivare hobby come la musica e l'informatica e non è certo un fanatico della palestra né della forma fisica. Ma una volta calatosi al volante della sua monoposto ha l'autorevolezza del campione. Secondo soltanto al fuoriclasse Michael Schumacher, universalmente riconosciuto come il miglior pilota in attività, capace di sopperire con innegabile talento e con rigore teutonico alle carenze di quella Ferrari che i tifosi vorrebbero vedere finalmente competitiva e affidabile.

Quando Maranello lo voleva
Schumacher è un atleta completo. Villeneuve, meno maturo, ha ancora qualcosa "imparare dai propri errori", secondo il motto cui si diceva fedele ai tempi della Formula Indy. Anche lì, oltre Atlantico, è opportuno ricordarlo, Jacques riuscì in sole due stagioni a conquistare il campionato, vincendo tra l'altro la prestigiosa 500 Miglia di Indianapolis nel 1995. Proprio durante quell'anno gli venne offerta da Frank Williams l'opportunità di provare una sua F1. Anche Benetton e Ferrari si erano fatte avanti per un possibile ingaggio, ma Jacques approdò alla squadra inglese.
Contrariamente ad altri piloti americani che sul Vecchio Continente hanno fallito, Villeneuve non si sentiva affatto spaesato in Europa, dove peraltro aveva trascorso l'adolescenza tra Francia, Svizzera e Italia.

All'epoca in cui ancora suo padre Gilles entusiasmava le folle al volante della Ferrari, tutta la famiglia, mamma Joann e i bimbi Jacques e Mélanie, s'era trasferita al Sud della Francia per spostarsi con il camper sui circuiti europei.
Scomparso Gilles, la famiglia era rimasta in Europa, da dove Jacques avrebbe mosso i suoi passi, senza alcun biglietto da visita e conducendo una vita da nomade. Ed è forse per questo che oggi tiene tanto a prendere le distanze dal famoso padre.

Jacques Villeneuve ha iniziato a gareggiare in Italia, nel 1988, prima con l'Alfa Romeo nel campionato turismo Gruppo N, quindi in Formula 3. Nel 1992 si sposta in Giappone, ma gareggia anche in America, in Formula Atlantic. Finché, nel 1994, non approda alla Formula Indy. Ed è il rookie (il principiante) dell'anno. Ma la stagione successiva è campione con la Reynard-Ford n.27.
Frank Williams lo ingaggia per il 1996 sulla monoposto più valida del momento al fianco di Damon Hill. Alla fine della stagione è secondo nella classifica mondiale dietro al compagno di squadra.

L'impressione generale, è che Villeneuve avrebbe potuto prevalere. Una peculiarità del team Williams è quella di lasciarsi immancabilmente sfuggire il campione del mondo. Hill se n'è andato, Villeneuve è rimasto.
Al suo fianco è arrivato un pilota ben quotato, nonostante i risultati modesti ottenuti militando in team di non eccelsa competitività: il tedesco Heinz-Harald Frentzen.

Deciso, sempre, a vincere

Il carattere difficile, deciso e tenace, per non dire testardo di Villeneuve ha creato dissapori all'interno della squadra, nella quale solitamente il patron non impone ordini di scuderia. Non solo Jacques s'è scontrato con il direttore tecnico Patrick Head, dissentendo sulle strategie del team e sull'assetto della monoposto, ma ha anche dovuto vedersela con il bellicoso compagno di squadra.
Finché Frentzen non ha chinato il capo, rassegnandosi, in pratica, al ruolo di seconda guida per non ostacolare la sua corsa al titolo. Ma è certo che le ambizioni di Jacques Villeneuve non potranno essere soddisfatte da una sola vittoria del campionato mondiale. Lo ha detto chiaramente.
Fangio è stato cinque volte campione del mondo. Prost ha totalizzato 51 vittorie in gran premio, Senna ha conquistato 65 pole position.
Jacques, figlio di un campione mancato per pura fatalità, tiene a mente tutti questi record. E probabilmente, alla distanza, punta a batterli. A meno che non decida anzitempo di fondare una squadra tutta sua, come si era mormorato solo un paio di mesi fa, con l'appoggio del British American Tobacco, il colosso multinazionale che era stato suo sponsor in Formula Indy e che non nasconde l'intenzione di entrare in Formula 1, forse già dal 1999.



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